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Autore: Rei Murai    10/09/2010    0 recensioni
Alla fine dei conti, scrivere quella prima pagina di diario ti è servito a qualcosa. Io e Hana abbiamo creato una sottospecie di rapporto che sono certo durerà nel tempo. Abbiamo conosciuto i posti dove sei vissuta, carpito pezzi della tua esistenza anche se non avremmo dovuto farlo. Ti abbiamo sempre voluto bene mamma, nonostante tutto.(…) Mi dispiace per le cose orribili che ti ho detto quella mattina. Mi dispiace di non aver fatto nulla per impedire ciò che è successo…mamma. Sei stata l’unica donna della mia vita; ora ti prometto che mi prenderò cura di mia sorella e smetterò di rubarle la cioccolata di nascosto.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kiba Inuzuka
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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-Note dell’Autore:  Si lo so, chiederti se era possibile cambiare la fic è stata una cosa un po’ assurda però questa versione ha qualcosa che…non lo so…mi ispira mille volte di più.

Sono partita con questa idea aiutando la madre della mia ragazza a svuotare la casa di sua nonna e, tra un libro e l’altro, ho pensato che per scrivere una cosa simile mi ci sarebbe voluto tanto coraggio, fino a che non è uscita questa cosa.

Pensa che avevo paura di non averla nemmeno cominciata la fic per questo contest ed invece l’avevo addirittura già finita =o=’…va beh!

Spero ti piaccia!

Salut!

Rei.

 

Polvere e Ricordi

 

 

Poggiò il capo al muro fissando, per un’ultima volta, le pareti spoglie che avevano costituito l’enorme villa a due piani in cui era cresciuto.

Poteva sentire gli uomini della ditta di traslochi che sua sorella aveva appositamente chiamato ritirare gli ultimi scatoloni dalla stanza affianco alla sua e parlare con Hana riguardo il pagamento e le questioni burocratiche che lui ancora non capiva.

Erano passati solo quattro giorni dal funerale, cazzo!

Com’era possibile che sua sorella e sua zia fossero così lucide da parlare liberamente di soldi con quel tipo grasso ed unticcio, al posto di sentirsi svuotate e prive di forza come lui? Come?

Sospirò sommessamente, carezzando il pavimento ed il sottile strato di polvere sotto le sue mani, chiudendo gli occhi.

Ci sarebbe dovuto essere lui al posto di sua madre.

Quella macchina avrebbe dovuto colpire lui ed invece…Tsume Inuzuka si era buttata in avanti per proteggerlo, per salvare la vita di suo figlio minore.

Strinse i pugni, colpendo il pavimento con forza.

Era stata colpa sua! Solo colpa sua!

Se avesse fatto attenzione al posto di attraversare la strada preso dall’impeto della litigata che stava facendo….

Se non si fosse girato a fissare sua madre nel preciso istante in cui lei lo chiamava per dirgli di stare attento!

Se si fosse spostato! Se non…se non…

Calde lacrime scivolarono dai suoi occhi andando a bagnare il collo della maglia.

Lui aveva sempre voluto bene a sua madre.

Lei lo aveva allevato da sola, aveva tirato avanti crescendo lui e sua sorella meglio di quanto qualsiasi altra madre avrebbe mai potuto fare.

La mattina si alzava presto, preparava il caffélatte per tutti e poi andava a lavorare, lasciando la casa nel silenzio più assoluto.

Da piccolo passava tanto tempo con lei, si occupava di ogni sua esigenza, non faceva mancare mai nulla a nessuno dei due.

Strillava ai brutti voti scolastici ma poi era sempre pronta a consolarlo e a fare il tifo per lui quando arrivava la pagella.

Conosceva a memoria le cose che adorava e quelle che odiava, era partecipe di ogni suo interesse e di quelli di sua sorella e quando litigavano pretendeva che fosse lui a domandarle scusa, ma poi chinava la cresta anche lei e si risolveva tutto con un abbraccio sul divano.

Suo padre era scappato dopo la seconda volta che l’aveva messa incinta.

Hana lo odiava con tutta se stessa per la sua vigliaccheria.

Entrambi sapevano dove abitava e che si era rifatto una famiglia, ma mai si erano azzardati ad avvicinarglisi per non rimanere feriti né ferire la donna che li aveva cresciuti, con la presenza di un “estraneo” all’interno della loro casa.

 

Aveva riposto con cura, in una busta da portare via, alcune delle cose di sua madre a cui lei teneva particolarmente.

