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Autore: Rei Murai    10/09/2010    2 recensioni
Le parole rimbombavano ancora nella sua testa, sommergendo qualsiasi altro rumore. Fece un passo indietro, guardando la mano dell’uomo ricadere a terra, con un rumore secco, andando poi verso la camera della sorella. Non avrebbe risparmiato nessuno, come nessuno aveva risparmiato il suo dolore. […] - Piacere di conoscerti Hinata, mi chiamo Kabuto. Da oggi mi prenderò cura di te –
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hinata Hyuuga
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Commenti dell’autrice:

Non chiederti cosa sia questa ... cosa.

Ho passato quasi un mese a scervellarmi per far uscire qualcosa di decente e pertinente con la frase che mi avete dato e, impossibilitata a ritirarmi per colpa di iaia questo è il massimo che mi è uscito.

Hinata è clamorosamente ooc, ma data la sua momentanea pazzia data dall’essere ignorata da tutti forse si può anche capire.

Ho cercato di rendere la cosa più chiara possibile, ora spetta a voi l’arduo giudizio … e speriamo che la prossima frase che mi arriva sia meno complicata di questa XD.

Ovviamente anche l’ultima frase è ripresa da “Il ritratto di Dorian Gray” mi sembrava più “bello” chiudere la fic con una frase di Lord Henry piuttosto che con una mia XD

 

(cercate di non vomitare leggendo la fic. Non voglio avere nessuno sulla coscienza XDD)

 

Rei.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Madness

 

Lasciò cadere a terra il coltello sporco di sangue fissando l’uomo steso ai propri piedi;

Una macchia scura sul pavimento bianco della villa in cui avevano sempre abitato.

Un fiore rosso sulla camicia color pastello che si apriva piano piano, come una rosa sotto il primo sole di maggio, e quella mano … quella dannata mano che ancora si tendeva verso di lei, stringendo la presa sulla camicetta violacea che portava addosso, stringendo la presa come l’ultima richiesta scritta negli occhi ancora sgranati per lo stupore.

Non uccidermi

Anche lei, per troppi anni, aveva fatto una sola richiesta.

Non uccidermi

Richiesta che non era mai stata ascoltata:

Guardami

L’aveva urlato con tutto il fiato che le era rimasto, con quella voce flebile che nessuno ascoltava mai.

Lei aveva urlato.

Lei aveva richiesto la sua attenzione per anni senza riceverla quindi perché…?

Perché in quel momento avrebbe dovuto accogliere la richiesta di quell’uomo?

Non uccidermi

Le parole rimbombavano ancora nella sua testa, sommergendo qualsiasi altro rumore.

Fece un passo indietro, guardando la mano dell’uomo ricadere a terra, con un rumore secco, andando poi verso la camera della sorella.

 

Non avrebbe risparmiato nessuno, come nessuno aveva risparmiato il suo dolore.

 

*°*°*

 

A questo mondo c'è una sola cosa peggiore che il far parlare di sé, ed è il non far parlare di sé.

 

*°*°*

 

- Sai papà, oggi ho preso un buon voto a scuola … -

Silenzio

- I professori dicono che stò migliorando …

se vado avanti così ho buone possibilità di superare l’anno scolastico … -

Silenzio

- Sei fiero di me, Papà? –

Ecco le prime lacrime …

 

- Sai papà oggi ho preso un buon voto a scuola –

- Non è una novità questa, Hanabi –

Ascoltami

- La professoressa di Matematica si è complimentata con me, pensavo di andare a fare lo scientifico una volta finite le medie  

- La vedo una buona idea, ne hai le capacità –

Guardami

- Sei orgoglioso di me, Papà? –

- Si Hanabi, lo sono … -

GUARDAMI!

 

*°*°*°*

 

Aprì gli occhi di scatto, fissando le pareti bianche di quella che ormai era diventata la sola “casa” in cui avrebbe potuto abitare.

Il poliziotto camminava lentamente nel corridoio poco distante da lì.

I detenuti urlavano improperi e ingiurie verso di lui ma, qualsiasi cosa, sembrava scorrergli addosso e andare oltre.

Anche lei avrebbe voluto avere la sua stessa forza.

