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Autore: congy    15/09/2010    15 recensioni
Cosa può succedere all'interno di una casa editrice quando l'uomo di cui ti sei invaghita ti soffia la promozione e il lavoro che hai sempre desiderato?
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Capitolo 1


Quel posto sarà mio!

“Sam, sbrigati a finire quel tramezzino. Il capo ci vuole nel suo ufficio tra cinque minuti” Luciana entra sbattendo la porta e facendomi spaventare tanto da farmi versare la coca cola che stavo bevendo sulla gonna bianca.
“Ma porca p…” impreco. Maledizione! Ma posso essere così sbadata?
“Sam!” interrompe bruscamente la mia parolaccia. Adoro la mia Lu, è la mia migliore amica, la mia confidente, l’unica persona con la quale mi sono scambiata anche le mutande - e non in senso metaforico – ma se c’è una cosa che non sopporta in una donna sono le parolacce. Dice che rendono la donna poco femminile.
“Paletta! Stavo per dire paletta.  Lo sai che non direi mai una simile scurrilità. Una donna sboccata è un uomo con le tette e senza palle, giusto?” riprendo pari pari quello che mi dice ogni volta –minimo due volte al giorno – che dico una volgarità. Faccio anche gli occhi da cerbiatta spaurita a cui so che lei non può resistere. Mi guarda con un sopracciglio alzato, poi esclama: “Facciamo finta che ti creda, và. Tanto lo so che stavi per dire “puttana” – si mette la mano sulla bocca non appena pronuncia quella parola e io sghignazzo – ecco, mi stai influenzando: mi stai facendo diventare una donnaccia. Comunque, sbrigati, fra cinque minuti ti voglio nell’ufficio del capo” e come è entrata, se ne va.
Ecco, un’altra cosa che non ho detto di Luciana  -la nana solo per me – è che è completamente, inesorabilmente schizzata. Sarà che l’essere la segretaria di una casa editrice in forte crescita non è semplice: la vedo perennemente immersa in carte, scartoffie e appuntamenti vari, ma lei esagera. Il suo motto è ‘Chi ha tempo, non aspetti tempo’ e allora, per velocizzare, parla tanto rapidamente che per poter comprendere il 50% di quello che dice devo leggere e seguire il labiale. Molto spesso si incavola perché non sono abbastanza recettiva, ossia se non rispondo al primo squillo ogni volta che mi chiama, oppure perché non sono puntuale nei nostri appuntamenti. E non solo mi sgrida, ma mi deve rinfacciare la mia mancanza per almeno una settimana, con eventuali pulizie per la casa come punizione. Sì, perché io e Luciana abitiamo insieme. Per fortuna o sfortuna ancora non si è capito. Ma, nonostante questi piccoli particolari – beh, “piccoli particolari” è un delicato eufemismo per grosse, enormi, gigantesche rotture di palle – adoro la mia nana. Perché? Perché lei è stata l’unica, ed è l’unica, a comprendermi, a capirmi, a sostenermi. Ad essere, in sole tre parole, la mia famiglia.
Ci siamo conosciute all’università: io, studentessa di lettere piuttosto esaurita, e lei, laureanda in pubbliche relazioni. Io, ansiosa di laurearmi in fretta e con il massimo dei voti – da qui la mia forte miopia –, e lei, della filosofia completamente opposta alla mia: rimanda a domani, o anche a dopodomani, quello che puoi fare oggi. Cosa impensabile per una segretaria, ma questa è una lezione che ha imparato dopo, con il lavoro. Cos’è successo? Il mio capo stronzo, Claudio De Santis, l’ha minacciata di licenziarla il primo giorno solo perché il caffè che Luciana gli aveva portato non era eccessivamente bollente, segno che era stata lenta. Da allora, la nana è sempre stata rapidissima nelle sue cose tanto che più volte ho creduto che avesse qualche tic nervoso.
Come ci siamo conosciute ormai è leggenda.

Stavo fumando una delle mie adorate Marlboro rosse nell’atrio dell’ateneo, quando, ad un tratto, me la sento strattonare e buttare per strada.
“Stavo fumando” mi volto a cercare l’autore di questo atto criminale. Mi tocca guardare in basso per trovare la colpevole. Una bambina un po’ cresciuta con lunghi capelli rossicci e un mare di lentiggini.
