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Autore: Ciribiricoccola    21/09/2010    4 recensioni
Che differenza c'è fra una normale serata tra amici ed una serata tra Dougie e Clarissa?... Un LUNA PARK, con tutte le conseguenze del caso.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dougie Poynter, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'McClaire- She's the young, she's not alright'
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teenage
Buon pomeriggio, EFP!

Con calma e pazienza riuscirò ad aggiornare al più presto "Falling in love", per chi la stesse aspettando tra le mcflyane! Intanto, vi regalo questa storiellina che ho scritto nel giro di 2 giorni, colpita da una botta d'ispirazione di cui io stessa mi sono stupita! Ringraziate la dea Katy Perry e la sua "Teenage dream"per questo U_U!

Questa shot va dritta dritta nella serie "McClaire" e, per chi già ne conoscesse il contesto, è temporalmente collocabile prima di "Point of view"! Per la serie "Nelle origini..." XD! E con questo, sono al mio secondo SPIN-OFF!

Non mi resta che dire che cito persone realmente esistenti senza la pretesa che mi appartengano, senza volerle offendere; Clarissa, lo sapete, è un personaggio inventato; "Teenage dream" viene menzionata qua e là senza alcuno scopo di lucro...

E olè, ho finito con le formalità! Attendo i vostri responsi! Merci! Ba mush!

Ciry







TEENAGE DREAM




You think I'm pretty

Without any makeup on…



“Gelato o ciliegia?”
“Eh?”
“Il lucidalabbra! Al gelato o alla ciliegia?”
Dougie si finse disgustato con una smorfia e replicò: “Ma perché voi donne vi mettete tutta quella roba sul viso?!”
Clarissa alzò gli occhi al cielo, pentendosi della domanda che gli aveva fatto.
“Quanto sei palloso! Se a una ragazza piace truccarsi, si trucca e basta! E poi nel mio caso, non arrivo mai a farmi quei mascheroni assurdi che odi tanto!”
“Fossi nei tuoi panni, non mi truccherei affatto!”
“Sì, perché tu sei un pigro!”
Dougie la contraddisse con sincerità: “No! È che non ti serve il trucco, sei carina anche senza!”

Come di consueto, lei non prese molto sul serio il suo complimento e gli rifilò il classico spintone che lui incassò, tollerante e forse anche un po’ rassegnato; finì gambe all’aria giù dal letto e Clarissa si mise a ridere davanti a quella scenetta, con suo grande piacere: farla ridere era uno dei suoi passatempi preferiti.
“D’accordo, ok, ho capito l’antifona: mi do una mossa e usciamo!” lo prese in giro, guardandolo dall’alto del suo materasso “Ma almeno il lucidalabbra voglio metterlo! Allora, ciliegia o gelato?”
“Ma come può esistere un lucidalabbra al gelato?!” protestò il ragazzo, alzandosi in piedi.
“Doug! Ciliegia o gelato?!” insistette energicamente l’amica.
“Che palle! Gelato!” scelse l’altro, esasperato.
“Sicuro?”
Dougie ridusse gli occhi a delle fessure nel fulminarla con lo sguardo; Clarissa gli propose, ignorando la sua stizza: “Prima senti com’è, no?”
Anche quello era un rito al quale partecipava, ogni volta esagerando di proposito nel suo ruolo di maschio recalcitrante e seccato all’idea di spalmarsi quella roba appiccicosa sulle labbra; più lui protestava e più lei s’intestardiva nelle sue effimere imposizioni, finché non lo costringeva a sedersi e a farsi truccare la bocca per puro divertimento. Dougie non capiva come un gesto così stupido potesse divertirla tanto, ma in fondo poco gli importava.
Certo, era una fortuna che avessero gli occhi di colori diversi, cerulei i suoi e color cioccolato quelli di lei, altrimenti si sarebbe impuntata senza dubbio anche per fargli provare i suoi ombretti, per poi verificare se il risultato sarebbe stato soddisfacente anche su di sé.
Era la sua improbabile e mansueta cavia da make-up artist. Non lo diceva in giro, era una cosa personale, che esisteva solo tra loro due, non aveva mai permesso a nessun’altra ragazza di trattarlo così.
Ma non si considerava una vittima nelle sue grinfie, bensì un complice che la appoggiava nelle sue idee, spesso bislacche, ma per questo molto appetibili per entrambi.

