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Autore: Ciribiricoccola    14/09/2010    1 recensioni
* STORIA TEMPORANEAMENTE SOSPESA * Clarissa e Danny insieme, come entrambi avevano sempre desiderato (ma mai ammesso!). E adesso che cosa succederà? L'amore sarà idilliaco? Nah, altrimenti sopraggiungerebbe la noia! Qualcosa succederà, e una grossa, enorme, spaventosa crepa ignorata da tutti si aprirà in questo quadretto perfetto. Provate a indovinare chi sarà la persona che per prima causerà questa crepa...
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Danny Jones, Dougie Poynter, Harry Judd, Nuovo personaggio, Tom Fletcher
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'McClaire- She's the young, she's not alright'
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clarissa Salve a tutti e perdonate il ritardo! E' in corso un noiosissimo periodo di scarsa ispirazione, sto cercando di combatterlo come meglio posso!

In questo capitolo mi concentro su dei brevi ma incisivi momenti che, spero, apprezzerete. La brevità generale è sorta spontaneamente mentre scrivevo, ma rileggendo non ho trovato alcunché da correggere o da "allungare": avrei solo farcito inutilmente degli attimi che, proprio perchè sono tali, devono essere corti, concisi, ma determinanti per essere degni di attenzione.
E dal momento che non scrivo per Harmony, non mi dilungherò mai su struggenti momenti di innamoramento/sesso favolistico/dolore da cuore spezzato :P!

Posso solo dirvi questo prima di augurarvi buona lettura, senza dimenticare però di ringraziare tutti coloro che mi leggono e chi mi recensisce.

@RubyChubb: Uffa, te e i capitoli chilometrici :P. Ti ho già detto che sei tu l'addetta ai capitoli che sembrano infiniti! Io sono per le "pilloline", quelle che ti fanno salire la rabbia :P:P:P Grazie per la fiducia, comunque!!!!!


***



“Hai letto, Claire?” domandò Daniel durante la pausa- pranzo, indicando a Clarissa una pagina del quotidiano gratis che aveva preso in metropolitana.

“Letto cosa?” si incuriosì la ragazza, avvicinandosi per sbirciare l’articolo di giornale.
“Apriranno presto un nuovo locale a Camden” le spiegò il francese “Io non ci sono ancora mai stato da quelle parti! Com’è?”
“Camden è… Ecco, io non ci vado molto spesso, non è proprio il mio genere…” confessò l’altra “Però è forte! Negozi di ogni tipo, un mercatino incredibile e un sacco di gente assurda che gira per le strade senza dare nell’occhio, perché lì quasi tutto è assurdo!”
Le pays des merveilles, insomma!” recitò il ragazzo, che poi tradusse : “Il paese delle meraviglie, come direste voi… “
“Una specie, sì!” confermò la collega “Ma quale sarebbe il locale che devono aprire?”
“Non sono sicuro, ma credo che si tratti di una grande discoteca… Un locale a tema che per ogni festa che organizza sceglie un soggetto diverso… Sembra forte! Aprirà il mese prossimo!”
“Potresti farci un salto con… come si chiama… quella tua amica spagnola…” propose Clarissa.
Daniel rispose con una smorfia contrariata: “Pilar?... No, non credo…”
“Dici che non andrebbe in posti del genere? Di solito, Camden attira un sacco di studenti, anche stranieri…” obiettò la ragazza, perplessa.
“No, è che…”
Il ragazzo sembrò cercare le parole adatte.
“Insomma, Pilar non è il massimo della compagnia per me…”
L’altra ribatté prontamente: “Se nel tuo giro non trovi nessuno con cui andarci, potresti accennare la cosa a Anne! Lei adora queste cose! Feste, bevute gratis, fare le ore piccole ballando… Avrai capito che tipo è, no?!”
Lui parve pensare a quella proposta per qualche istante, poi se ne uscì: “Vedrò! Comunque all’inaugurazione manca ancora almeno un mese!”
Clarissa liquidò la faccenda con una battuta ironica: “Dovrebbero aprire più librerie, altro che discoteche!”
Daniel ridacchiò per poi chiederle, curioso: “Se il tuo fidanzato fa parte di un gruppo famoso, andrete di continuo a decine di feste esclusive, no?”
Lei scosse la testa con fare apatico.
