Nightmare ~ Dall’altra parte del fuoco
{ I’ve been asleep
for a while now, you tucked me in just like a child now }
Quando Dorothy era saltata
su a sedere nel suo giaciglio di muschi ed erbe morbide, soffocando un grido con
le manine strette a pugno, non era bastato il fuoco a tenerlo lontano da lei.
Nulla,
dentro il sacco di paglia che lo Spaventapasseri si portava sulle spalle e che
qualcuno chiamava testa, era tanto importante quanto essere sempre pronto a
proteggere Dorothy: Dorothy che aveva sconfitto la Strega dell’Est,
Dorothy che li aveva portati tutti dal Mago, Dorothy che avrebbe sconfitto
anche la Strega dell’Ovest, Dorothy
che gli diceva sempre che lui era pieno di pensieri delicati e che lo
ringraziava con carezze leggere e bei sorrisi e che sembrava completamente
disinteressata al fatto che quella sua testa fosse vuota e inutile.
Lo
Spaventapasseri si crucciava di non poter fare molto in cambio per lei.
Così si dava da fare per aiutarla sempre come meglio poteva: riempiva di
noci il suo cestino, la copriva con coltri di foglie secche quando la notte si
faceva più fredda, si assicurava sempre che il suo visetto fosse sereno
e roseo e disteso in un sorriso.
E quando
l’aveva sentita piangere non era bastato quel fuoco acceso
dall’Uomo di latta – ora lontano a montare la guardia contro le
fiere del bosco – ad impedirgli di correre al suo fianco ad asciugarle il
viso con i ruvidi guanti.
«
Dorothy, Dorothy, va tutto bene. Sei al sicuro. Non piangere, per favore. Non mi
piace vederti piangere. »
La
ragazzina singhiozzava ancora, scossa dalla testa ai piedi in quel suo piccolo
corpo minuto che lo Spaventapasseri riusciva ad avvolgere completamente con le
lunghe braccia. Teneva il viso premuto contro il suo petto e piangeva, piangeva, in preda a qualcosa che lui
non aveva mai avuto modo di conoscere – e gli faceva male, oh, gli
facevano malissimo quelle sue lacrime addosso, bruciavano più di tutti i
fuochi mai accesi dall’Uomo di latta.
Non
riusciva, ovviamente, a capire cosa
fosse successo. La radura era silenziosa e tranquilla, rischiarata appena dal
piccolo falò e piena del russare sommesso del Leone – come era
stata per tutta la notte, per tutto il tempo in cui lui aveva tenuto gli occhi
fissi su Dorothy dal suo cantuccio lontano dal fuoco. Non sembrava esserci
nulla in grado di svegliare la ragazzina e sconvolgerla tanto da portarla a
stringersi allo Spaventapasseri come al suo unico conforto al mondo. Dunque
cosa le era successo? Perché stava così? Se lei stava male lui
stava male e allora nessuno dei due poteva sorridere, questo riusciva a capirlo
anche se aveva la testa vuota…
Poi,
dopo un tempo che lui non avrebbe mai saputo calcolare, il respiro di Dorothy
si calmò abbastanza da consentirle di parlare.
« Scusami,
Spaventapasseri. Ho avuto un incubo terribile. »
Lo
Spaventapasseri attese ancora per qualche istante. Ma lei restava in silenzio,
e allora ritenne più saggio chiedere spiegazioni.
«
Cos’è un incubo, Dorothy? »
La
ragazzina scostò il capo e alzò gli occhi ancora così
rossi e umidi su di lui, sorpresa. Era però stranamente piacevole che
non si fosse allontanata, che fosse rimasta lì al sicuro tra le sue braccia – era bello poter fare qualcosa
per lei, poterle essere d’aiuto in qualsiasi modo: in quei momenti quasi
non gli importava più di essere stupido, perché era almeno
consapevole che a Dorothy andava bene anche così.
«
Un incubo è… è un brutto sogno, Spaventapasseri, che altro?
