Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Rosa di cenere     12/09/2010    5 recensioni
Ricordo con chiarezza quel giorno. Quel giorno durante il quale tutto è cambiato. In poche ore tutte le mie certezze sono crollate, lasciando spazio solo ad una enorme confusione. Il bene e il male non erano più due cose indistinte, non esisteva alcuna differenza. Il giorno e la notte erano solo le due facce della stessa medaglia. L’amore e l’odio erano la stessa cosa.   E se Hermione cominciasse improvvisamente ad essere attratta da Draco? E se una lezione di Pozioni potesse cambiare il destino di entrambi?
Questa é la mia prima fan fiction, e parla di Harry Potter, il libro di J.K. Rowling, anche se i personaggi e situazioni sono liberamente interpretati e inventati da me.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Buon giorno a tutti! Allora, come al solito non posso che cominciare dicendovi GRAZIE. Quando ho letto le recensioni di Tonks97, Hollina, Lightofmyeyes e  barbarak ero divisa tra le risate e la commozione... :) Siete di grande aiuto, come sempre... Vi adoro!

Per quanto riguarda _Ink_ ... beh, ero assolutamente commossa, e quello che mi ha scritto é stato il miglior complimento che potessi ricevere.... Grazie <3

Ma il mio ringraziamento va anche alle 40 persone che seguono la mia storia (mi dispiace, non scrivo i vostri nomi, ma sappiate che vi voglio bene ;) )

Adesso bando alle ciance.... Vi lascio alla lettura (sperando che non mi lanciate  virtualmente verdura marcia o roba simile)

La vostra Rosa di cenere


Prima che qualcuno potesse fermarmi, cominciai a correre.

Le lacrime continuavano a scendere incontrollate dai miei occhi, rigandomi le guancie e fermandosi per una frazione di secondo, prima di gettarsi a capofitto verso il nulla.

Non avrei potuto stare in mezzo a tutta quella gente basita un secondo di più.

Probabilmente ero diventata l’argomento di conversazione più gettonato tra gli studenti di tutte le case e di tutte le età, ma solo di uno di loro mi importava. E forse era anche l’unico a non pensare a me.

Percorsi l’atrio deserto e mi lanciai su per le scale a velocità folle, sentendo a malapena i commenti sussurrati dei quadri. Un tacco si ruppe, facendomi inciampare, e il ginocchio sbatté dolorosamente contro lo scalino di pietra, provocando una fitta di dolore che mi fece gemere.

Ma andai avanti, zoppicante e con gli occhi secchi, fino al ritratto della signora grassa.

Lei mi guardò con aria curiosa e preoccupata insieme, pronta a carpire informazioni che l’avrebbero resa la più informata di tutti in fatto di pettegolezzi.

Prima che potesse anche solo prendere fiato per parlare pronunciai la parola d’ordine.

-Ubi iacet dimidium, iacet pectus meum.
Dove giace la mia metà, là giace il mio cuore.

Rabbrividii.

Perché tutto ciò che mi circondava mi ricordava la mia stupidità?

Perché il suo nome era l’unica cosa a cui riuscissi a pensare?

Il quadro si fece da parte di malavoglia, e io mi affrettai ad attraversare il cunicolo che portava alla sala comune dei Grifondoro.

Senza degnare di uno sguardo il camino acceso e le poltrone accoglienti disseminate li intorno, mi diressi alla mia stanza.

Il mio cuore batteva, ma io non riuscivo a sentirlo.

Sentivo solo il rumore delle sue fragili pareti che scricchiolavano sotto il peso di un errore troppo grande per essere perdonato.

Lo stesso rumore di un pavimento di legno che cigola sotto il peso di chi lo calpesta.

Era proprio cosi.

Avevo calpestato il mio cuore.

Avevo rovinato tutto.

Mi accasciai nella mia stanza, contro la porta, come se quel fragile asse di legno potesse servire a tenere fuori tutto il dolore che provavo.

Cercai di prendere un respiro profondo, ma ciò che ottenni fu solo un rantolo inarticolato.

Improvvisamente uno sbattere d’ali mi fece sobbalzare, facendo correre il mio sguardo verso la finestra chiusa.

Un enorme gufo grigio, le piume delle ali leggermente scosse dalla brezza, mi fissava con i suoi enormi occhi gialli.

Nel becco teneva un pezzo di carta ingiallito, su cui spiccavano grosse macchie di inchiostro, come se chi l’aveva scritta fosse molto di fretta.

Improvvisamente una consapevolezza mi travolse.

Era successo qualcosa a Draco.

Con uno scatto arrivai alla finestra e la aprii.

Una folata di aria gelida mi fece venire la pelle d’oca, ma ormai ero troppo in ansia per farci caso.

Ti prego, fa che io abbia torto. Dopotutto accade spesso, in questo periodo.