“A me non sono mai piaciuti granché gli eventi mondani…” affermò “Ci sono stata poche volte, potrei addirittura contarle sulle dita di una mano. E ogni volta è sempre andata a finire con Danny sbronzo! Fortuna che c’era l’autista! Però io mi sono sempre annoiata… Non mi piace quell’ambiente, insomma. Per la maggior parte, gli invitati sono snob, oppure invadenti. E comunque, sempre troppi!”
Daniel annuì e aggiunse: “Bisogna sapersi divertire, anche senza alcool… o peggio, la droga…”
“Se ce n’era, io non l’ho vista” tagliò corto l’altra, sulla difensiva.
“Scusa, mi sono spiegato male!” si giustificò il ragazzo “Non voglio certo dire che il tuo fidanzato o… i suoi amici… ne fanno uso…”
Clarissa gli sorrise, più rilassata, e replicò: “Non fa niente, tranquillo. É che sono abituata a smentire ogni genere di sciocchezza che circola su di loro!”
“Posso immaginare lo stress” concordò il francese in tono comprensivo “A volte penso che la stampa sia fatta solo di provinciali bigotti…”
“Come ipotesi, è plausibile!” esclamò Clarissa con una smorfia divertita “In Francia sono tremendi come da noi?”
“Ti dico solo che poco ci manca prima che conosciamo quante paia di mutande possiede il nostro Presidente!” scherzò Daniel, facendola ridere.
“Se ti prometto di eliminare giornalisti e paparazzi, accompagnami tu all’inaugurazione!” le disse poi, cogliendola alla sprovvista.
“Grazie dell’eroismo, mio caro…” gli rispose, scompigliandogli i capelli con un sorriso “Ma se aprono davvero tra un mese, non credo che ci sarò… Me ne vado per qualche giorno in Irlanda, mia madre compie gli anni…”
Cercando di mascherare una punta di delusione, il ragazzo ribatté, ironico: “Davanti a tali cause di forza maggiore, anche il discendente di un antico rivoluzionario deve arrendersi!”
“Quale antico rivoluzionario?” indagò la sua collega con sguardo interessato.
“In famiglia mi hanno spiegato che non so quale mio antenato, con il mio stesso nome, ha combattuto durante la Rivoluzione Francese… Ma era solo un borghese, niente di più!”
“Accidenti, hai detto niente!” esclamò Clarissa, sinceramente colpita “Io non so neanche se ce l’ho, un antenato! Se sì, sarà stato sicuramente un personaggio di un certo spessore…”
“Vale a dire?”
La ragazza trattenne a stento una risata nel rispondere: “Non saprei! Forse un contadino che viveva su una scogliera, sai, in mezzo alla natura, sommerso dal letame…”
“Sei perfida! Abbiamo appena finito di pranzare!” la canzonò il ragazzo, rifilandole scherzosamente un leggero schiaffo sul braccio, che lei ricambiò immediatamente con un altrettanto lieve pizzicotto.




~~~




Al suo ritorno a casa, dopo un turno sfiancante passato con Anne e Daniel a trasportare scatoloni pieni di nuovi libri dal camion delle consegne al magazzino, non trovò nessuno, ma non se ne preoccupò, perché erano appena le otto.
Pensò che Danny stesse finendo le sue “faccende”, come le chiamava lei, con i ragazzi, così si limitò a sospirare sulla porta d’ingresso, già pronta ad armarsi di buona volontà per finire di caricare la lavastoviglie e preparare le cena.

Mezz’ora dopo, stava cucinando, sorpresa di se stessa per aver trovato un briciolo d’energia creativa da applicare ai fornelli.
“Dunque… La sfoglia ce l’ho…” ragionò a voce alta, lanciando un’occhiata al rotolo di pasta- sfoglia che poco prima giaceva abbandonata nel frigo.
“Poi… Ok, i pomodori, il formaggio, una melanzana, un paio di zucchine… Basteranno? Sì, me le farò bastare…” concluse, prima di preparare il forno affinché fosse riscaldato a dovere poco più tardi, pronto per accogliere la sua torta salata.
Danny era un divoratore vorace di torte salate, l’aveva sempre saputo, e poi sua madre glielo aveva sempre ribadito, accompagnando un saggio consiglio: “Se torna a casa stressato o stanco, fagliene mangiare una fetta! Resuscita come Lazzaro, parola mia!”.
