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Autore: JoJo    10/09/2010    4 recensioni
Non c'è niente di peggio che vedere la propria vita rubata, pezzo dopo pezzo. Sapere che qualcuno osserva tutto ciò che fai, che punta costantemente i suoi occhi malati osservando ogni minimo particolare. La sua ossessione si trasmette anche alla sua vittima, e gli agenti del BAU questo non possono permetterlo.
Genere: Generale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Spencer Reid, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '49 ways to live'
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La fiducia nella bontà altrui è una notevole testimonianza della propria bontà.

- Michel de Montaigne


Ufficio di Derek Morgan, Unità di Analisi Comportamentale. Quantico, Virginia.

Gli occhi di Derek erano seri e concentrati e saettavano velocemente dalle due profonde e limpide pozze azzurre sul viso di Alaska alle iridi scure di Spencer.
Se gli occhi dell'antropologa trasmettevano quanto fosse rilassata, seduta sul bordo della sua scrivania nel piccolo ufficio che aveva arredato per lui Penelope, quelli di Reid, sulla sedia di fronte a lui, erano cupi e pieni di preoccupazione. E lui, tornando a fissare lo sguardo sui fogli che teneva fra le mani, non poteva che dargli ragione.
Erano diverse foto e tutte avevano un unico soggetto.
Alaska che usciva dal portone del proprio palazzo. Alaska che prendeva un frappè. Alaska che cercava qualcosa nella propria borsa. Alaska che sceglieva un paio di jeans in un negozio. Alaska che sfogliava un libro seduta su una panchina al parco. Alaska che saliva sull'autobus.
Ce ne erano quasi un centinaio e man mano che le sfogliava Morgan sentiva un brivido gelido scendergli lungo la schiena, paralizzandolo sul posto. Lo stesso che aveva sentito Reid, moltiplicato all'infinito, la sera precedente, quando si era ritrovato la stessa busta fra le mani.
L'avete trovata ieri sera, mi hai detto?” domandò al giovane collega.
Spencer annuì rigido “Già, ma potrebbe essere stata messa lì chissà quando. Alaska spesso si dimentica di ritirare la posta dalla cassetta.”
Hey, se avessi saputo che vi sareste preoccupati tanto non ti avrei nemmeno lasciato avvicinare alla mia posta.” si lamentò scherzosamente la ragazza, sperando di riuscire così a stemperare la tensione che era scesa pesante in quell'ufficio. Le sue parole, però, non vennero ascoltate e i due profiler continuarono a parlare fra loro, serissimi.
La cassetta è controllata?” si informò ancora Derek.
No.- scosse la testa Reid- Nel palazzo di Alaska non c'è il portiere, niente telecamere di sorveglianza e ogni altra forma di sicurezza come antifurti e affini è affidata alla discrezione degli affittuari.”
E' un buon sistema!Se avessi voluto tutte quelle cose sarei andata a vivere in un bunker, no?” rise l'antropologa, a cuor leggero.

Anche quel suo commento venne completamente ignorato. Morgan abbandonò gli scatti sulla propria scrivania, lanciandogli un'ultima, avvilita, occhiata.
Hai fatto bene a portarle qui.- disse l'uomo, rivolgendosi a Spencer- È meglio prendere in mano la situazione prima che degeneri.”

