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Autore: Valery_Ivanov    16/09/2010    1 recensioni
Per gli antichi ebrei Lilith era la prima moglie di Adamo, precedente ad Eva, che fu ripudiata e cacciata via dall’Eden perché si rifiutò di obbedire al marito.
Liliane non aveva amici e non sembrava risentire della cosa; in giro si sussurrava che sapesse parlare con gli uccelli e con i serpenti e che bestemmiasse il nome di Dio tutti i giorni. I ragazzi credenti si tenevano ben lontani da lei, chiamandola “demone”.
Genere: Dark, Generale, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The true Lilith’s story

 

Per gli antichi ebrei Lilith era la prima moglie di Adamo, precedente ad Eva, che fu ripudiata e cacciata via dall’Eden perché si rifiutò di obbedire al marito. Lilith è l’archetipo della donna libera, non sottomessa all’uomo e al suo egoismo, non condizionata dalle sue imposizioni e dai suoi ricatti. L'uomo, di fronte a tale ribellione, non poteva fare altro che screditarla e demonizzarla. Lilith cercò vendetta in tutti i modi, ma non poteva più avvicinarsi all’Eden; attese a lungo, vagando per il mondo e diventando una demone, alleata di Satana, finchè un giorno un serpente demoniaco riuscì a corrompere Adamo ed Eva e li fece precipitare dall’Eden. Ma la storia vera è ben diversa da quella che è stata tramandata; appena Adamo ed Eva persero la protezione di Dio, Lilith si avventò su di loro, cercando in tutti i modi vendetta per l’affronto subito, finchè Dio, stanco di quella lotta, li punì: sarebbero stati costretti a reincarnarsi in altri corpi fino alla fine del mondo, rivivendo in eterno la stessa storia. Adamo ed Eva allora supplicarono Dio di essere clemente, ed egli promise loro che non avrebbero avuto alcun ricordo delle vite precedenti; Lilith, invece, gridò contro di lui tutta la sua rabbia e non ricevette alcuna benevolenza dal Signore.

 Dall’alba dei tempi, perciò, la storia si ripete, in epoche diverse, sempre uguale, ancora, e ancora, e ancora…

 

Liliane Blessin era una ragazza conosciuta in tutta la scuola per la sua strana bellezza: aveva lunghi capelli ricci del colore fuoco, che scendevano ad incorniciare un viso dai tratti affilati e maliziosi; gli occhi erano due carboni ardenti, di un’intensità sconvolgente, e le pelle sembrava fatta di avorio. Il corpo era snello e formoso, la mani dalle unghie laccate di oro scuro parevano artigli pronti a calare sulla preda e la bocca carnosa era sempre incurvata in un sorrisetto a metà fra l’ironico e lo scocciato. Quasi tutti i ragazzi della scuola era facilmente caduti preda del suo fascino, a cui però si mischiava una strana inquietudine che li spingeva a tenersi ben lontani da quella piccola dea in miniatura. Liliane non aveva amici e non sembrava risentire della cosa; in giro si sussurrava che sapesse parlare con gli uccelli e con i serpenti e che bestemmiasse il nome di Dio tutti i giorni. I ragazzi credenti si tenevano ben lontani da lei, chiamandola “demone”. Liliane appariva comunque indifferente a tutto ciò: a diciassette anni aveva il contegno di una donna vissuta e lo sguardo di qualcuno che si crede superiore. Non studiava mai, ma i professori avevano paura a rimproverarla e cercavano in qualche modo di farla arrivare alla sufficienza necessaria per la promozione.

Nel complesso una figura interessante, o almeno era ciò che aveva pensato Selwyn Bitestrong quando l’aveva vista per la prima volta lungo i corridoi, mentre i ragazzi attorno a lui sussurravano con aria da cospiratori. «E’ Liliane Blessin…» «E’ un demone!» «Si dice che parli con i serpenti…»

Selwyn aveva sbuffato e si era diretto a grandi passi verso la ragazza, piazzandosi davanti a lei e presentandosi con un galante inchino. Liliane l’aveva squadrato alzando un sopracciglio, per poi oltrepassarlo senza neanche un commento.