Si era informato e aveva scoperto che con Tom certe cose non le faceva. Il suo amico di una vita era buono e caro, ma meno incline a certe stramberie femminili: preferiva ubriacarsi con i ragazzi e finire la serata dopo una lunga serie di figuracce in luoghi pubblici, ma con Clarissa faceva sempre il fratellone responsabile, il ragazzo tutto d’un pezzo che la sosteneva sempre e comunque e con il quale beveva solo una birretta, al massimo due, per poi parlare e parlare…

Con Danny e Harry c’era la giusta dose di confidenza e di divertimento, ma entrambi erano arrivati dopo Tom tra le sue amicizie ed il fatto che avessero entrambi la ragazza era di per sé limitante, in un certo senso… Del resto, chi avrebbe voluto scatenare l’ira funesta di due fidanzate che si sentivano trascurate, oltre che per la musica e gli amici, per una semi-sconosciuta come lei?
Si comportavano bene con la “nemica”, qualche volta uscivano insieme, chiacchieravano, ma il messaggio da parte delle due biondine era chiaro: il loro territorio non doveva essere invaso, non dopo tutta la fatica che ci avevano messo entrambe per conquistarselo.
Ma Clarissa faceva la serafica, forse anche la gnorri di fronte a tali limitazioni, e restava la solita amica di sempre, sia con il chitarrista che con il batterista. Con Tom la questione era un’altra, il loro rapporto era di tutt’altro stampo, e la cosa non dava minimamente fastidio a Gi: avrebbe potuto trovarli insieme sdraiati a letto in tutta tranquillità, senza mettersi a prenderli a schiaffi o a male parole.

Quando ebbe finalmente finito di stemperarlo di quella poltiglia rosea e appiccicosa, gli ordinò: “Ora senti, dimmi se non sa di gelato, quello confezionato!”
Eseguì, strusciando le labbra con aria perplessa, e poi le fece schioccare, leggermente sorpreso: stranamente, per la prima volta non gli aveva fatto poi così tanto schifo l’ennesimo lipstick.
“E’ vero! Sa di… hai presente i Soft della Wall’s?”
“Esatto! Allora è questa la tua risposta definitiva?”
Il bassista annuì, assumendo un’aria solenne, e con il palmo della mano si liberò del gustoso ma vischioso “Cruisin’ with Catherine”, così si chiamava quella diavoleria da labbra.
“Doug… I fazzoletti!” lo richiamò subito la ragazza.
“Ma l’ho mandato via lo stesso con la mano!” protestò l’altro.
“Sì, e ora hai la faccia piena di glitter!”
Dopo un’imprecazione colorita, si voltò verso lo specchio e con suo grande disappunto constatò che Clarissa aveva ragione: la sua guancia destra sembrava coperta da uno sfregio simile a quello del Joker di Batman, solo in versione gay, rosa e scintillante.
“Vedi cosa succede quando mi sottoponi a queste cazzate…” brontolò mentre era alla ricerca di un fazzoletto di carta nella stanza.
L’amica lo schiaffeggiò scherzosamente con un kleenex preso dalla borsetta e gli immobilizzò il viso con una mano per poi iniziare a pulirlo.
“Povero Poynter, prima combina più guai della grandine e poi da la colpa agli altri…” cantilenò divertita.
“Intanto non osare avvicinarti a me per tutta la serata con quel coso sulla bocca…” la ammonì lui “E la prossima volta esci senza trucco, o ci toccherà piantare le tende direttamente a casa tua per la notte!”
“Ti devono venire le mestruazioni, Doug? Sembri una pentola di fagioli che bolle!”
“No, è che voglio lo zucchero filato… Cazzo, avevo quindici anni l’ultima volta che mi sono fatto una porzione decente di zucchero filato…”
“Che motivazione seria!”
“Prendi pure per il culo, Cruisin’ with Catherine dei miei stivali… Un nome così ridicolo per un lucidalabbra dovrebbe farti capire che sei più carina se non lo porti…”
Clarissa sorrise lusingata per poi baciarlo velocemente sui capelli.
“Me lo metterò lo stesso!” esclamò prima di arraffare il tubetto di lipgloss.




