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Autore: MusaTalia    14/09/2010    6 recensioni
100. Until that day [100/100]
«Non è mai stata mia intenzione rimanere tutta la vita nell'esercito. Volevo solo stare al tuo fianco. Supportarti. Proteggerti fino a quando non avresti ottenuto ciò per cui hai sempre lavorato tanto duramente. Ed ora ce l'hai. E sono così orgogliosa di te».
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Riza Hawkeye, Roy Mustang | Coppie: Roy/Riza
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'RoyAi Collection'
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002 Gunshot

002. Gunshot

Colpo di Pistola

“You never know what's hit you. A gunshot is the perfect way.”, John Fitzgerald Kennedy.

 

Era un’afosa serata estiva. Il sole basso all’orizzonte rendeva il paesaggio circostante come ricoperto da una patina di lucido rame.

Riza e Roy, dopo la cena, alla ricerca di un po’ di refrigerio, si erano recati presso il piccolo corso d’acqua, dietro giuste poche centinaia di metri da casa Hawkeye.

Già solo lo scroscio dell’acqua riusciva a dare un po’ di sollievo a Riza dal calore, che l’aveva oppressa tutto il giorno.

Appena arrivati Riza si andò a sedere sotto un salice, dall’ombra distesa fino ad immergersi nel fiumiciattolo, mentre Roy, abbandonate le scarpe e tirati su i pantaloni alla bene e meglio, si sedette sull’argine ed infilò i piedi nell’acqua fredda.

«Ah, Riza. Non immagini che sollievo!».

Il giovane apprendista, nel dire queste parole, reclinò il capo all’indietro, giusto per notare sul volto di Riza, la dolce, silenziosa, discreta Riza, il formarsi di un sorriso appena increspato.

Trascorsero alcuni minuti in silenzio, ognuno impegnato a godersi un po’ quella pace e serenità (oltre al relativo refrigerio) che il luogo trasmetteva; Roy con i piedi che sguazzavano e di tanto in tanto gli schizzavano i pantaloni, mentre Riza appoggiata con la schiena al tronco dell’albero e le mani tra i fili d’erba.

«Perché non vieni anche tu a mettere i piedi in acqua?» la invitò Roy.

«Sto bene qui…».

«Andiamo! Non sai cosa ti perdi».

«Preferisco di no, grazie. Poi mi rimangono i piedi bagnati e non posso mettere le scarpe». Ecco venire fuori il suo lato pratico, dalla logica inattaccabile.

«Torniamo a casa scalzi, che problema c’è? Non farti pregare, Riza».

«No, grazie» cominciava a spazientirsi.

«Non costringermi a venirti a prendere di peso…» la minacciò Roy sfoggiando il suo miglior sorriso malandrino, a cui nessuna ragazza sapeva resistere, e purtroppo, neanche la giovane Riza, ancora troppo inesperta della vita.

«Che persona insistente e prepotente!» sibilò tra i denti la ragazzina, mentre di malavoglia si alzava con grazia dal suo cantuccio all’ombra per raggiungere il compagno di scampagnata.

Si sedette accanto a lui sull’argine, senza però togliere le scarpe, assolutamente intenzionata a non sfiorare nemmeno il pelo dell’acqua per nessuna ragione al mondo. Raccolse una manciata di sassolini, piatti e levigati, che cominciò a tirare in acqua, scegliendo come bersaglio un gruppo di sparuti giunchi a un paio di metri alla sua destra.

«Pensi mai al futuro?» le domandò Roy, interrompendo momentaneamente quel suo giocherellare nervoso.

«In che senso?».

«Nel senso di cosa succederà domani».

«Beh, domani devo fare il bucato e andare all’ufficio postale per spedire delle lettere a nome di mio padre…». Fu interrotta nel suo elenco di mansioni da svolgere.

«Io non intendevo questo».

«Avevo capito perfettamente il senso» replicò quasi lapidaria.

«Allora?» la incalzò, veramente curioso di sapere quali fossero le aspettative di quella ragazzina, con cui conviveva da quasi due anni.

«Sinceramente? Non lo so. Non ci ho mai pensato veramente. Mi piace sentire le mie amiche che per esempio dicono: “Da grande diventerò una ballerina di successo”, oppure “Voglio diventare la moglie di un ricco dottore di Central”, ma lo trovo anche piuttosto inutile. Abbiamo quattordici anni. Quante possibilità ci sono che tra cinque o dieci anni i nostri sogni e le nostre aspettative si siano realizzati. La vita è imprevedibile e fare progetti troppo pretenziosi per il domani è da illusi. Meglio concentrarsi sul presente, almeno adesso».

Roy aveva ascoltato attentamente quel lungo discorso, provando anche un lieve senso di vergogna di fronte a pensieri così profondi e decisi.

Era vero. Riza aveva quattordici anni, ma in quel momento sembrava tutto tranne che un’adolescente.

Un sorriso amaro si dipinse sul volto del giovane. Aveva colto il lato pratico, ma anche triste in tutto quel discorso. Sicuramente lei pensava quello che gli aveva appena detto, ma era anche certo che avesse i suoi sogni, i suoi desideri, ma era talmente spaventata dall’idea che non potessero realizzarsi, che probabilmente faceva fatica lei stessa ad ammetterne l’esistenza.

