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Autore: GreedFan    15/09/2010    3 recensioni
"Era tutta lì, la vera anima di Sasuke. In quella mescolanza di pudore, inutile orgoglio e pura oscenità che andava ben oltre qualsiasi immagine fittizia di un ragazzo diligente e rispettoso dei valori cristiani impostigli dalla famiglia. Ed era solo ed unicamente per quello, per il semplice fatto di essere l'unico a conoscere la vera indole dell'Uchiha, di poterne avanzare quasi un diritto di proprietà, che Orochimaru sprecava tempo, soldi ed energie nel giocare con il ragazzo, come fa il gatto con il topo prima di cibarsene."
Seconda Classificata al Contest "Impossible is Nothing - Fate l'Amore, non fate la Guerra" indetto da GlobuloRosso
Genere: Erotico, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Orochimaru, Sasuke Uchiha
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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A Sadako94, che spero non venga colta da conati di vomito durante la lettura.


Bara no Rensa

-La Catena di Rose-


Repubblica Fiorentina, 23 luglio 1479

Era una bella mattinata estiva, fresca e ventilata nonostante i raggi impietosi del sole. Per le strade di Firenze, sveglie già da diverse ore, c'era un viavai di persone d'ogni genere: garzoni di fornai che portavano ceste piene di pane e dolciumi al miele, donzelle vestite di seta che ammiravano i quadri esposti nelle botteghe d'arte, contadine e massaie che accudivano la prole e tantissima altra gente, cosicché anche le più piccole viuzze della periferia fiorentina apparivano come un variopinto mosaico in cui si accostavano i colori brillanti dei nobili e quelli smorti e grezzi dei ceti più bassi.

Completamente alieno a tanto affaccendarsi, il giovane Sasuke Uchiha, rampollo della famiglia del Gonfaloniere di Firenze e cugino di terzo grado del Doge di Venezia, sedeva sul davanzale di una ricca finestra ogivale con aria annoiata, ammirando dall'alto della propria prospettiva tutto quel turbinare di vita che gli passava accanto senza tuttavia sfiorarlo.

Non era vestito, indossava una semplice camicia da notte di puro lino, e teneva la testa reclinata sulla mano, il braccio ripiegato con il gomito che toccava elegantemente il davanzale. L'apatia mattutina lo annientava, e, benché sapesse che, essendo il suo compleanno, avrebbe dovuto come minimo alzarsi e scendere in salotto per permettere a sua madre di vezzeggiarlo e a suo padre di dedicargli quelle blande, disinteressate attenzioni che tanto desiderava, non ne aveva alcuna voglia.

A che pro, poi, quando aveva già pianificato di evitare accuratamente la famiglia e passare l'intera giornata con lui?

-Si-signorino Sasuke... suo padre mi ha detto di riferirle che sarebbe oltremodo lusingato se lei scendesse a fargli compagnia.- l'orribile balbuzie di Hinata Hyuga, la sua cameriera personale, lo distrasse dalla propria contemplazione. Le rivolse uno sguardo penetrante, puntando le proprie iridi nere in quelle incredibilmente chiare della mora, e poi la squadrò dall'alto in basso, inarcando un sopracciglio.

Ma come poteva una damigella essere così incredibilmente goffa e volgare? Mai come la sua fidanzata, quello era sottinteso, ma comunque rivoltante nel suo metro e sessanta di curve eccessive e lividi causati dalle continue cadute.

-Dì a mio padre che mi sto preparando. Ah, e che la prossima volta mandi qualcun'altra, al posto tuo, poiché la tua presenza non fa che disgustarmi.- le ingiunse, la voce roca e lievemente strascicata di chi non parla spesso, o lo fa semplicemente per dare ordini.

Sasuke Uchiha, all'alba dei suoi sedici anni, era probabilmente il ragazzo al contempo più amato e detestato dell'intera Toscana. La motivazione era molto semplice: benché fosse un ottimo partito, bello, colto e soprattutto ricco, aveva un carattere difficile a gestirsi, e sembrava che l'unica donna di cui gl'importasse qualcosa fosse sua madre, Mikoto. Il resto del gentil sesso non era per lui nulla più di un intrattenimento un poco noioso, ed escogitava mille piccoli accorgimenti per evitare le visite della sua fidanzata ufficiale, la marchesina Sakura Haruno.

Che, sicuramente, quel giorno sarebbe venuta a fargli visita per portargli l'ennesimo regalo raccogli-polvere, che avrebbe dimenticato nel giro di una scopata. Come se la ragazza fosse brava a letto, poi... era tediosa persino su quel frangente.

-Quasi dimenticavo... per caso la famiglia Haruno è venuta a farci visita?-

-N-no. Ma verranno nel pomeriggio.-

-Capisco.- mormorò l'Uchiha, non senza un lieve moto di stizza. Lo sapeva, lui, che quella giornata sarebbe stata pessima. Fortuna che aveva preparato un efficace diversivo...

-Signorino...- mormorò Hinata, con gentilezza -... v-vuole che la aiuti a v-vestirsi?-

-Non ho bisogno delle tue mani maldestre per indossare una casacca, e tantomeno desidero che una plebea della tua schiatta mi sfiori la pelle. Ed ora vattene.-

La ragazza arrossì, avvilita, poi accennò un inchino e prese a scendere le scale. Sfortuna volle che il terzultimo gradino fosse un po' scheggiato, cosa che le regalò un doloroso tête-a-tête con il pavimento di marmo dell'androne.

-Piccola idiota...- sibilò Sasuke, udendo il trambusto e i gemiti soffocati che gli giungevano grazie al rimbombo. Non poteva evitarsi un certo piacere sottile, sadico, nel constatare quanto fosse dannosa la stupidità altrui, e quanto lui ne fosse privo. Era un genio, sapeva di esserlo, e la sola compagnia di persone grette ed impedite, che non riuscivano a farsi valere nonostante ne avessero le qualità, lo infastidiva.

Hinata, per esempio, sarebbe potuta essere un'eccellente dama di compagnia, o, addirittura, grazie alla sua bellezza, la più fine tra le cortigiane di Lorenzo il Magnifico. Aveva ricevuto un'ottima educazione ed era gentile e molto dolce, ma purtroppo anche timida. Troppo timida.

Ed era proprio questa sua indole meschina a causarle problemi e continui incidenti, a renderla insicura e caratterialmente inaccettabile. Non era stata capace di correggere un lato sbagliato della propria personalità, e questo la rendeva, nella visione di Sasuke, un'imbecille della peggior specie.