Il ferma capelli con le perle che le aveva regalato nonno; non lo aveva mai indossato – sua madre era un maschiaccio nato – e sperava un giorno potesse passare ad Hana.

Una scatola con dentro scontrini, biglietti e lettere del suo viaggio in Europa, di cui custodiva gelosamente ogni ricordo – che avrebbe seppellito in un punto del giardino prima di andare via.

La loro fotografia al lunapark fatta quando aveva sette anni, tutti e tre con il viso sporco di cioccolata e l’espressione felice.

Una poesia che suo padre le aveva scritto, quella che l’aveva fatta innamorare di lui ed un diario, dalla copertina un po’ rovinata che riportava sulla prima pagina, scritto di fretta e con una calligrafia storta:

Tsume Inuzuka
Ricordi, pensieri e sogni.

Non avrebbe dovuto farlo, ne era consapevole.

Avrebbe dovuto riporre quel diario negli scatoloni, sigillare ogni cosa e aspettare che il tempo lo facesse marcire.

Che portasse l’odore di muffa che tutti gli scatoloni avrebbero avuto, per riscoprirlo una volta più grande, come un ricordo caro, che non avrebbe mai dovuto leggere.

Peccato che il bisogno di mantenere viva quell’ultima parte di sua madre era impellente e che quindi aveva bisogno delle parole scritte da lei per continuare a farla esistere.

 

- Sei sicuro di quello che stai per fare, Kiba? –

Silenzio.

 

15/10/****

 

Non ho la più pallida idea del perché io stia cominciando una cosa così stupida come un diario.

Me lo ha regalato Yoshino, per il mio quindicesimo compleanno.

Un diario è una cosa stupida, priva di senso.

Le ragazze lo utilizzano per scriverci ciò che gli passa per la testa, credo.

I ragazzi per gli appunti di tutti i giorni, per segnare le scopate fatte, più probabilmente.

Quindi per cosa lo dovrei utilizzare io?

Non credo di aver bisogno di presentazioni dato che non lo leggerà nessuno e che probabilmente non lo continuerò, mi sembrerebbe anche a dir poco stupido nasconderlo e tenerlo da parte, in fondo non credo lo utilizzerò.

Volevo riempire solo la prima pagina per non dare un  senso di soldi buttati al regalo di Yoshino…anche se sono passati tanti anni da quando me lo ha donato.

 

Il primo foglio prese fuoco con estrema facilità, sperdendosi come cenere nel vento di fine settembre.

Fissò i rimasugli allontanarsi e cadere senza rumore dentro l’acqua scura della baita di Tokyo avvertendo il breve sospiro di sua sorella.

Ecco la fine che avrebbe fatto il cuore di sua madre.

Dato che sua zia non aveva accettato la crematura del corpo loro avevano deciso di bruciarne l’anima.

Ogni pagina di quel diario, che avrebbero letto assieme, sarebbe bruciata lentamente e lasciata cadere qua e là.

L’intero Giappone avrebbe conservato un pezzo dell’anima di sua madre e lei avrebbe visto quanto i suoi figli, a differenza di quando erano piccoli, erano uniti.

- Mamma avrebbe voluto lasciare un pezzo di sé anche nel luogo in cui è nata –

Hana gli passò una mano tra i folti capelli castani rimettendo nella tasca dei jeans l’accendino nero preso da casa della donna.

- Lo so –

Rispose laconico chiudendo il diario.

 

25/09/****

 

Sono sempre più della convinzione che Shibuya, non sia un buon quartiere dove andare ad abitare.

Avrei preferito una località di mare, magari trasferirmi ad Okinawa, nella prefettura di Nara.

Avrei voluto prendere una casa grande, direttamente sulla spiaggia.

L’estate fare le grigliate di carne e guardare le stelle.

Ma la tempestività della cosa non si può proprio frenare.

Sono rimasta incinta, mia madre non ne vuole sapere di darmi una mano e lui è una persona così inaffidabile che ancora mi chiedo come io possa aver preso la decisione di scapparci assieme, ahh stupido amore giovanile.

Abbiamo preso una casa, piccola ed accogliente.

I muri sono color pesca, il mobilio scarso.

Il tavolo al centro della stanza è rovinato in più punti ma di legno pregiato, potremmo provare a venderlo e vedere cosa possiamo ricavarne.

Ho trovato un lavoro, non troppo pesante e che mi permette di fermarmi se stò male.

Ho anche già deciso il nome della bimba che porto in grembo.

Hana.