Liliane trattava tutti con indifferenza, tutti eccetto il suo amico d’infanzia, Adam, l’unico a cui era permesso di avere contatti con lei, e la ragazza di questo, Eve, a cui riservava tutti gli insulti del mondo. Nessuno sapeva perché Liliane odiasse quella ragazza così tanto, ma la voce diffusasi per la scuola era – casualmente – la più vicina alla verità. Gelosia.

Selwyn non si arrese, raggiungendola subito. Aveva un accento strano quando parlava, un accento di cui non Liliane non riuscì ad individuare la provenienza, ma che non era poi così spiacevole.

«Scusa se posso esserti sembrato invadente, ma ci terrei davvero molto a conoscerti. Hai un’aura così… interessante» esordì lui con un sorriso sottile.

La ragazza gli gettò un’occhiata per metà indifferente e per metà scettica, svoltando velocemente in un piccolo corridoio laterale. L’altro la seguì senza problemi e appena furono soli la inchiodò al muro con un movimento fluido e potente. Liliane lo fissò senza battere ciglio, gelida.

«Cosa vuoi?» chiese con voce annoiata, come se la cosa non la interessasse particolarmente. Selwyn sorrise mellifluamente, avvicinando il volto al suo.

«Voglio parlarti, mia cara piccola… Lilith» sussurrò in un sibilo e, per la prima volta da quando era nata, la ragazza sussultò.

«Chi sei??» ringhiò astiosa, cambiando radicalmente atteggiamento. Selwyn fece guizzare fuori dalla bocca la lingua, ritraendola in un istante. Un istante sufficiente.

«Tu!» esclamò lei sorpresa, dilatando i grandi occhi scuri. «Cosa ci fai qui, Serpe??» domandò con astio. «Se il Bastardo ti scopre…»

«Ehi ehi, non chiamarlo così» la rimproverò divertito l’altro, mettendole un dito sulla bocca. «Potrebbe sentirti… e allora sì che mi scoprirebbe!» emise un basso sibilo divertito, poi la lasciò andare. «Sono qui su ordine del mio Signore Satana. Egli ti è sempre stato amico, lo sai, e vuole che io ti permetta di… divertirti un po’» la informò con la sua voce melliflua, mostrando un sorrisetto.

Liliane scrollò le spalle, iniziando ad allontanarsi.

«Fai quello che ti pare» rispose freddamente, senza guardarlo. Il Serpente si passò la lingua sulle labbra.

«Mmmh, quindi non ti importa se succede qualcosa ad Adam… giusto?» lei si fermò di botto, voltandosi lentamente.

«Lo so che questa è una provocazione, Serpe…» ribattè, assottigliando gli occhi. «Ma tu toccalo e io ti giuro che ti ritroverai quella tua bella linguetta nel…»

«Ehi ehi, quanta irruenza!!» esclamò Selwyn, scoppiando a ridere. «Tranquilla, non ho alcun interesse in lui…»

Liliane si voltò e riprese ad allontanarsi con passo sicuro.

«E invece… la ragazzina?»

La rossa si bloccò nuovamente. Senza voltarsi, però.

«Eve… fanne quello che vuoi»

 

La notizia che un nuovo ragazzo stesse cercando in tutti i modi di conquistare Eve Lightapple, la fidanzata di Adam Goodpride, fece il giro della scuola a velocità impressionante. Si vociferava che il temerario in questione si chiamasse Selwyn Bitestrong e alcuni sostenevano di averlo visto addirittura in compagnia della solitaria e inquietante Liliane Blessin. Di sicuro i litigi fra le due erano scemati notevolmente da quando Selwyn si era intromesso nelle loro vite – non certo perché le due avevano smesso di odiarsi, ma semplicemente perchè non si incrociavano quasi mai.

Fu in quel periodo che Liliane conobbe Lucian. Era seduta sotto un albero a leggere, nel cortile della scuola, quando qualcuno le oscurò il sole; alzò la testa per vedere chi fosse, infastidita, e si trovò davanti un ragazzo con il sorriso più affascinante che avesse mai visto. Era alto, con i capelli mori che incorniciavano un viso accattivante e maturo, un filo di barba e due profondi occhi neri. Il primo pensiero di Liliane fu che non credeva esistessero esseri umani tanto belli. Il secondo che probabilmente era un idiota. Il ragazzo si presentò con un inchino e si sedette accanto a lei; lo sguardo era un po’ strafottente, ma terribilmente intrigante. Liliane chiuse subito il libro, dicendosi che forse aveva appena trovato una persona degna della sua attenzione.