“Non lo sai che fumare fa diventare impotenti? Non potrai più fare sesso”
“Veramente il fumo rende gli uomini impotenti, al massimo rende sterili le donne”
“Ammetto che sarebbe allettante non avere marmocchi per casa che ti rompono le palle ogni santo minuto, ma se fumi ti diventeranno i denti gialli, la pelle invecchierà presto e non troverai nessun uomo attratto da te, tantomeno attratto per fare sesso. Si allontanerà da te solo per non sentire quell’orrenda puzza e tu ti ritroverai insoddisfatta e destinata a morire precocemente. Ecco il destino che ti aspetta” si para di fronte a me e, nonostante l’altezza ridotta, sembra sovrastarmi.
“Ci hanno provato in tanti a farmi smettere, ma sono troppo affezionata alle mie sigarette”
“Questo perché non avevi ancora incontrato me. Piacere, Luciana Moretti” la osservo stranita. Lei non è Luciana Moretti, lei è una pazza da internare al più presto.
“Oh, non guardarmi così, non sono pazza come sembro. Beh, forse un po’, ma non stiamo parlando di me. Voglio solo mettere alla prova la mia abilità in pubbliche relazioni e tastare la mia capacità di persuasione. Voglio provare a farti smettere di fumare. Sarà un piccolo esperimento. Allora ci stai…come ti chiami?” Che può capitare ad affidarsi ad un’estranea? Nulla, giusto?
“Samanta Dolce, e ci sto. Ma, credimi, le Marlboro sono il mio amore più grande dopo il mio fidanzato e il mio gatto Bizet. Dubito che riuscirai nell’impresa.” Stringo la sua mano minuta e le sorrido. Sarà divertente. Credo.
“Oh, non ti preoccupare, Samanta, ho doti che tu neanche immagini” e dopo due mesi e diciassette giorni io avevo smesso di fumare.

Da quel giorno sono passati cinque anni. E ora mi ritrovo qua, in questa casa editrice, come correttrice di bozze. Un fidanzato in meno ed un gatto in più. Sì, perché Bizet, come aveva diagnosticato il veterinario, soffriva di una forma acuta di depressione legata alla solitudine. E così è arrivata Minù, una piccola palla di pelo bianco con due grandi occhioni azzurri.Fortunatamente Bizet sembra vedere la gattina come una sorella, altrimenti mi sarei ritrovata la casa piena di gatti bianchi o neri. Sì perché il mio amico peloso ha un pelo color della pece, talmente tanto scuro da essere quasi irriconoscibile di notte. Dicono che i gatti neri portino sfortuna, beh il mio Bizet assolutamente no. È stato il mio fedele compagno quando la depressione aveva preso il sopravvento su di me. A quei tempi eravamo io, il mio gatto e una scatola formato famiglia di gelato al fior di latte affogato al caffè.
Generalmente amo il salato, come quel meraviglioso tramezzino con tonno e maionese che la nana mi ha fatto andare di traverso. Devo dire addio al mio pranzo.
Ora il problema è un altro: come diavolo faccio a uscire dal mio ufficio con questa orribile macchia giallognola tendente al marrone sulla mia gonna aderente, tra le altre cose di colore bianco? Tentazione fortissima sarebbe quella di toglierla e andare in giro in coulottes.  Sicuramente a De Santis verrebbe un infarto. Credo che non abbia mai visto le gambe di una donna se si escludono quelle di sua madre sulle quali lui doveva iniettare l’insulina, altrimenti nemmeno quelle avrebbe potuto vedere.
Fortunatamente la coca cola si è versata quasi sul bordo della gonna, per cui mi bastano tre risvolti, facciamo quattro, per coprirla del tutto. Mi osservo: bene, vestita così potrei benissimo andare a lavorare in un club a luci rosse.  Ho delle gambe abbastanza toniche per fortuna. In compenso ho dei fianchi piuttosto larghi, anche se non esagerati, colpa del gelato mangiato e mai smaltito. Colpa del mio ex, insomma.
Sgattaiolo fuori dal mio ufficio e corro in quello del capo, cercando di non far vedere ai miei colleghi il mio abbigliamento discinto. Spero di non trovare ancora nessuno da De Santis o, magari, di trovare una sedia comoda in prima fila dove mostrare le mie gambe. Esibizionista? No, solo curiosa di vedere la bava del mio capo alla vista di due oggetti che, per lui, esistono solo per camminare. Caro il mio Claudio, servono per molte altre cose, molte delle quali tu non le hai nemmeno immaginate.