Strappai il foglio di carta della presa del povero uccello, che mi rispose con un  verso indignato.

Lessi le poche parole che vi erano scritte in malo modo, talmente macchiate che si faticava a distinguerle, ma il messaggio era cosi chiaro che non fu necessaria una seconda lettura.

 

Vieni subito, Draco sta male

                                                     Blaise

 

Mi strappai di dosso il vestito, scambiandolo con una canottiera e una felpa enorme che mi arrivava alle ginocchia, poi corsi fuori dalla mia stanza nella torre, afferrando la bacchetta che avevo abbandonato sulla scrivania e infilandomela in tasca.

Mi accorsi ben presto che le scarpe erano solo un inutile impedimento, cosi uscendo le calciai sotto a una poltrona.

A piedi nudi e probabilmente con un viso sconvolto dal pianto e dalla preoccupazione, ripercorsi la strada che avevo fatto solo pochi minuti prima, però a ritroso.

Uscii da dietro il quadro della signora grassa senza dire una parola, e siccome non mi raggiunse nessun commento, capii che probabilmente era andata a informarsi su gli ultimi avvenimenti in un’altra cornice.

Meglio.

Mi sarei evitata commenti sprezzanti su come dovesse vestirsi una signorina per bene.

Rischiai diverse volte di fare le rampe di scale a rotoli, ma inspiegabilmente riuscii sempre a ritrovare l’equilibrio prima di cadere a terra.

Arrivai nei sotterranei in tempo record, e mi bloccai per un attimo, smarrita.

Non sapevo dove andare, e avevo paura di perdere tempo prezioso girovagando senza meta in quel luogo freddo e buio.

Improvvisamente un urlo lacerò l’aria, facendo perdere alcuni battiti al mio cuore già distrutto.

Draco.

Seguii la direzione da cui continuavano ad arrivare lamenti di dolore, e, dopo aver attraversato alcune grandi stanze tappezzate di grigio e verde, mi ritrovai davanti ad una porta in legno massiccio.

Lui doveva essere li dietro.

La mia mano si strinse attorno alla maniglia gelata, che aveva la forma di un serpente dalla bocca spalancata.

La abbassai.

All’interno alcune candele mandavano una luce soffusa, illuminando in parte un enorme letto a baldacchino, sul quale era chino un ragazzo moro.

Mi avvicinai correndo.

Blaise mi guardò per un attimo, grato, poi tornò ad osservare il biondo Serpeverde steso sul materasso.

Il realtà da un’immensa montagna di coperte spuntava solo il capo biondo del ragazzo.

Era in condizioni orribili.

 Le labbra erano viola acceso, i capelli semi-congelati erano appiccicati al viso, contratto in una smorfia di dolore.

-È stato trascinato nel lago Nero da un gruppo di sirene che hanno pensato bene di fargli fare un giretto nel loro accogliente regno …. –

Aveva risposto a una domanda che  non avevo nemmeno formulato ad alta voce.

Per l’ennesima volta mi accorsi di quanto quel ragazzo fosse sveglio.

-Ok, Blaise, il resto della storia me lo racconterai un’altra volta, ti va? Adesso riempi la vasca da bagno di acqua il più calda possibile, poi fai che Draco ci stia per un po’. Io vado a cercare qualcosa di caldo da fargli mandar giù … - Prima ancora che io finissi di parlare, Zabini aveva sollevato con qualche difficoltà Draco, e lo stava trascinando verso quello che credevo fosse il bagno.

Uscii dal sotterraneo e andai spedita in cucina, dove gli elfi domestici mi accolsero calorosamente.

Avevo sempre lottato per la loro libertà, e adesso mi consideravano una loro pari, per quanto dura fosse stata all’inizio convincerli che potevano fidarsi di me.

Afferrai un termos enorme e chiesi a uno di loro di riempirmelo di qualcosa di caldo, e fui accontentata in un pochi minuti, che però mi parvero secoli.

Lo baciai frettolosamente sulla testa bitorzoluta e tornai da dove ero venuta.

In quella che credevo fosse la sala comune racimolai delle coperte, che mi buttai frettolosamente sulla spalla.

Quando rientrai nella stanza da letto sentii lo sciabordare dell’acqua, e qualcuno che veniva alzato di peso.

Dopo alcuni minuti Blaise riapparve, il biondo, coperto solo da un paio di boxer umidi, sempre tra le braccia.

La luce delle candele giocava tra i suoi capelli e sul suo petto, che sembrava scolpito nel marmo bianco.

Appena lo ebbe posato tra le coperte, vidi che il suo colorito stava leggermente migliorando, e che le labbra stavano tornando del solito colore rosato.

Ma tremava come una foglia, e questo non era un buon segno ….

Mi sedetti accanto a lui e avvicinai una tazza di caffè fumante alle sue labbra, che si storsero un poco, ma che non fecero resistenza quando il liquido scuro le scaldò, scendendo piano nella gola. I suoi occhi rimanevano chiusi, e questo era un bene, perché non avrei sopportato che il loro argento fuso mi scivolasse addosso, non in quel momento.