Così si era esercitata per mesi con la pasta- sfoglia da stendere, le verdure da tagliuzzare ed il formaggio da stenderci sopra; fino al momento di infornare non aveva mai avuto particolari problemi, ma doveva ammettere che qualche volta le era capitato di ritrovarsi tra le mani delle torte un po’ bruciacchiate… Aveva imparato da poco ad azzeccare la tempistica e a sfornare creazioni che Danny divorava sempre con piacere.

In quel momento aveva appena infornato la sua ennesima torta, preparata con cura e meticolosità apposta per il suo fidanzato.
Il telefonino squillò a pochi passi da lei, sopra il tavolo: la stava chiamando Tom.

“Pronto?”
“Thompson? Ciao! Sei già a casa, ti disturbo?”
“Ciao, Fletcher… Sono tornata una mezz’ora fa, stavo… preparando la cena. Perché?”
“La cena, eh? Me lo aspettavo…” borbottò Tom, per poi continuare: “Ti ho chiamato io perché al momento Dan sta parlando con uno dei produttori, discutono dei suoi testi…”
“Aspetta” lo interruppe Clarissa, intuendo cosa stava per dire “Non tornate per cena, vero?”
Il chitarrista sospirò e ribatté, rassegnato: “Esatto. Scusa, è che… ci stanno spremendo come limoni e la giornata non è ancora finita...”
“Non preoccuparti, me l’aspettavo…” lo tranquillizzò l’amica, lo sguardo sul forno illuminato.
“Dan aveva il cellulare scarico, così ti ho avvertito io da parte sua” aggiunse il ragazzo, sentendola vagamente delusa nella voce.
Con una risatina appena accennata, si sentì rispondere: “Si è dimenticato di metterlo in carica stanotte… Un giorno dimenticherà anche la testa… Comunque, grazie per aver chiamato!”
“Figurati… E’ una bella seccatura, lo so…”
Si mise a giocherellare nervosamente con una ciocca di capelli, detestando per un attimo Tom, che con il suo intuito non l’avrebbe mai lasciata in pace.
“Mi ci abituerò, non preoccuparti” lo rassicurò, nel tentativo di sviarlo dai suoi pensieri più profondi “So che state lavorando, non voglio essere un peso e assillarlo…”
“Sono sicuro che appena lo faranno sentire un po’ meno sotto pressione, recupererà il tempo perduto!” la rasserenò a sua volta il biondino, facendola sospirare per il sollievo.

Lo convinse a riattaccare poco dopo.

“Digli che va tutto bene e che sicuramente starò dormendo quando lui tornerà a casa, solo questo!”
“Agli ordini! Non preoccuparti, comunque, ok?”
“Tom?”
“Sì?”
“Me lo hai già detto tre volte, di non preoccuparmi…”
“Sì, e ora sono alla quarta, e con questo?”
Clarissa rise del suo tono fintamente indignato e lo salutò, sentendosi se non altro meno irritata di quando la conversazione era iniziata.
Si accorse che durante la telefonata le era arrivato un messaggio da parte di Giovanna: le chiedeva se avesse già saputo dei ragazzi che non sarebbero tornati per cena; per risponderle, la chiamò.

“Perché non vieni a cena da me? Ho una torta salata intera da consumare, appena fatta!” la incalzò non appena rispose.
L’amica accettò volentieri, aggiungendo ironica: “Che pazienza, non è vero?”
Clarissa sbuffò con un sorriso e ribatté: “Vita da artisti. Ce la siamo cercata, Gi!”
La risata di Giovanna la contagiò mentre la sentiva affermare: “Tra… venti minuti al massimo sono da te! Ci strafogheremo alla faccia loro!”



Le gambe di entrambe appoggiate al tavolino da fumo ed alcune briciole sparse sul divano.
Mangiare in salotto era molto più comodo e divertente che in cucina.
Giovanna si complimentò con Clarissa per l’ottima torta e la distrasse a suon di chiacchiere da quella sua strana sensazione di vuoto misto al disappunto, la stessa che in passato anche lei aveva conosciuto.
Nonostante le risate e il vino, però, lo sguardo ignaro della biondina restava patinato di disagio e senso di insoddisfazione; Giovanna decise di cambiare tattica tutto d’un colpo e di affrontare il problema piuttosto che evitarlo.
“Claire” la richiamò, mentre la vedeva indaffarata nel lavare le poche stoviglie che avevano usato; la ragazza si voltò a guardarla, in attesa, scorse lo stesso sguardo indagatore di Tom e si preparò psicologicamente ad una domanda scomoda…
“Ci sei rimasta male, non è vero?” insinuò con tono comprensivo l’amica.
