Libri > Il meraviglioso mago di Oz
Ricorda la storia  |      
Autore: Feel Good Inc    12/09/2010    1 recensioni
« Sognare deve essere una strana cosa, se la si può fare solo mentre si dorme… »
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dorothy Gale, Spaventapasseri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Follow the yellow brick road'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Nightmare ~ Dall’altra parte del fuoco

 

 

 

 

 

 

{ I’ve been asleep for a while now, you tucked me in just like a child now }

 

 

 

Quando Dorothy era saltata su a sedere nel suo giaciglio di muschi ed erbe morbide, soffocando un grido con le manine strette a pugno, non era bastato il fuoco a tenerlo lontano da lei.

Nulla, dentro il sacco di paglia che lo Spaventapasseri si portava sulle spalle e che qualcuno chiamava testa, era tanto importante quanto essere sempre pronto a proteggere Dorothy: Dorothy che aveva sconfitto la Strega dell’Est, Dorothy che li aveva portati tutti dal Mago, Dorothy che avrebbe sconfitto anche la Strega dell’Ovest, Dorothy che gli diceva sempre che lui era pieno di pensieri delicati e che lo ringraziava con carezze leggere e bei sorrisi e che sembrava completamente disinteressata al fatto che quella sua testa fosse vuota e inutile.

Lo Spaventapasseri si crucciava di non poter fare molto in cambio per lei. Così si dava da fare per aiutarla sempre come meglio poteva: riempiva di noci il suo cestino, la copriva con coltri di foglie secche quando la notte si faceva più fredda, si assicurava sempre che il suo visetto fosse sereno e roseo e disteso in un sorriso.

E quando l’aveva sentita piangere non era bastato quel fuoco acceso dall’Uomo di latta – ora lontano a montare la guardia contro le fiere del bosco – ad impedirgli di correre al suo fianco ad asciugarle il viso con i ruvidi guanti.

« Dorothy, Dorothy, va tutto bene. Sei al sicuro. Non piangere, per favore. Non mi piace vederti piangere. »

La ragazzina singhiozzava ancora, scossa dalla testa ai piedi in quel suo piccolo corpo minuto che lo Spaventapasseri riusciva ad avvolgere completamente con le lunghe braccia. Teneva il viso premuto contro il suo petto e piangeva, piangeva, in preda a qualcosa che lui non aveva mai avuto modo di conoscere – e gli faceva male, oh, gli facevano malissimo quelle sue lacrime addosso, bruciavano più di tutti i fuochi mai accesi dall’Uomo di latta.

Non riusciva, ovviamente, a capire cosa fosse successo. La radura era silenziosa e tranquilla, rischiarata appena dal piccolo falò e piena del russare sommesso del Leone – come era stata per tutta la notte, per tutto il tempo in cui lui aveva tenuto gli occhi fissi su Dorothy dal suo cantuccio lontano dal fuoco. Non sembrava esserci nulla in grado di svegliare la ragazzina e sconvolgerla tanto da portarla a stringersi allo Spaventapasseri come al suo unico conforto al mondo. Dunque cosa le era successo? Perché stava così? Se lei stava male lui stava male e allora nessuno dei due poteva sorridere, questo riusciva a capirlo anche se aveva la testa vuota…

Poi, dopo un tempo che lui non avrebbe mai saputo calcolare, il respiro di Dorothy si calmò abbastanza da consentirle di parlare.

« Scusami, Spaventapasseri. Ho avuto un incubo terribile. »

Lo Spaventapasseri attese ancora per qualche istante. Ma lei restava in silenzio, e allora ritenne più saggio chiedere spiegazioni.

« Cos’è un incubo, Dorothy? »

La ragazzina scostò il capo e alzò gli occhi ancora così rossi e umidi su di lui, sorpresa. Era però stranamente piacevole che non si fosse allontanata, che fosse rimasta lì al sicuro tra le sue braccia – era bello poter fare qualcosa per lei, poterle essere d’aiuto in qualsiasi modo: in quei momenti quasi non gli importava più di essere stupido, perché era almeno consapevole che a Dorothy andava bene anche così.