Da quel giorno Lucian andò a trovarla spesso, soprattutto quand’era sola – ma lei era sempre sola, tranne le rare volte in cui Adam decideva di tenerle compagnia, trascinandosi appresso Eve e, di conseguenza, Selwyn – e parlavano per ore. Non sapeva nemmeno bene lei dove trovasse tutte quelle cose da dire, ma in qualche modo la sua bocca le pronunciava senza che nemmeno se ne accorgesse; aveva scoperto in Lucian un’anima molto affine alla sua. Troppo affine.

Fu un tiepido pomeriggio di maggio che le venne l’atroce sospetto. Lucian era troppo bello e troppo in sintonia con lei per essere un ragazzo qualsiasi; doveva trattarsi di un demone. Così quel giorno, quando lui si presentò con il suo sorriso accattivante e la cravatta allentata, lei lo affrontò.

«Lucian»

«Ciao, Lil. Sento che questa è proprio una giornata adatta ad un super magnum double chocolate, non trovi?» la salutò il ragazzo, sovrastandola con il suo metro e 87. Liliane dovette ammettere a se stessa che, sì, i magnum erano una delle poche cose buone della terra e che in quel momento le andava davvero molto. Si concesse quindi qualche minuto di relax prima di affrontare il suo discorso.

«Lucian» disse infine, interrompendolo mentre raccontava di come gli era dispiaciuto quando avevano smesso di produrre i Magnum Temptation. «Vorrei chiederti una cosa»

Il ragazzo la guardò in silenzio, l’espressione divertita. Dannazione, era troppo perfetto, non c’erano altre spiegazioni.

«Tu sei un demone, vero?» domandò Liliane diretta, guardandolo negli occhi. La sua voce era ferma e decisa, ma l’espressione perse il cipiglio severo quando in risposta l’altro scoppiò a ridere.

«Oh, Lil, sapevo che ci saresti arrivata in fretta!» esclamò, allegro. «Sì, sono un demone» aggiunse, e il suo sguardo divenne improvvisamente profondo quanto l’eternità, così profondo che Liliane sentì la propria anima venire risucchiata all’interno di quel terribile buco nero infinito. La sensazione durò un istante, poi lei scosse la testa, scacciandola, ma sentiva il respiro affannoso. Ringhiò cupamente. Si era abituata troppo ad essere umana, e la cosa la disgustava. Lucian sorrise di nuovo.

«Come avrai capito, mia cara Lil, non sono un demone… io sono il demone»

Liliane fece uno scatto indietro, portando le mani avanti come fosse pronta alla lotta.

«Satana…» mormorò diffidente, tutti i sensi all’erta.

«O Lucifero, se preferisci!» esclamò Lucian, ancora molto divertito. «Sì, sono io»

«Che cosa sei venuto a fare qui??» sputò lei, rabbiosa. «Voi due non ce la fate proprio a lasciarmi in pace, eh??»

A quelle parole il ragazzo sembrò accigliarsi, ma non si mosse. «Mi stai forse paragonando a quell’insulso bonaccione che vive fra le nuvole? Dovresti sapere che sono ben diverso da lui…»

«Che cosa vuoi??» ripetè Liliane, ignorandolo. «Tu non fa mai nulla se non hai un tuo tornaconto!»

«Oh, ma nemmeno tu, Lil» ribattè candidamente il Diavolo, sorridendo intrigante. «Nemmeno tu»

La ragazza rimase qualche istante a fissarlo torva, finchè Satana non riprese a parlare.

«Sono qui perché ho finalmente scoperto come liberarti da questo cerchio infinito in cui Dio ti ha rinchiusa» spiegò con nonchalanche. Liliane socchiuse gli occhi, diffidente.

«E perché dovresti volermi aiutare?» chiese, con voce sprezzante.

«Non l’hai forse detto prima?» ribattè lui sempre più divertito, giocherellando con una moneta. «Evidentemente ho il mio tornaconto… e» la zittì alzando una mano prima che potesse aprire bocca «il mio tornaconto, stavolta, sei tu»

Liliane lo fissò leggermente spiazzata. «Io?»