Alaska scrollò le spalle “Forse gli state dando troppa importanza.- pigolò- Sono solo delle foto, niente di allarmante.”
“Alaska non minimizzare.- sbottò Reid, voltandosi verso di lei- C'è qualcuno che ti sta seguendo da settimane!”
“E' un po' stressato perchè non abbiamo potuto festeggiare insieme il mio compleanno.” disse a bassa voce, portandosi una mano di fianco alla bocca e sporgendosi verso Derek.
“Alaska!” la rimproverò di nuovo il giovane profiler, che sentiva di stare per impazzire.
“Va bene, mi arrendo!-capitolò la ragazza alzando le braccia, ma senza riuscire a togliersi dalla faccia l'espressione tranquilla- Sono seria e davvero preoccupata da questa situazione.”
Reid fece roteare gli occhi, esasperato, e rivolse di nuovo l'attenzione al proprio collega.
“Di solito questo tipo di molestatori si attaccano a qualche particolare gesto che è stato fatto nei loro confronti.- iniziò a spiegare Morgan, cercando di catturare anche l'attenzione dell'antropologa- Se, incrociandolo per strada, gli hai sorriso distrattamente lui si auto-convince che l'hai fatto di proposito e che desideri le sue attenzioni.”
Spencer si voltò verso la propria ragazza e la vide alzare un sopracciglio, scettica.
“Quindi vuoi che ti dica di tutte le persone con cui sono stata gentile nelle ultime settimane?”
Derek scosse la testa “Dimmi solo degli avvenimenti particolari.”
“Allora...ho comprato un frappè a una coppia di fratellini al parco perchè mi sembravano tristi...” cominciò ad elencare, alzando gli occhi e cercando di ricordare.
“Erano soli o c'era magari un fratello maggiore o un genitore?” chiese Morgan con tono professionale.
“Non ci ho fatto caso, perchè avrei dovuto?- Alaska gli aveva rivolto un'occhiata strana per quella domanda che le sembrava assurda- Ah, e poi ho aiutato un tizio a cui è caduto un raccoglitore a mettere a posto i fogli.”
Reid si mosse sulla sedia, agitato “Ti ricordi che faccia aveva?”
“Aveva un'architettura facciale molto particolare, con gli zigomi molto pronunciati e il naso storto. Probabilmente l'ha rotto diverse volte.”disse la ragazza, sfoderando una briciola della propria conoscenza della fisionomica umana.
“Quindi potremmo avere un identikit.- annuì l'agente di colore soddisfatto- C'è qualcun altro di particolare con cui sei venuta in contatto di recente?Forse una nuova conoscenza?”
Alaska riflettè qualche secondo, picchiettandosi l'indice sul labbro inferiore “Beh, c'è Mandy.”
“Mandy?- ripetè Reid aggrottando le sopracciglia- Non mi hai detto di aver conosciuto nessun Mandy.”
“Non ci siamo conosciuti conosciuti.- continuò a spiegare la giovane, gesticolando animatamente- Ha chiamato a casa mia qualche settimana fa credendo che il mio fosse il numero di un idraulico e ci siamo ritrovati a chiacchierare. Chiama due o tre volte a settimana da allora.”
Derek la fissò preoccupato “Due o tre volte a settimana?”
“Alaska!!” esclamò Spencer, scioccato.
L'antropologa fece saettare il proprio sguardo innocente fra i due uomini “Che c'è?”
“Potrebbe essere lui ad averti mandato quelle foto.” le fece notare Morgan.
“Il signor Mandy?Andiamo!- rise la ragazza, prima di spiegare- Il signor Mandy ha ottantanove anni, la cataratta e non esce mai di casa per via di un problema all'anca che, sommato alla sua gamba di legno che ha come ricordo della guerra del Vietnam, gli rendono impossibile quasi ogni movimento. È solo un uomo molto solo e io gli ho detto che mi fa piacere chiacchierare con lui di tanto in tanto se la cosa lo rende felice.”
Derek sospirò “Non puoi essere sicura che ti abbia detto la verità.”
“E voi non potete essere certi che mi abbia mentito.” ribattè tranquilla Ross, alzando leggermente le spalle.
“Faremo un controllo.- disse Morgan, facendo un cenno a Reid- Ci sono casi particolari a cui stai lavorando di recente?”
“Niente di particolare. L'FBI mi ha chiamato solo per delle identificazioni, ma ancora qualche settimana fa.- spiegò l'antropologa, facendo un vago gesto con la mano- Sapete, in inverno la natura offre a noi antropologi una sorta di vacanza: il freddo congela i corpi mantenendoli adatti alle valutazioni dei medici legali.”
“Che mi dici invece dei casi già chiusi?- indagò di nuovo il profiler- Devi testimoniare a dei processi, giusto?E so che a volte vieni chiamata da difesa o accusa come consulente...”
Alaska si strinse nelle spalle “Non ho trattato casi particolarmente scottanti, ultimamente...”
“Controlleremo anche questi.” assicurò Morgan, più a Reid che ad Alaska, che sembrava prendere la situazione decisamente sotto gamba. Il giovane genietto, invece, se ne stava seduto rigidamente sulla propria sedia, le braccia incrociate intorno all'esile torace e le labbra strette in una linea dura. Non occorreva certo essere un profiler per capire che lui, invece, era decisamente scosso da quella situazione.
“Deve esserci qualcos'altro di significativo a cui possiamo collegarci.” sbuffò Reid, che impaziente aspettava delle conferme, di qualsiasi tipo, che lo facessero venire a capo di quella situazione.
“Sapete una cosa?- disse improvvisamente Alaska, facendo schioccare le dita per attirare l'attenzione su di sè- Forse potrebbe essere stato uno dei miei studenti!”
“Perchè dovrebbero avercela con te?” domandò Spencer spiazzato: di certo la dottoressa Ross non era affatto la tipica insegnante acida facile da odiare.
“Beh, io mi occupo dell'ammissione dei tirocinanti ai progetti di ricerca in antropologia dello Smithsonian e ho rifiutato parecchie richieste.- gli ricordò- Uno degli studenti ci è rimasto particolarmente male.”
Derek annuì, prendendo in considerazione quell'ipotesi “Come si chiama?”
“Perchè?” lo sguardo di Alaska si era fatto confuso, i grandi occhi cerulei spalancati: se quella era la soluzione più probabile, si domandava, che bisogno avevano di altre informazioni?
“Così lo rintracciamo, lo denunciamo, e io lo farò pentire talmente tanto di aver fatto una cosa del genere che resterà lontano a vita da qualsiasi tipo di macchina fotografica.” elencò Morgan, enfatizzando l'ultima frase.
“Tutto questo è esagerato.- sorrise Ross, sperando di convincerli- Sapete come sono i ragazzi, ha voluto vendicarsi e divertirsi un po' alle mie spalle.”
