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Autore: Hotaru_Tomoe    13/09/2010    2 recensioni
Dopo la morte di Silente le strade di Severus ed Oleander si dividono: lui fugge con Draco e i Mangiamorte, lei resta ad Hogwarts. Nel frattempo Harry e tutti i suoi amici iniziano a percorrere il sentiero che li porterà verso lo scontro finale con Voldemort. Un anno lunghissimo, costellato di confronti, indagini, scoperte, intrighi ed avventure.
Questa fanfiction è il seguito de "Il vaso di Pandora".
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Il trio protagonista, Nuovo personaggio, Severus Piton, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VI libro alternativo
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- Questa storia fa parte della serie 'Severus ed Oleander'
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CAPITOLO 23 – DICIANNOVE ANNI DOPO
- parte prima -
 


“PIX, DANNATO POLTERGEIST! ASPETTA SOLO CHE TI METTA LE MANI ADDOSSO!” la voce di Mastro Goyle, custode di Hogwarts, rimbombò tra le antiche mura, facendo sussultare la donna che stava riducendo in polvere dei lapislazzuli. Oleander si alzò con un sospiro, premendosi una mano alla base della schiena che protestò vivacemente per essere rimasta ferma tanto a lungo nella stessa posizione. Si tolse gli occhiali da presbiopia e cercò quelli da vista, che individuò dal rumore di vetri infranti sotto al tacco della sua scarpa destra. “Accio. Reparo.” ripeté meccanicamente, a rimarcare la consuetudine di quei due gesti.
Alle urla del custode seguì un rumore preoccupante di cose sbattute e la donna accelerò il passo “Mastro Goyle, cosa succede?”
“Venga a vedere!” esclamò l’uomo furibondo.
Approfittando dell’assenza della bibliotecaria Pix si era scatenato, facendo volare i libri come strane farfalle attorno al soffitto e mettendo a soqquadro l’emeroteca, i cui giornali ora vorticavano impazziti come una tempesta di foglie secche. Molte figure ritratte nelle fotografie magiche si aggrappavano a pali o alberi per restare in piedi, gridando indignate.
“Te lo dirò una volta sola Pix. Metti subito a posto questo disastro.” ordinò Oleander con voce ferma e le mani piantate sui fianchi. Per tutta risposta il secondo tomo di “Grandi maghi del passato” le sfrecciò sulla testa. “Ti avevo avvisato, piccoletto – la donna sfoderò la bacchetta e gridò – Fulmine ictus!” Un lampo scaturì dalla punta, sfiorando il poltergeist, che abbandonò precipitosamente la sala imprecando, mentre tutti i volumi cadevano a terra. Il custode si occupò dei libri, mentre Oleander rimise a posto i giornali nel loro schedario. Uno era rimasto incastrato sotto una sedia e non riusciva a liberarsi, così la donna lo raccolse e lesse il titolo sulla copertina con un sorriso nostalgico: il giornale risaliva ad un paio di anni prima e recitava in prima pagina: “Tutto esaurito questa sera per la partita che assegnerà la Coppa del Regno Unito di Quidditch”.

Nella foto a centro pagina, due giocatori sfrecciavano nel cielo a bordo l’uno della MagicArrow 2016 e l’altro di una Firebolt che, a detta di molti, restava il miglior manico di scopa da gara.
Dopo la definitiva conclusione della seconda e, almeno per il momento, ultima guerra magica, Harry aveva deciso che aveva passato fin troppi guai e ne aveva decisamente abbastanza di frammenti di anima oscura, Avada Kedavra e pericolose fatture, quindi, a differenza del suo amico Ron, Auror presso il Ministero, si era dedicato alla carriera di giocatore professionista di Quidditch. Così il suo nome era continuato a restare nelle cronache, ma non più come "il salvatore del mondo magico" o "il-bambino-che-è-sopravvissuto", bensì come capitano dei Chudley Cannon. E poichè Draco Malfoy non gli avrebbe mai e poi mai lasciato le luci della ribalta senza combattere, seguì le orme del rivale di sempre, diventando cercatore per i Falmouth Falcons: i due avevano dati vita ad alcuni dei più entusiasmanti duelli della storia del Quidditch, tanto che il campionato inglese era stato ribattezzato in quegli anni “il più bello del mondo”. Mollò il giornale che si agitava tra le sue mani e lasciò che tornasse nel suo schedario.
