Capitolo
19
Le truppe venute in sostegno
dell’organizzazione dal Wutai si erano ritirate poco prima dell’alba. Quello
che fino a qualche ora prima era stato un accampamento ordinato e pieno di
vita, si era trasformato in qualcosa di morto e immobile.
Tseng era arrivato nella piazza centrale
all’incirca un’ora dopo la battaglia, per contare le vittime e scrivere tutto
nel verbale che avrebbe dovuto consegnare al presidente. Un uomo di quarantatré
anni, dall’aspetto giovanile sebbene avesse i capelli brizzolati, lo seguiva
come un’ombra nel suo lavoro.
Il falò che era stato acceso nella pizza
centrale era ora ridotto ad un cumulo di cenere, e la scena generale era
piuttosto macabra. C’erano morti ovunque; alcuni ancora in fin di vita, si
trascinavano verso i Turk e i Soldier che popolavano la piazza.
-Alla fine è stata la scelta giusta-
disse improvvisamente l’uomo che seguiva Tseng, sistemandosi gli enormi
occhiali da sole sul naso.
Tseng si voltò e annuì. In realtà non
sapeva se fare una strage era stata la scelta giusta, ma quelli erano ordini, e
gli ordini non si discutevano.
-Comunque, non mi sono ancora
presentato- disse l’uomo, mentre le sue labbra sottili si curvavano in un
sorriso.-Gabriel Voss, del dipartimento per la pubblica sicurezza. Sono un sottoposto
del signor Heiddeger.-
L’altro gli strinse la mano.-Tseng, mi
occupo delle indagini sull’organizzazione Ombra.-
-Ti occupavi-
lo corresse Voss con un altro, fastidioso, sorriso.-Adesso non devi
preoccuparti più di niente. Lascia a me il resto del lavoro...-
Tseng era infastidito, ma non lo dava a
vedere.-Devo compilare il verbale, dopodichè potrò passarle il testimone,
signor Voss.-
Voss gli diede le spalle e se ne andò in
un’altra direzione, con le mani nelle tasche e l’aria di chi ha fretta di fare
qualcosa.
Tseng continuò il conteggio delle
vittime, e vide molti volti noti giacere a terra privi di vita. Persone con cui
aveva condiviso praticamente tutto in quei giorni, che non erano riusciti a
sopravvivere.
Nara era morto, ma Tseng aveva fatto
appena in tempo ad accorgersi che Uriah repirava ancora. Gli aveva preso il
polso, e con stupore aveva sentito dei deboli e timidi battiti. Si era subito
attivato per portarlo in salvo.
Helinor era arrivata con Sephiroth e
Gofna nel mezzo della battaglia, coperta di sangue, anche lei in fin di vita.
Kay era morto pochi minuti prima che
Tseng arrivasse, nel posto in cui si era
nascosto insieme a Loi. Entrambi aveano la avuto la stessa, lugubre, sorte.
Tseng si fermò nel centro della piazza e
iniziò a scrivere i nomi delle vittime, non solo ragazzi dell’organizzazione,
ma anche soldati del Wutai e Soldier. Non avrebbe mai immaginato che Gammon
avrebbe predisposto una controffensiva così efficace. Probabilmente aveva
previsto tutto, perché dal Wutai all’accampamento erano giorni di viaggio.
Era ovvio che avesse chiamato rinforzi
subito dopo aver spedito il messaggio al presidente.
Terminò di scrivere l’ultimo nome e si
spostò in un’altra zona.
Dopo qualche minuto arrivò Genesis.
Sembrava su di giri. Probabilmente aveva preso parte alla battaglia anche lui,
perché si era tolto la benda e casacca, e aveva ancora la spada macchiata di
sangue in mano.
-Ci sono due superstiti- disse. Il suo
modo di parlare era stranamente serio, non più spavaldo.
Tseng lo esaminò attentamente.-Chi?-
-James Atmey e... Adrian- disse,
sbattendo le palpebre varie volte.
-Lo hai aiutato tu?- si azzardò a
chiedere Tseng.