Suo padre mi ha portato un mazzo di fiori misti quando gliel’ho detto, poi è sparito per due mesi.

Si prenderà una parte della responsabilità, mi passerà qualche soldo e se poi andrà bene…beh, mi sposerò con qualcuno capace di amarmi più di quanto ha fatto lui.

Nonostante tutto sono felice.

Porto una vita nel mio grembo, cresce lentamente e sana e presto sarà tra le mie braccia.

È già la migliore parte di me.

 

Hana guardò la casa in cui aveva passato i primi anni della sua vita.

Al suo interno adesso ci viveva una coppia di giovani ragazzi, anche la novella sposina era incinta ed in grembo portava una bambina che avevano deciso di chiamare Aiko.

Entrò in quella che era stata la sua camera da letto, mentre Kiba parlava in sala, spiegando alla donna perché erano passati da lì.

Fissò la culla, le tende colorate di rosa, il mobilio infantile che la sconosciuta  aveva scelto per la propria bambina.

Le sembrava quasi che avessero profanato l’integrità dei suoi ricordi, distruggendo ciò che c’era e che le era appartenuto, rendendosi al contempo conto che erano passati troppi anni perché avessero potuto farlo.

Strappò la pagina di diario che annunciava la sua venuta al mondo e, con estrema lentezza, le diede fuoco fissando il foglio cadere a terra e consumarsi lentamente.

Raccolse ciò che ne era rimasto e, senza farsi vedere, aprì un piccolo scomparto che aveva trovato quando era piccola, all’interno del muro e ora posizionato dietro la scrivania, per poi tornare dal fratello.

- Saluta Aiko, Hanachan –

Sorrise, fissando Kiba intento a indicare la pancia della donna e rendendosi conto che ora era tutto ciò che rimaneva della sua famiglia.

 

07/07/****

 

È nato.

Il mio secondo figlio è nato.

Due ore fa piangeva insistentemente tra le mie braccia e ora dorme accanto a me, con i pugnetti chiusi davanti agli occhi e Hana che lo fissa come se fosse un piccolo mostro venuto a portarle via la sua mamma.

A volte mi chiedo cosa passi nella testa di mia figlia.

È uno scricciolo con qualche ciuffo castano in testa e gli occhi di uno strano colore giallastro.

Ha una voce potente e sono certa che, crescendo, mi creerà non pochi problemi, se prende dalla madre…

Lui non si è fatto vedere per tutto il tempo del mio travaglio.

Ha portato un mazzo di rose un’ora fa poi è scappato dalla sua “fidanzata tappabuchi” per una veloce scopata.

Se non vado errata anche lei è incinta…spero nasca un bel bambino come il mio.

 

Il vento proveniente dal mare era decisamente più forte di quello che avevano sopportato fino a quel momento.

Hana si era presa tre giorni di ferie dal lavoro, lui aveva saltato la scuola.

Seduti sulla spiaggia consumavano un cornetto  al volo fissando l’alba spuntare da dietro al mare.

Ormai erano arrivati a metà del diario che, un mese prima, avevano “rubato” dalla casa della loro infanzia.

Da quando Tsume era morta, né lui né sua sorella avevano accennato a quanto era successo.

Si parlavano poco, solo per cose veloci e riguardanti il diario.

Il loro rapporto sembrava incrinarsi mano a mano che le pagine diminuivano e il suo senso di colpa per la morte della donna cresceva a dismisura.

- Kiba…a te piace il mare? –

Si voltò verso la sorella, sorpreso da quella domanda così improvvisa e priva di apparente senso, per poi annuire.

- Mamma lo amava – Hana sorrise poggiando la testa sulla spalla del fratello.

– Diceva che la linea dell’orizzonte era il punto preciso in cui acqua e cielo facevano l’amore ogni giorno e, dal loro incrocio, nascevano le stelle, la luna e il sole –

Spostò lo sguardo dal capo castano della sorella alla linea lontana e offuscata dalle folate di vento che gli mandavano i capelli davanti agli occhi e alzavano la sabbia.

Tre pagine di diario bruciavano lentamente di fronte a loro venendo poi alzate e portate fino al mare.

- L’acqua fa l’amore anche con la terra…è un po’ come le puttane, ma con lei non fa figli. Lascia solo i pesci morti –

Sorrise a quella constatazione, strappando un’altra pagina e dandole fuoco.

Non avevano mai parlato, né erano mai stati vicini per così tanto tempo come in quei giorni.

Non conoscevano l’uno i gusti dell’altra, erano come due estranei che si riscoprivano per la prima volta e si sfioravano timorosi di farsi del male a vicenda.