Uscì dalla biblioteca, mentre Goyle, dietro di lei, continuava ad inveire contro Pix, quasi che Mastro Gazza gli avesse lasciato istruzioni in merito quando era andato in pensione. Mentre attraversavano l'atrio, Oleander vide scendere dallo scalone principale un trafelato Neville Paciock, professore di Erbologia. Tra le mani sudaticce reggeva una Ricordella, nella quale vorticava un bel fumo rosso acceso. Il direttore di Grifondoro sembrava estremamente preoccupato e continuava a borbottare tra sé: “Dov’è? Dove l’ho messa?” Inciampò nell’ultimo gradino, la Ricordella gli sfuggì di mano e si infranse. Neville tirò fuori la bacchetta con mano tremante e balbettò “Re-reparo.” ma era talmente fuori di sé per l’angoscia che la sfera tornò sì integra, ma altresì munita di quattro zampe di gallina, sulle quasi si diede allegramente alla fuga. “Neville? – chiese Oleander stupita – Ehm… tutto bene?”
“No, per niente! Non trovo più la lista dei nuovi studenti per lo Smistamento. Il preside mi uccide, oh, è la volta che mi uccide.” Il mago era pallido come un fantasma.
“Non dire sciocchezze! – sbottò Oleander – E prova a controllare in una delle serre di Erbologia, sicuramente sarà lì.”
“Mi ha dato due ore e se non la trovo sono un mago morto, me lo sento.” gemette Neville, allontanandosi lungo il corridoio.
“Non ha tutti i torti.” disse tra i denti Goyle, ma fulminato da un’occhiataccia della professoressa di Cristallogia, decise di tacere: con gli anni aveva almeno imparato ad avere un briciolo di buonsenso.
Nel frattempo si materializzò anche un’elfa domestica dallo sguardo stralunato e sconvolto, come se qualcuno le avesse appena regalato dei vestiti “Professoressa Silvestre, SIGNORA!”
“Cosa c’è ancora?” sospirò la donna rassegnata, passandosi una mano nei capelli corti, ora non più viola scuro come un tempo, ma sbiaditi col passare degli anni in una tonalità meno intensa.
“Clippy va dal preside, fa vedere menù per banchetto di domani sera – reggeva tra le mani un foglio di pergamena zuppo di lacrime elfiche – però preside si arrabbia, dice che non interessa, che Clippy può anche avvelenare la cena! Ma Clippy non vuole ammazzare studenti!” ululò la creatura, nascondendo il viso nel grembiule a fiori che indossava.
“No, Clippy, no: era solo un modo di dire. – Oleander alzò gli occhi al cielo, mormorando colorite imprecazioni – D’accordo, ora vado io a parlare con il preside, tu torna pure in cucina e fa preparare il banchetto d’inaugurazione come gli altri anni. E per l’amor del cielo, datevi tutti quanti una calmata, pare sia la prima volta che si inaugura un anno scolastico!” concluse gridando, rivolta un po’ a tutto il castello.
“Mia cara, sei proprio sicura che vada tutto bene?” le chiese Angela ansiosa dall’ultimo quadro in cima alle scale, mentre sferruzzava la manica di un maglione rosa maialino.
“Sì, Angela, va tutto bene. Ti scongiuro, non ti ci mettere anche tu.” la pregò la maga, che sentiva un sinistro mal di testa iniziare a martellarle le tempie. Per nulla rassicurata, la donna del dipinto la seguì lungo tutto il corridoio, facendosi largo tra le altre figure dipinte, con il marito al seguito che, al solito, si profondeva in scuse per l’irruenza della consorte.
“Cara, dimmi, i preparativi sono ultimati?"
"Certo, come tutti gli altri anni." Oleander si sforzò di tenere un tono calmo, nonostante avesse voglia di urlare.
"E il nuovo professore di pozioni è stato trovato?”
“Sì, giusto stamattina.”