-Se solo fosse un po' più furba e meno ingenua...- mormorò, aprendo l'armadio alla ricerca di un abito adatto -... ricoprirebbe un ruolo sociale certamente diverso da quello della semplice serva.-

Fu l'ultima considerazione rivolta all'Hyuga, sicché il moro poté concentrarsi più adeguatamente sulla scelta del vestito. Alla fine optò per una tunica corta fino al ginocchio, con le maniche aderenti (così imponeva la moda, ma d'estate si moriva di caldo) a cui andava sovrapposta una veste leggermente più corta, fermata sulla vita da una spessa cintura di cuoio. Entrambi i capi erano di seta color porpora, una tinta pregiata e costosa, arricchiti da varie bordure decorate e da una serie di ricami in oro zecchino. La calzamaglia, per contro, era molto semplice, nera e senza fronzoli.

Se confrontati con la camicia da notte, quegli abiti erano tanto scomodi da risultare insopportabili, ma Sasuke sapeva bene che, tra i doveri di un nobile, si annoveravano anche la decenza e il buon gusto nel vestire. Per cui, benché si sentisse decisamente costretto nella calzamaglia e le maniche gli aderissero fin troppo precisamente alla pelle, scese dalla scala fino al cortile interno con il portamento di chi è perfettamente rilassato e a suo agio in quello che sta facendo.

Sua madre Mikoto, che evidentemente lo aspettava, nascosta dietro le colonne del portico, gli andò subito incontro, abbracciandolo con dolcezza.

-Ah, Sasuke, finalmente! Pensavo non scendessi più!-

-Non era necessario che mi aspettaste qui, madre. Potevate anche rimanere nel salotto...-

-Non sono ancora vecchia, per fortuna. Non temere, Sasuke, l'averti aspettato un po' in piedi non rovinerà di certo i miei muscoli...- fu la risposta della donna, evidentemente divertita dal contegno rigido del figlio. Le somigliava molto fisicamente, ma caratterialmente era tutto suo padre: ligio al dovere, silenzioso e poco incline allo scherzo. Suo fratello Itachi, invece, era il preciso contrario: se l'aspetto l'aveva preso dal padre, il carattere era una trasposizione maschile di quello di Mikoto, con una punta di genialità che però la donna non possedeva.

-Allora, non sei curioso di sapere cosa ti abbiamo regalato?-

"Veramente no", sarebbe stata la risposta più sincera, ma Sasuke ebbe l'accortezza di trattenersi dall'esprimere un simile pensiero di fronte alla madre. Con lui avrebbe potuto lamentarsi a suo piacimento, più tardi.

-Certamente, solo che mi sembrava maleducato fare pressioni per vedere il vostro presente.-

-Allora vieni di là, in salotto, così te lo mostro. Avrei preferito consegnartelo più tardi, ma visto che sarai a pranzo fuori non ne avrei più avuta l'occasione. Ora che ci penso... che peccato, perderai l'incontro con Sakura!-

"Oh, ma che triste situazione..."

-Sono rammaricato. Provvederò ad invitarla nuovamente, appena ne avrò l'occasione.-

-Perfetto.-

La porta del salone si aprì senza cigolii, girando fluidamente sui cardini perfettamente oliati. Al centro della camera era stato sistemato un lungo tavolo di legno rosso, lucido, (forse ciliegio, considerò Sasuke) su cui qualcuno aveva posizionato un oggetto allungato coperto da un pesante drappo di velluto rosso.

A destra e sinistra del tavolo stavano rispettivamente suo padre, Fugaku, e suo fratello, Itachi.

Il primo era alto, ben piazzato e nerboruto, con un mento esageratamente pronunciato che rovinava completamente l'effetto quasi gradevole creato dal resto del viso. Il secondo, invece, era un ragazzo eccezionalmente bello, con un volto dai tratti delicati, il fisico proporzionato e uno sguardo vagamente derisorio che, in quel momento, era indirizzato proprio a Sasuke.

Itachi, infatti, oltre all'avvenenza possedeva anche un'intelligenza che rasentava la genialità, e capiva suo fratello meglio di chiunque altro. Sapeva, perciò, quanto egli odiasse i compleanni e le festività, e coglieva ogni occasione per punzecchiarlo.

-Allora, Sasuke? Non sei forse euforico per l'avvento dei tuoi sedici anni?- il tono era puramente parodistico, la domanda retorica. Sasuke afferrò immediatamente.

-Mortalmente euforico.- rispose, il tono di un condannato a morte che si appressa al patibolo. Poi si avvicinò a Fugaku e, rivoltogli un breve inchino cerimoniale, disse:- Padre, vi ringrazio immensamente per avermi donato questo presente, qualunque cosa esso sia. Come sempre vi dimostrate magnanimo e generoso.-

L'uomo posò una mano sulla spalla del figlio, con la stessa delicatezza che avrebbe usato per torcere il braccio di un ladro che gli aveva sottratto la scarsella, poi accennò un sorriso che imbruttì ulteriormente il suo viso già sgraziato.

-In quest'ultimo anno sei stato davvero bravo, Sasuke, e ti meriti un regalo che ricompensi il tuo straordinario impegno. Prego, guardalo pure.-

Il moro si appressò al telo, tirandolo via senza alcun interesse. Quando vide cosa nascondeva, poi, gli fu veramente difficile abbozzare un'espressione che somigliasse anche solo vagamente al concetto di "sorriso".

Una spada. Suo padre gli aveva regalato una spada.

Splendeva con il lucore freddo dell'acciaio, posata accanto al fodero riccamente cesellato di gemme. La lama era lunga e arcuata, la curvatura perfetta, il filo tagliente come un rasoio, ed emanava un'aura di pericolo e morte, di bestia feroce che si cela sotto un'apparenza splendida.

Sasuke la trovò a dir poco disgustosa.

Lui odiava la guerra, odiava le armi e odiava anche i loro utilizzatori. Per questo, forse, suo padre lo aveva sempre ritenuto una spanna più in basso di suo fratello, che era invece l'incarnazione del perfetto cavaliere, del combattente nato. Non c'era cosa più sgradita, ai suoi occhi, di un'arma come quella, uno strumento rozzo e brutale che solo un pazzo sanguinario poteva maneggiare senza provare ribrezzo. Il fatto che più lo sconvolgeva, tuttavia, era la sottile arguzia di suo padre.