Genesis si schiarì la voce.-Certo che
no! Non aiuto i damerini, io!-
-No, non Atmey. Adrian- specificò Tseng,
nervoso.
Ci fu un attimo di silenzio in cui
Genesis abbassò la testa mortificato.
-Va bene così- disse Tseng, facendo
finta di niente.
Genesis lo guardò.
-Che rimanga tra noi due, va bene? Era
solo un bambino.- Tagliò corto il Turk.
Il rosso sorrise e se ne andò.
Sembrava tutto finito, pensò Tseng. Si
era concluso tutto in un bagno di sangue, ma quei giorni passati nell’Ombra,
avevano permesso a Tseng di scoprire molte cose che non avrebbe mai avuto
l’occasione di sapere. Era stato in certo senso... istruttivo.
Si ricordò del suo tacuino, e
improvvisamente gli venne in mente Shon. Non l’aveva ancora visto tra le
vittime. Possibile che fosse riuscito a scappare anche lui?
-Bah...- mormorò, prendendo qualche
appunto accanto al nome di Shon.
-Abbiamo trovato alcune armi e della
Materia- disse una voce alle sue spalle.
-Ancora qui signor Voss?- domandò Tseng.
Quel tipo non gli piaceva proprio.
Voss guardò il cielo con aria
ispirata.-E dove altro dovrei essere? Sto semplicemente facendo il mio dovere.-
Potresti
farlo stando il più lontano possibile dal sottoscritto?
Tseng annuì.-Ho quasi finito qui.-
-Bene- disse Voss, sbadigliando
sonoramente.-Finalmente possiamo andarcene. Mi sto annoiando, e ho un
interrogatorio da condurre alla ShinRa.-
-Un interrogatorio?- fece eco Tseng.
-Il signor Rain Foster, alias Taiji, ci
deve molte spiegazioni- rispose Voss, massaggiandosi la radice del naso. Si
tirò via gli occhiali da sole dal viso, rivelando due occhi grigi e freddi come
il ghiaccio.-Era uno scienziato della ShinRa, anni fa, e il professor Hojo
vorrebbe tanto scambiarci due chiacchiere in privato.-
-E di Gammon che ne facciamo?- domandò
Tseng.
Sephiroth gli aveva raccontato che era
morto, ma era stato molto vago sulle modalità del sua decesso.
-Sembra che facesse parte dell’organizzazione
Avalanche. L’Ombra era solo una copertura per nascondere alcuni traffici nel
Wutai, come avevamo sempre sospettato. Abbiamo saputo di uno spaccio illegale
di Materia che si svolge in punti dislocati nel Gaia- aggiunse, iniziando a
giocare con i suoi grossi occhiali.-Con Avalanche, appunto. Gammon era il
tramite per muovere alcuni carichi di Materia da un posto all’altro. Sembra che
seguisse gli ordini di un uomo la cui identità ci è finora sconosciuta. Verdot
è a Kalm per una missione proprio in questo momento.-
-Quindi alcuni membri di Avalanche sono
a Kalm?- domandò Tseng.
-Esattamente. Sospettiamo che il punto
di scambio tra Ombra e Avalanche fosse Kalm. Certo, ora che Gammon è morto non
potremo più interrogarlo...- fece Voss, visibilmente contrariato, inforcando di
nuovo gli occhiali.-Adesso il traffico di Materia dovrà trovare un altro modo
per avvenire... e questo vuol dire più lavoro per noi.-
Tseng non sorrise a quella battuta. Non
la trovava divertente.
Voss dovette accorgersene perché alzò un
sopracciglio e interruppe la pausa che aveva creato per permettere a Tseng di
ridere.-Beh, dovresti avere più senso dell’umorismo, collega.-
Tseng si guardò intorno. Come se la
scena di morte che li circondava fosse il luogo giuso per le risate...
Voss intercettò i pensieri di Tseng e
scoppiò a ridere.-Suvvia, non era mia intenzione mancare di rispetto a nessuno-
ma il suo sorrisetto lasciava intendere il contrario.-Sarà l’abitudine. Sai, al
dipartimento sicurezza se ne vedono di cotte e di crude.-
Che c’era di tanto divertente?
