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Autore: Willy Wonka    11/09/2010    2 recensioni
Londra, ottocento. Fra gli abitanti della sofferente e debole città si fa strada un nuovo killer, definito "l'ammazza-notte", che sembra sorprendentemente sfuggire alla polizia londinese, che ormai si ritrova sempre di più impotente. Sulle tracce dell'assassino è il nuovo ispettore A. Dwight, inviato da York, ultima speranza per la polizia, un inutile inetto per la popolazione. Le sue indagini verranno messe a dura prova dai continui sospetti del suo superiore, l'agente J. Barrett.
Genere: Dark, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cap.1.

Buonanotte Londra


Notte fonda.
Una giovane donna camminava, assorta nei suoi pensieri, in una stretta via della città che chiamavano Londra, quell'immenso ed intricato polmone di nebbia e fumo.
Lo svolazzare del semplice abito della giovane risuonava timido per quel buio vicolo, intriso di mille insidie, specialmente per una donna sola, e colorato solo da nitide luci giallastre di vecchi lampioni e da forti tonalità di nero che regnavano nel cielo.
La stretta strada ottocentesca era fiancheggiata da antiche case alte e dai colori che andavano dal giallo sporco al grigiastro, ed era come se tutta la felicità di quel luogo si fosse magicamente spenta.
Era quasi mezzanotte, una mezzanotte di un intenso inverno, e forse, quella donna non l'avrebbe neanche mai assaporata, quella mezzanotte.
Il freddo pungente dilagava sempre di più, entrava prepotente nelle ossa della sconosciuta e lei non potè fare altro che strofinarsi le mani con furia ed accellerare sempre di più il passo stringendosi tremante le spalle.
I suoi corti respiri si tramutavano in sinuoso vapore mescolandosi con il vento, e sembravano tanti spettri.
I suoi passi rimbombavano in quella povera e vecchia via dimenticata da Dio, ed anche se non parlava, si poteva ben notare il suo disagio in tutta quella solitudine.
Niente conferiva un po' di vita in quello squallido posto, non un albero, un insignificante cespuglio o un semplice filo d'erba.
Della luna era visibile sono un misero spicchio, argenteo ed immacolato nella sua bellezza, ma venne all'improvviso oscurato da un'ombra buia dai mille segreti.
La sua presenza su quel tetto durò solo pochi secondi, poiché con un movimento rapido saltò giù e scomparve nell'oscurità. Pareva stesse inseguendo la povera malcapitata.
Nel frattempo la donna non si era accorta di niente, ma un lugubre tremore le attraversò il corpo.
Diede colpa al freddo e continuò a camminare, questa volta più velocemente.
Ed ecco che la strana presenza di prima ritornò e balzò, sul ciottolato della via, da chissà dove.
Si stanziò proprio innanzi alla povera sventurata, e rimase immobile, senza che una parola le uscisse dalla bocca.
La poveretta emise un grido soffocato e tremò dalla paura: era come se il cuore avesse smesso di battere per qualche istante.
Poteva essere benissimo un ubriaco non ancora ritornato alla dimora, se mai cel'avesse, o un malintenzionato di qualunque genere, ma sapeva chi era quella strana persona davanti a lei, la conosceva per fama, una ormai macabra fama cresciuta tra gli abitanti londinesi.
-T-ti prego... abbi p-pietà... non farlo...TI PREGO!!-implorò, come se già conoscesse il suo destino.
La figura avvolta nell'ombra rimase sempre immobile,non mosse un muscolo, e non pronunciò parola.
La donna continuò ad implorare e siccome non riceveva né una risposta né un modesto cenno, scelse la più sbagliata tra tutte le opzioni: decise di scappare.
Ansimò e cominciò a correre più che poteva verso l'uscita di quella via, ma le gambe non la reggevano, faceva troppo freddo ed era troppa la paura.
Si voltò un istante e vide la nera sagoma sempre più piccola e sempre più lontana, era finita, era salva.
Un insicuro sorriso le illuminò il volto, ma quando si rigirò si fermò di scatto. Emise un urlo agghiacciante.
I suoi azzurri occhi riflessero ancora quella nera figura, era ancora davanti a lei.
Lacrime calde caddero dagli occhi scioccati e solcarono il volto della sventurata che scappò ancora, ancora e ancora, ma non riusciva mai a togliersi di dosso quella persona, come se fosse un vecchio e cupo incubo.
Il suo terrore raggiunse il culmine quando nel buio risuonarono i tacchi degli stivali dell'inseguitore, che avanzò con una calma quasi straziante.
 Esso cominciò a cantare, piano, una melodia mai sentita prima, forse perché era una delle più lugubri mai sentite al mondo, non di quelle che si cantano ai bambini.
Quando pronunciò l'ultima e secca parola della canzone (infine), sorrise per la prima volta scoprendo un bianco sorriso in mezzo a tutto quel nero.
Estrasse velocemente un coltello d'acciaio e lo conficcò, in una frazione di secondo, nel petto della giovane, che non aveva nemmeno avuto il tempo di capire quello che era successo, e le sue implorazioni si spezzarono in un ultimo e gelido respiro.
Cadde a terra con gli occhi spalancati al cielo, ed il sangue cominciò a colare dal suo corpo.
Buona parte del braccio destro dell'assassina si tinse di un caldo rosso, che non potè altro che provocargli un inspiegabile piacere.
E per la prima volta la strada così nera vide un colore.
-Buonanotte Londra.- l'assassino si limitò a queste due parole, dette con voce bassa e un po' maligna.
Quando si avvicinò al lampione più vicino, il suo corpo e la sua dura fisionomia si rivelarono alla notte: era una donna, dal viso bianchissimo e con gli occhi neri circondati a loro volta da molto, molto nero.
Le labbra erano nerissime e dai lati della bocca scendevano rivoli di sangue.
Anche dagli occhi sgorgava del sangue che solcava le guance.
Come ho detto prima i suoi lineamenti erano duri e ben disegnati ma di certo chi avesse visto quel volto con la più totale innocenza non avrebbe potuto negare che fosse uno dei più belli al mondo.
Le sue pupille nere sembravano due pozzi scuri, erano vuote ed inespressive, non comunicavano assolutamente niente.
Il bianco forte della carnagione, il nero della bocca e degli occhi ed il rosso acceso conferivano un macabro e magnifico contrasto di colori su di lei.
I capelli erano neri, corti, crespi e spettinati e portava un particolare ed elegante cappello a cilindro.
Al collo portava un pesante e lungo scialle di velluto inzuppato di sangue e le dava molta eleganza ed una lugubre grazia, un lungo mantello che volteggiava e si spiegava  a causa del gelido vento d'inverno.
Indossava infine un tessuto di lino, con ricamate delle ragnatele bianche e nere, che arrivava fin sotto alle ginocchia.
Sotto a questo suggestivo tessuto leggero si trovava una lunga veste rigorosamente nera.
Scoccò la mezzanotte e questa nota assassina non sorrise più.
Per lei la mezzanotte era un momento in cui non si rideva e non si scherzava più, andava venerata e rispettata e, forse, era l'unica cosa in cui credeva, che non osava toccare o disturbare.
Così, senza proferire parola o suono, si abbassò il cappello sugli occhi, fece un profondo inchino scostando il suo nero mantello e se andò, saltando da un tetto all'altro e restituendo alla luna tutta la sua pallida luce.




   
 
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