You make me feel
Like I'm livin' a
Teenage dream…




I suoi vestiti sapevano di frittelle di mele, si era macchiato i jeans con il caramello e non era riuscito a finire il suo enorme nuvolone azzurro di zucchero filato.
E intanto lei rideva, lo trascinava in qua e in là su ogni montagna russa o giostra presente, e si trangugiava quel dolciume da lui avanzato.

“Doug, prendiamo qualcosa da bere? Mi è venuta sete!”
All’idea di fare nuovamente la fila al banchetto che fungeva da bar e da friggitoria, per poco non gli venne da vomitare.
“Certo! Prendo anch’io qualcosa, già che andiamo…”
Si comprarono una birra a testa e Clarissa ebbe il buon senso di dire: “Fermiamoci un attimo qui ai tavoli, dài… Time-out, le giostre non scappano!”

Quella fiera londinese del luna park gliel’aveva proposta lui, anche se aveva omesso di dirle che inizialmente avrebbe dovuto andarci con Louise, era con lei che aveva  progettato di trascorrerci non solo la serata, come in quel momento, bensì tutto il giorno.
Le intenzioni erano state buone, i risvolti un po’ meno: alla fine, si erano lasciati; ripromettendosi di non fare mai più programmi in vita sua, Dougie aveva così deciso di offrire la serata folkloristica ad una delle sue più care amiche, sicuramente una figura più solida rispetto a qualsiasi altra fidanzata.
Aveva di sicuro fatto la scelta giusta, perché Clarissa adorava i luna park, in particolare le giostre in vecchio stile, i caroselli ed i giochi a premi, dove chi centrava tutte le lattine con una palla o atterrava tutti gli omini plastificati con la finta carabina vinceva un grosso peluche a scelta.
Quello che non sapeva era che l’appetito della ragazza, normalmente paragonabile a quello di un uccellino, si quintuplicava di fronte alle fatiche provocate dai giri in giostra e dalle attese in piedi per fare la fila: mangiava cioccolatini, caramelle, patatine, marshmellows e trangugiava bevande gassate con la voracità di un orco affamato, e dal momento che tutti quei manicaretti si pagavano in spiccioli, era già la quarta o quinta volta che la biondina gli faceva aprire il portafoglio per dei piccoli prestiti, perché a lei sembrava “brutto” scambiare le sue 50 sterline intere, le ultime rimaste dopo che aveva dato fondo al proprio porta-monete.


Un rutto trattenuto a stento le scosse le spalle; nonostante la mano messa educatamente davanti alla bocca e l’aria indifferente, Dougie notò quell’atto digestivo poco signorile e decise di ridere un po’ di lei e con lei.
“Claire, ma sei una selvaggia!” la riprese ridendo. Subito Clarissa lo imitò, arrossendo per l’imbarazzo di essere stata scoperta.
“Voi uomini potete farlo in libertà, e allora anch’io lo faccio!” protestò dopo avergli mostrato la lingua.
Per tutta risposta, il bassista si esibì in un eruttamento- ruggito che lasciò la ragazza con gli occhi spalancati… In compenso, una signora con tanto di carrozzina che passava di lì in quel momento si sentì in diritto di squadrarlo dall’alto in basso per poi scuotere la testa, contrariata. Tanto bastò per trasformare entrambi in due statue di sale dalle facce apparentemente pentite; infatti appena la signora girò l’angolo, scoppiarono a ridere all’unisono.
“Doug, avrai bloccato la crescita del neonato!!!” scherzò Clarissa con le lacrime agli occhi.
“O forse avrò traumatizzato la madre!” replicò il ragazzo, ridacchiando mentre riprendeva a sorseggiare la sua birra.
“Adesso ricomponiamoci e facciamo le personcine serie, forza, su…” provò ad incitarlo lei, dopo aver notato con una punta di fastidio la clientela del bar che si era voltata per la maggior parte a fissarli e a ridere di loro gratuitamente.
“Oh, no no, mia cara… E’ da tutta la sera che facciamo quello che vuoi tu! Adesso facciamo un bel gioco, che si chiama Doug è curioso…” si ribellò il bassista, sfoderando un sorrisetto malizioso.


Tre birre più tardi, erano ancora la solito tavolo, cercando di parlare a voce bassa e di non generare altri scoppi d’ilarità.
Clarissa aveva protestato un po’ all’inizio a causa di quel gioco proposto da Dougie, ma alla fine si era arresa e si era attenuta alle regole: massima sincerità, massima inventiva nel formulare domande imbarazzanti e, soprattutto, una sola domanda alla volta, alternandosi.