Nella sua caparbietà, infatti, l'uomo lo aveva posto dinnanzi ad un bivio: prendere la spada e dichiarare di aver accettato l'appartenenza al clan Uchiha, e, di fatto, alla Guardia Cittadina, oppure respingerla e perdere per sempre la sua stima.

Stima che, da quando era abbastanza grande per ricordarlo, Sasuke tentava di ottenere in tutti i modi.

Prese fiato, incamerando aria nei polmoni. Poi parlò.

-Vi... vi ringrazio immensamente. E' davvero... bellissima.-

-Sono contento che ti piaccia, perchè sappi che da oggi la porterai tutti i giorni. E gradirei anche che cominciassi ad usarla, Sasuke, giacché quest'anno farai il tuo ingresso nella Guardia.-

-Certamente, padre. Ne sarò... onorato.-

-Bene. Puoi andare, Sasuke, so che hai un appuntamento importante. Posso sapere cosa riguarda?-

-Riguarda il mio addestramento. Il Maestro d'Armi intendeva parlarmi. Con permesso...-

-A dopo, Sasuke.- fu il saluto di una sorridente Mikoto, mentre il moro raggiungeva la porta e si assicurava il fodero alla cintura.

-A dopo, fratellino. Divertiti.-

-Non mancherò.-

Che Itachi sapesse tutto, l'aveva sospettato finchè non era stato egli stesso a dirglielo. Impossibile nascondergli qualcosa, e poi perchè mai avrebbe dovuto farlo? Non avrebbe aperto bocca con nessuno per salvaguardare l'onore della famiglia, di questo era più che certo.

Attraversò il cortile interno, deserto come al solito, e uscì dalla porta principale, immettendosi direttamente in una delle asfissianti strade fiorentine. La gente lo spintonava da tutte le parti, ma era talmente furente che nemmeno se ne accorse, occupato a trovare un varco in quella muraglia umana.

Finalmente, dopo molti sforzi, riuscì ad infilarsi in un vicolo laterale. Si fermò, di fronte ad un muro dove spiccava un manifesto della Guardia Cittadina, e prese a parlare velocemente, con foga, le parole che gli si impastavano sulla lingua e rotolavano fuori completamente distorte, sbagliate. Che la gente lo credesse pure pazzo, che gl'importava? Se non poteva avere la propria libertà, tanto valeva che venisse rinchiuso in un sanatorio.

-Mi ha regalato una spada, maledizione!- si sfilò l'arma dalla cintura, buttandola a terra con violenza -Lui e quel maledetto porco di Itachi! Ah, di sicuro lo sapeva, sapeva cosa poteva significare un simile dono... eppure non ha parlato con nostro padre, non ha tentato di sviarlo, ché, se avesse almeno provato, io a quest'ora non starei certamente girando per Firenze con quell'oggetto disgustoso! Nostro padre è cieco, cieco d'amore per Itachi, e a me riserva solo ciò che gli rivanza dal continuo dispendio d'energie che infonde nel trovargli un posto in società, una bella moglie e tanto denaro. Chi sono io? Il secondogenito! Se solo Itachi non fosse mai nato...- sibilò, tirando un pugno contro il muro. Il sonoro scricchiolio che ne conseguì e una fitta lancinante al polso gli fecero credere di essersi rotto qualcosa, prima che la sua attenzione fosse monopolizzata da altro.

-Sas'ke... sei in ritardo, lo sai?- la voce era vellutata, soffice come un cuscino di piume e velenosa come la coda di uno scorpione. O, a voler essere più precisi, come il morso di un cobra.

-Orochimaru...- mormorò il ragazzo, rivolgendo uno sguardo vagamente astioso all'adulto che lo sovrastava. Aveva la pelle lattea, molto bella, e gli occhi di un colore che somigliava a quello dell'oro fuso. Sarebbero stati stupendi, se il taglio non avesse ricordato in maniera inquietante le fattezze di un rettile.

I capelli erano neri, lunghi, raccolti in una coda morbida che metteva in risalto i tratti affilati del volto. Che fosse bello non v'era alcun dubbio. Di che tipo di bellezza si trattasse, tuttavia, era un argomento che avrebbe richiesto ore di discussione.

-Come hai fatto a trovarmi?-

-Oh, nulla. Ho semplicemente seguito il suono delle tue urla di rabbia, Sas'ke.-

-Tsk...- il moro assunse un'aria sprezzante, prima di sollevare il mento e tuffarsi nel traffico cittadino. Orochimaru, alle sue spalle, gli regalò una breve quanto derisoria risatina.

-Non raccogli la spada?-

-Che se la prenda qualcun altro. Io non la voglio.-

-Ti comprendo perfettamente, Sasuke.- mormorò l'uomo, poggiando una mano sulla spalla dell'Uchiha. Poteva sembrare un gesto paterno, ma entrambi sapevano bene che dietro uno sfiorarsi lieve come quello si nascondevano ben altri significati. Ben altri intenti.

-Finiscila con questi patetici tentativi d'abbordarmi. Non ve n'è alcun bisogno, te l'ho già spiegato innumerevoli volte.-

-Ma non trovi anche tu...- sibilò, chinandosi sul collo del più giovane e depositandovi un bacio tanto delicato quanto poco casto -... che così sia più divertente, Sas'ke-kun?-

L'Uchiha lo scacciò con un debole schiaffo, mentre un brivido caldo gli correva lungo la schiena magra, avvisaglia di ciò che avrebbe provato di lì a poco tempo. Ma Sasuke era decisamente troppo orgoglioso per ammettere di trovare piacevoli le attenzioni dell'uomo, per cui raddrizzò la postura e sbottò:- Dio, ma non sai contenerti? Possibile che anche in pubblico tu debba comportarti come l'essere immondo che sei?-

-Essere immondo da cui ti fai comunque scopare, devo forse ricordartelo?-

Sasuke arrossì, serrando la bocca in una smorfia stizzita e vagamente offesa. Le libertà dialettiche di cui si avvaleva Orochimaru erano davvero spiazzanti, per un nobile del suo ceto.

-E' l'unica cosa che apprezzo di te.- mentì l'Uchiha, sapendo bene di star raccontando qualcosa di completamente falso. Ve n'erano di caratteristiche che apprezzava, in quell'uomo, alcune delle quali irripetibili.