“Sai, dopo il decimo iniziavo a disperare, mia cara.”
“Beh, lui ci tiene particolarmente a quella cattedra e quindi è molto esigente.” A dire il vero nemmeno l’ultimo lo soddisfaceva, ma quella mattina aveva detto che, purtroppo, rispedirlo legato ad una scopa da dove era venuto avrebbe richiesto un eccessivo dispendio di energie e quindi lo avrebbe tenuto, in fondo faceva un po’ meno schifo degli altri quattordici. Ma questo Oleander decise di tenerlo per sé: c'era fin troppa tensione nell'aria a Hogwarts, quel giorno. Giunta davanti al gargoyle che custodiva l’accesso all’ufficio del preside, pronunciò la parola d’ordine, “Aegre.” e salì.
“Mah, io continuo ad essere molto preoccupata, mi chiedo cosa avesse in mente Minerva McGranitt quando ha designato proprio lui come sostituto. Non ho ragione, Arthur?” chiese la donna, continuando a lavorare la lana alacremente, in modo quasi meccanico.
“Mmh.” biascicò l’uomo in tono neutro, del tutto deciso ad evitare una discussione.
“Su, vieni qua, che devo controllare la lunghezza della manica.” Prese un braccio del marito e lo confrontò con la manica che aveva sferruzzato a maglia fino a quel momento: era lunga quasi il doppio. “Oh, Arthur, a volte mi chiedo se tu lo faccia apposta!” proruppe il ritratto con disappunto.

Dopo aver occupato la poltrona di preside di Hogwarts per vent’anni, il giugno precedente Minerva McGranitt aveva annunciato che si sarebbe ritirata e aveva designato come suo successore l’uomo che fino a quell'anno era stato insegnante di Pozioni (Harry Potter non era stato il solo ad averne avuto abbastanza di Arti Oscure) e che ora dava le spalle ad Oleander, guardando fuori dalla finestra dello studio con le mani incrociate dietro la schiena. Vestiva completamente di nero, i capelli erano lunghi fino alle spalle e trasandati come al solito, non più nerissimi come un tempo, ma inframmezzati da fili argentati.
Irritazione e nervosismo emanavano dalla sua persona e parevano far crepitare l'aria tutto attorno.
La scrivania, di solito impeccabilmente ordinata, era coperta di pergamene mezze scritte e cancellate da righe tracciate con rabbia e violenza, tanto che in più punti i fogli erano laceri e strappati. Un’altra buona quantità di fogli ardeva nel camino.
“Qualche problema a preparare il discorso, Severus?” chiese lei, senza curarsi di nascondere la nota divertita nella sua voce.
“Affatto – ribattè l’uomo, asciutto – ma ho qualche problema con i consigli non richiesti.”
Una cacofonia di voci esplose dai ritratti degli ex-presidi appesi alle pareti: “Quello non è un discorso di benvenuto, è una minaccia!” “Sono bambini, per l’amor del cielo, non galeotti di Azkaban.” “A me pare fin troppo tenero.” questo era Phineas Nigellus Black; “Severus, ragazzo mio, non tutti comprendono il tuo senso dell’umorismo, così farai scappare i nuovi arrivati.” disse il quadro di Silente. Severus si voltò appena, rivelando un ghigno malevolo che raccontava che la cosa non gli sarebbe dispiaciuta più di tanto. Oleander gesticolò in direzione dei ritratti, imponendo il silenzio, poi si rivolse al nuovo preside di Hogwarts “Severus – disse adagio – io capisco che tu sia nervoso, è la tua prima volta da preside, ma cerca di controllarti: fuori da questo ufficio c’è una situazione di isteria collettiva.”
“Io non sono affatto nervoso.” sbottò Piton. Si girò verso di lei, facendo ondeggiare l’ampio mantello e rivelando una lieve zoppia alla gamba destra: la ferita inferta da Nagini non era mai guarita del tutto.
Oleander ridacchiò “Lo sei, lo sei eccome.” E gli circondò il collo con le braccia, per attirarlo a sé e baciarlo, ma l’uomo le posò le mani sui gomiti, sciogliendosi dall’abbraccio. “No, non qui.” disse, platealmente seccato.
