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Autore: Keif    14/09/2010    2 recensioni
Il primo giorno di scuola è una tortura per tutti, studenti, bidelli e soprattutto professori.
Ma chi glielo aveva fatto fare? Di tutti i lavori che c’erano al mondo, perché proprio il professore? Perché non, per esempio, il commesso? Sarebbe stato un bel mestiere, senza marmocchi urlanti e studenti saccenti.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Primi giorni


Richiuse la vecchia valigia malconcia emettendo un piccolo sospiro rassegnato.
Lo scatto della serratura gli parve vagamente intimidatorio ma preferì ignorare qualsivoglia tipo di nefasto presentimento per non rendere la giornata più brutta di quanto si preannunciasse. La prima di una lunga serie dato che quello, come ogni anno, era il primo giorno di scuola e dunque lo attendevano minacciosi altri nove, lunghissimi, interminabili mesi di puro inferno.
Afferrò il manico della valigia con lentezza quasi esasperante e, poco dopo, si ritrovò davanti ai cancelli di Hogwarts, stampata involto un’espressione corrucciata.
Fece qualche passo e la prima persona che gli venne incontro fu un ilare professor Dumbledore che lo accolse a braccia aperte e con un sorriso entusiasta in volto.
Cosa mai ci fosse da stare allegri in quel tragico giorno lui proprio non lo capiva
< Severus! > esclamò gioviale l’uomo battendogli una mano sulla spalla < cominciavamo a credere che non saresti mai arrivato! > ridacchiò tra sé come se trovasse l’affermazione ridicola mentre l’altro mugugnava qualcosa di non ben identificato.
< Allora > continuò Dumbledore seguendolo dato che Snape cominciava a dirigersi verso i sotterranei senza dar segno di voler continuare quella conversazione a suo parere decisamente inutile < contento di essere tornato a scuola? > domandò gaio con gli occhi che brillavano dietro gli occhiali a mezzaluna
< Una pasqua > rispose Snape con tono piatto aprendo la porta dei suoi soliti alloggi.
Scoccò un’ occhiata alla stanza ammuffita reprimendo una smorfia di disgusto, prima di decidersi a degnare di un po’ di considerazione il preside
< Immagino > disse voltandosi verso di lui < che tu non abbia cambiato idea e che nemmeno quest’anno avrò la cattedra di Difesa > l’uomo scosse grave la testa senza però perdere il buonumore
< Mi dispiace Severus, ne abbiamo già parlato. Ogni cosa a suo tempo. Ogni cosa a suo tempo >
ripeté l’ultima frase per dare maggior enfasi lanciandogli uno sguardo dispiaciuto mentre, con espressione impassibile, l’altro borbottava < Certamente > entrando nel suo ufficio e chiudendosi la porta alle spalle.
Posò la valigia per terra, senza preoccuparsi di disfarla, e si sedette in una piccola poltroncina rossastra, accavallando le gambe e aggrottando la fronte.
Ma chi glielo aveva fatto fare? Di tutti i lavori che c’erano al mondo, perché proprio il professore? Perché non, per esempio, il commesso? Sarebbe stato un bel mestiere, senza marmocchi urlanti e studenti saccenti. Cosa gli era saltato in testa? Tentò di rivivere i giorni in cui aveva preso quella decisione ma non gli venne in mente niente, sarebbe stato costretto a vivere primi giorni di scuola per i successivi vent’anni o giù di lì, ed era tutta colpa sua.
In quel momento, mentre cominciava a considerare l’idea di una fuga disperata, bussarono alla porta < Avanti > disse con il solito tono piatto che lo contraddistingueva. La porta si aprì e la testa della professoressa McGonnagall fece capolino
< Severus, tra poco comincerà lo smistamento > proferì con un tono fin troppo allegro ed eccitato < sarà il caso che ci avviamo >
Snape grugnì e si alzò in piedi raggiungendo con un paio di veloci passetti la porta, vagamente incuriosito. Che Albus fosse raggiante e stupidamente esaltato non era certo una novità, ma perché mai Minerva utilizzava lo stesso tono brioso del collega? Cosa avevano tutti da festeggiare?
< Cosa c’è da stare allegri? > chiese con tono gelido, innervosito da tutta quella felicità senza senso
< Oh, nulla! > rispose quella agitando una mano < E’ solo una gran bella giornata! >
Piton inarcò un sopracciglio scoccando un’occhiata al soffitto incantato che mostrava la gran bufera che stava infuriando fuori dalla scuola
< Oh, sì! > esclamò sarcastico < In effetti avevo pensato di abbronzarmi un po’ appena finito di svolgere il mio meraviglioso compito di pastore di anime ignoranti! Non posso certo lasciarmi sfuggire questo sole accecante! >
La McGonnagall, con suo grande stupore, ridacchiò. Lei non rideva mai alle sue battute! Severus sospettava che lo trovasse un po’ viscido.
< Dimmi cosa sta succedendo! > le intimò, con terrore quasi. Qualsiasi cosa fosse se rendeva allegra Minerva per lui si sarebbe di certo rivelato terrificante
< Oh, nulla, nulla! > mormorò lei agitando la mano per minimizzare il suo entusiasmo < Tutti gli studenti sono uguali in fondo! > e dopo questa frase criptica, la donna aumentò il passo e si allontanò.
Snape si stupì che non se ne andasse saltellando e canticchiando.