-Non cercare di offendermi, sai che non ci riusciresti in ogni caso. Ma non sei curioso di sapere dove ti porterò oggi?-

-Del luogo m'importa poco o nulla.-

-Invece dovresti interessartene, visto che in futuro certe conoscenze potrebbero esserti utili. Immagino che tu non abbia sentito mai parlare della Rosa Colta, sbaglio?-

-Non ho mai avito un simile onore...- replicò l'Uchiha, sarcastico.

-Oh, ti pentirai di tanta reticenza quando lo vedrai. E' un luogo di lusso, ove solo pochi sono ammessi, e dovresti ringraziarmi per averti concesso di usufruirne.-

-Stiamo parlando di una sorta di bordello d'alta lega, non è così?- domandò il più piccolo, lanciando una lunga occhiata alla folla circostante per assicurarsi che nessuno li stesse ascoltando. Lo scandalo che sarebbe derivato da una conversazione come quella, se divulgata, era praticamente incalcolabile.

Un maestro d'armi famoso e rinomato come Orochimaru e il suo allievo, il giovane e talentuoso Sasuke Uchiha. Al ragazzo veniva quasi da sorridere, ripensando a come era cominciata quella che ancora faticava a definire "relazione".

Era successo tutto di colpo, in un freddo pomeriggio invernale che, con il ghiaccio e la brina, li aveva costretti ad allenarsi nella disadorna palestra di casa Uchiha. Ai tempi, Orochimaru era ancora il suo unico precettore, e trascorrevano insieme un quantitativo di ore molto superiore a quante ne passasse Sasuke con il suo stesso padre. Forse era stata quella, la causa. O forse la colpa di tutto andava attribuita alle pulsioni sessuali che iniziavano ad animare il suo corpo di quattordicenne, fatto sta che improvvisamente si era ritrovato sul pavimento di assi della palestra, schiacciato contro il corpo della serpe, e non aveva fatto nulla per liberarsi. Anzi, lo aveva assecondato.

Il maestro d'armi si era limitato a prenderlo lì, per terra, chiudendogli la bocca con una mano per evitare che suoni compromettenti raggiungessero le fin troppo attente orecchie della servitù, poi si era alzato e se n'era andato, lasciandolo da solo a riflettere sull'entità di ciò che avevano fatto. Da quel giorno il sesso aveva gradualmente sostituito il loro rapporto maestro-allievo, fino a rimanere l'unico legame che teneva uniti quell'uomo così vizioso e stravagante e quell'adolescente eternamente insoddisfatto.

-A cosa stai pensando, Sasuke? Ti vedo assorto.-

-Nulla. Allora, siamo vicini?-

-E' dietro l'angolo. Ho fatto predisporre tutto secondo i tuoi gusti, così che il soggiorno potesse risultarti più gradito.- ancora una volta, il tono rasentava lo scherno. Orochimaru si poneva nei suoi confronti come un genitore sempre pronto ad accontentare il proprio bambino viziato, e non era ancora riuscito a capire se questo gli facesse piacere o meno. In un certo senso era soddisfatto che qualcuno gli dedicasse delle attenzioni, anche se non lo avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura, ma capiva anche che l'uomo si comportava in quel modo solo per rendere il discrimine che li divideva ancor più rimarchevole.

Lui era l'adulto, Sasuke il bambino.

E questo non sarebbe mai cambiato, in nessun caso. Mai Orochimaru avrebbe permesso all'Uchiha di dominare, anche se provava un piacere perverso nel vederlo quando si impuntava e strepitava per ottenere qualcosa.

-Eccoci arrivati. Tieni, copriti il viso con questa.- gli porse una maschera d'oro e smalto, finemente cesellata, che si legava dietro la testa con l'ausilio di due nastri di raso rosso. Sasuke la indossò, poi alzò lo sguardo ad osservare la Rosa Colta.

Era un edificio di tre piani, con una grande balconata che occupava quasi tutta la facciata del secondo. Il portone era aperto, e vi fuoriusciva una cacofonia di rumori tra risate, suoni di strumenti soavemente pizzicati e gemiti soffocati, mentre da finestre e grondaie pendevano lunghi stendardi rosso fuoco con una rosa ricamata, che si agitavano placidamente sotto la spinta del vento. Nel complesso appariva estremamente raffinato e ben tenuto, oltre al fatto che si poteva notare un afflusso continuo di gente.

Sulla soglia sostavano tre donne di piacere, che salutarono cortesemente Orochimaru e ammiccarono con movenze volgari all'indirizzo di Sasuke. La maschera, infatti, copriva solamente la parte superiore del viso, e anche così si poteva ben indovinare la bellezza di chi la portava.

Il ragazzo, comunque, non si avvide subito di tali attenzioni, perchè troppo scandalizzato dal vestiario discinto delle prostitute: esse indossavano, infatti, corpetti estremamente scollati e privi di maniche, aperti sulla schiena, e gonne corte che lasciavano le gambe quasi totalmente nude. I capelli erano tinti delle sfumature più strane, acconciati in modo da lasciare il collo nudo e provocare fantasie licenziose in chi si soffermava sull'aspetto di quelle donnacce.

-Orochimaru...- sibilò, lanciandogli uno sguardo astioso da dietro la maschera -... si può sapere dove mi hai portato?-

-Non mi dire che non eri mai stato in un bordello, Sasuke... e comunque è il luogo che più si confà ai nostri progetti, non trovi?-

-Trovo soltanto che tu abbia un gusto orribile, Orochimaru.-

-Rimangerai tutto ciò che stai dicendo, non preoccuparti. Ed ora perdonami, ma devo conferire con una dama decisamente più accomodante di te.- disse, alzando la voce, quando notò una figura assai familiare che gli si appressava.

Tsunade Senju, la tenutaria del bordello, era una donzella di nobili origini fuggita in strada per non contrarre un matrimonio combinato con il conte Jiraiya Hikigaeru. La sua storia era diventata quasi una fiaba, una di quelle novelle infarcite di particolari inventati che le ragazze amavano raccontarsi all'ombra delle querce, mentre raccoglievano fiori per farne ghirlande destinate agli innamorati.

Certo era che Sasuke, dai racconti perpetrati per le osterie di Firenze, se l'era immaginata ben diversa.

Era una donna alta e bionda, con intelligenti occhi nocciola ed un seno prosperoso, come l'Uchiha non ne aveva mai visti. Indossava un elaborato ed elegantissimo abito di seta rosa antico, rifinito di perle e ricami in argento, che ne sottolineava le bellissime forme, ed i capelli erano acconciati in maniera inconsueta, trattenuti da fermagli d'oro in due code basse che le conferivano un'aria vagamente licenziosa.

