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Autore: tartis    12/09/2010    0 recensioni
Quando il Destino decide di giocare sporco, ti ritrovi a dover fare i conti con qualcosa di improvviso, mettici anche un'amica impicciona e prepotente, una famiglia ingombrante, e il cocktail della tua vita si ritrova shekerato senza neanche sapere come.
TEMPORANEAMENTE SOSPESA
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quando il Destino ci mette lo zampino!
Quando il Destino ci mette lo zampino!
Capitolo Tre








L’ufficio aveva ripreso vita, Zelda era rimasta in silenzio per tutto il tempo del mio racconto, cosa alquanto strana, e aveva preso una rivista dal tavolino basso di fronte ai divanetti per sventolarsi.

“Zelda, tutto ok?”

“Eh?” blocco il giornale e mi guardò “si, si, mi riprendevo un attimo. Anche io voglio uno stallone così!”

Scoppiai a ridere, anche se dentro di me non ero proprio sicura che lo stallone sarebbe tornato da me. Si certo, gli avevo lasciato il mio numero, ma era qui per lavoro, magari il giorno dopo sarebbe partito e addio a maratone sul mio letto, e giochini erotici a mille.
Dovevo smetterla di pensarci, mi ero divertita, e se lo stallone voleva diventare il mio stallone tanto meglio, altrimenti pazienza!

“Su Zelda, dopo esserti ripresa. Vai alla tua scrivania che tra poco saranno qui.”

La vidi andare verso la sua scrivania, appena fuori dal mio ufficio, di fronte agli ascensori. Pronta a ricevere i nostri colleghi di oltreoceano. Sentii l’inconfondibile suono dell’ascensore e vidi due uomini e una donna uscire da esso.

Zelda si era avvicinata a loro per presentarsi e fare gli onori di casa, mentre io mi alzavo dalla poltrona pronta a cominciare quella giornata di lavoro. Mi stampai un sorriso cordiale sulle labbra, ma come uscii dal mio ufficio, mi si congelò sulla faccia.

Oh, mio Dio.
Il mio stallone-occhi-verdi-culetto-da-mordere era il direttore creativo della sede di New York, che era riuscito ad ottenere di realizzare il nuovo spot della Honda.
Guardai Zelda, non aveva riconosciuto Nicolas.
Quindi potevo fingere di non averlo mai visto prima. Potevo tenere vita privata e lavoro separati? Potevo davvero? Sempre se occhi-verdi era d’accordo.
Mi avvicinai al gruppo e con un sorriso, stavolta vero, feci notare la mia presenza. I suoi occhi furono immediatamente nei miei, e un sorriso sfrontato apparve sul suo volto.

“Immagino sia Stella Jhonson?” mi chiese come se non ci conoscessimo. Bene mi avrebbe retto il gioco.

“Immagina bene, signor Stanton” risposi allungando la mano per stringere la sua. E come ieri sera la stessa sensazione mi colpì. Distolsi lo sguardo dai suoi occhi per rivolgerlo ai suoi due collaboratori.

“Ti presento… posso darti del tu, vero?” mi chiese come se fosse scontato. Annui solamente e riprese a parlare “loro sono Judith McFinnies, art director e Jason Kemp, copy writer.”
Strinsi la mano ad entrambi mormorando un “piacere, Stella”

Judith era un concentrato di energia, piccoletta e magrolina, con capelli corti sparati ovunque, era vestita con una mini nera e una magliettona che scopriva una spalla con sopra il faccione della Monroe e ai piedi aveva un paio di anfibi. Aveva già tutta la mia stima e simpatia.
Jason invece sembrava più posato, maglietta nera con disegnata sopra una cravatta, jeans larghi e scarpe da tennis, scoprì solo dopo che l’aria svagata era tutta apparenza, anche lui era un concentrato di idee una più vulcanica dell’altra.
Entrambi erano subito entrati in sintonia con Ben e Cathy, rispettivamente art e copy della mia agenzia. Durante la riunione per aggiornarci sul cliente e le sue aspettative avevano iniziato a fare comunella come se si conoscessero da tutta la vita e non da pochissime ore. Per me era un tale sollievo vederli così affiatati, almeno non ci sarebbero stati problemi per lavorare in team.