L’altra esitò per qualche attimo prima di annuire ad occhi chiusi.
“Non è lecito che mi senta così…” precisò prima di tornare con gli occhi nel lavello pieno di schiuma.
Giovanna la contraddisse: “Lecito o meno, provi quel che provi e posso assicurarti che è una cosa normale, sai?”
“Io invece credo che sia una delle mie tante paranoie inutili e ingiustificate, come al solito…” ribadì la ragazza, iniziando a pulire dopo aver finito anche il risciacquo.
La moretta le si avvicinò e insistette: “Per anni anch’io restavo delusa o arrabbiata se Tom mi dava buca o arrivava paurosamente in ritardo ad un nostro appuntamento, tutto perché doveva suonare, finire un’intervista, aspettare che il traffico si sbloccasse mentre tornavano da chissà dove con gli altri… Molti dei nostri anniversari li abbiamo passati al telefono. C’è stato un periodo in cui ho pensato di lasciarlo, sai?”
Clarissa la fissò, interdetta, e ribatté: “Un periodo di debolezza sembra normale per tutti fuorché per voi due, lasciatelo dire!”
L’altra ridacchiò prima di continuare: “Volevo mollarlo, Claire… Non riuscivo ad accettare il fatto di dover stare così lontani, spesso per mesi… Avevo pensato ad ogni cosa: come dirglielo, quando, dove, in che modo affrontare le conseguenze… però poi mi sono fermata! Avevo pensato anche a come sarei stata senza di lui…”
“E…?”
“E…”
Le si inumidirono gli occhi, ma seppe controllarsi così bene che Clarissa neanche fece in tempo a pensare di consolarla.
“Nella mia testa non c’era nessuna immagine di me senza di lui. Avevo accumulato tanta frustrazione per colpa delle mie fissazioni riguardo il nostro rapporto così incostante… però non riuscivo… non sono mai riuscita a volere niente di diverso. E sia chiaro, non lo dico perché mi sono accontentata. Ne abbiamo parlato a lungo, quando gli ho spiegato cosa stavo provando. Lui si è spaventato tantissimo e da allora, sì, capita che stiamo lontani per settimane, mesi, magari perché anche io vado in tournée…”
“Detta così, sembra che non ci sia via d’uscita!” intervenne l’altra, lasciandosi prendere dal panico; Giovanna le mise una mano sul braccio, scuotendo la testa con un sorriso dolce.
“Ti sbagli. Io e Tom siamo cresciuti tantissimo! Abbiamo imparato a convivere con i rispettivi ritmi di vita, e adesso ci capiamo al volo su tutto, anche al telefono, senza guardarci! È un modo diverso di stare vicino alla persona che ami, e anche se può suonarti triste o poco appagante, devi sempre pensare che per ogni partenza c’è sempre un ritorno…”

Clarissa rimase in silenzio davanti alle sue parole.
Non sapeva fino a che punto crederci.
Tom era un ragazzo molto diverso da Danny, almeno quanto lei era diversa da Gi.
Però era anche vero che le coppie di tutto il mondo avevano centinaia, migliaia di cose in comune.
Nessuna di loro era unica o speciale, se non per chi la componeva.

“Mancavi molto a Tom, quando era in giro con i ragazzi?” le chiese, speranzosa.
Gi annuì e rispose: “Anche lui, come me, cercava di non dare a vedere niente, perché voleva mantenere la serenità tra di noi, quando invece stava solo crescendo la tensione, e noi neanche ce ne stavamo accorgendo… Pensa che quando parlavamo per telefono, non riuscivo neanche a capire se fosse triste per la lontananza o se se ne stesse fregando altamente! Era quello che mi faceva più male, perché io ero molto più emotiva sotto quel punto di vista, spesso ci litigavo e lo accusavo di darmi per scontata, di non prendermi più in considerazione!”

Le telefonate tra lei e Danny non erano mai state frequenti: avevano entrambi un accentuato senso pratico che li vedeva soddisfatti con qualche messaggino o anche solo qualche squillo per dare conferme a domande come “Mi fai sapere quando arrivi?”, “Ci vediamo in  X posto a X ora?”…
Dal canto suo, ogni tanto Clarissa sentiva il bisogno di chiamarlo e di sentire la sua voce, solo per essere sicura di risentirla come la stessa di quando si erano lasciati, magari anche per chiacchierare e ridere un po’ insieme, come piaceva fare a entrambi.