-Sei in ritardo, Orochimaru.-

-Non l'avrai presa a male, Tsunade. Per quello che ti pago, non ne hai alcun diritto.-

-Eh, sempre il solito porco giudeo... pensi che il denaro possa giustificare tutto?-

Sasuke sbarrò gli occhi. Come poteva una donna come quella utilizzare la lingua in un simile modo? Tuttavia, nonostante fosse obiettivamente sboccata ed irriverente, a dare del tu ad un uomo con una posizione sociale tanto più elevata della sua, a Sasuke piacque sin da subito. Forse perchè non si comportava come gli altri pretendevano che facesse, ma remava dritto incontro alla corrente.

Quello che il moro aveva sempre desiderato gli fosse permesso.

-In verità, credo proprio di sì. Basti pensare che, benché tu detesti i miei gusti in fatto di compagnie, mi hai dato una camera pur sapendo chi ci avrei portato.-

A quelle parole, la dama rivolse lo sguardo verso Sasuke, inarcando un sopracciglio curato. Ne valutò l'età, che, visto il fisico magro e minuto, apparentemente si aggirava attorno ai quattordici, quindici anni (Sasuke sembrava più piccolo di quanto in realtà non fosse), e gli afferrò il mento, senza alcuna grazia, ruotandogli il viso per esaminarne i tratti. Lo riconobbe immediatamente.

-E' un gioco pericoloso quello che stai conducendo, Orochimaru. Il Gonfaloniere è potente abbastanza per esiliarti a vita da Firenze, se venisse a sapere che ti porti a letto il figlio minore.-

-Vedo che il tuo sguardo non sbaglia mai...-

-Non credere che basti questa ridicola maschera ad ingannarmi. Fortunatamente pare che il ragazzo, qui, sia consenziente.-

-Oh, impallidiresti nel vedere quanto possa rivelarsi perverso, questo fanciullo... non è così, Sasuke?-

L'Uchiha avvampò, poi si voltò verso Orochimaru e sibilò:- Almeno io ho la decenza di non frequentare bordelli e fumerie d'oppio, a differenza tua.-

Tsunade scoppiò a ridere.

-Aaah, ora mi si chiarificano molte cose. I tuoi gusti mi sono sempre stati alieni, Orochimaru, ma indubbiamente avere a che fare con una simile personalità deve essere stimolante... bando alle chiacchiere, vi conduco alla camera.- esclamò, guidandoli su per una scalinata dall'aria vagamente traballante.

-Oh, non sai quanto...- mormorò la serpe, evitando agilmente un pugno di Sasuke diretto al costato.

Quando poi raggiunsero la stanza, l'Uchiha fu costretto ad ammettere che la Rosa Colta si discostava molto dal classico stereotipo del bordello fiorentino, sporco e scarsamente pulito. Il secondo piano, tanto per cominciare, era lindo e ordinato, privo di difetti a parte un certo pesante aroma d'incenso, che ne impregnava l'aria. La camera in cui furono introdotti, poi, era un locale ampio e quasi buio, dalle pareti tinteggiate di un rosa antico molto raffinato, e comprendeva un tavolo d'ebano con intorno dei divanetti imbottiti e un gigantesco letto a baldacchino con l'intelaiatura di ferro battuto ed il rivestimento di seta rosso sangue. Le finestre erano sbarrate e coperte da pesanti tendaggi di velluto, indi per cui l'unica luce era quella proveniente da una serie di candelabri d'impronta longobarda che erano stati posti nei punti più improbabili: sui comodini accanto al letto, sulla mensola del camino che occupava la parete di fondo... in quella scenografia così curata si notava la mano di Orochimaru, poco ma sicuro.

-Sempre il solito megalomane...- borbottò Sasuke, sfilandosi la maschera, mentre Tsunade, alle sue spalle, chiudeva la porta con un "divertitevi" molto concitato. Essere la tenutaria di un bordello doveva probabilmente costituire il lavoro più remunerativo di tutta Firenze, certamente più del banchiere o del mercante.

-Allora, Sasuke? Non ti piace, forse?- mormorò la serpe, afferrandolo per un polso e facendolo stendere sul divano. Si posizionò su di lui, ghignando.

-No. Non ho mai apprezzato questa tua mania del compiacermi, Orochimaru. Per me il posto non fa alcuna differenza, lo sai.- apatia. A Sasuke non erano mai piaciuti quei preliminari oziosi e snervanti che l'altro sembrava gradire smodatamente, e, benché avesse cercato più volte di farglielo capire, i suoi tentativi non avevano sortito alcun risultato.

-"Mania"? Oh, che parola sgradevole... è strano, da parte tua, il rifiuto delle attenzioni che ti dedico. Mi sarei aspettato esattamente l'opposto da uno come te.- si scostò, sedendosi normalmente. Sasuke rimase disteso.

-Che intendi?-

-I tuoi genitori non ti conoscono nemmeno la metà di come ti conosco io, Sasuke. Non lo trovi ironico?- l'uomo si allungò verso il tavolo, e quando ritornò ad appoggiarsi allo schienale l'Uchiha notò che tra le dita stringeva un biscotto al miele.

-Non credo che sia la sede adatta per parlare di...-

-Oh, se lo è. Dimmi, secondo te perchè non riescono ad accettarti per quello che sei?-

-Immagino... perchè ormai hanno Itachi. Lui è perfetto, è il figlio che tutti vorrebbero. Io non sono mai servito a nulla.-

-Potrebbe anche essere, ma forse ti sarebbe di conforto sapere che la penso diversamente.-

-E qual è la tua opinione, sentiamo?-

-La ragione per la quale si ostinano a crederti diverso da quello che in realtà sei, Sasuke, è che semplicemente sono persone troppo buone per scorgere la tua vera anima. Tu sei come me, una creatura intrisa di oscurità che si espone alla luce pur essendo consapevole di trovare nel buio la propria autentica dimora. E questo, per tuo padre e tua madre, è inaccettabile. Non lo capiscono, non vogliono capirlo.-

-Tch... quindi sono io quello sbagliato, mentre i miei genitori stanno dalla parte giusta della barricata.-

-Ed è qui che ti sbagli. Vedi, Sasuke...- gli si avvicinò, appoggiandogli la mano aperta sul petto, in corrispondenza del cuore, e iniziando ad esercitare una certa pressione -... non è detto che il buio sia sbagliato e la luce giusta. Vivere normalmente è sicuramente più facile, ma l'oscurità offre piaceri e svaghi che le persone comuni non riescono nemmeno ad immaginare.-

Orochimaru si chinò sul collo dell'Uchiha, baciandolo e leccandolo con un languore tutto suo, lento e discinto al pari di un demone tentatore. Non c'era frenesia, nei suoi gesti, e nemmeno ansia o bramosia: conosceva ogni palmo di quel corpo giovane ed efebico che sovrastava, e il suo unico interesse era di rendere un gioco già sperimentato il più divertente possibile.