“Doug, basta con questo gioco… Mi sta togliendo la dignità!” provò a ribellarsi la ragazza ad un certo punto.
Il ragazzo scosse il capo con decisione e le ordinò: “Bevi e fai la domanda! Ora tocca a te!”
La testa le girava, la risata veniva su spontanea fin troppo facilmente, quindi obbedire non le pesava più di tanto: non voleva ammetterlo, ma si stava divertendo nonostante la vergogna provata nel sentire o fare rivelazioni fino a poco prima nascoste o sconosciute.
“Dunque…” rifletté, alzando lo sguardo al cielo per qualche secondo; per poco non cadde all’indietro dalla panca. Dougie abbandonò la sua postazione di fronte a lei per sederle accanto e sorreggerle la schiena; nel frattempo, lei era già scoppiata a ridere, un’altra volta.
“Ce l’ho!” affermò infine, alzando il pugno, vittoriosa, e tornando a fissarlo “Dougie Poynter, voglio sapere se… Dio, non so neanche come faccio a farti domande del genere… Se hai mai avuto delle fantasie a sfondo… sessuale… sulle ragazze frequentate da Dan, Tom o Harry!”
Il bassista esultò mentalmente per aver finalmente ricevuto una domanda come si deve e fece finta di esitare…
“Intendi dire ragazze come Gi o Izzie, le fidanzate, oppure… delle ragazze, tipo, non so… anche delle amiche?”
“Ragazze! Hai capito, no? Ragazze!” gli rispose semplicemente lei, uno scintillio anomalo negli occhi.
Trattenendosi dallo sghignazzare, Dougie si strusciò le mani prima di parlare.
“Non mi sono mai sognato Gi, perché la conosco da sempre, come Tom, e non è il mio tipo… Quindi, escludiamo lei per prima!”
Clarissa annuì, ansiosa di saperne di più.
“Poi…” continuò l’amico “Ci sarebbe Olivia! Sinceramente, quando Dan me l’ha presentata… un pensierino ce l’ho fatto…”
“Un pensierino di che tipo?!” volle subito sapere l’altra, che intanto gli aveva afferrato un braccio.
“Mi ispirava un non so che di violento!” la accontentò Dougie “Tipo che quando ho saputo che faceva equitazione, l’ho immaginata con una sella sulla schiena e io dietro col frustino!”
Anche se avesse voluto continuare, non avrebbe potuto: Clarissa lo stava sovrastando con le risate più sguaiate che avesse mai sentito uscire dalla sua gola. Le ci vollero trenta secondi per riprendersi, e tossì anche un po’ prima di ricominciare con il suo interrogatorio.
“E poi, e poi, e poi? Continua!” lo incitò, strapazzandogli il solito avambraccio.
“E poi, e poi, e poi… Izzie!” se ne uscì lui “Vista in foto, ho subito pensato che era da pippe ventiquattr’ore su ventiquattro, solo che poi… dal vivo… sinceramente non mi ha colpito granché!”
“Allora non sono l’unica a pensarlo!” concordò Clarissa, sorpresa “Anche io pensavo che fosse una bionda mozzafiato! E invece… cioè, è carina, ma niente a che vedere con quella che sembrava in fotografia… Ok, adesso tocca a te con la domanda!”
“Veramente io non ho ancora finito…” le fece lui con tono allusivo.
La sua amica ingenua lo fissò per qualche istante con aria interrogativa per poi trasformarsi in una maschera di raccapriccio.
“No! No, Doug, questo non lo voglio sapere!” gli sibilò in faccia, intuendo una tremenda rivelazione che, suo malgrado, la riguardava.
“La tua domanda è stata chiara e io voglio rispondere in maniera esaustiva!” si oppose il bassista, ghignando.
“No, no, ho detto di no! Non lo voglio sapere, se è su di me!!!” si agitò la ragazza, alzandosi subito dopo la sua sentenza, apparentemente definitiva.
“Ok, ok, va bene! Allora finiamola qui con questo gioco! Finisco la mia domanda e la chiudiamo qui, torniamo alle giostre!”
“No, Dougie, cazzo, no!!!”
“Guarda, che volevo parlare di un’altra tipa!!!” la persuase il bassista, al che Clarissa si bloccò, interdetta.
“Ah” fece, presa alla sprovvista “Va bene. Ma andiamo via di qui. Voglio fare un altro po’ di giostre…”