Oleander alzò lo sguardo: ora tutti i ritratti facevano finta di dormire, per lo più con la testa appoggiata sul braccio, ma era chiaro che spiavano i due attraverso le dita della mano, solo Phineas era sparito dalla cornice disgustato, borbottando che ai suoi tempi certe azioni svergognate non sarebbero mai state tollerate, mentre Silente li guardava apertamente "Prego, prego, continuate pure come se noi non ci fossimo." ebbe anche il coraggio di dire.
Piton mormorò qualcosa a denti stretti sul fatto di trasferire i ritratti in un magazzino vuoto dei sotterranei, provocando un altro scoppio di accese proteste. Oleander ne approfittò per alzarsi in punta di piedi e mormorargli ad un orecchio "Senti, che ne dici se proseguiamo questo discorso in camera nostra? Conosco due o tre tecniche di rilassamento che potrebbero interessarti."
Il compagno la guardò con i suoi occhi nerissimi, quelli sì immutati negli anni: un attimo prima pozzi profondi ed imperscrutabili, l'attimo dopo brucianti di passione. E il suo sguardo aveva sempre il potere di farla rabbrividire come la prima volta.
Lui percepì chiaro il suo brivido con la mano che le teneva premuta sulla schiena e soppresse appena un sorriso di trionfo "Se proprio non riesci a farne a meno..."
In quel momento qualcuno bussò alla porta, rovinando l'atmosfera. Oleander sospirò contro la sua spalla e poi si staccò da lui: evidentemente non era giornata.
"Avanti." sibilò Piton.
Entrò un giovane di quasi diciotto anni, molto alto, pallido e dinoccolato, dai capelli neri e corti ed un grande naso aquilino: sarebbe stata l'identica copia del padre se non avesse preso gli occhi nocciola di sua mamma, che in qualche modo contribuivano ad addolcirne il volto "Per fortuna siete entrambi qui." disse Severus Piton Jr.
"Che succede, caro?" domandò Oleander.
"Lo ha fatto di nuovo! Oltretutto si è abbarbicata al mio baule, io ho la passaporta fra tre ore e ancora non ho finito i bagagli!" esclamò stizzito. Del padre aveva anche le stesse movenze nervose.
"Oh, in nome di Morgana!" gemette la donna e si mosse verso l'uscita, ma il compagno la trattenne "Lascia, lascia, vado io."
Quando il padre fu uscito il ragazzo riprese a lamentarsi "Quante volte glielo avete detto che è pericoloso?"
"Cerca di capire: ti è affezionata ed è così dispiaciuta che parti. Beh, mai quanto lo sono io - fissò un attimo il figlio, poi gli corse incontro, incapace di trattenersi - vieni qua, fatti abbracciare." La donna robusta quasi stritolò il suo primogenito, che era arrossito imbarazzato. "Mamma... controllati."
"Mi mancherai da morire, te l'ho già detto?"
"Da due mesi a questa parte almeno un paio di volte al giorno, sì."
"Ti spedirò gufi ogni giorno. - proseguì lei, imperterrita - Mi raccomando, mangia regolarmente, che sei già un grissino."
"Vista la distanza da coprire - osservò il ragazzo, sciogliendosi dalla stretta soffocante - consiglierei un albatross, più che un gufo."
"Sei tale e quale tuo padre, Severus. Se non puntualizzi su tutto, non sei contento. I miei uomini: mi farete impazzire."
"La precisione è tutto nel mio lavoro." disse il ragazzo serio.
Anche Severus Jr, una volta conclusi gli studi ad Hogwarts, aveva deciso di intraprendere la carriera di pozionista e aveva vinto un prestigioso master di studio di un anno in Antartide assieme ad altri maghi provenienti da tutto il mondo.
"Tu lo sai, vero, che se avessi chiesto il posto qui ad Hogwarts, tuo padre te lo avrebbe dato immediatamente? Ti stima cento volte più di tutti i candidati che hanno varcato quel portone."
Il figlio scosse la testa "Non se ne parla! Non sono ancora all'altezza di papà. Accetterò quella cattedra solo quando riterrò di averne i requisiti."
