1.
The train
Ero
alla stazione. Ero lì, immobile.
Tutto sembrava andare più veloce del solito, per fino i
treni che su per giù
sapevo a che velocità andavano. Sembrava una di quelle scene
dei film in cui tu
sei immobile e tutto scorre velocemente. Abbassai la testa e sorrisi.
Sentii
una voce familiare in lontananza. Mi girai. Lo vidi buttarsi sotto il
treno che
stava passando in quel momento. Buttai la mia valigia a terra e corsi
in
lacrime verso di lui per farlo fermare. Oramai era troppo tardi, il
treno lo
aveva travolto. Mi misi in ginocchi con la testa bassa e le mani tra i
capelli.
Ero in lacrime. Trovai un biglietto e diventai seria in un attimo.
“Addio.
Ti ho amata tanto. Dal tuo Bradley.”
Era
lui, allora lo avevo riconosciuto
bene. Mi stava girando la testa. Non sapevo nemmeno il
perché. Persi i sensi...
Mi
svegliai di soppiatto e misi,
istintivamente, una mano al petto. Avevo il fiatone ed, inoltre, ero
sudata. Mi
sdraiai e mi girai per controllare se Bradley stava dormendo. Non
c’era. Sarà
già uscito, pensai. Poi presi l’orologio per
vedere l’ora. Feci uno strano
verso.
<<
Uffa, sono già le 7... Devo
assolutamente farmi una doccia, in questo stato, di certo, non posso
partire.
>> Dissi ironicamente. Mi alzai dal letto e presi tutto
il necessario per
farmi una bella doccia fredda (Anche se era inverno), ma non troppo,
fredda al
punto giusto per svegliarmi. Avevo ancora sonno. Era mio solito cantare
sotto
la doccia, ma quella mattina non avevo forze per fare niente. Uscii
dalla
doccia e mi vestii. Mi misi gli stessi vestiti del sogno, avevo il
timore che
tutto potesse succedere, che quello che avevo sognato era un “sogno premonitore”...
Avevo solo paura
di questo. Non ci pensai troppo, non volevo arrivare alla stazione
terrorizzata
al sol pensiero. Mi misi i jeans che amavo tanto, quelli che mi si
“incollavano” alla pelle, le scarpe bianche e rosa
da ginnastica e la maglia
fuxia. Uscii dal bagno ed andai in cucina per prepararmi la colazione.
Aprii il
frigo e presi il latte. Poi, presi la pentola per il latte e lo misi a
scaldare. Infine presi i primi biscotti che mi capitavano sotto mano e
ci feci
colazione. Aspettai che il latte si scaldasse, dovevo stare attenta,
non volevo
che il latte divenisse troppo caldo. Feci colazione molto lentamente.
Lavai tutto,
volevo lasciare casa pulita e in ordine fino al mio ritorno. Mi
squillò il
cellulare. Risposi. Era Bradley.
<<
Ma dove sei finito? >>
Gli chiesi con curiosità.
<<
Veramente lo dovrei chiedere
io. Ti sto aspettando da 10 minuti qua sotto. E... >> Mi
rispose. Stava
continuando a parlare quando io lo interrosi.
<<
Da così tanto tempo mi stai
aspettando? Scusa, avevo perso la cognizione del tempo. Sai ho fatto un
sogno
stranissimo, un incubo, e sono ancora sconvolta. >> Gli
dissi ripensando
al sogno.
<<
Va bene. Mi racconti tutto in
macchina che sennò facciamo tardi e perdiamo il treno.
>> Mi disse.
Sorrisi.
<<
Va bene. Un secondo e scendo.
Ciao. >> Mi risalutò. Poi riattaccai. Andai
nella mia camera e presi la
valigia. Chiusi tutto bene, mi assicurai di aver preso tutto.
Arrivai
davanti a Bradley e ci
salutammo con un bacio. Successivamente misi la valigia nel
portabagagli ed
entrai in macchina.