«Mmm, esatto. Per liberarti di questa storia devi diventare mia moglie» le comunicò il Diavolo con naturalezza. La ragazza emise un ringhio basso, tenendosi ancora a distanza.

«E perché dovrei voler essere tua moglie??» ribattè sarcastica.

«Perché in questi giorni passati con me sei stata piuttosto bene… o no?»

Liliane lo guardò allibita. Ingoiando l’orgoglio, dovette ammettere che era vero.

«Allora? Che vuoi fare?» chiese Satana languidamente, osservandola con i suoi occhi di fuoco. Lentamente la ragazza abbassò le mani, rimanendo ancora leggermente tesa.

«Sono stata bene con te, è vero…» iniziò, misurando lentamente parole. «Ma accetterò di diventare tua moglie solo ad una condizione: la parità. Non accetto di essere inferiore a nessuno, e questo dovresti saperlo bene»

Il Diavolo scoprì i denti bianchissimi in un sorriso perfetto, allugando una mano verso di lei e trainandola a sé per un braccio. «Lo so. E’ per questo che mi piaci…» le soffiò sulle labbra, sugellando il patto con un morso sul collo. Lei non si mosse, né diede segno di aver sentito dolore, mentre un rivolo di sangue le scendeva dalla ferita.

«Perché il Serpente?» sussurrò lei, curiosa.

Il sorriso del ragazzo si fece ancora più bianco e pericoloso, mentre le rispondeva in un soffio: «Per tenere lontani Adam e Eve… quando ci sono loro io non posso avvicinarmi a te»

«Accidenti… l’hai progettata proprio bene la cosa, eh?» mormorò lei in risposta, scostandosi.

Il Diavolo rise e la portò via con sé.

 

Seduto davanti ad una scacchiera di marmo bianchissimo e ossidiana nera Satana osservò divertito l’uomo davanti a sé.

«Che ne sarà dei due rimasti?» chiese, spostando una torre parecchie caselle più avanti. «Scacco»

La persona davanti a lui fissò pensierosa la scacchiera – una scacchiera a cui mancavano due pezzi – e infine decise di muovere un cavallo e piazzarlo davanti alla torre.

«Li farai morire?» insistette il Diavolo, lasciando intuire che non avrebbe rinunciato alla risposta tanto facilmente. L’altro sospirò.

«Ormai hanno vissuto anche abbastanza, direi» rispose infine, osservando i pezzi bianchi e neri intrecciati sul tavolo. «Tu, piuttosto, non credi che quella Lilith ti darà parecchie grane?»

Satana sorrise languidamente. «Na, penso che mi farà divertire parecchio, invece»

«Come vuoi»

Il Diavolo guardò attentamente l’avversario, scostandosi un ciuffo di capelli dalla fronte.

«Vecchio, ormai non pensi che sia ora di smettere di giocare? Le cose in questo mondo si sono fatte monotone» soffiò con voce suadente. L’altro non rispose subito. Quando lo fece, accompagnò le proprie parole ad un ampio gesto della mano per spostare una pedina bianco latte.

«Per una volta credo che abbia ragione tu, Lu. Scacco matto»

Satana fissò furibondo i pezzi disposti sulla scacchiera, sbriciolando con le proprie mani uno dei cavalli che aveva mangiato precedentemente. Il marmo si rigenerò un istante dopo, come se nulla fosse successo, e tutti i pezzi tornarono magicamente al loro posto.

«Stiamo alle solite, no? Una vittoria a testa… e il gioco va avanti» osservò l’altro, alzandosi. Il demone, allora, sogghignò.

«Oh, io non credo… dimentichi che adesso ho un pezzo in più…» e con un gesto lento e misurato posò una regina nera accanto al suo re, di fronte alla casella vuota della regina bianca. «La prossima volta vincerò io» sussurrò sinuoso, lasciandosi scivolare sullo schienale della sedia con un sorriso soddisfatto. Dio lo guardò con espressione indecifrabile per parecchi minuti, e infine sul suo viso si aprì un sottile sorriso enigmatico.

«Vedremo»

  
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