Purtroppo per me, l’ufficio è strapieno. Ci sono davvero tutti: grafici, traduttori, il direttore del marketing, i vari revisori di bozze. Tutti, se si escludono legali e contabili, sono presenti. Tutti tranne Alberto Borghi, la persona a cui, dopo Luciana, sono più affezionata qui dentro. La sua assenza mi sembra strana: generalmente è il primo di tutti noi ad arrivare. Puntuale, riservato, gran lavoratore, discreto: questi sono forse gli aggettivi che più gli si addicono e che me lo fanno apprezzare come collega e come amico. Ecco perché la sua assenza mi mette in apprensione. E anche perché lui è il mio mentore, il mio maestro, colui che mi ha fatto fare tre maledettissimi esami di economia all’università perché riteneva – e ritiene, spero – che io avessi le carte in regola per svolgere il suo lavoro, ossia il direttore editoriale.
Che poi, in realtà, è stato il mio sogno fin da quando ero una semplice matricola.  La passione per l’editoria è nata all’università e ha scalzato in poco tempo il mio desiderio di diventare insegnante. Sono troppo volubile e avrei rischiato di annoiarmi ad insegnare sempre gli stessi programmi. Lavorare in una casa editrice, per me, invece, è il paradiso. E raggiungerei il nirvana se riuscissi, tra qualche anno, a diventare direttore editoriale: scegliere i testi destinati alla pubblicazione, lavorare a stretto contatto con gli scrittori, dirigere il marketing e la vendita. Dio, quanto vorrei ottenere quel posto un giorno o l’altro.
Vengo disturbata da una gomitata della nana sulle costole: piccola, ma fastidiosa.
“Si può sapere che hai combinato con quella gonna?” mi ammonisce sottovoce.
“Non è colpa mia se qualcuna mi ha fatto versare la coca cola. La gonna è bianca e se l’avessi sciacquata, sarebbe stata completamente trasparente.”
“E non è colpa mia se sei incredibilmente sbadata. E volgare. Sembri una pornodiva, lo sai?”
“Sì, Lu, me ne rendo perfettamente conto.” Sghignazzo.
“Non dirmi che stai ancora pensando di far sbarellare De Santis. È un’impresa titanica e lo sai anche tu. Quell’uomo è più asessuato di un’ameba”
“Ma che asessuato, bisogna solo trovare il mezzo per…”
“Zitta, è entrato” al suo ingresso tutto lo studio, gremito di gente, tace. Eccolo lì, Claudio De Santis, direttore generale della mia casa editrice, l’ Agape Editore . Appena l’ho conosciuto, tre anni or sono, ho subito pensato che fosse gay. Mi sono immediatamente data della stupida perché non potevo cadere nel banale cliché dell’intellettuale-omosessuale. In effetti lui non è omosessuale, non ho notato nessun atteggiamento di favore nei confronti degli uomini, lui è solo un essere asessuato, che non si è mai dimostrato, e sottolineo mai, interessato  a nessuna donna, neanche minimamente attratto dalle mie tette che Luciana chiama amorevolmente latteria.  Inutile dire che sono dotata di un seno alquanto generoso.
Non è un uomo brutto, credo che abbia dei begli  occhi sebbene nascosti  dietro degli orribili occhiali, anzi sarebbe un uomo piacente se non avesse quel brutto vizio di paventare ovunque la propria cultura e di presentare le altre persone come delle deficienti. Ha delle manie di protagonismo assolute che fanno scappare tutti a gambe levate. Altro aspetto negativo è il suo abbigliamento decisamente antiquato. Dio, non voglio pensare dove compri quella roba. Secondo Luciana acquista gli abiti dal mercatino dell’usato, secondo me non li acquista proprio: li prende direttamente dall’armadio di suo nonno, morto probabilmente durante la seconda guerra mondiale. Mentre sono immersa in queste mie considerazioni altamente edificanti, Claudio De Santis, simpaticamente chiamato da tutti “Er tenaglia”, comincia a parlare: “Buongiorno a tutti. Non perderò tempo in chiacchiere inutili: la situazione è drammatica.” Ecco, un’altra cosa che non ho detto del mio capo è questa: la sua tendenza al parossismo.