Mentre erano in fila per l’ottovolante, Dougie le chiese: “Posso finire di rispondere, allora?”
“Mh, sì…” affermò la ragazza in un mugugno, leggermente barcollante.
“Bene. Dunque, ti ricordi di Kendra?”
“L’ex di Danny?”
“Sì…”
“Vagamente. Spiega!”
“Ecco, lei era una di quelle belle esagerate che però non sapeva di esserlo! Io me la vedevo apparire davanti con dei vestitini corti oppure con i jeans attillati… e non capivo niente!”
“Io non ricordo neanche di averla mai vista in jeans!” obiettò la ragazza, ironica.
“Sì, bé, insomma, le bastava chinarsi un attimo e, comunque la vedevi, il panorama era eccellente! O le vedevi il culo, o le vedevi le tette!”
“Capirai che tette, avrà avuto sì e no una seconda…”
“Ma sapeva portarla bene…”
“Insomma, arriva al punto!” lo esortò lei, che nascose la propria curiosità aggiungendo: “Almeno la finiamo con questo gioco idiota…”
“Sì, sì! Una sera si presenta a casa mia con Danny e gli altri, per il mio compleanno…”
“C’ero anch’io?”
“Sì, c’eri anche tu…”
“E perché non mi ricordo di lei? Quando c’è stata questa cena?”
“Claaaaire, mi stanno cadendo le palle!”
“Ok, ok, ok, vai avanti! Ma io non me la ricordo!”
“Dicevo… Eravamo seduti a tavola, stavamo per prendere il dolce e lei era seduta a due o tre posti da me, che ero capotavola. Io faccio il mio discorsetto, ringrazio tutti, si ride, si scherza e lei, di punto in bianco, alza gli occhi e mi guarda sorridendo, mi fa letteralmente fuori! Se non fosse stato per tutti voi lì presenti, credo che sarei venuto nelle mutande!”
“Perché, che sguardo era?!”
“Non puoi capire… Non è che mi ha guardato come se mi volesse dire Scopami … Non lo so, mi ha sorriso come… come si sorride alla persona che ci piace sul serio! Però gli occhi dicevano un’altra cosa, una cosa porca, una cosa strana a cui poi ho ripensato tutta la notte…”
Clarissa fissò il suo amico, perplessa: mai lo aveva sentito parlare così di nessuna ragazza, tantomeno di una come Kendra, una figura di passaggio nella vita di Danny, quindi teoricamente anonima per Dougie…
“E quindi, quando sono andato a letto… nel mio cervello, me la sono lavorata bene bene… Sapevo che faceva la modella, dunque ti lascio immaginare che fisichino le avevo attribuito…”
“Spero un fisico con più tette! Lo dico per te!” scherzò Clarissa.
“Non ricordo di essermi concentrato troppo sulle tette… Ero più che altro ossessionato dal viso! Mi ci è voluto un po’ per farmi passare una fissa del genere, ma è stato bello!”
“Acrobazie sessuali da paura?”
“No… Lei stava sopra. E tanto bastava!”
“… Tutto qui?”
“Ok, aveva anche la bocca come un aspirapolvere…”
Lei rise.
“Non chiediamo conferma a Danny!” esclamò, facendo ridere anche lui.


Quando finalmente furono seduti nell’abitacolo per due della montagna russa, entrambi si elettrizzarono all’idea di fare il giro della morte per due volte nel giro di dieci secondi, così Clarissa chiese a Dougie di stringerle la mano.
“Voglio qualcosa da stritolare mentre urlo!” si giustificò.
“Ok, ma ricordati che con questa io ci lavoro, e non solo per quello che pensi tu!” la prese in giro l’altro.

Durante la corsa, non smisero un attimo di ridere e strillare.
Clarissa, estasiata all’idea di essere a testa in giù e con i piedi per aria, si voltò a guardare Dougie poco prima dell’inizio del giro della morte.
“Mi sta già girando la testa!!!” gli urlò, eccitatissima.
“E’ perché hai bevuto!!!” replicò il bassista, scatenando per l’ennesima volta la sua ilarità.