Intanto lei aveva ricominciato il suo gioco, cambiando però bersaglio: un bastoncino che galleggiava proprio davanti a Roy.

«Lei, invece? Pensa mai al futuro?» domandò concentrata sul legnetto.

Nonostante le avesse ripetuto più e più volte che non serviva dargli del lei, Riza non aveva mai dato ascolto alla sua richiesta, continuando secondo ciò che per lei era segno di buona educazione e rispetto.

«Io? Ogni giorno sempre più» ammise.

Per un attimo Riza distolse lo sguardo dal corso d’acqua per fissare interrogativa il suo interlocutore.

«Ho quasi finito l’apprendistato con il maestro. Tuttavia non ho intenzione di ritornare a casa dalla mia matrigna. Non voglio essere un peso per lei. Voglio essere indipendente. Quindi sto prendendo in considerazione l’idea di entrare all’accademia militare» spiegò lui, con lo sguardo puntato sulle lievi increspature dell’acqua.

«Entrare nell’esercito? Ma si tratta di una possibilità, vero?». Era rimasta stupita. L’idea la terrorizzava. Sapevano tutti che fine fanno i soldati.

Angosciata distolse lo sguardo da Roy, rivolgendosi anche lei all’acqua. Una libellula, dal corpo azzurro metallizzato, svolazzava davanti a lei, pochi metri più avanti.

«Non proprio». Il giovane fece una pausa per prendere un respiro profondo. «Ho fatto domanda all’accademia e mi hanno accettato. La settimana prossima, quando finirò definitivamente l’apprendistato, partirò per entrarci». Aveva confessato ogni cosa. Lo doveva a Riza, che era sempre stata così gentile con lui.

Pluff.

Aveva lanciato l’ultimo sasso che le era rimasto in mano.

La libellula stava affondando rapidamente sotto il peso improvviso della pietra.

«Accidenti che mira strepitosa, Riza!».

 

***

 

Più di dieci anni dopo, Riza Hawkeye aveva fatto un’”accettabile” esperienza della vita. Era entrata nell’esercito, a dispetto di tutti i suoi sogni e le sue aspirazioni, ed era diventata un tiratore scelto. Un ottimo tiratore scelto, tanto che, ancora giovanissima,aveva partecipato ad una guerra.

Ora, Tenente e donna sempre in competizione con se stessa, si recava una volta alla settimana al poligono di tiro per allenarsi, per migliorarsi.

Quella mattina il sole splendeva ad East City e lei, poco dopo esser arrivata in ufficio ed essersi assicurata che il suo superiore avesse tutti i documenti da firmare impilati ordinatamente sulla scrivania, raggiunse la sua postazione al poligono ed imbracciò il fucile.

Bang.

Un colpo in pieno petto.

Con movimento meccanico, rapido e perfetto ricaricò il fucile, mentre una persona si avvicinava alle sue spalle.

«Come va, Riza?» domandò cordiale. «Vedo che te la cavi sempre, eh?» continuò osservando il bersaglio su cui il cecchino era concentrata.

«No, devo fare ancora più pratica» ripose ferma, senza battere ciglio, mentre prendeva la mira.

«Il Colonnello vuole vederti. Sarà trasferito a Central City».

Un flash improvviso. Una libellula.

Bang.

Un colpo al capo. In mezzo agli occhi.

«Ho capito».


Note finali:

Ero piuttosto spaventata da questo theme, perché sembra abbastanza scontato cosa verrà fuori.
Pensa e ripensa, alla fine è venuto fuori questo. Avevo praticamente deciso subito di prendere come riferimento la scena quando viene comunicato a Riza del trasferimento di Roy, che, appunto ho inserito alla fine, ma ci voleva qualcosa di più. Così mi è venuto in mente di descrivere il primo momento in cui il tenete ha dimostrato di avere ottime potenzialità come cecchino. Il momento in questione si svolge durante l'apprendistato di Roy, proprio poco prima della sua partenza e del suo arruolarsi nell'esercito. Volevo creare un parallelo tra questi due momenti. Spero di esserci riuscita. Inoltre la scelta della libellula non è casuale. In Giappone è simbolo di forza e coraggio, due caratteristiche tipiche di Riza; ma anche di felicità. Risulta ovvio che sia Roy la sua fonte di felicità, che viene meno nel momento della sua partenza.

Intanto grazie a chi ha recensito:
Shatzy: Ops! Grazie per avermi fatto notare la svista. Ho rimediato subito. Comunque grazie per i complimenti, mi ha fatto piacere che ti sia piaciuto.
Castiel: Intanto: Crepi! E grazie per gli apprezzamenti. Ti seguirò ben volentieri in questa avventura. E comuqnue non trovo che la tua storia sia grande solo per numero di capitoli. Ritengo sia ben scritta e alcuni capitoloi trasmettono davvero tanto!
Shukumei Taisa: Grazie grazie, per i complimenti! Spero che tu non  abbia trovato banale anche questa storiella. E puoi starne certa: Fedele per tutta la vita!
   
 
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