-E comunque...- afferrò i polsi di Sasuke e lo costrinse ad alzarsi, prima di gettarlo sul letto di malagrazia -... non si porta a letto nemmeno la più vile delle puttane, senza averle riserbato qualche cortesia. Ma forse tuo padre era troppo impegnato ad insegnarti a maneggiare le armi, piuttosto che impartirti nozioni di buoncostume come queste.-

-Le nozioni di mio padre comprendevano anche una certa fedeltà coniugale.- mormorò l'Uchiha, slacciando uno ad uno i bottoni che chiudevano la tunica di Orochimaru, fino a sfilargliela -E, certamente, non penserebbe mai ch'io me la intenda con un uomo, e perdipiù di trent'anni più grande di me.-

Lasciò correre le dita sull'addome perfetto della serpe, solleticando quelle pelle di un pallore eburneo che pure emetteva, nonostante l'apparenza gelida, un calore bruciante. Era un corpo raffinato, quello di Orochimaru, che sembrava scolpito nello stesso marmo candido di cui era fatta la Chiesa di Santa Maria del Fiore. Anche se, a voler essere onesti, paragonare quel fisico forgiato dalla guerra e dall'ars amandi ad un monumento di statica pietra era quanto di più svilente si potesse concepire, che non rendeva pienamente onore alla fredda bellezza dell'uomo.

-Ti sei forse incantato, Sasuke?- fu il commento di Orochimaru, mentre gli toglieva la casacca e tirava leggermente per far sì che le maniche attillate si sfilassero dalle braccia delicate del più piccolo. Anche l'Uchiha, benché non potesse competere con l'avvenenza quasi ferina della serpe, era di una bellezza spiazzante, la bellezza del succube che non si ribella al predatore solo per assecondare la propria lussuria.

Scese a leccargli la gola, lascivo, facendo scivolare la lingua nell'incavo tra il collo e la clavicola, mordendo a sangue quel punto delicato che tanto lo aveva tormentato, quando ancora era solamente il maestro d'armi del giovane Uchiha. Ogni volta che lo toccava, ogni volta che suggeva quella pelle così deliziosamente morbida, gli tornava alla mente la sensazione di desiderio represso che lo aveva sempre snervato, mentre addestrava il ragazzo nell'arte della guerra. Fare suo l'oggetto dei propri desideri era qualcosa di profondamente, inutilmente appagante.

Morse lievemente un capezzolo, sentendolo indurirsi sotto i vezzi della lingua, mentre i sospiri di Sasuke si facevano, a poco a poco, sempre più lunghi e rochi. Sollevò la testa, godendosi lo spettacolo delle iridi color carbone dell'Uchiha rese torbide e languide dall'eccitazione crescente. Era capace di trattenersi dal gemere fino allo stremo, il ragazzino, pur di non dargli soddisfazione, ma Orochimaru era ormai avvezzo a simili comportamenti, e sapeva come smontarli.

Vezzeggiò con le dita la muscolatura efebica di Sasuke, resa ancora più vaga ed imprecisa dalla luce morbida delle candele, poi iniziò a scendere, sempre di più, graffiando quel ventre piatto e delicato che pareva dipinto dal Perugino durante un particolare attimo di estasi artistica. L'Uchiha emise qualche sibilo spezzato, segno che non gradiva l'offesa perpetrata ai danni della propria pelle, ma fu costretto a zittirsi e mordersi le labbra quando Orochimaru gli tolse la calzamaglia, salvo emettere suoni di cui si sarebbe eternamente pentito.

La serpe rimirò il membro eretto dell'Uchiha, sogghignando, prima di chinarsi a lambire quella pelle serica con una serie di baci, dalla punta fino alla base, all'inguine. Sasuke strinse le lenzuola con foga, annaspando, mentre i polmoni sembravano quasi contrarsi per il desiderio spasmodico di urlare, di buttare fuori quell'aria che acuiva la sensazione di soffocamento causata dal piacere represso.

Orochimaru, tuttavia, era troppo sadico per concedergli il lusso della reticenza. Indi, si sollevò, afferrandogli un polso, e lo fissò, soffermandosi sugli occhi serrati e sulle gote lucide e arrossate.

-Sasuke... apri gli occhi.-

Nessuna reazione, a parte una lieve contrazione delle palpebre.

-Sasuke...- strinse la presa attorno al polso, conficcando le unghie curate nella pelle morbida che proteggeva le vene, finchè non sentì qualcosa di caldo e viscido scorrergli sotto le dita. Lo aveva graffiato.

Il ragazzo, scosso dal dolore e giunto praticamente al limite, aprì gli occhi. Lasciò che Orochimaru si godesse la vista delle sue iridi completamente sommerse da un misto di piacere e risentimento, poi scrollò leggermente il braccio per liberarlo dalla presa ferrea dell'adulto.

Per tutto il tempo non emise alcun suono.

-Oh, no, così no basta, sai?-

-F-fottuto bastardo.-

-Vuoi che la smetta? Allora urla.-

Sasuke gli lanciò un'occhiata carica di odio, ma non rispose. La serpe ghignò, pregustando la vittoria, mentre si portava il polso del più giovane accanto alla bocca e leccava via il sangue che colava, in quantità esigua, dai graffi arcuati che lui stesso gli aveva provocato.

-Non ti arrendi mai tu, eh? Oggi sei più reticente del solito.-

Poi lo morse.

Strinse con i denti sullo stesso punto dove l'aveva ferito, senza staccare gli occhi da quelli dell'Uchiha. Sasuke aprì la bocca, tentando con tutte le proprie forze di trattenersi, ma il dolore gli si propagava dal polso al braccio, al resto del corpo, in una sinfonia di aghi avvelenati che gli trapassavano la pelle senza requie.