Spencer sembrava però di tutt'altro avviso “E' una cosa sbagliata, inopportuna e anche punibile per legge.”
“E' solo una ragazzata!” ribadì la ragazza con una scrollata di spalle.
“Qua dentro siamo noi gli agenti FBI, quindi la decisione spetta a noi!” le ricordò Morgan, con un tono che non ammetteva repliche.
Fu in quel momento che JJ fece capolino nella stanza, affacciandosi dalla porta lasciata socchiusa “In sala conferenze fra cinque minuti!-annunciò, prima di posare lo sguardo su Alaska- Hey, Al!Che c'è, oggi è il giorno del porta la tua ragazza al lavoro?”
Alaska rivolse alla nuova arrivata un sorriso smagliante “Non che io sappia. All'FBI avete davvero giornate del genere?”
JJ rise, scuotendo la testa facendo ondeggiare i suoi lunghi capelli biondi “Magari!Cinque minuti, ragazzi.”
Morgan si alzò, indicando però la busta ancora sul suo tavolo “Di questo dobbiamo riparlare.”
“Voi siete troppo stressati.-sospirò l'antropologa alzando gli occhi al soffitto- Avete bisogno di una vacanza!”
Derek colse lo sguardo preoccupato di Reid e capì che aveva bisogno di parlare da solo con la ragazza. Fece un cenno di saluto col capo, dicendo al giovane collega che l'avrebbe aspettato fuori dall'ufficio.
“Non è niente di importante, uh?” borbottò imbronciato, fissando i propri occhi scuri in quelli di Alaska.
“No, infatti.- ripetè Ross posandogli una mano delicata sul braccio- Solo una ragazzata, uno scherzo un po' stupido e troppo elaborato...”
Spencer sospirò, abbassando lo sguardo “Tu credi davvero a quello che stai dicendo, vero?”
“Ma certo. Sono solo foto...” le dita della giovane si contrassero un poco intorno al suo avambraccio, in una stretta che doveva essere rassicurante.
“Che avresti fatto se avessi trovato tu la busta?” si informò quindi Reid, alzando un sopracciglio e fissandola indagatore.
“Probabilmente l'avrei aperta, controllato che non ci fosse davvero l'indirizzo del mittente e visto che le foto non sono la mia passione l'avrei buttata.- spiegò con noncuranza- Semplice.”
Gli occhi di Reid si spalancarono “L'avresti buttata senza pensare al perchè qualcuno ti ha mandato una cosa del genere?!”
“Se lo dici con quel tono la fai davvero sembrare una cosa sbagliata!” ribattè la ragazza, cercando di riportare la conversazione a toni leggeri.
“Alaska io sono solo preoccupato per te!- ribadì Spencer, prima di massaggiarsi le tempie con le dita- Non puoi continuare a fare così...”
Ross si mordicchiò l'interno delle guance “Così come?”
“Fidarti di chiunque ti capiti a tiro.- spiegò Reid tornando a fissarla- Non tutte le persone sono buone come te le aspetti.”
“Ma non sono nemmeno tutti dei mostri, sai?”
Il sorriso disarmante che era comparso in seguito a quelle parole sul viso di Alaska strappò al giovane genietto un sospiro rassegnato.
“Reid?- chiamò Morgan da fuori- Dobbiamo andare.”
“Arrivo subito.- gli rispose il ragazzo, prima di tornare a rivolgere la propria attenzione all'antropologa- Aspettami alla mia scrivania, d'accordo?Ne riparliamo più tardi.”
Alaska rimase a guardarlo mentre si allontanava con ampie falcate, affiancato da Morgan, e non riuscì a impedirsi di rivolgergli un sorriso dolce per via di quel senso di protezione che tirava sempre fuori nei suoi confronti, prima di uscire dall'ufficio di Derek per fare quanto gli aveva detto.
Stava camminando spensierata nell'open space quando sentì dietro di sé una voce conosciuta.
“Accidenti!Direi che quel maglione mi ha quasi bruciato le retine: credo sia illegale indossare un colore del genere, lo sai?”
Alaska si voltò ridendo, trovandosi di fronte David Rossi che ancora additava il suo maglione giallo limone con una finta espressione disgustata sul volto.
“Dave!” lo salutò, fiondandosi fra le sue braccia per un abbraccio.
“Finalmente ci rivediamo. Sei latitante da un pò!” la rimproverò bonariamente l'uomo.
Ross fece dondolare la testa “Lo so. Ho un sacco di cose per la testa: l'università, lo Smithsonian, le indagini cui faccio da consulente...”
“Dovresti ritagliare un po' di tempo per un vecchio amico, comunque.” le ricordò David strizzandole l'occhio.
“Lo farò di certo.- assicurò la giovane, facendo un passo indietro e scrutandolo attentamente, con le braccia incrociate- Avrei qualche domanda riguardo le tue nuove amicizie, infatti...”
Rossi le rivolse un'occhiata allibita “Le mie che?”
“Beh, Spencer mi ha raccontato che ad una riunione improvvisa ti sei presentato in smoking e c'è qualcosa in te che mi fa pensare che probabilmente hai fatto una nuova conoscenza.- snocciolò, prima di sfoderare un sorrisetto saputo e aggiungere- Femminile.”
“E tu come fai a...” tentò di domandare, ma Alaska lo interruppe con una risata.
“Sono segretamente una profiler!”
Dave scosse la testa divertito “Non dirlo troppo ad alta voce, qui dentro, od Hotch potrebbe metterti ai lavori forzati.”
“In realtà è per via del profumo.” spiegò di nuovo l'antropologa, indicandolo con un gesto della mano.
“Quale profumo?” domandò Rossi, aggrottando la fronte.
“Quello della tua nuova fiamma.- spiegò la ragazza con un sorriso- Il tuo dopobarba non lo copre perfettamente. È Dior?”
“Dimenticavo il tuo superolfatto.” rise l'uomo, scuotendo piano la testa.
Ross annuì soddisfatta, dandogli una pacca sul braccio “E tu che credevi che fosse una cosa inventata!”
“Allora, Alaska, come mai qui?- si informò quindi Rossi-Ho visto che Reid e Morgan erano piuttosto seri prima mentre ti parlavano.”
“Niente di importante.- rispose scrollando le spalle la ragazza- Piuttosto, sto organizzando una cena per presentare Spencer a mio padre, sei dei nostri?”
“Servono testimoni per non indurre tuo padre ad usare il fucile?” azzardò l'uomo, ricordando quanto il padre della ragazza fosse protettivo verso di lei e tendesse a diffidare di chiunque vi si avvicinasse.
Alaska si strinse nelle spalle “Non credo che arriverà a questo, ma non si sa mai.”
“Mi piacerebbe molto.- acconsentì, prima di puntare lo sguardo sulla sala riunioni dove probabilmente tutti gli altri lo stavano aspettando- Ora devo andare ma tu non sparire, ok?”
“Userò il mantello dell'invisibilità in un'altra occasione, allora.” disse a mo' di saluto, facendo sventolare una mano, prima di spostare una sedia e sedersi alla scrivania di Reid.

