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Autore: livia    19/09/2010    3 recensioni

Questo è un racconto che può essere definito autobiografico-fantastico, poiché mescola elementi della mia vita reale con altri inventati di sana pianta, e conditi con alcune delle ricette di cucina che amo di più. Non è una fan-fiction, ma si può dire che alcuni personaggi sono una vera "citazione" di altri ben noti, che sono sicura riconoscerete benissimo....
Ciao,
Livia
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Faccio un sogno stranissimo. Sto correndo a perdifiato tra i vicoli di Marsiglia e l'odore quasi marcescente del porto mi punge le narici. Assieme a me c'è un giovane marocchino che assomiglia vagamente a mio cugino Etienne e che profuma persistentemente di menta e che mi grida: “le vespe, le vespe!”
Alla fine troviamo rifugio in una stanza sudicia e malmessa e il ragazzo chiude la porta a chiave; allora mi accorgo che la sua faccia si è trasformata in quella di Filippo. Mi spavento e sto per mettermi a urlare, ma vengo fermata da alcuni colpi alla porta seguiti da una risata simpatica, contagiosa e da una voce che grida: “Aprite, polizia!”
Maledizione, penso, tra un attimo sfonderanno la porta e ci troveranno, i poliziotti-vespe. Già i colpi sulla porta si fanno più vicini e decisi, così vicini che li sento quasi martellare nella mia testa, tactactactactac...tactactactactac...è questione di momenti...
Apro gli occhi, sollevata di trovarmi nel mio letto. Dal piano di sotto arriva un profumo inconfondibile, e allora decido di richiudere gli occhi e di lasciare che la mente mi trasporti in cucina, dove la nonna, lo so per averlo visto centinaia di volte, ha fatto ammorbidire il burro mescolandolo poi alla farina e allo zucchero; ha poi aggiunto il latte freddo, la marmellata di albicocche che è la mia preferita, la profumatissima acqua di fiori d'arancio e un pizzico di lievito come una spruzzata di polvere di stelle. La vedo lavorare l'impasto e versarlo in uno stampo imburrato, e poi, con la stessa magica abilità necessaria a trasformare le zucche in carrozze, dopo una mezz'ora esatta la vedo sfornare il dolce fragrante e profumato. Mi stiro a lungo sotto le lenzuola, già pregustando il momento in cui il sapore del burro e della confettura di albicocche si fonderanno nel mio palato, e intanto le immagini del sogno si stemperano lentamente lasciando spazio a una sensazione di completa soddisfazione. Eppure, nel sottobosco della mia testa sento ancora agitarsi i colpetti sulla porta, tactactactactac.....tactactactactac...
All'improvviso tutto mi torna in mente con una chiarezza accecante. Cavolo, l'invito a colazione! La nonna si era raccomandata che mi svegliassi presto e sono le...nove e mezzo, caspita! E quel martelletto insistente sulla porta è sicuramente lei che, impossibilitata a inveire dalla presenza del commissaire, sta cercando di svegliarmi in maniera gentile....
Mi precipito alla porta e apro uno spiraglio, dal quale subito penetra una mano veloce come un fulmine che mi colpisce con un vistoso pizzico sul braccio.
- E' un'ora che ti chiamo! -, ruggisce la nonnina, e prima ancora che io riesca a trovare il fiato per rispondere dichiara perentoria: - Hai dieci minuti per prepararti.
- Sempre ai vostri ordini, Comandante! - bofonchio io richiudendo la porta. Poi, però, mi assale un dubbio e la riapro, gettandomi all'insegumento della nonna nel corridoio.
- Cosa mi metto? -, le chiedo sottovoce.
Per tutta risposta lei mi squadra da capo a piedi, poi sfodera uno dei suoi sorrisetti che pungono più delle vespe.
- Oh, come ieri sarai perfetta! - esclama con gli occhietti che le si fanno piccoli piccoli tra le pieghine delle guance.
- Grazie mille! - ribatto io, chiedendomi ancora una volta in base a quale criterio di selezione Cappuccetto Rosso ha avuto in sorte sua nonna e io la mia. Non ho la più pallida idea di come ci si debba presentare davanti a un commissario in pensione, nonché cascamorto ufficiale di mia nonna, e invece di darmi qualche dritta per non sfigurare l'anziana colomba che fa? Si diverte a riportarmi alla memoria la misera figura che ho fatto ieri! Mi sento avvampare al solo pensiero, e decido che è meglio infilarsi sotto la doccia e lavare via tutti i ricordi legati a quell'avventura assieme al sonno che ancora mi rallenta nei movimenti.