- Mi sono fidanzata con un Uchiha, sai? Si chiama Itachi –

- Questo a zia non piacerebbe –

Le spalle della ragazza si alzarono in un gesto vago per poi ricadere stanche al loro posto.

Kiba si chinò a baciarle la fronte.

- Dì al tuo fidanzato che, anche se sono un fratello poco presente, se ti fa soffrire gli straccio i coglioni –

Lei scoppiò in una risata cristallina prima di prendergli il diario dalle mani.

- Mamma non approverebbe questo tuo modo scurrile di parlare –

- Mamma non approvava niente, ma ci appoggiava sempre su tutto –

Tornò il silenzio, infranto solo dalle onde del mare.

Un’ora dopo erano nuovamente in viaggio per l’Hokkaido.

 

25/12/****

 

Questo è il primo Natale che ricevo qualcosa in dono dai miei figli e, per la prima volta, mi rendo conto quanto siano diversi da me e allo stesso tempo diversi tra di loro.

Hana ormai ha ventuno anni, Kiba diciotto.

Penso di essermi presa cura di loro nel miglior modo possibile, nonostante i risvolti degli ultimi tempi.

Kiba ha fatto coming-out.

Sta con un ragazzo di due anni più grande di lui, l’unico guaio è che si tratta di un Aburame.

La mia famiglia e quella di quel ragazzo non hanno dei buoni trascorsi…mentalità troppo differenti, credo.

Il fatto che mio figlio sia gay non mi dà un grande turbamento.

Agli inizi mi ha lasciata senza parole, spiazzata; ora invece riesco a vederla da un’ottica più…normale.

Non hanno comportamenti ambigui in pubblico, lui è una persona riservata e silenziosa, Kiba compensa la mancanza di rumore con fiumi di parole e si ferma solo quando i gesti dell’altro lo inducono a farlo.

Hanno un’intesa così spettacolare che mi lascia senza parole.

Non so se si amino e che intenzioni abbiano in futuro, ma se io avessi avuto solo la metà di quell’intesa con suo padre ora, forse, non sarebbe finita così.

Dopo tanti anni ho anche rivisto Yoshino.

Si è sposata con il primogenito dei Nara e ha avuto un figlio che, ora, ha l’età di Kiba.

Diventa sempre più bella ogni anno che passa…mi piacerebbe tornare ad uscire con lei come facevamo alle medie.

Hana prova interesse per un ragazzo, qualcuno di cui non mi vuole parlare, forse ha paura della mia reazione.

Anche chiedendo alle sue amiche, nessuna di loro ha saputo dirmi nulla e la cosa mi lascia un po’ perplessa.

Non ci sono mai stati segreti tra di noi e il fatto che abbia cominciato a tenerli non mi lascia tranquilla.

Ho paura di perdere mia figlia, un giorno o l’altro perché, a differenza di Kiba, non ha una mentalità così semplice e lineare da fare in modo che io possa capirla.

Spero che, nonostante tutto, continuino a vivere felici e spensierati come sono ora.

 

- Salve, stavo cercando Yoshino Nara –

Il ragazzo che le aveva aperto la porta si fece da parte, chiamando a mezza voce la madre, prima di tornare a poggiare lo sguardo su lei e suo fratello.

Aveva l’aria di una persona che si era svegliata da poco, gli occhi castani scrutavano i due nuovi arrivati con distacco e disinteresse.

Appena la madre li raggiunse, girò sui tacchi e si allontanò dalla porta.

Yoshino era una bella donna proprio come ne parlava sua madre.

Lunghi capelli neri, grandi occhi castani.

Portava un vestito nero su cui si trovava un grembiule sporco.

A pensarci bene anche loro, erano arrivati a suonare all’ora di cena in quella piccola villetta coperta dalla neve.

La donna li aveva fissati a lungo prima di invitarli ad entrare in casa ed offrirgli una tazza di tea.

Non c’era stato bisogno di parlare, guardando lei e suo fratello aveva già capito di chi si trattasse.

- Ho saputo di vostra madre...era una mia carissima amica –

Mormorò sedendosi di fronte a loro e chinando il capo in avanti.

Hana tirò fuori dalla borsa le pagine di diario rimanenti, passandole alla donna.

- Lo sappiamo. Questo è ciò che rimane del diario di nostra madre, frequentavate la stessa scuola ed era la sua migliore amica. Queste pagine parlano solo di lei, abbiamo pensato di portargliele come ricordo –

La Nara le prese, stringendole con le lunghe dita affusolate, prima di sorridere.