»
«
Oh! » Mastro Gerico, il contadino che gli aveva dipinto il sorriso sulle
labbra e gli aveva calcato quel vecchio cappello sul capo, quando si soffermava
a pensare si grattava sempre la testa; lui
non poteva farlo, perché non poteva certo pensare ed anche perché questo avrebbe
significato smettere di abbracciare Dorothy. « E cos’è un
sogno, allora? »
Lei era
sempre più sorpresa. Per un attimo lo guardò come se non lo
riconoscesse – ma Dorothy, sono io,
sono sempre io. Non mi guardare così. Ma alla fine, mentre ancora
lui le passava una mano sulla guancia morbida per asciugarla delle ultime
lacrime, nel suo sguardo si fece strada una consapevolezza.
«
Ma certo » mormorò, d’improvviso triste. « Tu non hai
mai sognato perché non puoi dormire, e dopotutto non hai un cervello con
cui poterlo fare. »
«
Sognare deve essere una strana cosa, se la si può fare solo mentre si
dorme… »
«
Sì, un po’ strana lo è. » Dorothy tentò un
sorriso, ma in questo non c’era
nulla di ciò che lo Spaventapasseri vedeva di solito nei suoi sorrisi.
« Quando dormi, il tuo cervello ti fa vedere delle immagini, a volte
meravigliose, altre terribili. Mia zia Emma mi ha detto spesso che i sogni
possono celare le nostre più grandi paure o i nostri desideri più
profondi. »
«
Se è così, allora sono lieto di non poter dormire. Un sogno
brutto non sarebbe il modo migliore di trascorrere la notte, e uno bello mi
renderebbe molto più amaro il risveglio, non trovi? » E mentre
formulava quest’ultima domanda, lo Spaventapasseri ebbe
un’intuizione improvvisa, una di quelle che lo prendevano sempre
più spesso da quando aveva conosciuto Dorothy e insieme a lei aveva
imparato a fare qualcosa di simile al pensare;
e la bella sensazione di vicinanza e di contatto fu scalfita da un brivido di
freddo – e dire che lui non sentiva mai il freddo. « E tu hai
appena visto una delle tue più grandi paure, Dorothy? È per
questo che piangevi? »
Dorothy
sospirò, abbassò gli occhi gonfi di tristezza e strinse
più forte le piccole dita attorno alla stoffa che racchiudeva la sua
paglia.
«
Sognavo di dirti addio » sussurrò.
Lo
Spaventapasseri non disse nulla.
Per
qualche istante ci fu solo lo scoppiettio del fuoco, il russare del Leone
Codardo che dormiva raggomitolato insieme a Totò, i cigolanti passi
lontani dell’Uomo di latta che sorvegliava la radura, il respiro leggero
di Dorothy stretta allo Spaventapasseri.
Lo
Spaventapasseri lo sapeva che, quando avrebbero sconfitto la Strega
dell’Ovest – perché ci sarebbero riusciti, Dorothy ci sarebbe riuscita – la
sua piccola prima amica avrebbe ottenuto dal mago di tornare a casa, in quel
Kansas di chissà quale paese lontano. Sapeva anche che, con ogni
probabilità, poi non si sarebbero rivisti mai più. Questo era ancora più doloroso di
qualsiasi tizzone acceso e di ogni sua lacrima – ma in quel momento non
era questo a lasciarlo senza parole.
Dorothy
aveva sognato di dirgli addio. Di tante altre cose che avrebbe potuto ‘vedere
col cervello’, Dorothy aveva sognato lui,
lo Spaventapasseri.
Allora,
forse, per Dorothy era almeno un
pochino importante quanto lei lo era per lui…
«
Non mi piace vederti piangere, soprattutto per causa mia » ripeté
infine, mentre la piccola sollevava ancora una volta la testolina per
guardarlo, « però sono contento di sapere che tra i tuoi sogni ci
sono anch’io. »
Dorothy
sorrise. Questa volta era un sorriso vero.
