Serie TV > The Mentalist
Segui la storia  |       
Autore: robrua     15/09/2010    3 recensioni
Questa storia, che viene pubblicata con questo account e che è scritta da me, che ne sono proprietaria e da sasita, che qui già conoscete benissimo, è un crossover tra The Mentalist e Twilight... vi prego di non partire prevenuti e di leggere e di recensire, perché ne varrà la pena! spero di vedere tante recensioni, R&S
Genere: Fantasy, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo Personaggio, Patrick Jane, Teresa Lisbon
Note: AU, Cross-over, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

 

 

 

-Forks? Cioè, signora. Mi sta dicendo che noi…- indicai me e Jane –dobbiamo andare a Forks? Perché c’è stato un assassinio? Non ci credo! E perché io e Jane?-

-Sì, a Forks, la cittadina più piovosa dello stato di Washington a ben 120 chilometri da Seattle. E ci andate tu e Jane perché ho bisogno di Cho qui per delle testimonianze, Grace è malata…-

“Errata corrige.” pensai “ Grace era in maternità. Solo che Hightower non lo sapeva… ‘mononucleosi’  le avevano detto.”

 

Non che io credessi che la Hightower non sospettasse niente, anzi, fosse completamente certa che la mia rossa sottoposta avesse seriamente la mononucleosi...

 Trattenni una risata. –e Rigsby non vi sarebbe d’aiuto.-

-E i federali? Non ci possono pensare loro?-

-No! Non possono! Accidenti! Lo capirete sul posto… mi è stato imposto di non dirvi niente! Sei un po’ troppo insistente, agente Lisbon, non è un bene per il tuo curriculum!- girò i tacchi e se ne andò.

“Fantastico!” pensai “Un assassinio a Forks, la cittadina più inutile della storia americana!”

-John.- disse Jane senza staccare gli occhi dalla porta del mio ufficio

-Dici?- chiesi, improvvisamente sbigottita

-Dico.- rispose lui. Si girò e si accasciò sul divano rosso di fronte alla mia scrivania.

Lo guardai, mentre si stiracchiava e sdraiava armoniosamente sul suo posto preferito, era perfetto, cavolo! Maledettamente perfetto e bello, e mi piaceva.

Mi morsi un labbro leggermente, umidificandolo con la lingua, era praticamente spontaneo come gesto, ogni volta che lui non poteva vedermi e si sdraiava sul mio divano.

Io e Patrick ci frequentavamo.

Certo, come si frequentano due adulti disillusi alla vita. Imparavamo a conoscerci, lui sapeva tutto di me e io tentavo di scoprire qualcosa di lui. Andavamo a cena fuori, al cinema, a passeggiare al parco, a teatro e tutte queste cose degne di Jane.

Io l’avevo portato al poligono per insegnargli a sparare, e aveva imparato alla velocità della luce, e a una partita di baseball di mio nipote.

Non ci eravamo mai baciati, né cose simili. Più che altro lui ci considerava amici, solo amici, dato che John era ancora in circolazione e la sua voglia di vendetta era superiore a qualsiasi altro sentimento potesse provare.

Ma non mi dispiaceva più di tanto.

-A che pensi?- mi chiese a un certo punto

-N-Niente, perché?-

-Non è vero che non pensi a niente, non hai mica la testa vuota! Dai, Teresa, dimmelo!- anche se fuori dal lavoro aveva iniziato a chiamarmi con il mio vero nome, ogni volta che pronunciava “Teresa” era un tuffo al cuore.