-Poi dovremo ascoltare la testimonianza
di quella ragazzina di nome Helinor Hinari- aggiunse Voss.-Anche perché
dobbiamo verificare la veridicità di questa lettera.- Porse un foglio a Tseng,
che lo prese con aria interrogativa.
Tseng quardò la firma in basso.
Nhatan.
La lettera era di Nhat? E quando sarebbe
stata scritta?
In alto c’era la data, e Tseng potè
constatare che risaliva al giorno della sua morte.
“Helinor,
so che tutto quello che sto per scrivere avrei dovuto dirtelo a voce tanti anni
fa, ma davvero non ce l’ho fatta. So che sei una ragazza forte, e so che
avresti superato anche questo, eppure ho sempre pensato in cuor mio che fosse
troppo per te. Certo, aspettando tutto questo tempo non ho fatto altro ce peggiorare
la situazione, ma aspettavo una sorta di redenzione da parte di quel maestro
che ammiri tanto. Aspettavo che lui ti rivelasse la verità, e che non spettasse
a me farlo. Ma mi sbagliavo.
Io
sono il tuo padrino, e in quanto tale mi sarei dovuto occupare di te più di
quanto abbia fatto in questi anni, soprattutto perché Gammon non ti ha mai
lasciato respirare da quando sei tornata all’accampamento. Devi sapere che lui
in realtà è il marito di tua madre,e dunque è tuo padre.
So
che a questo punto smetterai di leggere, ma semmai ti andrà di continuare, io
proseguirò per far luce su molti dei misteri che ti circondano.
Gammon
e Karima si sono sposati per colpa mia. Se io non fossi stato così spaventato
da Gammon, non avrei mai lasciato che tua madre si rovinasse la vita così. Lei
lo amava, certo, ma io ero certo che quello non era l’uomo giusto per lei.
Gammon la stava soltanto studiando. Studiava il suo carattere, non l’amava
davvero.
Il
resto è successo tutto così in fretta che io quasi non me ne resi conto.
Il
frutto di quel matrimonio fosti tu, Helinor. Tuo padre però non voleva un
figlio, ma soltanto qualcuno su cui provare le sue nuove teorie. Ultimamente si
era fissato con un metodo che avrebbe potuto impiantare della Materia nel corpo
degli esseri umani.
Tu
saresti stata la prima di una lunga serie. Erano tutti troppo spaventati per
poter offrirsi di fare da cavie, quindi rimaneva un’unica possibilità: usare
una bambina troppo piccola per poter capire ciò che le stava accandendo.
Tua
madre non poteva accettarlo.
Taiji
era stato coinvolto nell’esperimento in passato, e le aveva raccontato come
l’avesse trasformato in un vero mostro, e che quel viso fosse solo opera della
chirurgia, e non della natura.
Karima
ebbe paura e decise di andarsene. Nel farlo, portò con sé anche i documenti che
avevano suscitato in Gammon quelle idee folli.
Fu
allora che lui la considerò una traditrice.
Pensavo
che gli sarebbe bastato vederla morire, forse per la malattia, forse uccisa per
mano dei Turks che a loro volta cercavano quei documenti. Invece, un giorno,
tornò con te in braccio.
Eri
così piccola in confronto a lui, ed assomigliavi tremendamente a tua madre. Per
questo, sono scappato di nuovo.
Non
avevo avuto il coraggio di fermare Gammon, nonostante avessi promesso a tua
madre che lo avrei ostacolato semmai gli fossero venute in testa strane idee.
Ho
sempre detto che Gammon era un capo saggio. Beh, era una bugia. Non l’ho mai
pensato davvero, ma non avevo il coraggio di dirlo. Mi spiace che tu abbia
pagato i miei errori.
Comunque,
Gammon voleva vendetta, e l’avrebbe presa con la forza. Aveva deciso di
renderti la vita impossibile e di farti soffrire finchè non ti saresti uccisa
da sola. Quella sarebbe stata la punizione adatta per tua madre.