Un’ora dopo camminavano tra la neve alta diretti verso l’hotel.

- Mamma sarebbe contenta –

- Mamma vorrebbe che non ci separassimo come abbiamo deciso –

Vide il fratello alzare lo sguardo dorato su di lei e poi sospirare.

Il suo aereo sarebbe partito tra meno di tre ore. Avrebbe raggiunto Itachi, sarebbe rimasta con lui per un po’ e poi sarebbe tornata ad occuparsi di suo fratello, però…non se la sentiva di partire.

Abbracciò il ragazzo in piedi di fronte a lei.

Era conscia del fatto che il loro rapporto non era mai stato tra i migliori.

Non aveva mai voluto avere niente a che fare con lui, da piccola aveva sempre creduto che volesse portargli via la mamma. Quella gelosia e quella paura, crescendo, erano diventate voglia di prevalere su di lui.

Andava bene a scuola per portare voti migliori dei suoi, aveva imparato a giocare a basket per batterlo e, mano a mano, si era resa conto di quanto suo fratello non fosse interessato a quello stupido gioco e aveva perso interesse anche lei.

Non si era mai accorta che, pian piano, lui stava ripercorrendo la sua stessa strada.

- Tornerò presto, Kiba. Te lo prometto –

Il ragazzo annuì riprendendo a camminare davanti a lei, le mani infilate nelle tasche e il capo chino.

Qualche ora dopo Hana partì verso l’Austria come aveva promesso al suo ragazzo, lasciando al fratello un numero su cui rintracciarla se avesse avuto bisogno e l’ultima pagina del diario di sua madre.

 

Seduto nuovamente su quel pavimento spoglio, con il capo poggiato al muro e il foglio del diario della madre sulle gambe, Kiba fissava il soffitto.

Aveva chiesto al proprietario la chiave di casa con la scusa di essersi dimenticato qualcosa, aveva fatto il giro delle stanze e poi era tornato lì, in quella dove aveva trovato il diario.

L’accendino nero giaceva poggiato contro la sua coscia destra, come a monito di ciò che avrebbe dovuto fare anche se non ne trovava la voglia.

Aprì gli occhi, afferrò il sacchetto a pochi centimetri da lui e, dopo aver preso l’accendino, ne estrasse la candela bianca che aveva comprato e l’accese poggiandola sul pavimento

- A te, mamma… -

Mormorò prima di bruciare anche l’ultimo foglio di diario.

 

08/10/****

 

Alla fine dei conti, scrivere quella prima pagina di diario ti è servito a qualcosa.

Io e Hana abbiamo creato una sottospecie di rapporto che sono certo durerà nel tempo.

Abbiamo conosciuto i posti dove sei vissuta, carpito pezzi della tua esistenza anche se non avremmo dovuto farlo.

Ti abbiamo sempre voluto bene mamma, nonostante tutto.

Dicevi che sarei diventato una piccola peste e beh…non avevi tutti i torti.

Hana è partita, ora sta con Itachi.

Io per ora sono ospite da tua sorella, qualche giorno fa sono passato da papà per avvisarlo della tua morte.

Quando mi ha riconosciuto – cristo quanto siamo uguali – mi ha fatto accomodare ed è rimasto a fissarmi a lungo, ma sono certo tu lo sappia dato che ci guardi dall’alto.

Mi dispiace per quelle cose orribili che ti ho detto quella mattina.

Mi dispiace per non aver fatto nulla per impedire ciò che è successo…mamma.

Sei stata l’unica donna della mia vita, ora ti prometto che mi prenderò cura di mia sorella e smetterò di rubarle la cioccolata di nascosto.

Ti saluto Akamaru che in questi giorni non è potuto stare con noi.

Ti ho sempre voluto bene, mamma, davvero.

Riposa in pace.

Kiba.

 

Le ultime pagine bruciarono silenziosamente, velocemente.

Cercò di trattenere le poche lacrime che, finalmente, avevano osato lasciare i suoi occhi e poi,

lentamente, si alzò dalla posizione scomoda in cui stava, andando verso la porta.

Gli parve di vedere sua madre, vicino alla finestra.

Sorrideva come aveva sempre fatto, salutandolo con la mano.

Rispose a quel silenzioso gesto imboccando la porta.

Qualche secondo dopo, anche la casa dove era cresciuto prese fuoco,

lasciando dietro di sé

solo polvere e ricordi.

   
 
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