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Autore: Elelovett    18/09/2010    1 recensioni
Questo è il sequel della mia altra storia "Sweeney Todd, cosa sarebbe successo se..." perciò vi prego di leggere prima quella fic e poi questa! Sono passati anni dalla tragica notte ed Emily e Claudia cercano di dimenticare. Ma il ricordo di Sweeney è duro a morire e darà loro del filo da torcere ancora una volta...Specie se Anthony Hope è veramente deciso a risolvere il mistero del barbiere. Riuscirà Emily a tenere all'oscuro di tutto la figlia di Pirelli?
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anthony Hope, Johanna Barker, Nuovo personaggio, Tobias Ragg
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Sweeney Todd, cosa sarebbe successo se...'
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Quel giorno la pioggia batteva insistente sui vetri delle finestre. Sul selciato si formavano tristi pozzanghere dove le gocce d’acqua formavano infiniti cerchi. Così sembrava che la strada fosse in movimento, in fibrillazione, animata da mille zampilli. Ma il cielo era sempre grigio e la prospettiva di uscire si faceva sempre più lontana nella mente di Serafine. La ragazza stava seduta vicino alla finestra, lo sguardo rivolto ai pochi passanti che si affrettavano a ripararsi nei primi negozi che incontravano. Se non avesse piovuto così tanto di certo sarebbe uscita e si sarebbe goduta una splendida giornata ad Hide Park con Toby. Ma un tuono la scosse dai suoi pensieri. Infastidita dai suoi progetti andati in fumo e dalla noia, tirò le tende e si voltò dalla parte opposta imbronciata e pensierosa. In quel momento Claudia stava entrando nella stanza con un cesto pieno di biancheria sporca. La locanda era chiusa.

- Cosa fai Serafine?- chiese allegra.

La ragazzina sbuffò e rispose lamentosa:

- Niente, zia Claudia. Come al solito. Non fa altro che piovere, e qui in casa non ho nulla da fare! Dov’è Toby?

- Credo sia uscito, cara.

- Certo…

Serafine si alzò e uscì dalla stanza impaziente. Quella casa, quelle quattro mura erano troppo piccole per lei. Era sempre stata una ragazza allegra e giocosa, e la pioggia la metteva di malumore. Inoltre andava su tutte le furie per un nonnulla. Adorava uscire all’aria aperta, ma non tanto tra le vie della città, quanto al parco, dove poteva stare sola, sedersi all’ombra di un albero e parlare con Toby. Il ragazzo spesso l’accompagnava: in fondo era stato il suo tutore quand’era bambina, aveva badato a lei quando le due donne erano impegnate ed era stato il suo maestro di vita. Per Serafine era un fratello maggiore. Emily non aveva voluto lasciare sua figlia un’analfabeta, come molti bambini della loro condizione sociale, e le aveva insegnato a leggere e a scrivere, le parlava spesso della letteratura, dei miti, delle scoperte scientifiche. Ovviamente la donna non poteva ricordare da dove venisse, tutte le scoperte della sua epoca, e si limitava a raccontarle ciò che il modo conosceva nel 1800. Così Serafine si era appassionata ai miti e alle leggende, alla letteratura, alle teorie filosofiche, ed era istruita al pari di una damigella d’alto rango. Tuttavia, il suo linguaggio abituale rimaneva quello di una ragazzina del popolo, e questo contrasto la rendeva buffa e interessante. Spesso dava lezioni a Toby, anche se più piccola, gli parlava del romanticismo nei romanzi dell’epoca, e dell’amore secondo Platone, la teoria delle due metà. Discutevano di scienza e di matematica, lei gli insegnava a ragionare con metodo. E il ragazzo restava allibito e affascinato dalle loro conversazioni, si lasciava coinvolgere dalle sue sfide, dalle sue domande.

Serafine non era diventata più bella con gli anni, ma non era neanche la brutta pargoletta di un tempo. Le sue linee si erano accentuate, il profilo cominciava ad addolcirsi e gli occhi furbi le davano un’aria sbarazzina. Non era ancora bella, ma gradevole. Raggiunti i suoi sedici anni il viso era diventato più dolce, e la sua smorfietta era rimasta. Portava i capelli lunghi sino alle spalle, le due ciocche ai lati della testa legati dietro la nuca da un fermaglio. Era un po’ goffa nei movimenti, ma sempre spensierata. Purtroppo non quel giorno. Costringerla a stare in casa era come mettere in gabbia un uccello del bosco. Si muoveva su e giù come una belva inferocita prigioniera. Emily spuntò all’improvviso nel corridoio, dove Serafine ancora faceva su e giù.