<<
Guidi te o guido io? >>
Gli chiesi. Facevamo una volta per uno. Lo sapevo che doveva guidare
io, ma
volevo vedere cosa mi rispondeva.
<<
Guido io, guido io. E lo sai
che devo guidare io stavolta. >> Mi disse a tono.
<<
Lo so. Volevo solo vedere che
mi rispondevi. >> Gli dissi. Poi gli sorrisi. Mi
ricambiò il sorriso.
<<
Comunque, che hai sognato
stanotte? >> Mi chiese incuriosito. Quasi quasi mi stavo
dimenticando di
raccontarglielo. Forse non dovevo dirgli QUEL sogno, ma dovevo dirne un
altro
sul momento.
<<
Il sogno? Quale sogno?
>> Chiesi. Stavo facendo finta di non ricordarmi della
telefonata di
prima e di avergli parlato del sogno.
<<
Non ricordi? >> Feci
cenno di no. << Prima, al telefono, mi avevi detto che
avevi fatto un
incubo. Poi io ti avevo detto di raccontarmelo in macchina,
perché sennò
stavamo facendo tardi. >> Mi disse.
<<
Ah, sì! Il sogno! Ora mi ricordo.
Forse rimarrai scioccato... >> Cominciai a raccontargli
il sogno. Avevo
paura di qualche sua reazione. Cominciò a ridere.
<<
Ma ti pare? Io che ti scrivo
un biglietto e poi mi suicido? >> Aveva una strana faccia
mentre lo
diceva. E se fosse tutto vero? E se si voleva veramente suicidare? Non
lo
potevo sapere, dovevo aspettare. Dovevo fare di tutto per impedirgli di
allontanarsi da me. Arrivammo alla stazione, dovevamo solo trovare un
posto per
la macchina. Per fortuna c’era un posto libero, perfetto per
la macchina di
Bradley. Scesi e presi la mia valigia e quella di Bradley. Le posai a
terra.
Ognuno portò la propria valigia. Arrivammo davanti al
binario del treno che
dovevamo prendere.
<<
Alice, aspetta un attimo. Vado
a comprare le sigarette, torno subito. >> Mi disse. Si
stava avviando dal
tabaccaio quando io lo fermai.
<<
Aspetta, vengo con te. E poi
sempre con questo vizio. Quando la finirai? Ti fa male fumare!
>> Gli
dissi premurosamente.
<<
No, è inutile che vieni.
Faccio subito. E poi fumare mi calma, sai fumo solo quando sono
nervoso.
>> Mi disse, con un tono da rimprovero.
<<
Ma tu fumi sempre. Quindi sei
sempre nervoso! >> Gli dissi. Mi sorrise e poi mi
baciò. Sembrava un
bacio di addio. Si avviò dal tabaccaio. Io ero immobile a
fissare il vuoto.
Sembrava di trovarmi nell’incubo della stessa notte. Era la
stessa situazione e
lo stesso luogo. Mi trovavo al centro e tutto scorreva attorno a me
velocemente. Avevo il cuore in gola, volevo camminare ma non ce la
facevo, non
riuscivo a fare quello che volevo. Ma Bradley? Perché ci
mette così’ tanto?
Pensai. Mi girai e vidi un uomo era tentato a buttarsi sotto il primo
treno
passante per la stazione. Era Bradley, lo potevo riconoscere anche tra
mille
persone uguali a lui. Era il mio Bradley. Stava passando il treno e
stava
accadendo tutto come il sogno. Quello che temevo si stava realizzando.
Feci
cadere la valigia e corsi verso di lui per fermarlo. Niente si
buttò tra i
binari e il treno lo travolse. Cominciai a piangere. Ora ci doveva
essere il
biglietto se tutto si doveva svolgere come avevo sognato. Come previsto
si
trovava accanto a me e c’erano scritte le stesse parole di
quelle del sogno:
“Addio.