Proprio quando entrambi riuscirono a vedere il mondo perfettamente ribaltato davanti ai propri occhi, Dougie ricambiò la forte stretta della mano di Clarissa.
“Non era Kendra!!!” le gridò.
“EH?!” si sentì domandare di rimando.
“Non era Kendra quella di cui ti ho parlato!!! Eri tu, Claire!!!” le spiegò lui, pronto a ricevere un memorabile “vaffanculo” a mezz’aria.
“COSA?!” fu invece la replica scioccata dell’amica, che si voltò per guardarlo a bocca aperta.
Il bassista le rise in faccia.
“Chiudi la bocca!!!” le consigliò, divertito dalla sua reazione.
“DOUGIE, TI ODIO!!!!”


Una volta a terra e lontano da sguardi indiscreti, gli rifilò uno spintone, arrabbiata e indignata. Ma pur sempre sbronza.
“Ti avevo detto che non volevo saperlo!!! Adesso lo so e questa cosa non lascerà mai più il mio cervello, razza di stupido!!!” lo rimproverò sonoramente, ribellandosi come meglio poteva ai suoi tentativi di abbracciarla.
“Non mi sembra poi così terribile la cosa, sopravvivrai!” la canzonò Dougie.
“Ecco perché non me la ricordavo! Lei non c’è mai stata a quella cena!!!”
“Giusto! E sei stata sempre tu, quella sera, a guardarmi in quel modo!!!”
“Ma chi se lo ricordava!!!” abbaiò la ragazza “E poi di certo non ti ho guardato per suscitarti tutta quella roba che hai detto!!!”
Il ragazzo vinse finalmente la sua resistenza e la strinse a sé, affettuoso.
“Se adesso mi prometti di calmarti, ti faccio un regalo!”
“Come se potessi rimediare con un regalo!” gli fece lei, sarcastica, dimenandosi a vuoto tra le sue braccia.
“Le tazze rotanti. Pago io per quanti giri vuoi! Ci stai?”
Clarissa alzò lo sguardo e gli rise in faccia, lasciandolo di stucco.
“E tu pensi di farti perdonare con le giostre?”
Il bassista annuì lentamente, per la prima volta incerto sul da farsi.
“E va bene. Metto il lucidalabbra e andiamo” confermò la ragazza con una disinvoltura che lo sciolse in un sorriso contento.




So take a chance and
Don't ever look back,
Don't ever look back…




Pretese di legge un frozen cocktail alla ciliegia dopo aver scoperto un minuscolo bar su quattro ruote a due passi dalla giostra delle tazze rotanti; Dougie tentò di dissuaderla dal bere ancora, ma lei gli disse che doveva, per dimenticare quella sua confessione di cui avrebbe fatto volentieri a meno… Non gli restò altro da fare se non lasciarla sbronzarsi, almeno finché sapeva distinguere la destra dalla sinistra e tenersi in equilibrio: da alticcia, diventava più gioviale e ridanciana, se non altro, e finché non avrebbe minacciato di vomitargli addosso, lui non l’avrebbe fermata, anche perché al suo posto avrebbe bevuto di più.

All’interno di quella grossa e rocambolesca riproduzione di una tazza da tè dalle tonalità fotoniche Clarissa appoggiò il bicchiere ormai vuoto della sua bevuta, rabbrividendo un poco per il freddo che le era entrato in corpo dopo tutte quelle scagliette di ghiaccio ingurgitate; Dougie se ne accorse e le passò un braccio intorno alle spalle, incoraggiandola scherzosamente: “Non temere, donzella! Se temi di vomitare durante il primo giro, puoi sempre sporgerti dalla tazza e riversare tutto il ben di dio sul cucchiaino gigante!”
La ragazza scosse il capo con una risata e ribatté: “Mi gira solo un po’ la testa, non voglio vomitare! Anche se spero proprio di non doverlo fare! Non sono abituata a queste cose, è la prima volta in vita mia che salgo sulle tazze rotanti!”
“La prima volta?!”
“Sì, la prima! Quand’ero piccola avrei voluto farci un giro sopra, ma mia madre aveva troppa paura per accompagnarmici… e quando sono cresciuta… non sono più stata al luna park!”
Nel parlare della sua infanzia, il suo viso si contraeva quasi sempre in un’espressione triste, anche se ostinatamente serena, perché non voleva far trapelare le sue emozioni al riguardo. Dougie le sorrise e disse: “Potevi dirmelo, no? Ti ci avrei portata io, alle giostre…”
Lei ricambiò il sorriso, fece per replicare timidamente, ma la tazza cominciò a muoversi e costrinse entrambi a cercare con gli occhi i corrimano appositi per quando la velocità della tazza avrebbe cominciato ad aumentare.