Improvvisamente capii cosa dovevo fare. In qualsiasi altra occasione sarei diventata rossa al solo pensiero, ma la paura di perdere per sempre il mio angelo mi spinse a prendere quella decisione.

-Ha bisogno di vero calore, e quello migliore che possiamo dargli è quello del nostro corpo. – dissi, togliendomi la felpa e lasciandola cadere a terra.  Mi feci strada tra le miriadi di strati caldi e soffici che lo ricoprivano e mi stesi accanto a lui.

Lo feci voltare faticosamente verso di me, e lo abbracciai, intrecciando le mani dietro la sua schiena. La sua testa ricadde a peso  morto sulla mia spalla, e ciocche di capelli biondissimi mi solleticarono il collo. Il suo respiro irregolare si calmò, e sentivo il suo alito caldo sulla pelle nuda del collo.

Mi venne quasi da piangere.

Sentivo la sua pelle fredda riscaldarsi a contatto con la mia, e non potevo fare a meno di pensare a quanto quella situazione fosse paradossale.

Probabilmente se fosse stato cosciente non mi avrebbe mai permesso di entrare nel suo letto.

Ma se tu avessi saputo ascoltare, probabilmente lo avrebbe fatto. Anzi, probabilmente ne sarebbe stato entusiasta …

Scossi la testa, ricordandomi solo in quel momento di non essere sola.

-Allora, Zabini? Vuoi lasciare che il tuo amico muoia congelato? – la rabbia che provavo verso me stessa si riversò in quelle parole, come se prendermela con un innocente potesse aiutarmi a sentirmi meno in colpa.

-Mi stai forse invitando a venire a letto con te, Granger? – rise forte, riscaldandomi un po’ il cuore. Probabilmente non aveva nemmeno fatto caso al modo in cui mi ero rivolta a lui.

Essere amici di Draco Malfoy ti forgia, al suo confronto un leone inferocito appare meno pericoloso di un agnellino smarrito.

-Offerta allettante, lo devo ammettere, ma credo che sarei solo d’intralcio. Dopotutto lui adesso sembra stare molto meglio … ha smesso persino di tremare! Quindi credo che ora il mio compito qui sia terminato, lo lascio nelle tue mani, ragazza. – e fece per andarsene.

-Aspetta!- gridai, frustrata. –Lui mi odia, non è cosi? Probabilmente preferirebbe che fossi tu a salvargli la vita, non io, che glie l’ho già rovinata abbastanza … - lui mi guardò, un sorriso sincero stampato in volto.

-Credo che non vorrebbe nessun altro con se, in questo momento … - e, con un ultimo gesto del capo, se ne andò.

 

Quando mi svegliai non mi ricordai subito cosa fosse successo.

Ricordavo solo il dolore, il freddo … e poi il buio.

 Non osavo aprire gli occhi, avevo paura di ciò che avrei visto.

Poi mi accorsi del corpo steso accanto al mio, e allora lasciai che le palpebre si alzassero lentamente, fino a che non vidi ciò che mi circondava.

Sono morto? Mi chiesi, accorgendomi che accanto a me dormiva Hermione, le braccia che mi cingevano in modo protettivo, il corpo attaccato al mio. Sentivo il suo petto alzarsi ed abbassarsi ad ogni respiro, perfettamente in sincronia con il mio.

Dovevo davvero essere morto.

Sono in paradiso?

No, non avevo mai creduto nel paradiso.

Avevo sempre pensato che il paradiso fosse il luogo dove andavano i veri dannati. Coloro che non avevano mai vissuto davvero.  Perché la vita è peccato, e solo se la vivi seguendo i tuoi istinti puoi davvero dire di essere esistito.

Mi scostai leggermente da lei, per poterla guardare meglio.

Aveva gli occhi gonfi e arrossati, e sulle sue guancie erano visibili le scie di lacrime secche. Aveva i capelli arruffati, e indossava una canottiera logora e piena di buchi.

Era bellissima.

Ma perché era li?

Ed erano state versate per me, quelle lacrime?

Allungai una mano e gliela posai sulla guancia, tracciando con il pollice disegni invisibili.

Le sue lunghe ciglia scure fremettero, ma non aprì gli occhi.

Non sapevo cosa pensare.

Lei mi amava?

O era entrata nel mio letto spinta dal senso di colpa?

La mia mano scivolò lungo il suo collo, e si arrestò sul petto, poco sopra il seno. Sotto di essa sentivo il battito del suo cuore. Lento, inesorabile … la più bella melodia che avessi mai ascoltato.

Mi avvicinai il più possibile e posai la fronte contro la sua.

Non avevo più dubbi.

 

 

 

  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Rosa di cenere