Alaska allontanò il foglio da sé, per osservare la propria opera. Non era un disegno accurato, ma un semplice schizzo in cui erano ancora ben visibili i tratti della struttura di base. In ogni caso le delicate sfumature fatte a matita ricalcavano alla perfezione il viso squadrato della donna che in quel momento era impegnata a fascicolare un centinaio di fogli al tavolo di fianco alla fotocopiatrice, non molto distante da dove si trovava lei in quel momento. L'antropologa sbuffò, appallottolando il foglio e facendo canestro nel cestino poco lontano, dopodiché ruotò sulla sedia, iniziando a fissare intensamente la porta, ancora chiusa, della sala conferenze.
Si stava annoiando e sperò che i profiler non ne avessero ancora per molto.
Strinse gli occhi chiari, concentrandosi ardentemente su quanto desiderava che quella riunione finisse in fretta. Aveva visto un programma con ospite un sensitivo qualche giorno prima, e quello aveva detto che la forza di volontà era estremamente importante per esercitare i propri poteri psichici. Non era certa di averne, ma il pensiero la divertiva e, dopotutto, non aveva niente di meglio da fare.
“Uscite di lì!- sussurrò rivolta all'uscio, agitando le dita come aveva visto fare a qualche illusionista- Uscite, uscite, uscite...”
Un uomo seduto a qualche scrivania più in là le lanciò un'occhiata stranita, soprattutto quando, qualche minuto dopo la porta venne spalancata dalla figura slanciata dell'agente Hotchner, la giovane antropologa proruppe in un gridolino gioioso.
“Ciao Aaron!” trillò alzandosi di scatto ed attirando su di sé l'attenzione dell'uomo.
“Alaska.- disse Hotch, voltandosi verso la giovane- JJ mi ha detto che eri qui, come mai questa visita?”
Ross scrollò le spalle con noncuranza “Niente di che, sono passata a salutare.”
“Certo.” interloquì semplicemente, assecondandola. Ma gli era bastato osservare l'espressione preoccupata del giovane agente e gli sguardi sfuggenti che gli lanciava Morgan per capire che sotto doveva esserci qualcos'altro.
“Partite?” domandò la ragazza, con tono casuale.
L'uomo annuì “Già, abbiamo un caso urgente a Roswell.”
“La città degli alieni, fico!- trillò Alaska- Se ne vedete uno fategli una foto!”
“Sicuro.- ribattè Hotch abbozzando un sorriso- Partiamo tra mezz'ora, non trattenere troppo Reid.”
Ross mimò un saluto militare “Agli ordini, capitano!”
Quando stava per abbassare il braccio che aveva alzato, si sentì afferrare le spalle da delle mani affusolate.
“Attenta Alaska!- la avvisò Emily, da dietro la sua schiena- Credo che Reid voglia metterti in castigo, aveva una faccia durante la riunione...”
Ross si fece scappare una risatina “Spero che non mi tolga i dolci, non posso vivere senza quelli.”
“Beh, se vuoi potrei condividere con te la mia scorta di cioccolato e dartene un po' di contrabbando.” la rassicurò scherzosamente la profiler.
Il volto di Prentiss tornò serio “Sul serio, però, dovresti parlargli. Il caso ci terrà via per un po', e ci occorre il nostro genietto al massimo delle sue capacità. La regola non è che non ci si deve mai separare se si è arrabbiati l'uno con l'altro?”
Alaska sbattè le palpebre “Ma io non sono arrabbiata con lui.”
“E neanche io con lei.” assicurò Reid raggiungendo le due donne.
Morgan, che insieme a Rossi e JJ stava uscendo dalla stanza, sfilò loro di fianco, afferrando Emily per un braccio per trascinarla via “Andiamo, Prentiss- la esortò- Lasciamo i piccioncini qua a tubare per un po' prima della partenza.”
La mora spalancò gli occhi confusa ma, come gli altri, si affrettò a seguire Hotch fuori dall'open space per prepararsi alla partenza.
I due aspettarono che le porte dell'ascensore si chiudessero dietro la squadra e poi tornarono a fissare i propri occhi l'uno in quelli dell'altra.
Reid sospirò prima di iniziare a parlare “Alaska...”
“Spencer.” gli fece eco l'antropologa con un sorriso sulle labbra.
Il ragazzo le posò le mani sulle spalle “Io non sono arrabbiato con te.- spiegò accorato- Vorrei solo che ti rendessi conto che ricevere una busta con delle foto di quel genere non è affatto normale.”
“Spencer, io capisco che tu sia preoccupato, ma credo che la tua reazione sia un pochetto esagerata, non trovi?- ribattè Ross con voce posata- Io sono qui, sto bene, e non mi è successo niente a parte essere stata fotografata a mia insaputa.”
“Ma Alaska...” cercò di protestare Reid, ma lei gli posò l'indice sulle labbra.
“Respira, Spencer, respira e calmati un po'.- gli ordinò sorridendo- Pensa all'Inghilterra!”
Spencer l'assecondò, prendendo due grossi respiri prima di continuare a parlare “E' che...insomma Alaska io una storia così l'ho già sentita.”
L'antropologa sollevò un sopracciglio “Cioè?”
“Si conobbero, si innamorarono e vissero felici e contenti finchè il lavoro macabro di lui portò nella loro vita un folle sociopatico che riuscì a rovinare tutto portando a un finale tragico.” buttò fuori Reid tutto d'un fiato, finendo per fissarsi i piedi.
“Per prima cosa...- disse Alaska, abbassandosi per incontrare di nuovo i grandi occhi scuri del ragazzo- da oggi comincerò a controllare le tue letture e, in secondo luogo, anche il mio è un lavoro macabro e, terzo, io non credo affatto nei finali tragici.”
“Sai di che cosa sto parlando.” borbottò Spencer imbronciato.
“Sì, lo so.- ammise l'antropologa con una scrollata di spalle- E penso che tu stia preoccupandoti troppo per un problema che ancora non esiste.”
Reid non sembrava voler lasciar cadere l'argomento “Ma...se dovesse succedere qualcosa, invece?Mentre sono via?”
“Non preoccuparti, starò bene. È stato solo uno scherzo di pessimo gusto.” gli assicurò Ross facendo sventolare una mano con noncuranza.
“Sicura?” disse di nuovo scettico, alzando un sopracciglio.
“Certo.- sorrise gioviale, dandogli una carezza leggera- Stasera prima di andare a letto devi immettere in Google la parola cuccioli, salvare un po' di immagini tenere e dimenticarti di questa storia.”
Reid si concesse una risatina “Ci proverò.”
“Faresti meglio.- gli consigliò Alaska con voce dolce mentre gli accarezzava di nuovo il viso. Poi si alzò sulle punte e gli lasciò un bacio leggero sulle labbra- Stai attento.”
“Come sempre.” soffiò Reid, prima di sciogliere l'abbraccio in cui si erano allacciati e dirigersi con passo affrettato verso l'ascensore per raggiungere gli altri.

