Quante volte
un uomo può morire?
Quante ne
può nascere?
Credevo
che ogni uomo – ognuno, senza eccezioni – nascesse
una volta e morisse una
volta.
Semplice.
Lo
credevo, ma adesso non lo credo più.
Ero nato
in una mattinata grigia che minacciava pioggia. Piangevo, salutando il
mondo,
rivolto al viso dolce e gentile che mi sorrideva. Mia madre.
Morii
ancora bambino, morso da un lupo, Greyback.
Ogni mese,
senza eccezioni, mi trasformavo. Ogni luna piena morivo.
Poi
Silente mi permise di frequentare Hogwarts. E nacqui un’altra
volta.
Conobbi
tre fantastici ragazzi, ma ogni bugia che ero costretto a pronunciare,
ogni
volta che mi rifugiavo nella Stamberga senza che loro sapessero,
morivo. Per
ogni loro gesto, da un loro sorriso al semplice riempirmi di
cioccolata, nascevo.
Quando
diventarono animagi, nacqui un’altra volta. Ebbro di
felicità sapevo, anzi avrei dovuto
sapere che era troppo.
Dovevo rinunciare a qualcosa, dovevo morire un’altra volta.
Non potevo
immaginare che potesse essere così doloroso.
Non potevo
immaginare che sarei morto tre volte in cambio di
quell’unica, sola felicità.
Non potevo
immaginare che James e Lily morissero. Non potevo immaginare che Sirius
potesse
tradirli.
Quando
vidi Harry Potter al suo terzo anno nacqui altre tre volte. Era James e
Lily
insieme. Era vivo. Era uguale a lui, ma con il carattere e gli occhi di
lei.
Poi capii,
grazie a quella mappa che era insieme il mio più grande
orgoglio e il mio più
grande smacco, la prova che Silente aveva sbagliato a fidarsi di me,
che Minus,
quello che pensavo essere un eroe, era un maledettissimo voltagabbana,
traditore e fedifrago. Nel teatro di molte mie morti e rinascite, nella
Stamberga, seppi la verità. E morii e nacqui
un’altra volta.
Quando
Sirius fu chiuso nell’ufficio di Vitious, morii. E quando
Hermione e Harry, con
lo stesso sprezzo del pericolo di James, lo liberarono, tornai a vivere.
Poi la
vidi.
La ragazza
più bella e pasticciona del mondo.
L’unica
che, vedendomi triste e stanco dopo una notte assai travagliata di luna
piena, cambiò
colore dei capelli e forma del naso. L’unica che, dopo che
scoppiai a ridere
per la prima volta dopo mesi o forse anni, arrossì talmente
tanto che i capelli
le diventarono rossi.
Ninfadora
Tonks. L’unica che preferiva il cognome al nome,
l’unica che la prima volta che
la chiamai Dora (essere cresciuto con Sirius mi aveva fatto capire come
i
cognomi fossero un grande fardello a volte) mi confidò che
solo i suoi genitori
la chiamavano così, ma che le piaceva.
L’unica
che guardava le mie cicatrici senza disprezzo, l’unica, lei.
Dora. E rinacqui
un’altra volta.
Dovevo
immaginare
che l’aver trovato, un’altra persona che non si
scomponesse alla mia vista,
avrebbe richiesto una mia morte, in cambio.
Quando poi
Sirius fu ucciso davanti ai miei occhi e Harry si protese per salvarlo,
morii.
Il dolore di Harry era il mio dolore, un dolore che io, anestetizzato,
quasi
non sentivo.
Quel giorno
morii due volte. Sirius, la fine dei Malandrini.
Capii allora
che quando Greyback mi morse, mi trasmise un’altra
maledizione, che a
differenza di quella del Lupo, avrei scoperto non solo sulla mia pelle
ma anche
su quella di chi mi stava vicino.
Ero maledetto.
Per questo rifiutai Dora. Ero un lupo mannaro, un reietto, cosa le
potevo
offrire? Una felicità che sarebbe diventata dolore e sangue?
Quando Silente
morì, per una volta, non subii danni. Per la prima volta.
Non avevo più vita da
donare, ero morto anch’io.
Apatico,
assistei Dora che urlò, pianse e ancora urlò.
Voleva stare con me.
Pensando
stupidamente,
sperando che avessi vinto la
maledizione, accettai di stare con lei. E nacqui un’altra
volta.
La sposai
e lei rimasi incinta. Impaurito, scappai. Avevo paura che il bambino
ereditasse
entrambe le maledizioni.
Il giorno
che nacque sorrisi felice. Era un Metamorfomagus.
E nacqui
un’altra volta.
Il giorno
della battaglia, pregai, implorai Dora che lei e Teddy rimanessero
dalla madre.
Sapevo però che non mi avrebbe ascoltato.
Quando la
vidi cadere colpita da un Anatema che Uccide di Dolohov, morii.
Mi fiondai
su di lui, sapendo che non avevo altre vite da donare, che Teddy
sarebbe
cresciuto con Harry e che lui, il mio piccolino, il mio tesoro, mio
figlio, non
avrebbe ereditato nessuna vita da donare. Niente. Era salvo.
Con un
sorriso sulle labbra e la certezza che avrei rivisto la mia Dora tra
poco,
morii definitivamente.
Buona fortuna,
figlio mio.
Questa
one-shot è uscita da sola.
Spero
che vi sia piaciuta.
Ed
ora, fate amicizia con il povero, piccolo tastino blu,
lasciandomi una recensione piccola picciò!