Ti ho amata tanto, Dal tuo Bradley”
Ero
disperata, non sapevo che fare. Non
sapevo come comportarmi. Mi alzai vagai per la stazione. Ero spaesata,
la gente
mi si avvicinava ma non mi parlava. Solo una ragazza, con una voce
familiare,
mi parlò.
<<
Ciao Alice. Ho visto quello
che è successo. Mi dispiace >> Disse. La gente
nei momenti di difficoltà
ti sa dire solo questo.
<<
Io lo sapevo. Sapevo che
sarebbe successo. Perché non l’ho fermato?
>> Dissi a bassa voce.
<<
Come facevi a saperlo?
Aspetta, andiamo a casa mia e mi racconti tutto. >> La
seguii senza dire
niente. Ero sconvolta. Sembrava stessi sognando, ed era quello che
volevo.
Continuavo a osservare il biglietto che mi aveva scritto Bradley.
Quando
arrivammo a casa della ragazza, di cui non mi ricordavo il nome a causa
dello
choc, ci sedemmo e mi preparò un the caldo, per farmi
calmare, credo.
<<
Allora, tu sapevi che sarebbe
successo tutto ciò. E come facevi a saperlo?
>> Mi chiese.
<<
Ma la gente non si può fare
gli affari suoi? >> Le dissi scontrosamente.
<<
Scusami tanto. È che voglio
solo aiutarti a trovare il perché dell’accaduto.
Non ti ricordi che sono della
polizia? >> Mi chiese.
<<
No, mi dispiace. Non mi
ricordo neanche chi sei. >> Le risposi. La conoscevo?
Questa era una
delle tante domane che mi gironzolavano per la testa.
<<
Sono Elisa, ora ricordi?
>> Mi chiese con la tentazione di farmi ricordare piano
piano tutto.
<<
Sì, ora mi ricordo. >>
Le dissi con un tono serissimo. << Vuoi sapere come
facevo a sapere che
sarebbe successo, giusto? >> Le chiesi.
<<
Sì. >> Mi diede una
risposta secca.
<<
Però promettimi che non mi
prenderai per una pazza e che non lo dirai a nessuno. Non dovrai
registrare
niente. So come funzionano queste cose con vuoi poliziotti.
>> Le dissi
con un tono autoritario.
<<
Te lo prometto. >>
Sapevo che avrebbe registrato tutto. Dovevo raccontargli del sogno, non
avevo
altra scelta. Non avevo neanche le forze per inventarmi
qualcos’altro.
<<
L’ho sognato. >>
<<
L’hai sognato? E che è
successo nel sogno? >> Mi chiese incuriosita.
<<
Tutto quello che è successo
nella stazione. Io ero immobile e c’era tanta gente che
camminava. Poi c’era un
uomo davanti ai binari. Aveva l’aria di una persona che
volevo andarsene per
sempre e non vivere più. Io corsi per fermarlo, ma appena
passò il treno si
buttò tra i binari e venne travolto. Successivamente trovai
questo foglietto
dove c’era scritto: “Addio.
Ti ho amata
tanto. Dal tuo Bradley.” Questo è
quello che ho sognato e quello che è
successo. Puoi crederci o meno. L’importante è
trovare la causa del suicidio.
>> Le risposi.
<<
Va bene. Ti aiuterò. Sarai
molto importante per questo caso. Ci potrai aiutare. Dovrai solo
rimanere qui
fino alla fine del caso e quando telo dirò io dovremmo
andare a casa tua per
controllare tutti i documenti di Bradley. Sistemati bene e fai come se
fossi a
casa tua. Io esco per un po’, vado a dire agli altri
poliziotti del caso, poi
torno. >> Uscì. Ero rimasta immobile. Dopo un
po’ distolsi lo sguardo
dalla parete e mi andai a riposare, per rimettere le idee in ordine.