Stazione di polizia di Roswell. Roswell, New Mexico.

Reid si allontanò furtivamente dal team di profiler per cercare un angolo tranquillo in cui poter fare la propria telefonata. Si intrufolò nella fatiscente sala per gli interrogatori della stazione di polizia di Roswell e compose velocemente il numero che desiderava chiamare trovandolo, con suo dispetto, occupato.
La verità era che la carriera di Alaska si era sviluppata più velocemente di quanto si sarebbe aspettato, una volta che si era inserita all'interno del reparto di antropologia dello Smithsonian. Aveva passato un primo periodo in cui si era limitata a svolgere le proprie mansioni di ricerca, pur non senza collaborare con i propri colleghi il cui lavoro riteneva interessante. Dopo di che aveva assistito un collega che lavorava all'istituto di medicina legale di DC durante delle indagini di polizia e da lì, in seguito ad una sua idea brillante che prevedeva la riproduzione di un teschio che era andato perduto grazie all'uso delle TAC, era iniziata la sua collaborazione fissa con il dipartimento. Se c'era un caso che implicava cadaveri decomposti, scheletrizzati, carbonizzati o decisamente irriconoscibili e senza tessuti, l'antropologa che veniva chiamata era lei: le era perfino stato assegnato un partner ufficiale dal quartiere generale dell'FBI, nel caso avesse dovuto collaborare con casi di competenza federale. Quindi, fra il lavoro allo Smithsonian e la collaborazione con la sede di Washington dell'FBI, le giornate di Alaska spesso erano caotiche quanto le sue, rendendola poco rintracciabile.
Quando finalmente sentì che dall'altra parte avevano finalmente alzato la cornetta, Reid non le diede il tempo di parlare.
“Va tutto bene, Al?” domandò accorato.
“Certo, tutto nella norma.- lo rassicurò Ross con tono leggero, prima di assalirlo con una chiacchierata veloce- Come all'ultima chiamata che mi hai fatto, del resto. Neanche un'ora fa. Non che non mi faccia piacere sentirti così spesso, anzi, se lo avessi saputo prima probabilmente mi sarei inventata questa storia da sola, solo che credo davvero che tu ti stia stressando troppo per una cosa che è poco importante e...”
Spencer non la lasciò finire di parlare “Hai più ricevuto lettere strane?Telefonate anonime?Incontrato tizi dall'aria sospetta che stranamente si trovano sempre negli stessi posti in cui ci sei tu?”
“No, no e no.- rispose Alaska alle tre domande- A meno che tu non consideri strana una lettera in cui Davon mi comunica che si vuole trasferire alle Hawaii per rimettersi a lavorare nonostante sia in pensione, e sospetto il nuovo look del mio assistente di laboratorio: sinceramente il look heavy metal è un po' sopravvalutato, non trovi?Oh, e si può considerare una telefonata anonima quella della lavanderia per il ritiro dei vestiti che ho dimenticato là?Perchè, tecnicamente, chi ha chiamato non mi da detto il suo nome e io....”
Reid tirò un sospiro di sollievo. L'ennesimo in quei tre giorni in cui era in New Mexico “D'accordo, Alaska, d'accordo: hai vinto!Ammetto di essere un tantino iperprotettivo.”
“Sarà deformazione professionale.- ipotizzò l'antropologa con una scrollata di spalle- Sei stato molto dolce, comunque, a preoccuparti così per me...”
“Sì, certo. Stai ancora da Garcia, vero?”
Prima di partire Spencer aveva praticamente consegnato Alaska alle cure di Penelope, convincendo la collega a tenere la sua ragazza agli arresti domiciliari fino al suo ritorno.
“Certo. Io e Penny ci facciamo un bel pigiama party ogni sera da quando siete via.- gli rivelò contenta- In effetti ci divertiamo molto: ieri le ho tinto i capelli di rosso e lei a me di blu, ma solo una ciocca, sulla nuca, così se tengo i capelli sciolti non la vede nessuno...”
“Bene. Sai, preferisco comunque che tu aspetti che ci sia io prima di tornare a casa tua. Sai, non vorrei trovassi qualcos'altro...”
“D'accordo, Spencer, come vuoi.- Ross non sembrava infastidita dal suo comportamento- Ora ti devo salutare, sono su una scena del crimine.”
Al sentire quelle parole l'attenzione del profiler si spostò su un nuovo argomento “Un nuovo caso?Lì a Washington?”
“Esatto.- confermò la giovane- Strano per il periodo, no?”
“Già.” interloquì Reid.
“Il tuo caso come procede?- si informò quindi Alaska, interessata- L'avete preso?”
“Ci siamo quasi. Abbiamo un sospettato, ormai.- le rivelò il profiler, prima di aggiungere- Devo andare ora, stai attenta.”
“Come sempre.” gli fece eco, prima di mettere termine alla chiamata.

Constitution Avenue. Washington, DC.