Lui quel giorno non l’aveva chiamata perché la batteria del suo telefonino era morta, ma evidentemente non aveva neanche ritenuto necessario parlare con lei attraverso il cellulare di Tom o di qualcun altro.
Perché dovrebbe chiamarti? Tornerà a casa entro stanotte, e poi non è andato in guerra! si rimproverò in silenzio, anche se con ben poca convinzione.
Perché avrebbe tanto voluto sentirsi dire “Faremo tardi” da una voce più vicina a lei di quella di Tom.
Avrebbe voluto che ci avesse pensato, perché sapeva quanto lei lo considerasse un punto di riferimento della propria vita.

“Che cosa pensi, cuoca triste?” le domandò Gi, indagando con dolcezza nei suoi occhi scuri.
Clarissa le sorrise, sforzandosi un po’, e rispose: “Pensavo che sarebbe stato lui a chiamarmi per dire che avrebbero fatto tardi. E invece mi ha chiamato tuo marito…”
“A me ha mandato un sms. Con te è stato molto più premuroso!” scherzò l’altra.
“Ma non era Danny. Capisci? È stato sempre Tom a dirmi che aveva il cellulare scarico…”
Annuì, la moretta, spiegandole: “Telefono morto o meno, penso tu sappia che spesso… semplicemente non ci arrivano. Li dobbiamo riprendere, ci dobbiamo discutere, a volte dobbiamo anche fare la figura delle stronze… ma personalmente, non conosco altri modi per far capire a nessuno di loro che voglio, pretendo le attenzioni che do a mia volta…”

Assimilò ed accettò dentro di sé quell’ultima frase, pur soccombendo sotto il peso della disillusione.
Era un ragazzo. Il suo ragazzo adorato, ma pur sempre un ragazzo.
Aveva e avrebbe sempre avuto i difetti tipici di qualunque altro rappresentante del genere maschile, e pretendere il contrario sarebbe stato folle da parte sua.
Lo amava così com’era, su questo non c’era dubbio.
Ma, tra tanti difetti, doveva proprio avere quello di essere… distratto, e fare la figura del menefreghista o del maniaco del lavoro.

“Parlaci, Claire” la incoraggiò Giovanna “Fagli capire come ti senti, non tenerti tutto dentro, altrimenti ti farai solo del male, finirai per passare dalla parte del torto. Vedrai che, se parlerete, saprete arrivare ad un compromesso!”

Aveva ragione. Non doveva essere tanto pessimista, perché se c’era una cosa che non mancava nel rapporto tra lei e Danny, era proprio il dialogo!
Avevano sempre parlato di tutto, in qualsiasi momento, da sempre, anche durante la loro amicizia: lui, più scherzoso e casinista di Tom, la faceva ridere, la spronava nei momenti d’incertezza e l’ascoltava; lei era l’unica ragazza in grado di capirlo, dopo sua madre e sua sorella, e anche capace di tenerlo con i piedi per terra quando i suoi progetti, piccoli o grandi che fossero, si facevano troppo fantasiosi e bislacchi.
Con il tempo, il loro legame non aveva fatto altro che consolidarsi: niente segreti, nessuna mezza verità malcelata… Qualche volta alcuni screzi stupidi su questioni di poco conto, oppure delle cose che, da “non dette”, facevano presto ad essere rivelate, perché nessuno dei due era capace di nascondere alcunché all’altro troppo a lungo.

“Sì, credo che lo farò presto…” ribadì alla fine, con sollievo di Gi.
“Ci siamo sempre detti tutto, non vedo perché non dovremmo farlo anche adesso…”
“Brava! Così si fa!” la incoraggiò la ragazza.
“Ma… non è che… lo spavento? O lo stresso troppo?” si bloccò quasi subito l’altra, preoccupata.
Giovanna scosse energicamente il capo e le disse: “E’ il tuo ragazzo, mica uno sconosciuto! Ti dico che capirà! Tanto più perché non dovrai dargli nessuna cattiva notizia! Dovrai solo dirgli chiaramente che ti senti frastornata, sperduta e che vuoi il suo aiuto per adattarti a quello che è il suo lavoro… Tutto qui!”
