Anime & Manga > Lady Oscar
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Autore: dank    19/09/2010    2 recensioni

Solo un breve testo riguardante il momento di cambiamento nella vita della nostra eroina che si concretizza nell'abbandono del comando della guardia reale. Non ho aggiunto per ora nulla di rilevante alla trama di Anime/Manga anche se devo sottolineare per migliorare il punto di vista del testa che è stata presa più in considerazione la versione cartacea di quella animata: Oscar non lascia la guardia reale principalmente a causa di Fersen come sembra dirci quasi esclusivamente l'anime, ma per motivi più ampi e sociali che riguardano un cambiamento nella visione del mondo che non può che col tempo includere anche Andrè visto che, some tutti i lettori sanno, ne compone la gran parte. Per i puntigliosi: una famosa marchesa Sévigné è effettivamente esistita anche se qualche decennio prima, ne ho usato semplicemente il cognome.
Ovviamente: Il testo fa riferimento all'opera dell'autrice Riyoko Ikeda della quale rapprensenta solo un omaggio senza alcuno scopo di lucro o qualsivoglia guadagno e senza l'intenzione di lederne in alcun modo i diritti.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I giardini di Versailles si stavano svegliando, le rose dovevano ancora sbocciare ma con l'arrivo di aprile stavano già mostrando le gemme verdi che avrebbero dato vita ai nuovi rami ed ai nuovi fiori, dopo un lungo e freddo inverno anche il cielo stava facendosi più azzurro, il grigio delle nubi lasciava posto al sereno, tanto più che quel giorno il sole splendeva caldo ed illuminava l'oro dei ricami e le pietre delle medaglie del comandante della guardia reale come non mai. Il cappello sotto al braccio la donna saliva in direzione della galleria che portava agli appartamenti della regina. Le udienze stavano per finire e vi era solo un paio di dame con accompagnatrici al seguito che attendevano nel lungo corridoio, i vestiti di raso, le ricche decorazioni ed i gioielli, probabilmente il meglio che potavano permettersi per apparrire nel massimo splendore, erano solo un pallido riflesso della ricchezza degli affreschi e dei decori delle pareti e del soffitto. Ovunque l'ostentazione del lusso traboccava oltre il buon senso, madame de Sévigné portava attorno al collo una pesante collana di diamanti, alla scollatura un mazzo di camelie dai petali delicati, teneva davanti al viso il ventaglio di batista mentre confidandosi con la cugina commentava l'arrivo del colonnello. Un inchino aveva spezzato la conversazione, solo il tempo per dare e riceve un cenno del capo da entrambe le parti era bastato prima che i sussurri ricominciassero insistenti e frammezzati soltanto da brevi e falsi accenni di riso. Il conte de Jarjayes dopo il saluto si era fermata presso una delle numerose vetrate che occupava tutto il lato della galleria, il solito portamento rigido e severo, la mano destra posata sull'elsa della spada e lo sguardo perso oltre il vetro verso le prospettive dei giardini, la machesa le si era avvicinata piano. **Colonnello, quì a corte non fanno che parlare del vostro costante impegno contro il famigerato ladro... il cavaliere nero, ditemi è come dicono? Che lo stiate tenendo prigioniero presso la dimora della vostra famiglia. Sapete ho sentito che si tratta di un membro della nobiltà normanna...**. La bocca era rimasta aperta pronta per dire altro, per approffitare dell'occasione di avere prezione informazioni di prima mano da smerciare al mercato dei pettegolezzi e delle maldicenze, ma le labbra, rese rosse dal trucco, si erano pian piano richiuse in un'espressione più che delusa, irritata. Il colonnello aveva voltato il capo nella sua direzione e l'espressione di sdegno che mostravano i suoi occhi, il disgusto che sull'intero viso della donna era chiaramente visibile aveva reso chiaro che da lei non sarebbe stato possibile ottenere nulla. Alcuni minuti aveva impiegato l'ufficiale della guardia per distaccare la sua attenzione del viso rubicondo della nobile, per riuscire ad allontanare da sè il senso di disagio che il forte profumo portato dall'altra le aveva provocato allo stomaco, per riuscire in sostanza a risponderle. **E' questo ciò che si dice? Purtroppo madame devo confessare che nulla corrisponde al vero.** Dietro le spalle lasciate scoperte dalla veste della marchesa era comparsa la piccola e minuta figura di una delle dame di compagnia di sua maestà, formalmente aveva atteso che il conte finisse di parlare per farsi avanti. **Vostra altezza la regina vi sta aspettando.** Girandosi per avviarsi dietro alla giovane donna il colonnello non aveva detto nulla di più, una volta scomparso dietro alle alte porte dorate il chiacchiericcio della de Sèvigné aveva ripreso con ancora maggiore enfasi.