La mamma fece fatica a pizzicargli una guancia magra "Il mio ragazzo fin troppo diligente." e poi ci stampò un bel bacio.
Severus Jr ringraziò Merlino che sua mamma limitasse quei plateali moti di affetto a quando non erano in pubblico. 

Piton entrò in camera del figlio: i suoi occhi si posarono su una pianta di dracena, che qualcuno pareva aver strettamente avviluppato attorno ad un baule. "Orchis." la disapprovazione nella sua voce era più che evidente. La pianta prese a contorcersi e tremare tutta e con un debole *pfft* si trasformò in una bambina di undici anni, paffuta e con il naso a patatina, sul cui viso spiccavano due profondi occhi neri, in quel momento con l'espressione tipica di chi sa di aver appena combinato un guaio, e di quelli grossi. Il visetto avrebbe dovuto essere sormontato da lunghi capelli lilla legati in due treccine, se la ritrasformazione da vegetale ad essere umano avesse funzionato a dovere. Invece era rimasta incompleta, cosicché dalla testa della piccola maga spuntava ora una selva di foglie lunghe, rigide ed appuntite che le conferivano un aspetto buffissimo: sembrava si fosse travestita da ananas per la festa di Halloween.
Il padre dovette ricordarsi di non ridere, né di sorridere con indulgenza, anche se in quel momento era piuttosto difficile; oltretutto Orchis, accortasi che qualcosa non aveva funzionato, si tastava la testa con cautela, mormorando “Oh-oh.”
“Oh-oh un bel niente, signorina. Io e tua madre siamo stati più che chiari: non sei ancora in grado di controllare la trasformazione in Florimagus, pensavamo fossi grande abbastanza da capirlo, ma evidentemente ci sbagliavamo.”
La bambina abbassò lo sguardo, mortificata. Avrebbe voluto spiegare il perché del suo gesto, ma sapeva, nonostante la giovane età, che interrompere una ramanzina del padre era una pessima idea.
“O forse desideri far parte permanentemente del parco di Hogwarts.”
La piccola deglutì, spaventata dalla prospettiva.
“Bene – il padre le porse una mano – se hai capito, andiamo da tua mamma, sperando che riesca a farti tornare normale prima di domani sera.”
Docile, la bambina lo seguì lungo i corridoi.
“Scusa, papà.” mormorò dopo un po’.
“La trasformazione è pericolosa, se non viene sciolta in tempo rischia di essere permanente, è per questo che non vogliamo che tu lo faccia.” Il tono di voce era più tranquillo ora, quasi dolce. Quasi.
“Non voglio che Sevvy parta. Pensavo che se non fosse riuscito a finire i bagagli sarebbe rimasto per forza.” si giustificò Orchis.
“Che scemenza. Non starà via per sempre.”
“Però il mio fratellone mi mancherà tantissimissimo. Mancherà un sacco anche alla mamma, me l’ha detto lei. E a te mancherà, papà?”
L’uomo rallentò appena il passo e mormorò un ‘sì’ talmente debole che nessuno lo udì. La figlia continuava a trotterellare, per tenere il passo del genitore, gettandogli di quando in quando occhiate preoccupate, che lui non mancò di cogliere “Cosa c’è ancora, Orchis?”
La bambina si fermò di botto in mezzo al corridoio, prese fiato e poi scaricò d'un fiato le sue preoccupazioni infantili “Ecco… Sevvy non se ne va per colpa mia, vero? Non se ne va perché gli sto sempre tra i piedi, perché lo costringo a giocare con me, gli nascondo i libri, perché non lo lascio mai in pace quando lavora alle sue pozioni e gli chiedo sempre di insegnarmi gli incantesimi? Sevvy non va via per questo, papà?”
Ora Severus trovò proprio impossibile non sorridere. “No – la tranquillizzò – tuo fratello ti adora, credimi. Prova ne è che permette solo a te di chiamarlo con quell’orrido nomignolo. Se non è una prova d’amore, questa…”
Orchis spalancò la bocca in un grande sorriso e raggiunse il padre.

   
 
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