Clarissa annuì lentamente, pensierosa mentre già formulava nella sua testa il discorso da fare a Danny…
“E’ vero, è vero, sì…” concordò “Appena troveremo un po’ di tempo per stare insieme, gliene parlerò!”


Giovanna la lasciò poco prima che Danny tornasse a casa; le ore si erano fatte piccole, quasi le due del mattino, ed il sonno di Clarissa era fin troppo leggero per permetterle di addormentarsi come un sasso.
Dopo averne parlato per mezza serata con Gi, aveva voglia di vederlo, senza un motivo particolare.
Non voleva parlargli subito di tutto quello che la stava spaventando, sentiva che non sarebbe stato il momento giusto, con lui stanco e provato da una giornata di lavoro.
No, gli avrebbe soltanto accennato qualcosa, giusto per indirizzarlo sulla giusta strada e per attirare la sua attenzione. In seguito, sarebbe andata dritta al nocciolo della questione, magari durante uno dei loro giorni liberi, sperando che sarebbe arrivato presto.

Lo stava aspettando, voltata verso la sua parte del letto, quando rientrò.
Mentre lo sentiva salire le scale, si tirò su a sedere e si sistemò velocemente i capelli con le dita.
Attirato dalla luce stranamente ancora accesa in camera da letto, Danny fece capolino dalla porta accostata per metà e sorrise, spossato, nel vederla lì semi-sdraiata, immersa nel suo solito enorme pigiama chiaro, con i capelli sciolti.
“Ciao… Ancora in piedi?” le fece, andando ad accasciarsi scompostamente sul loro giaciglio per finire con la testa sulle gambe di lei.
“Non avevo sonno” ribatté la ragazza, ricambiando il suo sorriso mentre gli accarezzava una guancia ruvida.
“Fammi alzare da qui, prima che mi addormenti così, come un barbone…” borbottò prima di strapparle un bacetto e trascinarsi verso il bagno.

Pregò che si sbrigasse, sentendo scorrere l’acqua nella doccia: trepidava dalla voglia di guardarlo e dirgli come si era sentita. Neanche riusciva più a ricordarsi il discorso pacato e razionale che aveva pianificato di propinargli. Per fortuna, nel giro di neanche un quarto d’ora era fuori dal bagno, fresco di bagnoschiuma e dentifricio…
Una volta vicino a lei, se lo strinse al petto affettuosamente, poggiando le labbra sulla sua testa mentre guardava nel vuoto.
“Com’è andata? Siete piaciuti ai produttori?” esordì, disinvolta.
Danny sospirò, sfiancato, e rispose soddisfatto: “Direi di sì… Vogliono incontrarci di nuovo per sentire altri pezzi, quelli che oggi non abbiamo portato perché ancora sono delle bozze… Abbiamo due settimane per perfezionarli, poi andiamo e… speriamo bene!”
Lei sorrise, a contatto con i suoi riccioli scomposti, e ribatté: “Grandi… Mi piacerebbe sentire questi pezzi, qualche volta…”
“A proposito” intervenne lui, voltandosi per guardarla con uno sguardo mortificato “Scusa per oggi. So che ti ha chiamato Tom, perché io avevo il cellulare scarico e poi mi avevano chiamato per parlarmi nel dettaglio di alcuni miei arrangiamenti… Avrei dovuto avvertirti io, non lui o gli altri, scusa…”
Clarissa scosse la testa con aria comprensiva: “Non ti preoccupare! Sospettavo che avreste fatto tardi, e comunque alla fine è venuta Gi a cena!”
Gli tornò il sorriso sulle labbra: “La prossima volta cercheremo di chiudere la faccenda in giornata, promesso…”
Rinfrancata da quell’affermazione, la ragazza annuì contenta e si lasciò baciare sul collo, cercando di mantenere un certo contegno per quel ciò che si era ripromessa di dire.
“Sai, con Gi abbiamo parlato un po’…” cominciò, cercando di non reagire al solletico della barba di Danny, che per tutta risposta mugugnò con un distratto “Mh- mmhh…”
“No, sul serio, Dan, se non ci fosse stata lei ieri, non avrei saputo con chi sfogarmi!” insistette lei, irrigidendosi un poco.
“Sfogarti? Di che si tratta?” le domandò infatti il ragazzo, rendendola segretamente trionfante nel suo intento di fargli venire un po’ di curiosità.