«
Sei lì da tantissimo tempo » disse, e lo abbracciò
più forte e stavolta posò la guancia nel punto in cui
l’Uomo di latta avrebbe detto che sarebbe dovuto esserci il cuore dello
Spaventapasseri. « E credo che ci sarai sempre. »
Dorothy
era morbida, calda, respirava e dormiva e pensava: era completamente diversa da
ciò che invece era lo Spaventapasseri. Eppure era facile stare così
stretti a lei, era piacevole e bello, e gli faceva dimenticare completamente il
fatto che, dopo aver terminato la missione affidata loro dal mago ed essere
tornati alla Città di Smeraldo, sarebbero stati davvero costretti a
dirsi addio.
Forse in
realtà non era lui a starle vicino,
di notte. Forse era lei che, con la
sua semplice presenza, lo faceva sentire un po’ meno solo, un po’
meno diverso.
Perché
anche se lo Spaventapasseri era sempre sveglio, anche se di notte non poteva
fare altro che restare immobile a guardare il mondo con i suoi occhi dipinti e
sempre aperti, quel mondo sarebbe stato molto più vuoto se non ci fosse
stata là Dorothy a dormire dall’altra parte del fuoco.
Passò
ancora un tempo indefinito, le braci si spensero del tutto, e finalmente la ragazzina
si addormentò di nuovo. Lo Spaventapasseri si disse che sarebbe stato
meglio farla tornare a stendersi nel giaciglio e coprirle le spalle di foglie,
come ogni notte, ma questa volta non riusciva a decidersi ad allontanarsi da
lei. Del resto non c’era più il fuoco a tenerlo lontano.
Allora,
perché continuasse a stare comoda, senza svegliarla le distese pian
piano le gambe e la lasciò dormire stretta al suo petto imbottito di
paglia.
Le
scostò i capelli dalla fronte, le guardò il volto e scoprì
la sua espressione rasserenata in un accenno di sorriso. Forse adesso stava
sognando di riabbracciare quella sua zia Emma. O forse, magari, stava sognando di restare per sempre con lui nel regno di Oz. Chissà. Dopotutto, lo Spaventapasseri non aveva
un cervello con cui immaginarlo.
Però
gli sarebbe tanto piaciuto, per una volta, potersi addormentare e verificare
che nei suoi sogni ci fosse Dorothy.
{ ‘cause every
time you hold me in your arms I’m comfortable enough to feel your warmth
}
Spazio dell’autrice
Chi
sono io per non seguire con gratitudine i preziosissimi suggerimenti dei miei
lettori? ^^ Grazie infinite, Syranjil Sarephen, per avermi ispirato un’altra piccola
cosa fluffosa su questi due (è sicuramente un
po’ diversa da come l’avevi immaginata, ma spero comunque ti
piaccia, se ti verrà voglia di leggerla: perché è solo per
merito tuo che ha preso il sopravvento su tutte le altre idee confuse che mi
affollano la mente e si è imposta per venire scritta per prima) <3.
Detto questo,
è evidente che io sto letteralmente impazzendo per Il mago di Oz. *.* [Volete altre prove? Una
e due. Ecco, fatevi una sana risata alle mie spalle. ;P] Di questo passo
finirò per riempire la sezione di shot stupide
e portatrici di carie gravi ai denti dei poveri lettori xD
Ah, sì, lo sto già facendo. Niente uso del futuro.
I due versi
posti all’inizio e alla fine sono tratti da Bubbly di Colbie
Caillat, che ho già usato tempo fa per Lizzie McGuire, ma che mi piaceva
troppo addosso a Dorothy e allo Spaventapasseri *-*
Che altro
dire? Grazie a chiunque abbia ancora la pazienza di venir qui a leggere i miei
trip mentali sui fandom e sui personaggi più
bizzarri. Mi inchino di fronte a voi; mi rendete davvero felice.
Alla prossima
– perché, state in guardia, ne ho altre nel cassetto. xD