Anche lei avrebbe voluto andare avanti, continuare per la propria strada fregandosene di qualsiasi cosa:

Di suo padre che non la riteneva all’altezza per la loro famiglia – lo stesso padre che aveva ucciso.

Del ragazzo di cui era innamorata che non la calcolava mai – lo stesso che aveva sfregiato.

Delle compagne di classe che non facevano che prenderla in giro – La stessa classe cui aveva dato fuoco.

 

Uscite dalla mia testa.

Era arrivata al culmine.

Dopo un’intera vita passata nell’ombra, dopo innumerevoli tentavi di essere vista, ascoltata, capita, era semplicemente impazzita.

I medici avevano parlato d’infermità mentale.

L’avvocato l’aveva difesa parlando di stress.

Non sapeva a cosa era dovuto quell’atto di pura follia.

Cosa l’avesse spinta a lasciare la piccola e tenera Hinata – la ragazzina debole e silenziosa che passava inosservata agli occhi degli adulti e che invece era l’oggetto di maggior attrazione per bulli e prese in giro dell’intero istituto che frequentava – per andare incontro a quello che era diventata … ora.

Non si pentiva di ciò che aveva fatto, nonostante tutto.

La rabbia l’aveva divorata per anni.

La solitudine l’aveva resa insofferente ai tentativi di aiuto che l’insegnante di sostegno e l’unica persona che poteva considerare amico, lo stesso e unico amico che l’andava a trovare tutti i giorni, cercavano di darle di continuo.

Era scoppiata.

Qualcosa nella sua testa si era incrinato, distruggendo ogni più piccola cellula e dandole quella forza che le era mancata per anni.

La Hinata che tutti conoscevano era sparita, lasciando posto ad una pazza psicopatica che aveva sfregiato il viso del ragazzo che diceva di amare nel tentativo di essere guardata da lui

 

Ho bisogno d’aiuto

 

Lasciando posto a un mostro che aveva bruciato la sua classe con alcool e accendino durante l’intervallo.

Non c’è nessuno che possa aiutarmi?

 

Lasciando posto a quella donna che aveva afferrato un coltello e ucciso il proprio padre.

 

*°*°*°*

 

- Sai papà, oggi ho preso un buon voto a scuola … -

La lapide, sotto le sue esili dita era fredda.

- I professori dicono che stò migliorando …

Se vado avanti così ho buone possibilità di superare l’anno scolastico … -

 

Le gocce di pioggia erano ghiacciate sul suo viso.

- Sei fiero di me, Papà? –

Si lasciò cadere sulla terra umida fissando la lapide implorante.

- Sei fiero di me, Papà? –

Lente lacrime cominciarono a solcare le sue guance.

- Sei fiero di me, Papà? –

Strinse le mani a pugno, affondando le unghie nella carne.

Non avvertì nemmeno il poliziotto raggiungerla fino a che non le mise le manette ai polsi.

 

- Sarai mai fiero di me, papa? –

 

*°*°*°*

 

Guardò per un’ultima volta la cella in cui aveva vissuto nelle ultime due settimane.

Poteva dire di conoscere ogni singolo angolo di quel posto umido.

Ogni segno sulla parete sporca

Ogni dislivello del pavimento su cui si era seduta.

In fondo al vialetto, un uomo con un camice bianco e i capelli argentei l’aspettava sorridendo sinistro.

Suo cugino era fermo in piedi accanto a lui, le mani in tasca, i lunghi capelli sciolti sulle spalle larghe.

Alla sua destra, Kiba, la fissava triste, impotente e con il capo affossato tra le spalle.

- Piacere di conoscerti Hinata, mi chiamo Kabuto. Da oggi mi prenderò cura di te

Annuì debolmente, cercando di abbozzare un sorriso prima di seguire l’uomo sulla macchina bianca dietro di lui.

Sentì i singhiozzi di Kiba e l’indifferenza di Neji.

Sentì la solitudine tornare nuovamente a divorare il suo essere.

Lei non sarebbe mai stata felice.

Nessuno, il giorno dopo, avrebbe parlato della povera piccola Hinata rinchiusa in un ospedale psichiatrico.

Nessuno si sarebbe mai occupato di lei.

 

Suo padre non sarebbe mai stato orgoglioso di lei.

 

Ognuno di noi riunisce il sé il cielo e l'inferno.

 

 

 

 

   
 
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