Con tono calmo e sereno, iniziò a spiegargli: “Le ho parlato di come mi sento spiazzata, ora che so che dovrai assentarti un po’ di più, per via del vostro nuovo progetto insieme ai ragazzi… e lei mi ha rassicurata, mi ha detto di non preoccuparmi, perché anche lei qualche tempo fa aveva lo stesso problema con Tom…”
“Ah, sì! Mi ricordo, sì…” esclamò Danny “In effetti non è stato un bel periodo! Fletcher era sempre nervoso, deconcentrato, dovevamo stare tutti attenti a come parlargli, bastava poco per farlo incazzare come una scimmia… Non dovresti ricordartelo anche tu?”
“E come facevo?! Voi stavate in giro, io rimanevo a casa! E poi allora non avevamo poi tanta confidenza con Giovanna, di certo non veniva a sfogarsi con me… E poi, figurati Tom, pur di non far preoccupare nessuno sarebbe stato capace di accumulare di tutto fino a scoppiare…”
“Comunque alla fine la faccenda si risolse…” tagliò corto il ragazzo, tranquillo “Stettero chiusi in camera di Tom… quanto? Mezza giornata! Tutto il tempo a… parlare, suppongo… e quando uscirono, erano tornati come prima…”
Clarissa lo contraddisse: “Casomai erano cresciuti… come coppia, intendo…”
“E secondo te noi avremo gli stessi problemi?”
“Non lo so! Io spererei di no, però… lo sai, no, come sono paranoica io… Volevo starmene tranquilla, ma stasera non ce l’ho fatta! Ho dovuto parlare con qualcuno che c’era già passato per stare meglio!”
Danny protese il collo e riuscì a baciarla sul mento, facendola sorridere con aria divertita.
“Adesso sono qui” la confortò, parlandole piano nell’orecchio “E ho intenzione di restarci. Ok?”
Scacciata l’incertezza dalla sua mente, Clarissa fece sì con la testa e abbracciò il suo ragazzo, che la accolse contro il proprio petto, non senza allungare il braccio per spegnere l’abat-jour sul comodino.


I suoi movimenti lenti e sinuosi contrastavano con quelli di lui, più frettolosi e smaniosi di averla, con le mani che miravano prima a toglierle i vestiti e solo dopo ad accarezzarla; Clarissa tentò invano di fargli seguire la sua linea, di rallentarlo, ma alla fine si arrese e decise di assecondarlo, seppur con riluttanza, consolata dal buio che la rendeva invisibile ai suoi occhi, l’ultima cosa con cui avrebbe voluto confrontarsi in quei minuti che scorrevano fin troppo velocemente, eppure con una lentezza insopportabile.
La penetrò senza violenza né forzature, ma fece male lo stesso ed un gemito di dolore le sfuggì per giungere alle orecchie del chitarrista uguale a tanti altri gemiti che avevano condiviso; lo baciò speranzosa mentre lo sentiva muoversi sopra di lei, ma non cambiò niente, se non che Danny aumentò la stretta sui suoi fianchi.


Cinque minuti più tardi, dormiva.
Nel dormiveglia si era voltato, dandole le spalle.
Lei era rimasta ferma nella posizione in cui era stata lasciata, un po’ indolenzita.
Era furiosa, aveva voglia di svegliarlo e di dargli un ceffone.
Ma che cosa gli avrebbe detto?
“Ci hai messo tre minuti a venire, maledetto idiota! Che ti prende?!”
“Perché non sei rimasto con me, dopo, razza di stronzo?”

Poco dopo, trovò la voglia di alzarsi per andare in bagno: sentiva il bisogno di lavarsi. Rimase con gli occhi fissi nello specchio per un po’, a chiedersi che cosa non andasse, ma concluse che il sonno le aveva annebbiato la mente, rendendola ancora più pedante nelle sue stupide ossessioni che invece doveva imparare ad accantonare.
Lui è qui e ti starà vicino. Come puoi non fidarti?
Una volta tornata a letto, vide che si era rigirato, e ora era a pancia in su, nel bel mezzo di un sonno pesantissimo; convinta di non svegliarlo, accese la piccola lampada sul suo comodino e lo scrutò in viso, ritrovando la serenità in quei lineamenti completamente rilassati.
È stato solo un attimo. Era stanco e basta. Non essere stupida, dormi adesso…

***
Per il titolo di questo capitolo, la scelta è caduta su una frase di "Corrupted", made in McFly, ovvio. NO LUCRO, ancora più ovvio.


   
 
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