La tormenta fuori dal castello era diminuita gradualmente fino a ridursi ad un leggero piovigginare e ad un freddo intenso, pari quasi al gelo che avvolgeva il cuore di Snape mentre entrava nella sala grande addobbata a festa e prendeva posto al tavolo dei professori. Tra i suoi colleghi serpeggiava, e questo lo allarmò ancor di più, un’esaltazione insolita, la stessa di Minerva, che però, a differenza dell’austera insegnante di trasfigurazione, nessuno tentava di nascondere. Circondato da fitti mormorii entusiasti Severus si rese conto di essere l’unico a non essere al corrente della novità dell’anno e si domandò se fosse il caso di chiedere delucidazioni a qualcuno di più comunicativo della McGonnagall e di Dumbledore ma poi rinunciò: se era una cosa bella, ad esempio la morte improvvisa di tutti gli undicenni maghi d’Inghilterra e quindi l’ovvia assenza di primini, si sarebbe goduto maggiormente la sorpresa se prima avesse aspettato trepidante, se al contrario era una cosa brutta o addirittura terribile, come una nuova festa inutile in una ricorrenza inutile che più che festeggiata andava dimenticata, sarebbe di certo stato meno orribile un impatto duro, quasi traumatizzante, piuttosto che una lunga, delirante ed estenuante attesa.
Dunque si accoccolò meglio sulla sua sedia, incrociò le dita e si preparò ad aspettare, leggermente inquieto, di scoprire cosa stesse accadendo.

Dopo un’attesa di una mezz’ora buona, durante la quale Severus Piton era riuscito ad ipotizzare ogni cosa possibile, tra cui due rapimenti alieni, una sua repentina scalata al potere e la decisione improvvisa, ma in realtà non tanto inaspettata, di internare la Cooman in un manicomio o in un centro per alcolisti irrecuperabili, l’arrivo degli studenti interruppe le sue elucubrazioni.
L’eccitazione si fece in quel momento quasi palpabile, al che Piton capì che, qualunque cosa fosse non doveva essere nulla di bello.
Tentò con agitazione crescente di scoprire cosa capitasse, ma fu solo a metà dello smistamento che finalmente anche lui fu messo al corrente di quel che stava accadendo.
E fu come un fulmine in un cielo già tormentato da enormi nubi temporalesche.
Stando ben attento a non far trapelare nulla del suo orrore e del suo sconcerto, cominciò freneticamente a farsi il conto di quanto tempo fosse passato e la verità, abbastanza ovvia, lo colpì come un pugno: undici anni.
Undici anni di primi giorni di scuola terribili ma non poi così tanto come, ne era sicuro, di quelli che gli si presentavano davanti per gli anni a seguire.
< Grifondoro > gridò il cappello parlante.
E fu così che Harry Potter, seguito dallo sguardo schifato di Snape, si sistemò nella tavolata che era stata di James Potter e Lily Evans. Severus continuò a fissarlo mentre le parole della McGonnagall “Gli studenti sono tutti uguali in fondo” assumevano adesso un significato che Severus si ritrovò a negare.
Non era vero, gli studenti non erano tutti uguali. Lui era diverso e questa diversità era data dal fatto che i suoi genitori erano stati rispettivamente il suo peggior nemico e la sua migliore amica. E per questa sua diversità Severus lo odiava.
Ma il suo disprezzo, tutto sommato, non andava solo a lui.
< Io odio la scuola > grugnì rivolto più a se stesso che ad altri. Un vecchio professore di aritmanzia, con cui non aveva mai scambiato una parola, gli diede un’amichevole pacca sulla spalla < Quanto la capisco > sospirò < Quanto la capisco >


Note:
Il primo giorno di scuola si avvicina inesorabilmente e festeggiare la fine dell'estate con i miei amici non mi è stato affatto d'aiuto, quindi ho pensato che se io sono disperata e ho solo un ultimo anno di liceo da affrontare figurarsi chi sa che andrà a scuola per il resto dei suoi giorni per colpa sua.
In particolar modo chissà il povero Severus come si starà maledicendo nella sua tomba!
E quindi eccomi qua *-*
Commenti vari sono più che apprezzati come sempre **
Un bacio Keif

  
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