Io
sono rimasto in silenzio, sempre. Se mi vorrai biasimare, fallo pure. Non ti do
torto. Non sono mai stato un leone, e non ne vado fiero, soprattutto perché
Karima credeva in me... ed io l’amavo con tutto me stesso. Forse non è vero che
l’amore cambia le persone...
Non
so cosa vorrai fare adesso, ma io ho deciso di affrontare Gammon.
Sento
di poterlo fare, finalmente.
Sento
di non aver più paura, e tutto grazie a te e tua madre.
Hai
coraggio da vendere Helinor, cerca solo di prenderti cura di te stessa... e di
Uriah.
Addio.”
-Che lettera sdolcinata- commentò Voss,
storcendo il naso.-Non ho mai letto niente di più orrendo. Che i codardi
rimangano codardi per tutta la vita, questo è certo... ma addirittura ammettere
di esserlo...-
Tseng sentì di detestare quell’uomo ad
ogni minuto passato con lui. Nhat era una persona stupenda, come poteva
giudicarlo senza neanche conoscerlo? Certo, aveva fatto degli errori, ma
certamente non era l’unico lì dentro.
Lui, Tseng, aveva fatto molti errori.
Helinor stessa, ne aveva commessi tanti. Tutti commettono errori, alcuni
irreparabili, altri no.
-Meglio un giorno da leone che cento da
pecora!- esclamò Voss.-Era così il proverbio, giusto?-
Tseng mugugnò qualcosa di
incomprensibile.
-Ad ogni modo, quella lettera spiega
molte cose!- disse Voss, soddisfatto.-Quello che non capisco è dove Karima
abbia potuto nascondere quei maledetti documenti che piacciono tanto al
professor Hojo. È un mistero...- e lanciò a Tseng un’occhiata inquisitoria da
sotto le lenti nere degli occhiali.
-Non ne ho idea- sospirò Tseng.-Da
quando sono qui non ho fatto altro che sbrogliare nodi, ma non l’ho scoperto.-
Voss rimase in silenzio. Evidentemente
aveva esaurito gli argomenti su cui discutere.
-Servirà anche la tua testimonianza,
Tseng- disse improvvisamente. Quella frase risuonò più come un avvertimento che
come una semplice affermazione.
(...)
L’ambiente era sterile, e c’era odore di
disinfettante.
Helinor storse il naso. Non aveva mai
sentito un’odore così pungente in tutta la sua vita, quindi decise di aprire
gli occhi. C’era anche qualcosa che le dava fastidio sul braccio.
La luce l’accecò, e dovette richiudere
subito le palpebre.
Sentì un suono ritmico e acuto, da
qualche parte accanto a lei, e si chiese dove fosse finita stavolta.
I ricordi della sera prima erano ancora
confusi, e impiegò un bel po’ di tempo a metterli tutti in ordine cronologico
affinchè acquisissero un senso. Quando arrivò alla parte della morte di suo
padre avvertì una forte fitta allo stomaco, dove c’era la ferita.
Faceva ancora molto male, e Helinor
avrebbe voluto alzare il braccio e posarci una mano sopra per vedere se perdeva
ancora sangue. Invece, i suoi arti non rispondevano ancora del tutto al suo
cervello, dunque rimase immobile, cercando di abituarsi alla luce accecante di
quel posto strano.
Tutto d’un tratto sentì una potra
aprirsi e chiudersi subito dopo.
-I valori vitali sono stabili, professor
Hollander-
-Bene-
Erano due uomini.
A giudicare dalle loro voci, uno doveva
essere giovane, l’altro più avanti con gli anni.
Quello che aveva parlato per primo
doveva essere l’uomo giovane, dunque l’altro doveva chiamarsi Hollander.
-Però... avrebbe dovuto essere già
sveglia- osservò l’uomo più giovane, con un moto di perplessità.
Helinor era sveglia, solo che non
riusciva ad aprire gli occhi. La luce era troppo forte.
Rimase a crogiolarsi su quel posto
soffice dove era stata adagiata. Era molto morbido. Mai provato niente di
simile...
Un tocco leggero all’altezza del cuore
interruppe di colpo i suoi pensieri.