L’unico che mi aveva lasciato perplessa era stato proprio Nick. Aveva lasciato parlare gli altri due ed era intervenuto solo un paio di volte per chiarire alcuni punti, ma nient’altro. Sembrava stesse studiando la situazione, proprio come aveva fatto al bar la sera prima.

“Bene, per ora è tutto.” Dissi chiudendo il mio blocco per appunti
“Ben, Cat studiatevi il fascicolo e iniziate a pensare a qualche idea. Niente di troppo abbozzato però, giusto Cathy?” le scappò un risolino
“Nick purtroppo non abbiamo un altro ufficio da poterti dare, quindi dovrai accontentarti di dividere il mio” gli dissi con un sorriso di scusa “voi due, invece, potete andare ad importunare Zelda per farvi fare il tour dell’ufficio, sempre che il vostro capo non abbia altro in mente per voi” e con un sorriso mi allontanai dalla sala riunioni.

Mi avvicinai alla mia segretaria, tutta indaffarata nel controllo della posta.

“Zelda, ho bisogno di fare colazione. Vado due minuti al bar qui di fronte” le dissi mentre recuperavo la borsa “fai tu il giro delle presentazioni con tutti gli altri per i nuovi arrivati, per favore?” ero arrivata al limite se imploravo Zelda.

“certo, certo” mi fece segno con la mano e quando stavo per prendere l’ascensore mi raggiunse “ti prego dimmi che lo stallone ha chiamato e vai da lui per una sveltina???” mi guardò con occhi imploranti
“Zelda!” squittii sgranando gli occhi.
Speravo che nessuno l’avesse sentita. Già mi sentivo in imbarazzo perché lui era lui. Ci mancava solo che sentisse i commenti di Zelda.

Entrai nell’ascensore, le porte si stavano chiudendo quando una mano le fece riaprire.

“Vai al bar?” annuii “Posso venire con te?”

“Come preferisci”

Entrò dentro l’ascensore. Lasciai che le porte si chiudessero e gli chiesi “Sapevi chi ero dal primo istante?” mi voltai per guardarlo negli occhi, insicura per la sua risposta, anche perché non mi piaceva l’idea che potesse pensare di fare quello che voleva con me, lavorare sarebbe stato molto difficile altrimenti.

“No” tirai un impercettibile sospiro di sollievo “ma ho capito tutto quando mi hai dato il tuo biglietto da visita.”

Adesso si spiegava il ghigno sulle sue labbra prima di separarci.
Mmmm, non era arrivato qui con l’idea di farsi me. Ancora non sapevo se dovevo esserne dispiaciuta o no… insomma da un punto di vista professionale poteva significare che era disposto a lavorare con me alla pari, nessun tipo di prevaricazione… nessun corteggiamento per cercare di far passare sempre e comunque le sue idee… però da donna ne ero un po’ risentita, in fondo essere corteggiate faceva sempre piacere… c’era da dire che se ieri non ci fossimo incontrati al bar magari sarebbe potuto andare così…
Oddio, stavo vaneggiando di nuovo.
Ora bisognava capire che piega avrebbe preso il nostro rapporto, su puramente professionale o come avrei potuto definirlo? ‘Amici con benefits’? Anche se non eravamo amici? Alice probabilmente mi avrebbe corretto con ‘sconosciuti a letto per caso’ o ‘colleghi con riunioni private’… questa forse era più calzante come definizione.

In silenzio, perduti ognuno nei propri pensieri e deliri per me, ci eravamo diretti al bar. Mi aveva aperto la porta per lasciarmi passare e vicino al bancone mi aveva chiesto che cosa prendevo. Sospettavo che volesse pagare lui anche stavolta, ma pur credendo fermamente che il proprio uomo dovesse pagare sempre e comunque in tutte le occasioni che coinvolgessero cibo o bevande, in questo momento per me era solo un collega, perciò ognuno pagasse il suo.

“Non starai mica pensando di pagare tu anche stavolta, vero?” lo guardai con aria di sfida.

“E se anche fosse?” ricambiò il mio sguardo,

“Potresti ritrovarti un conto molto salato, sono famosa in questo posto, sai?”