Alla fine fu costretto a cedere.

Lanciò un urlo di dolore, sconfitto, inarcandosi sul letto ed increspando la coperta di seta come un mare in tempesta. Non riuscì più a trattenersi, poi, quando Orochimaru smise di dedicarsi al suo braccio e tornò ad occuparsi dell'erezione, leccandola ormai in tutta la sua lunghezza con il divertimento sadico del giocatore che vince sempre la partita. Gemiti che si affastellavano su altri gemiti, versi osceni che solamente la compagnia di quell'uomo perverso e discinto gli ricordava di poter produrre, imprecazioni ed insulti che stemperarono nel nulla bianco dell'orgasmo.

Orochimaru bevve il seme di Sasuke come se si fosse trattato di ambrosia, leccandosi le labbra. Si sollevò, portandosi sopra il ragazzo, e lo penetrò con un'unica spinta fluida, senza prepararlo.

L'Uchiha non poteva certamente dirsi stretto, non più almeno, ma la sensazione dell'essere avvolti dal calore e le contrazioni dei muscoli attorno al proprio membro ricordarono ad Orochimaru perchè si ostinasse a scopare quel ragazzino indisponente e pericoloso, che aveva una famiglia più potente dello stesso Lorenzo De' Medici.

Era tutta lì, la vera anima di Sasuke. In quella mescolanza di pudore, inutile orgoglio e pura oscenità che andava ben oltre qualsiasi immagine fittizia di un ragazzo diligente e rispettoso dei valori cristiani impostigli dalla famiglia. Ed era solo ed unicamente per quello, per il semplice fatto di essere l'unico a conoscere la vera indole dell'Uchiha, di poterne avanzare quasi un diritto di proprietà, che Orochimaru sprecava tempo, soldi ed energie nel giocare con il ragazzo, come fa il gatto con il topo prima di cibarsene.

Si svuotò nel corpo di Sasuke, rammaricandosi di non riuscire a durare più a lungo come un tempo, poi ne uscì e si sdraiò sulle coperte, senza alcun pudore nè necessità di rivestirsi. L'Uchiha, al suo fianco, respirava piano, non ancora assopito ma nemmeno troppo sveglio.

Si sentiva le testa vuota, leggera, come sempre dopo aver fatto sesso con qualcuno. Il suo campo visivo era invaso da una leggera cortina di nebbia, che sfasava i colori e li mescolava senza alcuna coerenza logica. Una sola immagine, di quei momenti, gli sarebbe rimasta per sempre nella memoria.

Sull'architrave della porta, appena visibile a causa della penombra, c'era un fregio. Era molto elaborato, sembrava dipinto da poco a causa dei colori vivaci. Ritraeva un cigno bianchissimo, di quelli che spesso comparivano nelle fiabe che sua madre amava raccontargli, avviluppato da un cespo di rovi, che gli si avvolgevano attorno nell'atto di soffocarlo. Tra le spine, indomite e stupende, spuntavano alcune rose rosse, ed il disegno ben mostrava come assumessero quel colore a causa del sangue che scorreva copioso dalle ferite dell'animale.

Sasuke si sentì improvvisamente simile a quel cigno. Orochimaru, in fondo, incarnava per lui la medesima attrattiva di una pianta di rose: colto, raffinato, pregno di trasgressione, era esattamente l'opposto di qualsiasi valore gli avessero propinato in sedici anni di esistenza. Era un individuo totalmente nuovo e spontaneo, che non si nascondeva dietro inutili maschere di buonismo e non tentava di cambiarlo per farlo corrispondere ad un determinato modello. Gli lasciava la libertà di scegliere la strada, ma poi, una volta che la scelta era compiuta, lo trascinava senza possibilità di tornare indietro lungo il percorso scelto, attraverso un cammino di perdizione e lascivia che non finiva mai di stancarlo.

Ne era innamorato?

Assolutamente no. Mai avrebbe potuto provare un sentimento così puro e al contempo sciocco per un essere abietto e complesso come Orochimaru. Il loro rapporto si basava più su una sorta di simbiosi che su un sentimento vero e proprio: la serpe voleva qualcuno che gli permettesse di divertirsi, Sasuke voleva qualcuno che lo sporcasse fino all'inverosimile per distanziarlo sempre di più da quel mondo falso e opulento che aveva da tempo rinnegato.

Nulla più di questo, nulla meno di questo.

Chiuse gli occhi, inspirando profondamente, mentre il sonno gli avvolgeva la mente e la faceva sprofondare in un abisso sempre più buio, più tranquillo. Si addormentò subito, girandosi su un fianco.

Il cigno, dall'architrave, continuava a fissarlo con i suoi occhi tristi, come ad avvertirlo di quello che sarebbe successo se non fosse riuscito a liberarsi della catena di rose da cui era avvinto.

-Requiescat in Pace, Sasuke.-


FINE










_Angolo del Fancazzismo_

Nulla da dire. La mia prima (e si spera ultima) SasuOro.

Di seguito vi riporto lo schemino che avevo allegato alla mail di consegno e il giudizio della giudicia. Ho provato a mettere anche i bellissimi banner, ma mi sa che non si vedrà un accidente T.T...


Autore: GreedFan

Titolo: Bara No Rensa

Pairing/Personaggi: Sasuke/Orochimaru, Itachi, Fugaku, Mikoto, Tsunade

Rating: rosso

Avvertimenti: AU, Lemon, Yaoi

NdA: non pensavo che sarei mai arrivata a scrivere una simile schifezza. Davvero, se qualcuno mi avesse detto che avrei finito con lo scrivere una OroSasu lo avrei pestato a sangue. E sì, questa one-shot è un dannato aborto, ma su un simile pairing non sapevo cos'altro inventarmi. L'ambientazione medievale serviva solo a suscitarmi un po' d'ispirazione per l'orribile pairing, visto che ultimamente mi sono fissata su Assassin Creed II, ma la strategia è stata un fiasco bello e buono. Amore per la Firenze medievale permettendo, penso che non vorrei trovarmi nei panni di GlobuloRosso neanche se mi pagassero oro.

Giudizio

Secondo posto più premio “Globulo rosso”: 
GreedFan, con 
Bara No Rensa 
{35.3/37.0 punti} 

-IC (10/10)

-Sviluppo Warning (10/10)

-Originalità (4.0/5)

-Grammatica (9.5/10)

-Giudizio personale (1.8/2)

Totale 35.3/37

Partiamo dall’IC. Come vedi non ho nulla da dire.