Il suo braccio scattò come le branche di
una tagliola, e le dita della mano si serrarono attorno ad un polso grassoccio,
quasi stritolandolo.
-Professore!-
Hollander iniziò a sudare freddo, e
rimase immobile fino a che Helinor non ebbe aperto gli occhi e li ebbe puntati
su di lui.
-Dove sono?- ringhiò Helinor.-E chi sei
tu?-
-Stai tranquilla. Vogliamo solo
aiutarti... sei nell’ospedale della ShinRa- rispose Hollander, cercando di
mostrarsi il più gentile e affabile possibile.-E io... sono il tuo dottore: il
professor Hollander.-
Helinor lo lasciò così come l’aveva
afferrato. Quell’improvviso movimento aveva fatto tornare a bruciare la ferita
allo stomaco. Soffocò un gemito e lasciò cadere il braccio lungo un fianco,
sfinita.
Finalmente la luce non era più
accecante, e poteva vedere tutto distintamente.
Si trovava in una stanza bianca, in cui
c’erano tre letti. Due erano vuoti, il terzo era occupato dal lei. Alla sua destra si trovava un monitor che
segnava strani numeri. Era quello che faceva quel rumore ritimico che aveva
ascoltato prima. La cosa che le dava fastidio al braccio era un piccolo ago che
comunicava ad una sacca tramite un filo trasparente. Helinor si chiese cosa ci
fosse in quella sacca.
Poi, sopra di lei c’era il viso di
Hollander, che sorrideva nervosamente, lasciando trasparire un velo d’ansia che
non riusciva proprio a nascondere.
-Sembra che la nostra paziente si sia
svegliata- concluse Hollander, rivolgendosi al giovane medico che sostava
insicuro dietro di lui.-Dopotutto l’abbiamo presa in tempo. Io ho sempre detto
che quel ragazzo è sveglio.-
-Dov’è il mio pugnale?- domandò Helinor.
-Di che sta parlando?- chiese il medico
sconosciuto, con voce tremante.-Perché le serve un pugnale?-
E
tu perché non chiedi le cose a me, invece di domandarle al tuo capo?
-Noi non abbiamo nessun pugnale- disse
Hollander, mentre porgeva una mano al suo sottoposto. Quello sussultò e gli
passò una cartella marrone.-E poi non si possono portare armi qui dentro.
L’ambiente deve essere perfettamente pulito e disinfettato.-
Helinor lo guardò con ostilità.-Non mi
piacciono gli ospedali- sbuffò.
-Sarà anche così, ragazzina...- fece
Hollander, ridacchiando- Ma se non esistessero gli ospedali, saresti bella che
andata.-
-Può darsi- borbottò Helinor, avendo
esaurito le dosi di sarcasmo.
Hollander scrisse due righe sulla
cartella e fece segno al suo sottoposto di seguirlo.-Andiamo, lasciamo che la
ragazza riposi.-
Helinor lo seguì con la coda
nell’occhio. Era troppo stanca per muoversi, e il dottore lo sapeva bene.
-Gofna...-
Si riaddormentò non appena la porta si
fu chiusa.
(...)
L’ufficio del presidente Shinra era
zeppo di gente.
Davanti alla scrivania, in piedi con un
plico di fogli in mano c’era Tseng, visibilmente agitato. Alla sua destra, con
una mano infilata in tasca e l’altra che si aggiustava gli occhiali da sole in
testa, si trovava Voss, affiancato da Heiddeger.
Un lato della stanza, quello più buio,
era occupato da Sephiroth.
Angeal e Genesis erano seduti su un
divano di pelle che costeggiava la parete alla destra del presidente.
-Quarantacinque vittime...- stava
dicendo Tseng.-Tra cui cinque Soldier di seconda classe. I superstiti
dell’Ombra sono sette.-
Il presidente sospirò e lanciò
un’occhiata a Heidegger, che guardava il Turk come se volesse eclissarlo dal
resto del pianeta.
-Cosa dobbiamo fare con loro?- domandò
Sephiroth, facendo un passo nella direzione del presidente.
Tutti si voltarono a guardarlo, come se
con quella semplice domanda avesse concretizzato i pensieri di tutti.