-Pensavo a quanto ancora Grace può mantenere la bugia della mononucleosi per nascondere alla Hightower il figlio di Wayne…- mentii

-Non era questo, ne sono certo, però è una bella domanda.- portò le mani dietro la nuca, tra la sua testa e il bracciolo –mhm… secondo me prima o poi glielo dicono, e poi… quella stupida regola andrebbe revocata. È ingiusto, due persone che si amano dovrebbero poter stare insieme anche se sono colleghi! Che poi non ho ancora capito perché due colleghi non possono stare insieme! Insomma, di che hanno paura? Che litighino e compromettano l’integrità della squadra?-

-Hai fatto centro, è proprio questo il punto, se si lasciano poi la squadra non ha più l’armonia di prima, non solo, la preoccupazione maggiore è che se, durante un inseguimento, o un qualsiasi cosa possa essere rischioso, uno dei due si fa male l’altro sarebbe propeso ad aiutare l’amante, piuttosto che proseguire la missione.- risposi senza pensarci troppo, ero troppo presa dalla cascata di capelli dorati sul bracciolo del divano.

-Ma non si rende conto di quanta tensione sessuale c’è tra due persone che si amano e che sono costrette a stare lontane pur lavorando tanto vicine?- sospirò teatralmente e io sorrisi , scuotendo il capo –Non ti rendi conto che stress era fino a un mese fa stare accanto a Rigsby o Van Pelt, il loro corpo urlava! Mamma mia! Uff- 

Come potevo trattenermi dal ridere?

-Lo trovi divertente?-

-Sinceramente sì, non credo che i corpi delle persone urlino! Sentiamo un  po’, cosa ti urla il mio corpo al momento?- brutta mossa, bruttissima mossa.

-Bè, in questo preciso istante il tuo corpo mi sta dicendo, molto discretamente, tranquilla, che vorrebbe toccarmi i capelli- avvampai

-Non è vero!-

-Sì che lo è!-

-Invece no!-

-Invece sì!-

-No!-

-Sì!-

-No!-

-No!-

-Sì!- ecco! Lo sapevo, lo sapevo che me la faceva! –va bene, come ti pare, ok?-

-Certo! Guarda che se vuoi puoi!-

Tentazione…

-No, figurati.- dissi, affogandomi tra le pratiche burocratiche sulla scrivania

Io avevo sempre avuto la maledetta sfortuna di innamorarmi degli uomini più sbagliati, Jane era tra questi, anche se non rientrava nelle categorie di “violento, pazzo, stolker, falso, idifferente…” era sbagliato. Era un uomo tormentato che portava continuamente una maschera a difesa dei suoi veri sentimenti.

Un uomo con il cuore a pezzi e il senso di colpa alle stelle. Un uomo che rare volte lasciava cadere la sua maschera di perpetuo giocherellone e che, nonostante tutto, si apriva solo con me.

Un combina guai continuo, che probabilmente non mi avrebbe mai amata.

Ma che era di certo l’uomo più sensibile che conoscessi, oltre che l’unico che mi facesse davvero sentire viva.

Certo, subito dopo veniva Kim, il mio secondo, il mio braccio destro...

Non che Cho fosse di tante parole o chissà che dimostrazioni di affetto, però potevo considerarlo il mio migliore amico, in un certo senso.

Ma Patrick rimaneva un punto fermo, in fondo a tutto, lui restava il centro di un universo impalpabile fatto di soli ricci biondi e occhi azzurri. Certo, quello era il mio universo sentimentale, poi c’era il mio universo lavorativo... e, bé, anche lì non è che Jane avesse un posto secondario.

Mi persi in elucubrazioni animate da mille colori simili a carta pesta che rispecchiavano il mio animo lunatico e ottuso, mentre la penna restava con la punta conficcata nel foglio della pratica Bedstone, creando una macchia di inchiostro sempre più vistosa.