Aveva sempre sentito parlare di sbronze di vario genere: di quelle che portavano al vomito immediato, di altre che facevano venire un doloroso mal di testa, di alcune che intorpidivano i sensi fino allo svenimento… Lei si riteneva sbronza in quel momento, o magari solo un po’ più alticcia di altre volte. Ma la testa che girava le faceva solo piacere.
Era diventato tutto più bello e più facile: la tazza che turbinava, le risate, i brividi della novità, persino Dougie, a cui si era stretta in un impeto di affetto prima sconosciuto, forse solo nascosto.
Profumava di frittelle in modo quasi rassicurante, il fatto che anche lui l’avesse abbracciata durante la corsa l’aveva riempita di uno strano pizzicore alla bocca dello stomaco, per non parlare di un improvviso senso di insicurezza…
Sentendosi osservata, sollevò lo sguardo e trovò quello del suo caro amico. Incerta sul da farsi, gli stirò un sorriso davanti, arrossendo. Lui rispose con uno sbuffo di risata, intenerito.
“Posso…?” le domandò nel chiasso della gente che lanciava gridolini e risate nell’aria, a bordo di altre tazze.
“Come?” chiese Clarissa a sua volta, tendendo l’orecchio per sentirlo meglio.
Dougie prese nuovamente coraggio, maledicendo in silenzio la confusione che li circondava.
“Ho detto… Posso?”
“Puoi cosa?”

Dio, quanto diventava poco intuitiva dopo qualche bicchierino… In quel momento sentì la mancanza della Clarissa sobria, prevenuta e sempre sulla difensiva.

“… Baciarti.”
Vide le sue pupille dilatate farsi più piccole quando ebbe spalancato gli occhi, senza una parola, con tutta probabilità scioccata, sperava non scandalizzata.
Si sentì in dovere di darle una motivazione valida per quella richiesta.
“Non so se te ne sei accorta” le spiegò, incapace di nascondere un certo disagio “ma mi hai guardato di nuovo in quel modo…”
La sua amica assunse un’espressione vagamente perplessa, toccandosi una guancia con la mano, come se volesse verificare che quello che le aveva detto Dougie era vero.
“Non… me ne ero accorta, giuro…”. Seppe pronunciare solo quelle poche parole in sua difesa, ma il bassista la rassicurò: “Non è certo una colpa, so che non lo fai apposta!”
Lei distolse lo sguardo e si accorse di aver perso un po’ della sua disinvoltura da sbronza, perché cominciò seriamente a vergognarsi, coprendosi il viso con le mani; il ragazzo non le impedì di farlo, ma ci rimase male e si mandò a quel paese dentro di sé per aver rovinato tutto.
“E perché vorresti farlo?” gli venne chiesto d’un tratto: Clarissa si era allontanata da lui, ma insisteva nel fissarlo, più curiosa che intimorita o scettica.
Dougie rispose semplicemente: “Perché ho sempre voluto farlo, ma non ho mai trovato il coraggio per chiedertelo…”
Gli sorrise, spontanea nella sua espressione lusingata, ma lo rimproverò: “Certo che sei strano! Sbavi dietro ad un sacco di ragazze, fai lo sfacciato con tutte loro e ti periti proprio con me!”
“Ma loro non sono te! Tu sei un’amica, io ce l’ho sempre avuta una cotta per te, ma non è che ti sbavo dietro e basta!” si giustificò l’altro, quasi risentito.
“E tu… con tutte queste premesse… vorresti solo un bacio?”