-Per adesso niente. Cosa vuoi fare? Sono solo ragazzini impauriti
senza una guida...- disse il presidente, incrociando le dita della mani e
posandoci sopra il mento con aria assorta.-Per quanto riguarda Foster, in
questo momento è rinchiuso nella sala interrogatori, e conto su di lei,
Heiddegger, affinchè venga indotto a vuotare il sacco.-
Heidegger si lanciò un’occhiata di
sfuggita con Voss, che annuì.
-Per quanto riguarda il suo lavoro,
Tseng...- esordì il presidente, con un sorriso accondiscendente sulle
labbra,-Devo ammettere che è solo grazie a lei se abbiamo scoperto così tante
cose prima dello sterminio dell’Ombra. Almeno, adesso sappiamo chi dobbiamo
cercare... e cosa, soprattutto.-
Tseng chinò lievemente la testa.-La
ringrazio, presidente.-
Genesis si scambiò un’occhiata con
Sephiroth, che tuttavia continuò a guardare la parete di fronte senza dare
adito a mostrare nessuna emozione. Così come era partito dalla ShinRa era
rientrato. Il solito, glaciale e impenetrabile Sephiroth, sempre vestito di
nero, esattamente come il suo umore.
In effetti, l’umore di Sephiroth non era
dei migliori. Sapeva che prima o poi sarebbe dovuto andare a trovare Helinor,
ma la cosa non lo allettava affatto. Quel che nell’accampamento gli era
sembrata un’amicizia debole, ma possibile da rafforzare, ora gli appariva soltanto
come una minaccia oscura. Avrebbe dovuto dedicarle del tempo, e lui non aveva
tempo.
-Per adesso, vorrei che quei due ragazzi
si riprendessero- disse ShinRa, senza promettere nulla a nessuno.-Almeno potrò
scambiare due chiacchiere con loro in privato. Per quanto riguarda la signorina
Brown, temo che non sarà né di aiuto, né costituirà un pericolo per la ShinRa.
La cosa migliore da fare è interrogarla e lasciarla andare. In fondo, il piano
era questo dall’inizio- guardò Tseng, che si sentì vagamente a disagio.
Heiddeger si guardò intorno come se
stesse cercando qualcuno.-Hojo dov’è?- domandò.
-Hojo è fuori per lavoro- disse ShinRa,
tagliando corto.
L’altro fece per ribattere, ma le porte
dell’ufficio di ShinRa si aprirono improvvisamente, e entrò un Reno molto
agitato.
-Signor presidente... è successo un
disastro...-
Shinra si alzò di scatto, come se avesse
intuito cosa gli avrebbe detto il Turk di lì a poco.
-C’è stato un inconveniente a Kalm... la
città è bruciata... il signor Verdot... Beh, è ridotto molto male, signor
presidente.-
Tseng si voltò.-Verdot?!-
-La missione è fallita...- ansimò Reno,
posandosi una mano sul petto. Aveva corso così tanto che il cuore gli stava per
scoppiare.-Kalm è distrutta, signore!-
Un attimo di silenzio.
-Entità dei danni?- si azzardò a
chiedere Shinra, stringendosi la cravatta attorno al collo, come se avesse
voluto strangolarsi.
-Un disastro, signore- rispose Reno.-Il
signor Verdot versa in condizioni disperate... lo stanno portando qui...-
Shinra annuì.-Heiddeger, Voss. Voglio il
verbale dell’interrogatorio di cui abbiamo parlato. Lo farete adesso. Angeal,
Genesis, ho bisogno che voi andiate a dare una mano ai civili, a Kalm. Non
voglio che la gente pensi che sia stata la ShinRa a fare tutto questo.
Sephiroth... tu vieni con me, ragazzo.-
E detto ciò fece il giro della scrivania
e si diresse verso l’uscita.
-Signore... io?- domandò Tseng.
-Devi interrogare Gofna. Non avrà molto
da dire, sarà una cosa breve.-
Tseng annuì. Cos’ era successo a Kalm,
di tanto grave?