« Un incubo è… è un brutto sogno, Spaventapasseri, che altro? »

« Oh! » Mastro Gerico, il contadino che gli aveva dipinto il sorriso sulle labbra e gli aveva calcato quel vecchio cappello sul capo, quando si soffermava a pensare si grattava sempre la testa; lui non poteva farlo, perché non poteva certo pensare ed anche perché questo avrebbe significato smettere di abbracciare Dorothy. « E cos’è un sogno, allora? »

Lei era sempre più sorpresa. Per un attimo lo guardò come se non lo riconoscesse – ma Dorothy, sono io, sono sempre io. Non mi guardare così. Ma alla fine, mentre ancora lui le passava una mano sulla guancia morbida per asciugarla delle ultime lacrime, nel suo sguardo si fece strada una consapevolezza.

« Ma certo » mormorò, d’improvviso triste. « Tu non hai mai sognato perché non puoi dormire, e dopotutto non hai un cervello con cui poterlo fare. »

« Sognare deve essere una strana cosa, se la si può fare solo mentre si dorme… »

« Sì, un po’ strana lo è. » Dorothy tentò un sorriso, ma in questo non c’era nulla di ciò che lo Spaventapasseri vedeva di solito nei suoi sorrisi. « Quando dormi, il tuo cervello ti fa vedere delle immagini, a volte meravigliose, altre terribili. Mia zia Emma mi ha detto spesso che i sogni possono celare le nostre più grandi paure o i nostri desideri più profondi. »

« Se è così, allora sono lieto di non poter dormire. Un sogno brutto non sarebbe il modo migliore di trascorrere la notte, e uno bello mi renderebbe molto più amaro il risveglio, non trovi? » E mentre formulava quest’ultima domanda, lo Spaventapasseri ebbe un’intuizione improvvisa, una di quelle che lo prendevano sempre più spesso da quando aveva conosciuto Dorothy e insieme a lei aveva imparato a fare qualcosa di simile al pensare; e la bella sensazione di vicinanza e di contatto fu scalfita da un brivido di freddo – e dire che lui non sentiva mai il freddo. « E tu hai appena visto una delle tue più grandi paure, Dorothy? È per questo che piangevi? »

Dorothy sospirò, abbassò gli occhi gonfi di tristezza e strinse più forte le piccole dita attorno alla stoffa che racchiudeva la sua paglia.

« Sognavo di dirti addio » sussurrò.

Lo Spaventapasseri non disse nulla.

Per qualche istante ci fu solo lo scoppiettio del fuoco, il russare del Leone Codardo che dormiva raggomitolato insieme a Totò, i cigolanti passi lontani dell’Uomo di latta che sorvegliava la radura, il respiro leggero di Dorothy stretta allo Spaventapasseri.

Lo Spaventapasseri lo sapeva che, quando avrebbero sconfitto la Strega dell’Ovest – perché ci sarebbero riusciti, Dorothy ci sarebbe riuscita – la sua piccola prima amica avrebbe ottenuto dal mago di tornare a casa, in quel Kansas di chissà quale paese lontano. Sapeva anche che, con ogni probabilità, poi non si sarebbero rivisti mai più. Questo era ancora più doloroso di qualsiasi tizzone acceso e di ogni sua lacrima – ma in quel momento non era questo a lasciarlo senza parole.

Dorothy aveva sognato di dirgli addio. Di tante altre cose che avrebbe potuto ‘vedere col cervello’, Dorothy aveva sognato lui, lo Spaventapasseri.

Allora, forse, per Dorothy era almeno un pochino importante quanto lei lo era per lui…

« Non mi piace vederti piangere, soprattutto per causa mia » ripeté infine, mentre la piccola sollevava ancora una volta la testolina per guardarlo, « però sono contento di sapere che tra i tuoi sogni ci sono anch’io. »

Dorothy sorrise. Questa volta era un sorriso vero.