Facciamo il punto della situazione, mi dico mentre mi stringo addosso l'accappatoio e mi dirigo a passo rapido verso l'armadio. Sono in Provenza ma non possiedo nemmeno un abito provenzale, che forse sarebbe stato adatto all'occasione. Il fatto è che mi fanno tristezza tutti quei fiorellini...Una camicia bianca, magari con il mio pantalone nero? Per carità: troppo serioso, fa molto concierge di hotel. Prego,signori, la vostra stanza è la numero...come se non stessi già reggendo il moccolo abbastanza....La mia gonnellona folk con i sandali? No, troppo figlia dei fiori, va' a finire che il vecchio commissario ritrova l'istinto da segugio e si mette a perquisirmi in cerca della Maria....Il vestito indiano? Magari detesta questo genere di cose, i ristoranti etnici, i bastoncini d'incenso...Alla fine decido per i soliti jeans e un'allegra camicia a righe azzurre che ho comprato da H&M rigorosamente a saldo. Dopotutto sono in vacanza, penso mentre mi arrotolo le maniche fino al gomito e infilo le vecchie All-Star bianche, e nessuno mi aveva avvisato del fidanzamento ufficiale di mia nonna.
La prima cosa che noto scendendo le scale, oltre alle gambe della mia agitatissima nonnina che zampettano affaccendate attorno ai fornelli, è una camicia fuori da un paio di jeans. Hai capito il commissario, sorrido tra me e me, fa il giovincello sportivo. Meglio così, concludo passando una mano sulla mia camicia che ho indossato altrettanto fuori dai pantaloni, se è un tipo informale sarà tutto più facile.
Man mano che scendo la sua figura si fa più delineata nel mio campo visivo: è di spalle, con la nonna che gli si rivolge in brodo di giuggiole arrotolando ancora di più le sue già arrotolatissime “erre”. E per essere un pensionato ha un fisico decisamente troppo atletico e giovanile, osservo. A meno che non sia sempre merito del solito ingrediente segreto di cui tutti da queste parti sembrano fare uso; a meno che io non abbia tralasciato il fatto che l'espressione “in pensione” poteva anche tradurre “in prepensionamento” per svariati motivi . A meno che, insomma, io non abbia capito niente. Uno strano sospetto comincia a farsi strada in me assieme a un certo sfarfallare nello stomaco, e si fa certezza lampante man mano che scendo gli ultimi gradini...
- Oh, eccoti, finalmente! -, cinguetta la nonna appena mi vede, - Ce ne hai messo di tempo, eh? Comunque: commissaire, questa è mia nipote Livià.
Ci introduce raggiante, con gli occhi che brillano per la soddisfazione, mentre lui si volta verso di me e io penso oddio, oddio, oddio, non può essere vero, non può essere lui, è sicuramente uno scherzo....Lui intanto ride con quella risata simpatica e contagiosa che ha solo lui e mi strizza un occhio con fare complice, oddio oddio oddio.
- Credo di averla già conosciuta -, sorride, poi abbassa la voce di un tono e aggiunge, quasi in un sussurro che un po' mi sembra da amicone e un po' mi sembra da seduttore:
- L'incantatrice di vespe....
Sto andando a fuoco, ho un incendio in corso e non ci sono pompieri nelle vicinanze. Sono certa di essere dello stesso colore dell'abitino prugna della nonna.
- E' un piacere, Livia -, aggiunge intanto lui mentre mi tende la mano, e oddio, ha pronunciato il mio nome senza quel fastidiosissimo accento, all'italiana, come se fosse la cosa più naturale del mondo per lui, come se avesse sempre masticato la mia lingua, con un fare da vero uomo vissuto, cosa c'era a Marsiglia, eh, commissario....commissario...?
- Livià, questo è il commissaire Lavigne. - Alain -, la corregge lui, e di nuovo ride mentre mi guarda, - E dovresti convincere tua nonna a smettere di chiamarmi commissario, dal momento che non lo sono più da quasi due anni...e comunque ero solo un vice-commissario....
- Sei sempre modesto...-, lo interrompe la mia nonna-Titti di Gatto Silvestro, affrettandosi poi a rivolgersi con aria angelica alla sottoscritta:
- Ho pensato che ti avrebbe fatto piacere conoscere qualcuno della tua età.....ma vedo che hai già provveduto da sola!