Angolino dell’autrice:
Vorrei
aprire una parentesi su quest’ultimo fantomatico incidente a Kalm... che è una
cosa accaduta davvero, e viene detto in before crisis. Questo gioco non è
uscito in Italia (né credo che uscirà mai), ma io mi sono andata a cercare
qualche informazione qua e la per internet.
E
adesso rispondo alle recensioni:
the one winged
angel:
^^ Nipoteeeee!!!! *me felice* Sono super contenta che il capitolo ti sia
piaciutooo!!! È stata una fatica enorme scriverlo (anche quello prima, due
capitoli difficili), quindi se mi dici che ti è piaciuto, è come se mi
regalassi la luna *_*. E poi mi fai sempre così tanti complimenti che non so se
meritarmeli o no T_T Come farei senza di te, nipotuccia?
Comunque
hai ragione su Gofna ^_^! Lei ed Helinor sono diventate amiche, e lo rimarranno
per sempre *_*. Mi piacciono molto, Helinor sembra la sorella maggiore...
Karima
sì, da una parte ha rischiato a lasciarli ad Aerith (considerando che viene
sorvegliata 24 ore su 24 da Tseng, in seguito), però lei non sapeva chi è
Aerith, né tantomeno che fosse un’Antica. L’ha presa come una semplice bambina
graziosa e carina XD, insospettabile. E neanche la ShinRa sospetterà mai che i
documenti ce li abbia Aerith (proprio perché sarebbe da stupidi lasciarli a
lei)... Certi ragionamenti contorti XD.
James
è un codardo, ma questo si era capito. prima pensa a salvarsi la pellaccia, poi
a tutto il resto XD. Quanto a Uriah, visto che sorpresa? XD In realtà ho
pensato che potesse anche starci il suo ritorno, visto che la ShinRa possiede
tecnologie avanzatissime... dopotutto Helinor era talmente poco lucida che
poteva anche aver tralasciato il fatto che Uriah fosse ancora vivo... >.<
Insomma, è un colpo di scena che ho fatto perché il povero Uriah non si
meritava di morire... (Avendo già fatto morire Nhat, poi XD. Mi sembro
piuttosto cattiva)
Nuuu
non ucciderti nipote! Dammi quel coltello! XD Ah, niente. Non farci caso. Sono i
miei deliri di autrice. Lascia stare Genesis, a lui ci penso io ok? È in buone
mani! *_*
Ah,
Gofna E’ scema. Non lo sembra. È. XD Poverina, è dall’inizio della storia che
la prendiamo in giro.
W
la nipoteeee!!! XD
Ps:
Forse con i capelli di Genesis possiamo farci anche il sugo (ei! anche tu?!- nd
Genesis)
Kairih:
Carissimaaaa!!!! X3 Grazie dei complimenti!!!! Comunque eccoci qui, siamo
arrivati alla fine, manca più un capitolo...
Questa è la mia seconda opera completa, ne sono proprio fiera ^_^
Sì,
Gammon è pazzo. Non è cambiato dall’inizio della storia, anzi è solo
peggiorato. Era talmente preso dal vendicarsi di Helinor e Karima che si è
dimenticato di tutto il resto... ç_ç Helinor non se lo meritava un padre così
(ma guarda che gliel’hai appioppato tu!- nd tutti; dettagli!! - nd me)
Per
Gofna hai ragione ^_^ Sì, è cresciuta, è diventata un po’ più saggia! Poverina,
dopotutto anche lei ha avuto una storia triste *_*
Davvero
pensi che i personaggi siano buoni? *me felice* Non so esprimere la mia
felicità nel sentirti dire una cosa del genere!!! E dalla grande maestra
poiii!!! *onorata e felice allo stesso tempo*
Comunque
sai che hai ragione? Anche i personaggi che piacciono a me muoiono sempre ç_ç. Sarà
una maledizione? Sob.
^_^
Sono tanto felice che la storia ti sia piaciuta!!! Grazie tesoro *_* non sai
quanto sono contenta di averti conosciuta ç_ç
Ps:
Aspetto con ansia i tuoi aggiornamenti ^_^ (Tra Shine e Utopia non so cos’è
meglio...)