“Ne sarei estremamente felice” eccolo quel sorrisino sfrontato…

Bene, come preferiva “Jo, il solito, per favore” chiamai il cameriere
“Ah, paga lui per me!” e con un ghignetto mi diressi al primo tavolino libero, scaraventando la borsa su una delle sedie libere.

“che c’è?”

“Sono nervosa… sai stamattina non ho potuto fare colazione”

“Dovresti rilassarti” lo guardai accigliata “sai, il metodo di Zelda potrebbe funzionare” se la stava ridendo e alla grande. E io lì impalata come una scema, meditando su come fare fuori la mia segretaria. Era brava, si, niente da dire, ma era comunque rimpiazzabile. E poi, in carcere mica avevo bisogno di una segretaria, no?
“Io con Zelda ci devo fare un bel discorsetto!”

Finalmente arrivarono le nostre ordinazioni, già mi gustavo il sapore del cioccolato sul palato…
“Oggi sei stata davvero fortunata, Stella” guardai Jo il mio dispensatore di calorie “se non fosse stato per me che te li ho messi da parte, niente muffin.”
Oh, che carino…
 “Jo, ti ho mai detto che ti adoro??” i miei occhi sbrilluccicarono quando lo vidi appoggiare la busta con i miei adorati muffin al cioccolato “Me lo dici tutte le mattine!!”

“Perché è la verità!” gli dissi mentre si allontanava per servire altri clienti.

“Interessante” Nick non si era perso un secondo del mio scambio di battute con Jo.

“Cosa?”

“Sei facilmente corruttibile con i dolci”

“Sciocchezze” liquidai la faccenda con un’alzata di spalle e mi dedicai al mio cappuccino extra large e al meraviglioso muffin davanti a me. Nick, invece aveva preso solo un caffè ristretto. Mi guardava con quei fanali puntati sulla mia bocca.

Ok, sapevo che non dovevo mangiare dolci in pubblico. Alice me lo diceva sempre, sembrava quasi che avessi un’esperienza mistica. Occhi socchiusi a gustare appieno il sapore caldo della pasta e la croccantezza delle gocce di cioccolato, il tutto condito dai mugolii che mi ritrovavo a fare quando al centro trovavo la soffice crema di cioccolato fondente e nocciole. 

“Mi correggo, sei veramente pericolosa con i dolci” disse con voce bassa e roca.

Non feci in tempo a rispondere che il mio telefono si mise a squillare. Perché dovevano disturbare il mio sacro momento con il muffin. Lessi sul display chi osava interrompermi e con un sospiro dissi “a questa non posso fare a meno di rispondere, scusami.”

Posa quel muffin immediatamente!!” non feci in tempo a rispondere che già mi aveva aggredito, ma ubbidii pronta a leccarmi le dita “e non osare leccarti le dita!” come non detto…
“Ma allora non sei finita in qualche buca sotto terra… sai, aspettavo che fossero passate 48 ore prima di far partire la denuncia di scomparsa”
Ma non erano 24?
“Si, ma con te è meglio esserne sicuri, potresti sbucare fuori al momento meno opportuno, come ad esso per esempio, e vanificare le mie speranze” vidi Nick finire il suo caffè e ascoltare con fare interessato la mia parte di conversazione.
Eh, lo so. Ho un tempismo perfetto, tutto merito del mio essere sensitiva.
“Certo, certo. E le spie pronte a riferirti tutto rientrano nel tuo potere immagino…”
Al massimo li puoi definire informatori, e poi il mio potere ha funzionato, sapevo esattamente dove eri e cosa stavi facendo.
“E Zelda e Jo non centrano niente, vero? Comunque hai intenzione di entrare e unirti a noi oppure vuoi continuare a parlare di inutilità tutto il giorno. No perché io avrei la mia colazione da finire e una persona a cui dedicare il mio tempo più proficuamente.”
Sorvoliamo sul proficuo… no, non posso entrare, devo andare all’atelier. Ti chiamavo per ricordarti il nostro appuntamento delle sei.
“Guarda che non sono io quella che non si presenta agli appuntamenti, e poi devo proprio?” finii con voce supplichevole.
Si, non puoi mancare. Ho disegnato quell’abito pensando a te, e non voglio che una stupida modella lo indossi
“Ma io non sono una modella professionista, e se cadessi? Sai che non mi piace stare al centro dell’attenzione!”