Maria Antonietta, regina di Francia, aspettava il comandante delle guardie già da qualche tempo, era agitata, un velo di paura rendeva più opaca l'allegria che i suoi grandi occhi chiari erano abituati a mostrare, girata la schiena al comandante per prendere della frutta da un vassoio aveva cominciato a parlarle sicura di quanto la loro lunga amicizia potesse influire assai negativamente sulla necessità di usare quel comportamento formale che aveva sempre trovato difficile da sostenere a lungo. **Monsieur de Jarjayes avete chiesto un'udienza. Credevo che sapeste benissimo che voi siete sempre bene accolto presso la nostra persona e tempo che non abbiamo occasione di passare del tempo assieme, la ricerca di quel ladro vi sta davvero tenendo così impegnato?**. Sicura della familiarietà che poteva godere con Oscar aveva invece sorprendentemente scoperto che il colonnello aveva pensato fosse invece giusto inchinarsi, il ginocchio posato a terra, a qualche metro di distanza da lei attendeva con la fronte bassa di ricevere il saluto e quindi di poterle porgere la sua richiesta. Un gesto che le risultò amaro togliendole per un attimo il respiro, la donna bionda che aveva di fronte le appariva lontana e sfocata come se per la prima volta nella loro vita si fossero trovate separate da una sottile lastra di vetro, il suo capo chino ed umile. **Vostra altezza.** Il colonnello aveva rialzato il capo guardandola negli occhi ed in essi la regina seppe leggervi la solita determinazione ed assieme ad essa una preoccupazione feroce che non seppero fare altro che aumentare ancora di più un crescente senso di disagio. **Ho una richiesta da farvi: desidero dimettermi dalla guardia reale, vi chiedo di rilasciarmi la lettera ufficiale...**. Un nuovo trauma, la voce della regina non aveva potuto fare a meno di divenire tremante ed acuta in seguito a quella strana richiesta, una domanda che in un primo momento non aveva potuto che essere stata solo una sorta di allucinazione. **No, non potete...**. Da buon soldato consapevole che ogni perdita di tempo sarebbe stata utile al nemico per poter organizzare dei buoni argomenti contro la sua decisione il colonnello aveva insistito senza consentirle di dire altro, la sua voce accalorata aveva involontariamente assunto un tono di supplica. **Non vi ho mai chiesto nulla, in tutti questi anni, vi prego è il mio unico desiderio.**. Il problema maggiore sarebbe stato il seguente, Maria Antonietta faceva fatica a rendersi conto della richiesta dell'altra donna, ma non avrebbe tralasciato di chiederne la ragione, il soldato ne era consapevole che allo stesso tempo sapeva bene che nonn avrebbe mai potuto davvero spiegare il perchè della sua decisione. **Posso promuovervi generale, non ho mai ricevuto la richiesta di essere degradato, posso farlo se lo volete...Ma perchè? Così all'improvviso.** La sua voce si era fiaccata divenendo man mano sempre più bassa ma alla fine era arrivata comunque al punto. **Non sono stato in grado di catturare il cavaliere nero vostrà maestà, per questo richiedo di essere degradato, di lasciare la vostra guardia.**. Le labbra del colonnello si erano contratte, qualcosa non andava, forse perchè la menzogna non era ciò che sapeva fare meglio anche se di certo l'aria colpevole che aveva assunto era sincera tanto da giustificare la sua risposta. Era una frase pronta, maturata già da qualche giorno, una carta da posare sul tavolo per vincere la partita. **Posso solo affidarvi il comando della guardia metropolitana, non ci sono altri posti disponibili ma... dovreste ripensarci: i suoi soldati non sono selezionati come quelli che conoscete ed il generale Bouillé osteggia apertamente vostro padre.** C'era più che una manciata di buone ragioni per rifiutare un incarico simile, nessuna per lasciare la guardia reale, ma stranamente più i lati negativi di quello che sarebbe stato il suo nuovo dovere venivano esposti più vi era un qualcosa di soddisfatto sul volto del colonnello che cresceva, ed ogni piccola considerazione in negativo che avrebbe potuto aggiungere alla sua risposta sembrava consolidarle questa impressione e persino la Regina arrivò a comprendere che era vano continuare a cercare di convincere il suo comandante e restare a corte, a restare a proteggerla. **Come volete allora... ** Anche ogni augurio sembrava ora inutile, la realtà aveva già da tempo cominciato a rarefarsi, il teatro che era stata fino a quel momento la loro vita stava mostrando nella sceneggiatura squarci sembre più ampi. Così come il numero delle udienze stava calando e la corte impoverendo progressivamente dei suoi nobili anche le certezze sulle quali il mondo si era sempre basato stavano perdendo man mano la loro solidità. Ora alla fine anche lei se ne sarebbe andata. **Vi ringrazio mia Regina.