L'agente Gordon fece finta di non aver sentito nulla della conversazione telefonica che aveva appena avuto la ragazza. Le posò una mano sulla spalla, guidandola in mezzo alla folla di poliziotti, membri della scientifica e semplici curiosi e alzò con gesto galante il nastro rosso che intimava a chiunque non appartenesse alle forze dell'ordine di non avvicinarsi.
Non appena li vide avvicinarsi il detective Donovan si congedò dall'uomo che stava interrogando cosa che fece con piacere, oltretutto, considerando il fatto che aveva tutta l'aria di non essersi mai fatto una doccia in vita sua e l'odore nauseabondo che lo accompagnava confermava quell'ipotesi.
“Agente Gordon. Dottoressa Ross.- disse, accompagnando il proprio saluto con un cenno del capo- Benvenuti nel Paese delle Meraviglie!”
Allargò le braccia magre, facendo aprire così la giacca grigio fumo che stava indossando sopra una camicia azzurra da quattro soldi, per mostrare con finta ammirazione il sudicio vicolo in cui si trovavano.
Gordon fece una smorfia che gli deformò leggermente il viso rubicondo “Francamente, quando leggevo quella storia ai miei figli me lo immaginavo diverso.”
“Credo che il detective stesse facendo dell'ironia.” lo informò Alaska, mettendosi una mano davanti alla bocca per non essere sentita dal poliziotto.
L'uomo si passò una mano sulla faccia, esasperato, e si fece un appunto mentale che gli avrebbe ricordato, in futuro, di cercare il sarcasmo il meno possibile quando era in presenza della giovane antropologa.
“Allora- esordì, ignorando volutamente il commento della ragazza- che cosa abbiamo?”
Il detective non rispose, ma fece loro segno di seguirlo mentre si addentrava ancora di più in quel vicolo poco raccomandabile. Certo, la zona di per sé non era certo una delle migliori di Washington, considerando l'alto numero di piccoli criminali, barboni e tossicodipendenti che la frequentavano abitualmente, ma quei palazzi fatiscenti e ormai abbandonati da tempo potevano considerarsi la cigliegina sulla torta di quello che, l'agente federale ne era certo, sarebbe stato un caso difficile da trattare.
Alaska e Gordon seguirono lo sguardo di Donovan, che stava osservando accigliato il cadavere.
“E'...su una scala antincendio.” gli fece notare Ross, inclinando la testa per osservare il corpo che pendeva tristemente attaccato a una corda.
“Sì.” confermò il poliziotto annuendo.
“Impiccato.” precisò Gordon incredulo.
“Esatto.” assentì di nuovo Donovan.
“Nessuno se ne è accorto prima?- domandò di nuovo l'agente FBI- Quel cadavere è piuttosto...sì, insomma, è bello rinsecchito!”
“Di certo non è morto qui.-spiegò Alaska- Il livello di decomposizione non coincide con questo clima: fa troppo freddo. Il cadavere sarebbe dovuto rimanere in condizioni ottimali.”
Il detective fece schioccare le dita “Doc ha ragione: il nostro amico è comparso stamattina presto, verso le cinque.”
Gordon aggrottò la fronte “Come sarebbe a dire comparso?”
“Che si è reso visibile inaspettatamente e improvvisamente. È apparso, sbucato, spuntato, si è manifestato, si è presentato, è all'improvviso...” elencò la ragazza velocemente.
Si interruppe presto, però, sentendo su di sé gli sguardi severi dei due uomini “Scusate. Ultimamente mi diverto con il gioco dei sinonimi.”
“Diceva che è comparso?- ripetè la propria domanda il federale- In che senso?”
“Che da quanto ci ha raccontato un barbone che bazzica in zona, prima non c'era e quando lui è tornato dal suo giro, puff!- Donovan aprì i palmi con un gesto d'effetto- Mucchietto di ossa era qua ad aspettarlo.”
“Non vorrei entrare nei rami del vostro lavoro,- commentò Ross aggrottando la fronte- ma questo mi sembra un po' strano.”
I due uomini le lanciarono un'occhiata stranita “Solo un po' strano?”
“Direi che siamo in presenza di un caso di sindrome di Cabot Cove, cara dottoressa Ross.”aggiunse Gordon mentre, alle loro spalle i tecnici del laboratorio di medicina legale rimuovevano il corpo dalla posizione originaria e lo disponevano su un telo bianco steso poco lontano dal terzetto.
“Non ho mai sentito parlare di una cosa del genere.” disse Alaska dopo qualche attimo di silenzio meditabondo, mentre si avvicinavano allo scheletro.
“Andiamo: La signora in giallo, Jessica Fletcher!- elencò l'uomo, spazientito dal fatto che l'antropologa continuava a rivolgergli occhiate confuse- Quella vecchia che trovava cadaveri e omicidi ovunque si recasse!”
Alaska alzò un sopracciglio, ancora incerta “Era una patologa?”
“No, il personaggio di un telefilm: era una scrittrice di gialli e in ogni puntata si ritrovava per caso sul luogo di un omicidio.- spiegò animatamente l'agente, prima di sospirare rassegnato- Davvero, Ross, a volte mi domando in che mondo tu viva.”
“Pianeta Terra, per ora dicono sia l'unico abitabile...” ribattè la ragazza con un sorriso.
“Devo ricordarmi che con te qualsiasi forma di ironia e sarcasmo va sprecata.” sbuffò di nuovo Gordon, sotto lo sguardo allibito del detective Donovan.
“Dov'è Nate?” domandò quindi Alaska, guardandosi intorno alla ricerca di qualcuno.
L'agente storse la bocca in una smorfia: non sopportava l'agente Crowford, che di solito era l'agente capo dei casi di cui si occupava l'antropologa. In effetti, lo era anche di quello ma se ne era andato poco prima che la dottoressa arrivasse.
“Crowford è tornato al quartier generale dell'FBI.- spiegò con tono piatto- A quanto pare il nostro scorbutico collega ha scoperto qualcosa che aveva fretta di verificare e che ha ritenuto più importante della tua consulenza.”
L'antropologa si piegò per iniziare una prima analisi sommaria dei resti “Che cosa ha scoperto?”
“Non ne ho idea. Come al solito si è espresso solo a monosillabi, troppo incomprensibili per poter capire quali fossero le sue intenzioni.”
Alaska alzò lo sguardo sull'uomo “Oh, andiamo. Nate non è così male.”
“Non quando lo prendi nelle sue giornate migliori, sai allora può effettivamente essere...- Gordon si interruppe, fingendo di riflettere sulla cosa-nah, neanche in quel caso è di buona compagnia.”
“A me piace lavorare con lui.” disse invece Ross, mentre tastava il corpo alla ricerca di qualche segno particolare.
“Sei l'unica a cui abbia mai sentito dire una cosa del genere.- borbottò il federale con una scrollata di spalle- E in secondo luogo, a te piace lavorare con chiunque, non fai testo.”
“E' una donna.”
Donovan aggrottò la fronte all'affermazione della ragazza “Chi?”
“La vittima, è una donna.” specificò quindi Ross.
“Una donna. Almeno una cosa la sappiamo.- disse l'agente appuntando la cosa sul suo taccuino- Altro?”
“Ci sono dei segni lasciati da morsi di animali.- continuò Alaska, concentrata- Carnivori, o al massimo necrofagi. Sono troppo grossi per essere associati ad animali di quest'area, anche se potrebbero essere stati fatti da dei randagi. In ogni caso sono piuttosto sicura che si tratti di canidi.”
“Come fai a dirlo?” si informò quindi il detective Donovan. A lui non sembrava altro che una specie di mummia mal ridotta.
“Per via dei solchi lasciati dai canini.- spiegò l'antropologa, prima di puntare su di lui i suoi occhi azzurri- Sai, è per questo che si chiamano così.”
“Solchi?” azzardò l'uomo che stava perdendo il filo del discorso.
Alaska rise divertita “Canini.”
“Giusto, giusto.- borbottò Gordon, riattirando su di sé l'attenzione- Che altro puoi dirmi?”
“So che sembra assurdo ma...- iniziò a parlare con tono pensieroso, mentre si alzava e con un cenno del capo dava il permesso ai barellisti di portare via il corpo- A giudicare dallo stato dei resti sembrerebbe che il cadavere abbia raggiunto questo grado di decomposizione in un deserto.”
“Un deserto?” ripeterono all'unisono i due uomini.
“Sì, sapete, una di quelle aree geografiche quasi completamente disabitate, dove le precipitazioni atmosferiche sono praticamente assenti e...” iniziò a spiegare con tono leggero l'antropologa.
“So che cos'è un deserto, Ross!- sbottò Gordon interrompendola- Ma qua intorno non ce ne sono molti, no?”
La ragazza alzò le spalle “Evidentemente allora la vittima non è di queste parti.”
“E come ha fatto ad arrivare fin qui?” domandò quindi Donovan.
Alaska si strinse nelle spalle. Le sue idee a riguardo erano del tutto assurde e coinvolgevano l'intervento di creature soprannaturali e capaci di volare come Superman o il cane volante della storia infinita. In effetti, c'era un motivo se non aveva mai neanche lontanamente pensato di entrare nella parte investigativa della polizia.
“Che mi puoi dire di quei segni sulla schiena?” chiese quindi Gordon, additando il cadavere che veniva portato via.
“Non saprei.- rispose Ross, inclinando la testa di lato, pensierosa- Sono piuttosto astratti.”
“Di certo non è arte contemporanea.- ribattè l'agente con una smorfia- Ma quello che intendevo è se hai idea di che cosa possono essere fatte.”
“Intendi se so se si tratta di qualche materia organica?- ricapitolò quindi l'antropologa- Direi di no, ma farò fare delle analisi di laboratorio.”
Gordon ammiccò nella sua direzione“E io sarò il primo che saprà di che si tratta anche se il caso è di Crowford?”
Alaska rise: non capiva affatto perchè l'agente, ormai prossimo alla pensione, fosse così in competizione con Crowford “Manderò un messaggio in contemporanea a tutti e due!” assicurò infine, seguendolo alla macchina, ben contenta di avere un passaggio fino ai laboratori.