Già, da quando io e Jane uscivamo, pur sempre platonicamente parlando, ero stata costretta –nel vero senso del termine- ad abbandonare le mie amate penne Bik. Perché? Chiaro: “a una donna esile e elegante come te, Teresa, serve una penna che rispecchi la tua forza vitale. Le bik sono squallide, non guardare che le usiamo sempre, ma non rendono l’essenza di una persona. Per te vedo bene questa” aveva detto Jane tirando fuori un astuccino in pelle liscia e lucida, di color marrone chiaro, che conteneva niente meno che  una stilografica con il pennino in palladium -Cioè, non so se rendo bene l'idea: Palladium:migliore dell’oro e più costoso del platino- rifiniture in oro rosa 24 carati con incise, oltre alle iniziali del mio nome, la data della creazione di quella meraviglia a inchiostro e la città di provenienza: Firenze, città dove nacquero il sommo poeta dante e il creatore delle Visconti.

Comunque, per finire la descrizione dell’oggetto che tenevo in mano e sfregavo distrattamente sul foglio candido, impugnatura in resina calcarea (leggesi: una specie di ambra meno preziosa o ricercata, ma altrettanto costosa) di un verde acqua tenue con sfumature che viravano da blu della notte al “verde smeraldino” dei miei occhi, come aveva detto Patrick.

Insomma una signora penna del ’62 da, ovviamente avevo controllato, 1300 dollari.

Al che ero stata tentata di negare cortesemente il regalo, rendendogliela con il maggior garbo possibile... ma, il giorno dopo, l’avevo ritrovata avvolta da un fiocco bianco sulla mia scrivania, insieme a un biglietto

 

 

 

Perché ti alleggerisca le giornate piene di quelle scartoffie che odi, grazie alla penna che hai sempre voluto.

 

Ps. Non provarti a ridarmela perché non avrai pace, la ritroverai sempre sulla tua scrivania!

 

 

 

 

Per chi non avesse capito, ovviamente, il regalo era per il mio compleanno quindi, oltre alla penna avevo ricevuto un vestito lungo a mezza gamba rosso scuro, di raso e seta, stretto in vita e al seno, che si allargava ogni volta che mi giravo o mi muovevo. Bellissimo, sinceramente.

Per coronare un altro sogno, mi aveva portata a un cinema all’aperto, uno di quelli dove le coppie si sbaciucchiano mentre scorre un film…

Bè, io avevo guardato il film, ma avevo gradito molto l’idea... poi, la macchina che aveva scelto per portarmi in giro era davvero meravigliosa! Una decappottabile cabriolet bianca lucida con gli interni di pelle beige e i sedili molto vicini!

Una serata memorabile, senza contare che in un qualche campo verdeggiante c’era ancora il mio pony che mi era stato regalato dalla stessa persona qualche anno prima.

-Lisbon?- mi destai dai miei sogni ad occhi aperti quando una mano mi scosse leggermente la spalla

-uhm… ah! Cho! Sì, dimmi?- dissi, scuotendo piano la testa

-ho saputo che partirete stasera… bé, ti volevo salutare.-

Cavolo, aveva usato quante parole? 9? Record!

-ah, certo, tanto ci vediamo fra un po’ dubito che ci rimarremo molto laggiù! Mi mancherebbe troppo il caldo della california, e la vostra compagnia.-

-Guarda tu che bugiarda!- guardai Jane con disprezzo –Tu odi il sole, ti piace come la pioggia lenisce le tue tensioni, ti piace sentire scrosciare l’acqua sulle finestre e guardare il cielo e le nuvole… però è vero che ti mancheranno loro!-

-Jane. Zitto.- sibilai

-Sono certo che ci rivedremo presto. Capo- disse Cho con un ombra di sorriso sulle labbra. Ci trovava divertenti. Ma, infondo, chi in quel dipartimento non ci trovava esilaranti? Avevo perfino sentito –origliato- i miei sottoposti che parlavano di tensione sessuale e desiderio represso tra me e Jane.