** Oscar Francois per un attimo aveva sorriso, soddisfatta, forse neppure era stata in grado di rendersene conto ma quel piccolo barlume di felicità aveva dato vita ad un dubbio che avrebbe separato le due donne fino alla fine dei loro giorni cominciando da quello stesso istante. Non vi erano infatti state più vere parole fra loro due in quel colloquio, fra colei che si ostinava a chiudere gli occhi davanti al cedere delle illusioni e l'altra la cui sete di vita la forzava ad infrangerle correndo il rischio di restarne ferita. Uscendo di nuovo all'aria aperta, il profumo della primavera dava una leggera ebrezza al colonnello, il sangue che correva veloce riempiva gli orecchi di un rumore nuovo, simile allo scroscio della pioggia, faceva male, una sofferenza anch'essa nuova, l'idea di dover lasciare il suo incarico, i suoi uomini,  cambiare aria, cambiare vita con lo scopo di assaporarne una che avesse il sapore di una realtà che le era sempre sfuggita nella sua interezza, passare il confine portava un dolore benvenuto. Oltre il vetro di una grande finestra la regina osservava il colonnello lasciare l'edificio e quello che più la stava preoccupando era l'essersi ritrovata incapace di seguire i pensieri di una donna che conosceva da anni e che per lungo tempo aveva rappresentato per lei l'unico vero volto amico. Non si sarebbe vista piangere la regina di Francia per una cosa simile, eppure, eppure dopo tutto quel tempo se anche il suo colonnello se ne sarebbe andata aveva ancora i suoi figli e lui, sempre lui.

La strada per arrivare a casa non le era mai sembrata tanto lunga, i paesaggi che non erano poi molto cambiati da quando era nata, i boschi dei quali le pareva di poter riconoscere ogni fusto che si scorgeva dalla via, scorrevano lenti nonostante la veloce andatura di Cesar, sonnacchiosi. Nemmeno al ritorno da quel maledetto ed umiliante ballo il rientro era durato tanto, ancora fremeva stringendo le redini ricordando quanto era stata capace di piangere, cose da non crederci. Le faceva male tutta quell'attesa di rivedere palazzo Jarjayes, la faceva pensare troppo, pensare all'uomo, il giornalista, che teneva rinchiuso, al modo in cui l'aveva definita, alla rabbia nella sua voce e soprattutto ai motivi che l'avevano spinto a rubare. Anche lui come tutti aveva indossato una maschera ma ben presto molti avrebbero tolto la loro ed agli altri sarebbe stata strappata via con la forza. Il mondo stava impazzendo e lei con lui. André, il vederlo aveva sempre saputo darle un senso di sollievo, la sua costante presenza dietro alle spalle, lui era una sicurezza, una legge della natura, eppure anche lui come tutto il resto sembrava essere divenuto folle. Aveva raggiunto le stalle, come saluto solo un leggero sorriso da entrambe le parti, era difficile non farlo dopo così tanto tempo trascorso assieme, i corpi si muovevano da soli indipendentemente dal senso di colpa e dalla paura che potevano dominarne la ragione. Erano sinceri. Il sole entrava dalle alte aperture, il pulviscolo diventava oro diffuso nell'aria sotto forma di polvere magica, senza una parola l'uomo aveva iniziato ad aiutare Oscar a togliere sella e finimenti, lei rifuggiva il suo sguardo e stringeva le labbra per non cadere nella trappola di iniziare a parlare, lui aveva come spesso gli accadeva perso la parola davanti al dono che aveva ricevuto di poterle ancora stare accanto dopo quello che aveva fatto. Restavano sempre il distacco ed assieme il silenzio ma il sottile dolore che gli infondevano nel cuore erano ai suoi occhi una punizione più che giusta, un discreto modo per ricordarsi che le cose non erano più come un tempo. In seguito, appoggiato alla stalla era rimasto a guardarla, sfocata, nel sole che stava tramontando avviarsi verso il grande palazzo, al suo occhio non era molto più che una forma affusolata del colore della divisa alla cui sommità ardevano della luce delle stelle i lunghi capelli biondi.
  
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