Istituto di Medicina Legale. Washington, DC.

“Buongiorno, dottoressa Ross!” la salutò cordiale la receptionist dell'istituto di medicina regale, facendo rimbombare la propria voce nasale per tutta la hall.
“Buongiorno a te, Meredith!” la ricambiò Alaska, avvicinandosi al desk e appoggiandosi al piano con le braccia incrociate.
“Come va?” domandò con tono chiacchiericcio, mentre scrutava la scrivania alla ricerca della cartella del suo caso.
La donna agitò la mano “Solite cose: cadaveri entrano, cadaveri escono. Qua è sempre un manicomio, il dottor Shawn e la dottoressa Gonzales si stanno contenendo la sala autopsie grande. Di nuovo.”
Ross scosse la testa “Che ci puoi fare?Quei sono davvero come cane e gatto.”
“Non me lo dire.- sbuffò la segretaria, prima di afferrare un post-it volante e leggendoglielo- Ha chiamato quel cafone di Crowford, senza salutare e parlandomi come se fossi l'ultima ruota del carro, come al solito, e mi ha lasciato un messaggio per te.”
“E' molto stressato in questo periodo.- si scusò Alaska al suo posto- Che voleva?”
“Dice che hanno trovato dei documenti, sul cadavere e che quindi presto ti spediranno impronte dentarie e campioni di DNA per un confronto. La vittima si chiamava Sandra Tarrash e...
“Meredith!-tuonò una voce dall'interfono- Ho bisogno di te ora!”
La segretaria fece roteare gli occhi platealmente “Subito, signore.- rispose lapidaria, prima di tornare a rivolgersi ad Alaska- Ti ho scritto tutto nella cartella. Ti dispiace fare da sola, cara?”
Alaska scosse la testa, esortandola ad andare e poi girò attorno al bancone, per raggiungere il porta documenti alla ricerca del proprio fascicolo.
Fece passare le dita scostando le cartelle una a una. Non riuscì a fare a meno di leggere degli altri casi in attesa, affidati ad altri medici legali e patologi.
Una donna era stata picchiata a morte dal marito violento.
C'erano tre corpi carbonizzati in seguito ad un brutto incidente stradale dovuto ad un camionista ubriaco.
Un ladro che aveva tentato un colpo in banca aveva avuto la peggio in una sparatoria con la guardia giurata.
Sospirò piano, scuotendo la testa e, finalmente trovò quello che stava cercando.
Corpo scheletrizzato non identificato. Sala autopsie 4.
Afferrò il fascicolo e se lo portò con sé nella stanza di laboratorio e, dopo essersi infilata un camice azzurro di plastica, un paio di guanti e una cuffietta, azionò il tasto del registratore e iniziò ad analizzare i resti.
“Sono la dottoressa Alaska Ross e sto procedendo con l'autopsia del corpo ritrovato a Constitution Avenue.- spiegò, riportando ciò che stava per fare- L'analisi del DNA ci confermerà se si tratta di Sandra Tarrash, scomparsa nel Nevada in seguito ad un'escursione nella Valle della Morte, i cui documenti sono stati trovati sul cadavere.”
Girò attorno al tavolo di acciaio per esaminare i resti “Il cadavere si presenta come parzialmente scheletrizzato. Sui resti sono ben visibili dei solchi lasciati da denti di animali necrofagi.”
Rimase in silenzio per un po', appuntando delle note sulla cartella e poi ricominciò a parlare.
“La donna è morta da almeno due o tre settimane. La causa della morte è disidratazione, conseguente a una perdita di coscienza dovuta a un trauma cranico sul lobo frontale, provocato probabilmente da una pietra. La condizione di ciò che resta dei tessuti esterni concorderebbe con l'ipotesi che il cadavere è rimasto per diverso tempo in balia delle condizioni atmosferiche tipiche della zona desertica, cosa che coinciderebbe con il luogo della scomparsa. Sul corpo si possono osservare diversi segni dovuti ad animali necrofagi, probabilmente coyote o volpi.”
Scosse la testa, confusa. Quell'ultima frase l'aveva già detta.
Sbattè gli occhi, cercando di ritrovare la concentrazione. Di solito non faceva errori del genere, ma in quel momento si sentiva come se una nebbia densa le si stesse avvolgendo attorno ai pensieri.
“C'è qualcosa spinto dentro il cavo orale.” disse, ritornando ad operare sul cadavere.
Prese un paio di pinze e spostò la mandibola di modo di recuperarlo senza danneggiare i resti. Quando ebbe estratto quello che sembrava un sacchetto di plastica trasparente, contenente un foglio di cartoncino accartocciato, lo posò su un vassoio di metallo poco distante, pronta a consegnarlo alla scientifica.
“Lascio il reperto da analizzare alla squadra di tecnici di laboratorio.”
Fece di nuovo una pausa, cercando di respirare con il naso. Aveva degli strani giramenti di testa e uno strano senso di nausea.
Strinse le mani intorno al ripiano del mobile addossato alla parete, cercando di ritrovare il controllo.
Sentiva il cuore batterle all'impazzata e uno strano dolore, acuto e violento, all'addome.
C'era qualcosa che non andava.
Trascinò i piedi vicino alla porta del laboratorio e premette la mano contro un pulsante rosso.
Immediatamente un allarme iniziò a suonare in tutto l'istituto e in poco tempo i dottori che stavano operando nelle stanze attigue si precipitarono di fronte alla porta di vetro, ormai sigillata dal sistema automatico che si attivava ogniqualvolta veniva schiacciato l'allarme per le sostanze tossiche.
“Dottoressa Ross!- si sentì chiamare Alaska da un uomo dai capelli brizzolati che, a fatica, riconobbe come il dottor Shawn- Che succede?”
Le parole le uscirono a fatica dalla gola “Credo...credo che ci sia qualcosa di tossico, qua.”
“C'è una maschera antigas nell'armadio!” l'avvisò preoccupata una donna.
La dottoressa Gonzales?, si ritrovò a domandarsi, mentre si avvicinava al mobile.
Aveva le gambe molli e la testa le girava ormai vorticosamente. Senza che se ne rendesse conto, urtò contro il carrello di acciaio di fianco al tavolo operatorio, facendo cadere tutti i suoi strumenti di lavoro, e ritrovandosi improvvisamente a terra e incosciente.
Le voci dei dottori, fuori dalla sala, le arrivavano ovattate alle orecchie, ma presto, sopraffatta dal buio che le si era creato alla vista, si lasciò andare in uno stato di oblio.