« Sei lì da tantissimo tempo » disse, e lo abbracciò più forte e stavolta posò la guancia nel punto in cui l’Uomo di latta avrebbe detto che sarebbe dovuto esserci il cuore dello Spaventapasseri. « E credo che ci sarai sempre. »

Dorothy era morbida, calda, respirava e dormiva e pensava: era completamente diversa da ciò che invece era lo Spaventapasseri. Eppure era facile stare così stretti a lei, era piacevole e bello, e gli faceva dimenticare completamente il fatto che, dopo aver terminato la missione affidata loro dal mago ed essere tornati alla Città di Smeraldo, sarebbero stati davvero costretti a dirsi addio.

Forse in realtà non era lui a starle vicino, di notte. Forse era lei che, con la sua semplice presenza, lo faceva sentire un po’ meno solo, un po’ meno diverso.

Perché anche se lo Spaventapasseri era sempre sveglio, anche se di notte non poteva fare altro che restare immobile a guardare il mondo con i suoi occhi dipinti e sempre aperti, quel mondo sarebbe stato molto più vuoto se non ci fosse stata là Dorothy a dormire dall’altra parte del fuoco.

Passò ancora un tempo indefinito, le braci si spensero del tutto, e finalmente la ragazzina si addormentò di nuovo. Lo Spaventapasseri si disse che sarebbe stato meglio farla tornare a stendersi nel giaciglio e coprirle le spalle di foglie, come ogni notte, ma questa volta non riusciva a decidersi ad allontanarsi da lei. Del resto non c’era più il fuoco a tenerlo lontano.

Allora, perché continuasse a stare comoda, senza svegliarla le distese pian piano le gambe e la lasciò dormire stretta al suo petto imbottito di paglia.

Le scostò i capelli dalla fronte, le guardò il volto e scoprì la sua espressione rasserenata in un accenno di sorriso. Forse adesso stava sognando di riabbracciare quella sua zia Emma. O forse, magari, stava sognando di restare per sempre con lui nel regno di Oz. Chissà. Dopotutto, lo Spaventapasseri non aveva un cervello con cui immaginarlo.

Però gli sarebbe tanto piaciuto, per una volta, potersi addormentare e verificare che nei suoi sogni ci fosse Dorothy.

 

 

 

{ ‘cause every time you hold me in your arms I’m comfortable enough to feel your warmth }

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Chi sono io per non seguire con gratitudine i preziosissimi suggerimenti dei miei lettori? ^^ Grazie infinite, Syranjil Sarephen, per avermi ispirato un’altra piccola cosa fluffosa su questi due (è sicuramente un po’ diversa da come l’avevi immaginata, ma spero comunque ti piaccia, se ti verrà voglia di leggerla: perché è solo per merito tuo che ha preso il sopravvento su tutte le altre idee confuse che mi affollano la mente e si è imposta per venire scritta per prima) <3.

Detto questo, è evidente che io sto letteralmente impazzendo per Il mago di Oz. *.* [Volete altre prove? Una e due. Ecco, fatevi una sana risata alle mie spalle. ;P] Di questo passo finirò per riempire la sezione di shot stupide e portatrici di carie gravi ai denti dei poveri lettori xD Ah, sì, lo sto già facendo. Niente uso del futuro.

I due versi posti all’inizio e alla fine sono tratti da Bubbly di Colbie Caillat, che ho già usato tempo fa per Lizzie McGuire, ma che mi piaceva troppo addosso a Dorothy e allo Spaventapasseri *-*

Che altro dire? Grazie a chiunque abbia ancora la pazienza di venir qui a leggere i miei trip mentali sui fandom e sui personaggi più bizzarri. Mi inchino di fronte a voi; mi rendete davvero felice.

Alla prossima – perché, state in guardia, ne ho altre nel cassetto. xD

   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Il meraviglioso mago di Oz / Vai alla pagina dell'autore: Feel Good Inc