Quando ha di fronte a sé un problema può utilizzare quattro aggettivi per descriverlo: difficile, quando per risolvere la situazione occorrono sì e no due telefonate, complicato, quando è risolvibile più o meno in una o due  giornate lavorative, gravissimo quando occorre circa una settimana, drammatico quando in effetti un problema c’è, anche se non irrisolvibile. Mi chiedo quale aggettivo potrebbe utilizzare per avvisarci di un’imminente bancarotta. Catastrofico? Forse è troppo poco, anche se credo che io userei qualcosa di forte del tipo: “Siamo col culo per terra.”
“Ti stai incantando” e mi sento dare una gomitata.
“Non è vero”
“Sì che è vero, lo fai sempre. Ti incanti e entri nel tuo mondo dorato. Spero almeno che lì dentro ci sia un bel ragazzo con cui stavi facendo le cose zozze”
“Lu, sei una pervertita” sbuffo.
“Sì, lo so. Non hai idea di quanto mi piaccia questo lato del mio carattere. Soprattutto da usare con i maschietti”
“Nana, ti ricordo che se single da almeno due anni”
“Questo non vuol dire che se avessi un ragazzo a disposizione non sfrutterei questo mio lato pervertito”
“Se voi in fondo, mi faceste il sacrosanto piacere di tacere, saremmo tutti più contenti” cavolo, ci ha beccate. Io e la nana ci zittiamo all’istante. Dannato spirito di protagonismo.
“Bene, prima che qualcuno decidesse deliberatamente di interrompermi, vi stavo dicendo che per la casa editrice ‘Agape’ ci sarà una novità importante: Alberto Borghi sta andando in pensione e…” No! Non può andare in pensione, non Alberto. È la colonna portante di questa azienda, senza di lui crollerà tutto. E poi, come farò io senza di lui? È stata la mia guida in tutti questi anni, perché non mi ha detto nulla? Mi scambio un’occhiata complice con Luciana e la trovo sbigottita come me. Dunque neanche lei sapeva.
“…quindi avremo bisogno di un direttore editoriale che prenda il suo posto. Non ho ancora deciso se sarà uno di voi, molti qui dentro prestano un ottimo servizio alla nostra azienda già da molti anni, o qualcuno esterno. La decisione, come capite bene, è spinosa e non posso accontentarmi del primo che passa. Occorre che sia il migliore e, soprattutto, che sia in grado di gestire questa casa editrice che è in forte espansione. Nelle prossime settimane saprete la mia decisione che, ovviamente, non sarà contestabile. Io e il consiglio di amministrazione decideremo il da farsi. È tutto.”   Un brusio si alza in tutto l’ufficio. Questa notizia cade come un fulmine a ciel sereno per tutti. Non ha mai parlato di voler abbandonare il lavoro e io davo per scontato di vederlo gironzolare con l’astina per mescolare il caffè tra le labbra almeno per una decina altra di anni. Devo capire qualcosa in più.
Proprio mentre sto per dirigermi nel suo ufficio, mi sento chiamare: “Signorina Dolce, rimanga un attimo nel mio ufficio” Lu mi guarda allibita. Poi il suo sguardo diventa malizioso. Sarò riuscita nel mio intento?
“Mi dica capo”
“Gradirei che non si presentasse a lavoro con un abbigliamento così… -mi squadra da capo a piedi, indugiando sulle mie gambe e, per la prima volta, sulla mia latteria – succinto, ecco”
Ma che giorno è oggi? Siamo forse alle calende greche?  Anche Claudio De Santis è dotato di ormoni. Ci è voluta una quasi nudità per scoprirlo, ma ne è valsa la pena. Ora, per smuovere a compassione, adotto un metodo elaborato da Luciana e che ho sempre trovato infallibile.
Abbasso lo sguardo e porto una ciocca dietro l’orecchio destro con fare naturale, poi esclamo con voce semitremula: “Mi..mi dispiace. Non pensavo che questo potesse essere così sconveniente. Ma mi rendo conto che lei ha perfettamente ragione. Non si ripeterà più”
“Oh..beh…non è che mi dia fastidio…è solo che se il suo lavoro dovesse cambiare, non potrebbe più vestirsi così, non se mi spiego” No, vorrei rispondere, non è stato per niente chiaro. Tuttavia, annuisco.
“Bene, può andare” saluto e richiudo la porta dietro di me. E appena fuori, scoppio a ridere. Ci sono riuscita, ho dimostrato che anche nei pantaloni di De Santis qualcosa si muove. Quanto mi sento donna in questo istante!