-Ehi capo. non mi torno ingrassata, eh!- guardai il mio gaffe-man di sottoposto con un espressione tra l’esasperato e il divertito

-Farò il possibile, Wayne. Kim?-

-Sì, capo?-

-Per quando torno voglio che il caso Black sia stato chiuso. So di poter contare su te e Rigsby… ah! Mettete in riga al mio posto la sostituta di Grace e, Wayne?-

-Sì, capo?- chiese a capo chino

-Devi dirlo a Hightower. Ormai è irrimediabile, tanto. Al massimo vi dividono sul lavoro… farò di tutto perché quella regola venga revocata ma… scusami, ma proprio “mononucleosi”? e poi, lo sai com’è Grace, a lei piace andare fiera delle cose che fa, soprattutto se nascono dall’amore che prova per te- un risolino mi ricordò mentalmente che volevo uccidere il mio consulente

-Lo farò capo-

-Bene. Jane, alza il culo e muoviti. Vai a fare le valigie, ci vediamo all’aeroporto-

-ti vengo a prendere danvati a casa alle cinque, fatti trovare pronta, ok?-

Mi sorrise, mi sciolsi e sgattaiolò via dagli edifici senza dare il tempo di dire una sola parola a nessuno.

Cavolo quanto era veloce quando si trattava di scappare.

Risi.

Presi la borsa e sistemai le carte sul tavolo. In fondo una “vacanza” nella penisola di Olimpia non era così male. E se c’era John di mezzo il lavoro era praticamente inutile, non si sarebbe fatto trovare neanche morto.

Infilai la giacca e uscii dal mio ufficio, salutando tutti e catapultandomi nell’ascensore, pronta per partire per Washington.

Entrai in casa e feci una doccia calda, e rigenerante, mi vestii con comodi abiti da viaggio e preparai una veloce valigia, infilando tutti i soldi che avevo e tutto ciò che sarebbe potuto servirmi.

Alle cinque in punto Jane suonò al mio campanello e, insieme, chiacchierando, ci dirigemmo verso l’aeroporto centrale di Sacramento, diretti a Seattle. Lì, avremmo preso una macchina a noleggio e saremmo andati fino a Forks.

Forks… la città piovosa e umidiccia con più di 278 giorni di pioggia all’anno.

Però Jane aveva ragione, non è che mi dispiacesse più di tanto andare in un posto che fosse completamente diverso dalla mia città: Sacramento, così luminosa e piena di vita, con le scuole con i metal detector e gli spiazzi pubblici costellati di pattuglie di vigili per controllare che la vita scorresse tranquillamente e non ci fossero problemi.

Forks: un paesino sperduto nel fitto verde delle terre boschive della penisola, con una cappa nebbiosa perennemente presente. E poi faceva freddo, faceva sicuramente freddo laggiù… insomma, era freddo a Sacramento, perché eravamo vicini a Natale, figurarsi laggiù.

-Sta tranquilla, vedrai che ci divertiremo. È una bella cittadina, dopo tutto, Forks!-

-Jane. Fuori. Dalla. Mia. Testa.-

-ah! Adesso sono di nuovo “Jane”-

-Ti prego, Patrick non mi scocciare! Non mi piace volare e non mi piace dove stiamo andando!-

-Lo so che menti…- mi tocco l’angolo delle labbra con un dito e la fronte con un altro -…me lo dice il…-

-Mio corpo, sì, lo so.-

Lui sorrise e mi strinse la mano.

-Vedrai, sarà finita ancora prima di cominciare!-

Non so come, non so perché né, tantomeno so quando, mi addormentai e, potrei giurare, che Jane ci avesse messo lo zampino.

 

 

 

 

chiedo venia a chi aveva letto e recensito, ma mi sono resa conto di aver messo il capitolo non esteso, quindi...

ecco il chap intero!!!

e ribadisco di non potervi promettere aggiornamenti prima di una settimana!

Giuls: no, è prima del prologo, non so se hai mai letto Twilight, ma è il tipico stile della Meyer: la citazione che c'entra con il contesto e la prefazione (non prologo) che narra un avvenimento che deve accadere!

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > The Mentalist / Vai alla pagina dell'autore: robrua