Guardala come sorride, la vecchiaccia! Sapeva perfettamente di chi stessi parlando ieri, lo aveva invitato a colazione prima ancora che le vespe mi riducessero un colabrodo, e mentre le raccontavo le mie avventure faceva la parte di quella che cadeva dalle nuvole, roba da matti! Mentalmente ripercorro tutte le espressioni che ho usato con lei per descrivere il commissaire, mozzafiato, fisico da atleta, mi piace da morire....chissà come si è sganasciata dalle risate, da sola, le saranno perfino caduti gli occhiali e la cuffietta! Non avrà visto l'ora di arrivare a stamani, eh?! Razza di strega! Ora si spiega quel suo sguardo diabolico...Decido di ripiegare sui convenevoli per reprimere l'istinto nonnicida che improvvisamente mi sento friggere tra le mani.
-Mi dispiace – balbetto senza troppa convinzione – avervi fatto aspettare per mettervi a tavola...
- Nessun problema! - mi interrompe Alain (Alain? E da quando lo chiamo con il suo nome??), e intanto mi indica il piatto della torta dove sarà rimasto si e no l'equivalente di quattro porzioni.
- Diciamo che non mi sono formalizzato...- spiega ridendo, e all'improvviso anche a me viene voglia di ridere, ma mi fermo subito appena incrocio lo sguardo gongolante della nonna e realizzo senza possibilità di errore che l'adorabile anziana nasconde dentro di sé un piccolo demone che in questo preciso istante si sta sfregando le mani...
Mi siedo a tavola quando invece tutto quello che vorrei fare è afferrare un badile e scavare una fossa tanto profonda da sotterrarmi per sempre, non prima ovviamente di aver spezzato il suddetto badile in testa alla mia dolce e ruffiana nonnina. Contrariamente a quella che è la mia consuetudine non ho affatto appetito, mi si è chiuso lo stomaco e riesco a malapena a sbocconcellare la torta. Alain invece (ormai ci ho preso gusto a chiamarlo) non si lascia pregare e fa fuori anche il resto; io lo guardo e penso che quando sarà sui quarantacinque o quarantasei, tra una decina di anni, gli sarà venuta la panza, ma penso anche che andrà bene lo stesso...andrà bene lo stesso? Mentalmente mi tiro un sonoro schiaffo sulla guancia destra. Ma a chi, ma quando? Svegliati, Livia! La tua mente sta correndo verso zone che non vanno affatto bene, lo sai?
Mi costringo a scendere dalle nuvole dei miei pensieri (e sono tutti pensieri di case in campagna, bambini che scorrazzano tra i vigneti e padri con un accenno di pancia, chissà perchè!) e atterro sul tavolo della colazione giusto in tempo per sentire la mia nonna-Nonna Papera che disquisisce con il nostro ospite di semina, raccolta e vendemmia mentre versa un'abbondante dose di caffè nelle tazze di tutti. Con cannella e cioccolato, osservo, come piace a me. E anche a lui, vedo, che si versa un'altra tazza subito dopo aver terminato la prima alla velocità della luce.
- Ti staremo annoiando...- mi dice lui, e i suoi occhi nocciola, oddio oddio oddio, hanno quasi una sfumatura di scusa, e allora non so, forse è la cannella, o forse è il cioccolato che insieme al caffè dà una bella carica. Fatto sta che parto a razzo e gli dico che non mi annoio affatto, anzi mi piace molto ascoltarlo perchè fin da bambina mi divertivo tantissimo a stare nell'orto con la nonna, che era composto da tre file ciascuna di patate, rape, carote, carciofi e sedano-rapa, e gli racconto anche che mi ricordo benissimo che il nonno seminava la calendula tra le file di patate per eliminare i parassiti, e l'erba limoncina intorno alle carote per tenere lontani i maggiolini...
- Hai voglia di vedere il mio orto, domani? - mi chiede allora lui di colpo, - Magari ti va di darmi una mano....
Si interrompe bruscamente come se temesse di avermi fatto una proposta assurda, ma gli tolgo il dubbio accettando immediatamente.
- Niente vespe, stavolta- continua allora sorridendo, prima di affrontare la terza tazza di caffè – e sta' tranquilla: non ti farò svolgere lavori pesanti...
Anch'io mi verso un'altra tazza e per un attimo i nostri sguardi si incrociano sopra al boiler.
Improvvisamente mi viene voglia di essere ragazzina, quasi provocante.
- E perché no? -, gli chiedo in tono di sfida divertita.
Quando scende la sera incrocio le gambe davanti al pc e vado avanti sparata nella traduzione. Sei pagine di fila senza un attimo di sosta, senza ricorrere ai dizionari e in un italiano a dir poco da manuale.
  
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