‘Siamo donne, oltre le gambe c’è di più’…beh, cara Joe Squillo, le gambe non sono tutto per noi donne, ma aiutano veramente tanto.
Poi ricordo la questione di Alberto e mi dirigo nel suo ufficio. Lo trovo, corrucciato, a imballare uno scatolone.
“Disturbo?”
“Oh, Sam, entra, ti aspettavo” lo osservo: non è vecchio, anzi, è davvero un bell’uomo. Brizzolato, ma senza rughe eccessive sul viso e dei vispi occhi grigi. Se volessi paragonarlo a qualcuno, pur con le dovute differenze, questo qualcuno sarebbe Richard Gere. Affascinante.
“Alberto, che è successo? Non mi hai detto nulla e non mi aspettavo questa decisione improvvisa” lo guardo triste.
“Non era nei miei piani in effetti andare in pensione così presto, ma l’ospedale di Lione ha fissato la data per l’operazione di Luisa e non possiamo più procrastinare. Se dovessimo farla slittare un’altra volta, dovremmo aspettare altri quattro anni per l’operazione e non è possibile. Le condizioni alla schiena di Luisa si sono aggravate e deve essere operata urgentemente. Inoltre è un intervento piuttosto delicato e mia moglie rischia di rimanere sulla sedia a rotelle a vita. Devo prendermi cura di lei. Lei viene prima di tutto” rimango colpita dalla passione con cui parla. Deve amare davvero molto la moglie. Per un attimo ripenso a Davide, il mio ex, lui non ha mai dimostrato questo attaccamento nei miei confronti.
“Alberto, mi dispiace. Se c’è qualcosa che posso fare, io…”
“Samanta, sei una così cara ragazza. Grazie mille per la proposta, ma non ti devi preoccupare per noi. Staremo bene. Vuoi fare davvero una cosa per me?”
“Certamente” rispondo con veemenza.  
“Ottieni quel posto da direttore editoriale. So che hai la stoffa per fare bene questo lavoro. Non mi deludere. Io ho già accennato qualcosa a Claudio.” Ecco di cosa parlava prima il capo: se dovessi cambiare lavoro, ovvero se dovessi diventare direttore editoriale.
In un istante, tutte le mie preoccupazioni salgono a galla: “Ma, Alberto, io non sono brava. Sono una combina guai. E se dovessi combinare qualche disastro? Sai quanto sono imbranata a volte e rischio di rovinare tutto. Mi faccio prendere dall’angoscia e poi è il peggio del peggio. Commetto gaffe una dietro l’altra e…”
“Sam, tutti commettiamo sbagli. L’importante è capire dove sbagliamo e rimediare”
“Tu non hai mai sbagliato” è vero: in tanti anni non l’ho mai visto fallire sul lavoro. È sempre stato di una precisione assoluta. Questo è uno dei motivi per cui lo adoro.
“Oh, ho commesso anch’io i miei errori”
“E quali?”
“Secondo te, chi ha lanciato Moccia? I suoi primi scritti sono stati pubblicati qui” lo guardo e ci mettiamo a ridere. Oddio, Moccia. Non pensavo che anche Alberto avesse i suoi scheletri nell’armadio. Impensabile.
“Ma io non ho esperienza, non riuscirò a fare bene il mio lavoro” mi siedo sconvolta. Sì, è il mio sogno fare il direttore editoriale, ma mi aspettavo di farlo almeno tra una decina d’anni. Non adesso. Ho solo ventisette anni.
“E’ per questo che ti ho fatto lavorare tanto spesso con me, ultimamente. Sam, se non sapessi che puoi farcela alla grande, non avrei mai proposto il tuo nome. Ci avrei perso la faccia anch’io. Fidati di me” lo guardo stralunata. Ancora non mi sono resa conto della cosa. Io direttore editoriale? Non mi ci vedo proprio. Almeno, non adesso. Tuttavia, per farlo contento, nonostante le mie incertezze, annuisco.
“Vieni, Sam, fatti abbracciare” allarga  le braccia e io mi ci tuffo.
“Mi mancherai, Alberto. È stato bellissimo lavorare con te, ho imparato così tanto.” sussurro.
