27.02.2009
Stamattina
non volevo andare a scuola: ero piuttosto malaticcio, ma avrei dovuto
recuperare il compito di matematica con la confusione della classe.
Ridevo come al solito,attaccato al muro, avevo come compagno
di banco Riccardo. Mi disse che una ragazza nel liceo
si era suicidata. Non mi colpì tanto da star male, eppure
fui stupito da quel fulmine a ciel sereno che percepiì
lievemente.
Il
bidello Bruno entrò, nervoso; comprendo il suo stato d'animo
solo adesso; è sorprendente come i bidelli si
affezzionino a noi. Reinterruppe la lezione per controllare di averci
dato il foglio, doveva consegnarlo a tutta la scuola.
La
Turroni cominciò a leggere la circolare portata, a mente. Ce
la riassunse sorridendo, giudicando incommentabile l'insano gesto. Non
voleva coinvolgerci, povera cara. Conosceva bene Francesca, la ragazza.
Si mise a piangere diventando rossa in volto. La
Turroni sarà anche una professoressa, ma è prima
di tutto una mia amica, passiamo le ora scherzando con tutta la classe,
rimango tuttora provato dalla sua commozione. Ci disse che anche la
Montanari l'aveva come sua studente. Avrei voluto dire qualcosa, ma
sarei stato inopportuno. Cosa potevo dire io ad una donna matura, che
si era costruita una famiglia, cosa che io non saprei fare? Avrei
voluto prendere il mio quadernetto e scrivere, volevo prendere il primo
foglio che mi capitava per scrivere. RImasi immobile quando la prof
lasciò momentaneamente l'aula per ricomporsi, conservai il
solenne e funereo silenzio creato in tacito accordo dalla classe. A
fine lezione osservai il corridoi per cercare i compagni di Francesca
ma Giulia, una mia amica di bilinguismo, mi aveva preceduto. I banchi
erano occupati da zaini e libri posati qua e là, gli alunni
e l'insegnante non erano presenti. Avrei voluto dirle 'hanno subito un
lutto, non sono qui'. Non l'ho fatto, non sarebbe servito. La incrociai
per i corridoi ma non ci feci caso, salivo al terzo piano per cercare
qualche viso amico. Scherzai con una mia amica di quinta. Detesto
ridere per nascondere la tristezza, non avevo molte alternative.
Non
credo di essere stato toccato dalla vicenda in maniera diretta; quello
che mi preoccupò maggiormente, e che tuttora mi
mette ansia, è stata la reazione della Turroni. Similmente a
statue di gesso la guardammo, mentre senza volerlo lei ci univa al suo
travaglio. Il problema della morte non è la mancata
possibilità di vedere la persona amata, è la sua
caratteristica principale.
La morte
è un processo irreversibile, dice il vocabolario. Se
possiamo riparare ad ogni sbaglio, o decidere della nostre azioni, non
possiamo impedire ad una persona di lanciarsi da un grattacielo, o
rimediare, eppure la scuola, e la famiglia, si sentono colpevoli di
tali scelleratezze.
Domani
Don Giovanni ci parlerà della vicenda. La Turroni
partirà per Roma in gita con una seconda,
andrò a dire al mio amico di parlarle. La prof che
parlava con loro due fra la nostra classe e la 1Af aveva, fino
a due giorni fa, Francesca come allieva, qualcun'altro si
preoccuperà di consolarla. La Montanari era
sconvolta. Rideva in classe, scherzava con noi fin dal primo
minuto. Ha sempre aspettato prima di fare un poco di spirito,
il venerdì entra sempre stanca
o arrabbiata, ci mette mezz'ora per
ritrovare il sorriso. Nonostante il suo comportamento doveve
essere shockata dalla notizia. La Cangialeoni, di
norma dura, camminava freneticamente, con la malinconia sulle labbra.
Ogni giorno
triste è un errore, una pennellata sbagliata sul
quadro stupendo della nostra esistenza.
Vi
ringrazio per l'attenzione