- Insomma, la vuoi smettere? Mi stai facendo impazzire, Serafine! Forza, dammi una mano!- disse portando una pila di teglie vuote.

La ragazza ne prese un po’ e le portò in cucina con la madre. Mentre le sistemava Emily la guardava, pensando ancora che somigliasse tanto a Pirelli! Ovviamente la somiglianza era meno evidente di quando Serafine era neonata, ma si notava ancora chiaramente. Specie quando Serafine storceva il naso imbronciata, sfregando una parte della teglia rimasta sporca. Poi si accorse che la madre la fissava. Chiese:

- Cosa c’è?

- Niente, niente. Grazie di avermi aiutata!- rispose prontamente la madre.

Non parlavano spesso del padre, non più. Serafine però sapeva che Emily ci pensava spesso. Ne parlavano molto quando la ragazza era più piccola, e le chiedeva mille cose sul padre. Emily glielo aveva descritto come un uomo divertente, un po’ esibizionista e pomposo, ma che le aveva amate tanto, anche se non aveva mai visto sua figlia. Purtroppo non aveva neanche un suo ritratto, se non quello scolpito nella sua mente. E quando Serafine le chiedeva di raccontarle tutto quello che sapeva di lui, di come si erano incontrati, Emily raccontava sempre la solita storia, il cui inizio era confuso persino per lei. Pirelli era il più famoso barbiere londinese, anche se i suoi affari spesso non erano del tutto onesti. Emily l’aveva salvato dall’attacco di un pazzo assassino, il barbiere Sweeney Todd. Mentre Pirelli veniva curato in casa loro, lui ed Emily si erano innamorati. Ma prima che potessero sposarsi, il feroce barbiere aveva tentato di ucciderli, e Pirelli si era sacrificato per Emily. E quando Serafine chiedeva che fine avesse fatto quell’assassino, Emily rispondeva sbrigativa che era stato punito e non sarebbe mai più tornato. Questo aveva creato nella mente di Serafine l’idea che Sweeney fosse morto definitivamente. Il resto della storia, la vera storia, le era oscuro. Si immaginava suo padre come un uomo esuberante e allegro, ma anche molto permaloso, un po’ come lei, e la cosa la faceva sentire meglio. Era come se lui fosse lì con lei, da qualche parte, chiuso in lei. Che non fosse stato onesto non le importava, crescendo aveva visto persone ben peggiori!

Quando chiedeva la versione della storia a Toby, lui parlava poco o nulla. Diceva solo di essere stato l’aiutante di Pirelli e che l’aveva salvato dall’orfanotrofio. Non aveva mai raccontato a Serafine dei calci, delle frustate, delle crudeltà del padrone. Non era l’immagine del padre che avrebbe voluto avere.

Così Serafine era cresciuta con un’immagine di Pirelli costruita sul racconto della madre e su sue proprie fantasie. A volte le era capitato di sognarlo, in mille modi diversi. Ma adesso non era più una bambina, aveva smesso di chiedere altri particolari, aveva saputo tutto quello che poteva sapere, ed era stanca di sentire la solita storia. Si era rassegnata ad essere orfana di padre, e si accontentava di pensare a lui solo a volte, quando era sola.

In quel momento in cucina entrò Toby, tutto bagnato dalla pioggia. Teneva sotto il braccio il pane appena comprato. Non era più un bambino, aveva venticinque anni ormai, ed era un bel ragazzotto. Era entrato con lo sguardo acceso, come se qualcosa l’avesse sconvolto. Ma sorrideva, ed esclamò:

- Emily, è successa una cosa a cui non crederete mai! Indovinate chi è appena tornato a Londra? Me l’ha detto il fornaio! Anthony e Johanna Hope sono qui, e si sono trasferiti vicino a Westminster Abbey!

Il suo non era un vero sorriso, quanto una strana smorfia interrogativa. Cosa avrebbero fatto? Emily lo guardò stupita, l’immagine della fatidica notte le tornò per un attimo alla mente. Erano qui, potevano sapere?

Serafine guardò interrogativa Toby, poi la madre. Infine chiese:

- Mamma, chi sono Anthony e Johanna Hope?

 

  
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