“Anche a me ha fatto piacere lavorare con te. E, inoltre, sei stata come una figlia che non ho mai potuto avere. Ora, mettiti d’impegno perché il prossimo direttore editoriale dovrai essere tu. Promettimelo.” mi sorride.
“Sì, quel posto sarà mio!”



Ciao a tutte!
Eccoci alla fine del primo capitolo! Come vedete, si è già delineata la situazione di partenza. Sam è in lizza per poter diventare direttore editoriale, il lavoro dei suoi sogni.
Riuscirà, secondo voi?
Dedico questo capitolo a Mirya che è stata la persona che maggiormente mi ha incoraggiato nello scrivere questa ff. Senza di lei, la mia ff sarebbe rimasta a fare la muffa in qualche meandro del pc. Grazie!
Un grazie va anche a tutte voi che mi state seguendo con così tanto affetto: davvero grazie!
Anche Luciana è un personaggio reale e bazzica su efp sotto mentite spoglie con il nick di xsemprenoi (se la incontrate scappate) Lu ti adoro!
Vi lascio i miei contatti:
Twitter: @congy_
Fb: http://www.facebook.com/#!/profile.php?id=1734024903 ( se chiedete l’amicizia, ditemi chi siete, per favore)


Manu1988: ciao e grazie mille! Come avrai notato questa ff è molto diversa da Ricominciare. Abbiamo una protagonista più forte e spensierata, ma anche lei con delle debolezze. Grazie per avermi seguito anche qui.
Nicoletta2: Sì, il nostro protagonista ha fatto proprio la figura del cretino. Ma diciamo che si merita tutto l’astio di Sam. Penso che tu abbia già capito perché. Un bacio.
JessikinaCullen: ciao cara! Grazie mille del commento. Ti dico innanzitutto che il banner non è merito mio, ma di ada90thebest…ossia di Giada. Non hai fatto nessuna gaffe, il ragazzo di Samanta si chiama proprio Daniele, complimenti per la memoria. Un bacio
Roxy_Rock5: ciao! Sì, Samanta è una tosta davvero anche se presenterà, man mano, le sue debolezze. Grazie mille per la fiducia che hai riposto in me. Un bacione.
Mirya: Oh, Francesca! Che gioia! Grazie mille, non hai idea di quanto mi incoraggi sapere il tuo parere e grazie per aver speso il tuo tempo per me. Samanta è proprio come l’hai descritta tu e come spero di averla descritta io: solare, spigliata, ma anche insicura, dolce e sensibile. Spero che andando avanti riesca a descrivere meglio la mia protagonista e am mettere a fuoco le sue sfaccettature. Grazie mille.
Momi87: ciao! Sì, a prima vista sembra che tu abbia azzeccato, ma la realtà, a volte, è ben più complicata di quanto appare. Per quanto riguarda Samanta sì, è lei, coni suoi vizi e le sue manie e la sua pazzia. Spero che ti piaccia.
Chiara84: Chiara! Non disturbi affatto, anzi, ti ringrazio per il tempo che spendi per me. Come hai notato lo stile sarà molto diverso da quello di ricominciare, molto più scanzonato. Spero che ti piaccia ugualmente. Un bacio
Rosyx85: Rosaaaaaaaaaaaaaaaaa! Uh, c’è anche la mia pervertita preferita qui  con me. Sono felicissima. Hai quadrato perfettamente sia Sam che l’uomo del mistero (sbavo). Un bacione.
Samy88: Amore della mia vita: a te c’è bisogno di rispondere? Ormai sai tutto della mia storia e di quello che avverrà, per cui non c’è bisogno di spiegare nulla. L’unica cosa che ti dico è grazie. TVB
Morgana: Ciao cara! Anch’io adoro quella frase ( che poi rispecchia quello che penso): le donne hanno un qualcosa di più rispetto agli uomini Anch’io adoro Sam,come sai siamo fidanzate segretamente per cui, come non potrei amarla? 
Paula: Gioia! Che piacere ritrovarti anche qui! Sei una delle migliori lettrici-amiche che io potessi desiderare. Spero che questo capitolo ti sia piaciuto anche se so che lo leggerai in vacanza. Un bacio.
Sily85: patatinaaaaaaaaaaaaaaa! Ma non dovevi studiare? Sei stata la prima! Complimenti!  Grazie per essere sempre così gentile e buona…smack smack…fra poco avrai il tuo figo da sbavo…Un bacione
 
   
 
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