Stazione di polizia di Roswell. Roswell, New Mexico.

Spencer abbassò lo sguardo sul cellulare che aveva iniziato a squillare insistentemente. Prima di rispondere alzò un sopracciglio, incuriosito: non conosceva il numero sul display.
“Il dottor Reid?” disse una voce sconosciuta dall'altro capo del filo.
“Sì?” ribattè, sempre più confuso.
“Sono la dottoressa Tragger, dell'Howard University Hospital. La chiamo per informarla che Alaska Ross è stata ricoverata qui e lei è il numero da chiamare in caso di emergenza.”
Reid sentì la terra mancargli sotto i piedi. Si ritrovò inchiodato sul posto, il volto pallido come un lenzuolo “C-cosa?Ricoverata?Che cosa è successo?Sta bene?”
“Non posso dirle molto, al momento.- continuò la donna- È arrivata da poco ed ora è al Pronto Soccorso, nella sala emergenza.”
“Nella sala emergenza?Ma cosa....” Tutto quello non aveva senso. Spencer chiuse gli occhi con forza, pregando che fosse solo un brutto incubo.
“Senta, non posso dirle di più, ora.- la dottoressa Tarrash era evidentemente di fretta- Forse è meglio che venga qua al più presto.”
Rimase così, col cellulare stretto convulsamente in mano e appoggiato, ormai inutilmente, all'orecchio.
Fu dopo qualche minuto che si accorse che il brusio che sentiva di sottofondo altro non erano che le voci dei suoi colleghi.
“Hey, Spence, che succede?- domandò JJ preoccupata- Hai una faccia...”
“Reid?- chiamò di nuovo, Hotch, questa volta- Va tutto bene?”
“No.- fu tutto quello che riuscì a dire, con voce debole e sottile-Alaska è in ospedale.”

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Ok, lo so. Adesso voi mi odiate, vero? Ma non è colpa mia, davvero: il fatto è che io sono una sociopatica, non afferro le regole sociali, quindi non è colpa mia. Io lo so che non si fa di lasciare un finale di capitolo così, solo che non posso farci niente. Quindi, via ogni forma di arma: asce, pistole, cerbottane, immagini di Barbara d'Urso, e riappropriamoci della nostra pace interiore. Fatto?Bene! Eheheh, finito il cazzeggio, vi dico che questo voleva essere in realtà un aggiornamento-gift in onore del ritorno di Criminal Minds su mamma rai stasera!Quindi...buona visione, niente mail minatorie all'autrice e: buon week-end!Al prossimo capitolo, bacini baciotti. JoJo

lillina913 : Heylà!Uhm...direi che questo capitolo esplicativo di ciò che accade ad Alaska non è come te lo aspettavi, vero?Sorry, è che sono sadica dentro, credo che ormai sia irreversibile...Dai, comunque grazie mille per i complimenti!Ho messo un pochetto di lovely time anche a inizio capitolo se no ciao, qua!Vabbè, fammi sapere che pensi di questo capitolo, besos!

Maggie_Lullaby : La risposta alla tua domanda è: vd. sadismo dell'autrice. Ecco, direi che è l'unica spiegazione. Potrebbe anche essere una sorta di sindrome di Jessica Fletcher che ha contagiato la nostra povera e ignara antropologa!Chi può dirlo,eheheh!Al soltio, Thanks per i complimenti, cercherò di spedirti un Reid appena ne ho uno sottomano!Al prossimo capitolo!Kisses!

Luna Viola : Postato ho postato perchè non voglio averti sulla coscienza, non so se sarai molto felice del finale di capitolo, però!*me malvagia* In ogni caso thanks per tutti i lovely diretti alla mia storia, gracias davvero!!Il papy di Alaska si vedrà solo all'ultimo capitolo, ma ce lo devo mettere per forza!Eheheh!Al prossimo capitolo, bacibaci!



   
 
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