Hai analizzato i due personaggi con particolare meticolosità, e non hai trascurato nemmeno le più piccole sfaccettature dei due personaggi.

Sasuke calza a pennello con il ruolo che gli hai affibbiato: disprezza il pressapochismo della sua famiglia, quella sorta di facciata che si è creata per apparire pulita e rispettabile agli occhi degli estranei. Cito un pezzo del tuo racconto, che ha racchiuso l’essenza dei due personaggi e che mi ha subito colpito:

“Era tutta lì, la vera anima di Sasuke. In quella mescolanza di pudore, inutile orgoglio e pura oscenità che andava ben oltre qualsiasi immagine fittizia di un ragazzo diligente e rispettoso dei valori cristiani impostigli dalla famiglia. Ed era solo ed unicamente per quello, per il semplice fatto di essere l'unico a conoscere la vera indole dell'Uchiha, di poterne avanzare quasi un diritto di proprietà, che Orochimaru sprecava tempo, soldi ed energie nel giocare con il ragazzo, come fa il gatto con il topo prima di cibarsene.” In effetti, dalle tue parole traspare il senso di repulsione/attrazione che trascina questa coppia in quell’amore doloroso. Mi piace molto l’immagine evocativa del cigno, che si ricollega ovviamente al titolo. Il rapporto tra Orochimaru e Sasuke è morboso al punto giusto, e mi è sembravo molto vicino alla realtà del manga. Per quanto riguarda lo sviluppo warning hai fatto un eccellente lavoro. La coppia odiate è centrale, i loro pensieri, emozioni, sentimenti, analizzati profondamente. Non chiedevo di più, e non mi hai deluso.Hai dato voce alle sensazioni, credo sia questo il tuo punto di forza. Dare voce ai profumi, ai suoni, agli odori. Questa fic è fatta di sensi. Il sapore del sangue, la vista offuscata e nebbiosa, il soffice contatto con le coperte, l’odore acre di Orochimaru.Tutto questo per dirti che hai descritto il legame tra i due personaggi in modo egregio, cercando di dare tutte le informazioni necessarie.L’originalità è abbastanza alta, poiché hai deciso di contestualizzare il tutto in un mondo parallelo, ovvero nella Firenze medicea.Di questo non posso che rallegrarmi, poiché è già di per sé una location nuova e interessante. Mi congratulo con te per l’esattezza nei particolari e l’impegno messo nel rievocare l’antico sfarzo di un tempo. Amo molto anche il rimando finale ad Assassin’s Creed, e anche questo alza il punteggio dell’originalità.C’è solo un problema: sapevo come sarebbe andata a finire. A metà della storia sapevo che si sarebbero rinchiusi in una sorta di bordello a fare l’amore fino a quando non sarebbero crollati sulle coperte consumati dai sentimenti che provavano. Chissà perché, ma quando qualsiasi fanwriter dice SasuOro, pensa ad una Lemon, rating rosso. Questo dettaglio fa calare il punteggio per l’originalità, che nonostante ciò rimane molto alto.Passando alla grammatica, ho poco da correggere. A parte qualche virgola che io avrei preferito eliminare, ti dico semplicemente che alcune frasi sono talmente colme di aggettivi da risultare pesanti, ma non incomprensibili.Hai uno stile ottimo, il tuo lessico si adatta perfettamente al tipo di storia che hai voluto raccontare, e cosa ancora più positiva, nonostante lo sfoggio di una sintassi e di un vocabolario – a volte – antiquato, la fic non prende un piega noiosa. Qui, per esempio, per la questione delle virgole:“Non c'era frenesia, nei suoi gesti, e nemmeno ansia o bramosia”Tra ‘frenesia’ e ‘nei’ avrei tolto il segno di punteggiatura. Capita di tanto in tanto, in alcune frasi che altrimenti potrebbero sembrare troppo lunghe. Qui, invece, avrei eliminato la frase tra trattini. Secondo me è superflua, anche se utilizzata per contestualizzare meglio la scena. Sono scelte stilistiche, dunque non sono penalizzate, ma voglio solo comunicarti quello che penso.Vedi, Sasuke...- gli si avvicinò, appoggiandogli la mano aperta sul petto, in corrispondenza del cuore, e iniziando ad esercitare una certa pressione -... non è detto che il buio sia sbagliato e la luce giusta.Quell’ ‘iniziando ad esercitare una certa pressione’ non è importante ai fini della storia. Come ti ho già detto, credo faccia parte del tuo stile. Il mio consiglio però è di evitare di appesantire troppo le frasi. Ad ogni modo, come avrai notato, grammatica praticamente con punteggio pieno.Credo che sul mio giudizio personale ci sia qualcosa da dire.

Ti elenco i motivi perché questa fic ha ottenuto un punteggio così elevato. Semplice: l’AU.Partiamo dal fatto che io amo le fic ambientate in luoghi completamente estranei al mondo di Kishimoto, ma hai casualmente scelto un’ambientazione che io amo a dismisura, ovvero il mondo mediceo. Si dà il caso che la sottoscritta abbia giocato e completato entrambi i giochi della saga degli Assassini, e la tua scelta mi ha sinceramente appassionato e colpito. Come te, la frase finale, per me è significativa. Ezio la dice ogni volta che uccide un suo nemico, dopo che si reso conto che la loro vita è terminata.E’ molto interessante vedere in che momento l’hai inserita: alla fine, quando Sasuke si rende conto di essere quel cigno incatenato e di morire di lui, del suo maestro d’armi.Se devo dirla tutta, ho apprezzato anche la comparsata di Hinata. Mi dispiace per il suo trattamento, ma trovo che sia molto affine ai reali atteggiamenti che un uomo nobile può tenere con la sua serva.E poi é insito nel gene di Sasuke fare il superiore.

Dunque, sono felice di dire che è la fic che mi ha appassionato di più, nonostante la coppia –l’ho letta due volte!- . Io non amo lo Yaoi, e come forse hai letto, l’unica coppia che mi va a genio – più che coppia, threesome - è la NaruKiba/ GaaNaru. E anche se l’effetto coppia può abbassare il mio giudizio personale, tutto il resto lo fa palesemente accrescere.

Ti faccio sentitamente i complimenti. Una bellissima storia.



Beh, che dire... sono molto soddisfatta.

See you soon,

Roby


   
 
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