Alla parola modella, avevo visto che Nick si era fatto più attento…

Non ti preoccupare, non cadrai Stella. Anche perché sarai scalza…” che aveva in mente quella pazza,
“Alice, che stai combinando?” chiesi con un tono allarmato.
Vieni all’atelier per scoprirlo! Ah, per favore non finire quel muffin, altrimenti culetto-da-mordere non potrà alzarsi dalla sedia” e ridendo chiuse la telefonata.

Stizzita abbandonai il cellulare in borsa e finii il cappuccino, che ormai era freddo. Alzai gli occhi verso Nick che non aveva smesso un attimo di guardarmi “andiamo?”

“quello non lo finisci?” si riferiva al mio povero muffin abbandonato sul piattino. La conversazione con Alice mi aveva messo di malumore, non avevo la forza di finirlo. Feci cenno di no con la testa “posso?”

“Certo. È tutto tuo.”

Se secondo Alice io avevo il potere di procurare un’erezione a un uomo, di sicuro lui aveva il potere di far bagnare una donna, mangiando quel muffin. E i miei pensieri iniziarono a volare alto, comprendendo un tavolo, una serie non ben definita di muffin e logicamente io e lui nudi.
Se le premesse erano quelle, lavorare fianco a fianco per le prossime due settimane sarebbe stato deleterio.

“Allora, stasera dove ci porti?” mi chiese mentre rientravamo in ufficio. Gli rivolsi uno sguardo interrogativo “stamattina hai detto che dovevi scarrozzare i nuovi colleghi…”

Giusto, ma stamattina non avevo ancora visto l’affiatamento di Ben e Cathy con i nuovi arrivati, ed ero ancora convinta di salvarmi dall’uragano Alice “mmm… credo che Ben si sia già aggiudicato il titolo di vostro accompagnatore ufficiale, e non mi sognerei mai di privarlo di cotanto prestigioso incarico” gli dissi con un sorrisetto ironico “ e poi non so a che ora finirò con Alice, quando si tratta del suo lavoro può diventare davvero instancabile” finii con un sospiro.

“Che devi fare?”

“Oh, solo la modella del suo abito di punta durante la sfilata della sua nuova collezione, niente di che quindi!” dissi con sarcasmo. Aveva fatto leva sulla nostra amicizia per convincermi, nessun altro argomento avrebbe potuto smuovermi. Non mi piaceva stare al centro dell’attenzione, e con quell’abito lo sarei sicuramente stata “e conoscendola non sarà per niente piacevole”

Mi guardò perplesso “cosa ci può essere di così spiacevole nel fare alcuni passi tra due ali di persone?” magari fosse stato così semplice!!

“Tu non conosci Alice.” Dissi scuotendo la testa “Lei è famosa per le sue sfilate… e la sua teatralità!!” sospirai
“L’ultima sfilata l’ha fatta su un vagone della metro dove le modelle fingevano di essere dei manichini”

“La tua amica è Alice Westwood?” la sorpresa ben udibile nella sua voce.
Annui solamente, sapevo che cosa sarebbe arrivato dopo…
“sai che se riuscissi ad averla nel tuo portfolio clienti, potresti fare il bello e il cattivo tempo nella nostra agenzia?”
“si lo so” mi rabbuiai “ma Alice non ha bisogno di noi… e poi è un’amica. Non mi piace fare carriera grazie alle amicizie, quindi” lo guardai dritto negli occhi “trovati i tuoi clienti e lascia in pace i miei amici.”

Il plin dell’ascensore ci avvisò che eravamo arrivati al piano. Uscii in fretta senza guardarmi indietro e, recuperato il portatile dal mio ufficio, dissi a Zelda “sono in sala registrazioni, se non è questione di vita o di morte non ci sono per nessuno, capito?”

Zelda annui solamente, conscia che non era il momento di ribattere. Mi girai verso Nick “Signor Stanson il mio ufficio è tutto suo, se le serve qualcosa Zelda sarà a sua completa disposizione, vero Zelda?” Altro cenno di assenso, e con la furia nelle vene mi incamminai verso la sala registrazioni, dove avrei potuto fare il mio lavoro in santa pace.





  
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