La sua domanda era più che lecita, ma la situazione da lui creata era decisamente illogica.
Non aveva mai pensato che un giorno glielo avrebbe chiesto sul serio, ma ad un certo punto la situazione gli era sembrata così favorevole che quella domanda gli era semplicemente uscita di bocca. Subito dopo averla pronunciata, si era preparato ad ogni eventualità, ma non credeva che lei si sarebbe interessata alle sue ragioni: pensava che fosse ancora troppo intorpidita dall’alcool per farlo.
In ogni caso, non avrebbe mai attuato un bel niente davanti a lei ubriaca persa: si sarebbe senza dubbio sentito un verme in tempo zero.
Era stato sincero e aveva riassunto tutto ciò che provava in quell’unica frase che le aveva detto. L’unica cosa che stonava in tutto il quadretto era un probabile malinteso che Clarissa avrebbe potuto elaborare basandosi su quelle poche parole.
Ma d’altronde che poteva farci se quello che voleva da lei era solo un bacio?
Non era una semplice soddisfazione che voleva togliersi, no, era qualcosa di più. Era un gesto intimo che sentiva di voler condividere con lei, perché era convinto che non sarebbe andato sprecato o sminuito, non con Clarissa.
Non voleva il suo amore eterno e neanche un’avventura a base di sesso: troppo impegno in vista su entrambi i fronti, e comunque niente del genere avrebbe rispecchiato i suoi sentimenti verso di lei.

“Vorrei poterti dare un bacio, solo questo, Claire…” provò a spiegarsi, impacciato.
Clarissa si sistemò alcune ciocche spettinate dal vento dietro le orecchie, seria.
“Solo questo, Doug?... Ok, ti credo. E so che sei abbastanza strano per fare richieste del genere…”
Le sorrise con gratitudine, contento che avesse preferito non approfondire le questione e complicarla fino a distorcerla.
“Se ho dovuto aspettare tutta una vita per salire su questa figata di giostra…” continuò, guardando altrove “e se adesso ci sono sopra con te, un motivo ci sarà! E poi, pure tu aspetti da un po’… Forse è ora anche per te di goderti quello che aspettavi!”
Dougie le piantò gli occhi addosso, contenuto nel suo entusiasmo ma sorridente.
“Non è un favore che mi devi, Claire. Chiaro?” l’avvertì, prevenuto e con il timore di aver ragione di esserlo.
La sua amica ricambiò l’occhiata decisa. “Lo faccio perché mi va. Perché ho passato una bella serata e concluderla così mi sembra non solo giusto, ma anche bello!”
Dopo averlo privato di tutte le sue paure del momento, gli si avvicinò con un sorriso e gli diede un primo bacio sulla guancia, attendendo una sua reazione.
Il bassista le circondò la vita con un braccio e sorrise scuotendo la testa.
Era così felice di sapere che Clarissa era sobria e matta quanto lui…
Si lasciò baciare di nuovo, stavolta in un angolo della bocca, e sospirò, inalando il profumo dei suoi capelli freschi di shampoo.
La tazza aveva cominciato a girare più velocemente.
Quando finalmente lei si decise a posare le labbra sulle sue, gli sembrò che si fosse quasi fermata, come in una scena filmica al rallentatore.

Sapeva di gelato.
Il Soft, il più morbido in tutto l’universo, almeno a suo parere.
Certo, tra un semplice cornetto della Wall’s e le labbra di Clarissa c’era un’abissale differenza, ma in quanto a morbidezza… avrebbe potuto affermare che il Soft poteva vagamente avvicinarsi alla bocca della sua amica ricoperta di Cruisin’ with Catherine.
Dopo il dolce, avvertì una punta amarognola e lievemente fruttata di chissà quale liquore sulla sua lingua, che aveva preso l’iniziativa prima di lui.
Ricambiò il bacio con passione, ma senza essere impetuoso, sorridendo lievemente.
Essere lì con lei era bello. Tramutare quello sguardo che lo aveva folgorato in un bacio tanto dolce e sensuale allo stesso tempo lo era ancora di più.

Fu Clarissa a mettere lentamente fine a quella sorta di incantesimo che aveva fermato il tempo per entrambi: fosse stato per lui, avrebbe continuato ad assaggiare ancora per un po’ le ultime stille di gelato di Cruisin’ with Catherine.
Rimase con la testa appoggiata alla sua spalla, un sorriso soddisfatto metteva in mostra le sue fossette.
Dougie le allungò un bacetto in fronte e le disse con un sorriso: “… Grazie, Claire. Sei davvero un' amica”.
Lei si strinse al suo braccio con una risatina e non rispose, lo guardò soltanto, gli occhi grandi e pieni d’entusiasmo, per poi tornare a godersi la sua prima volta sulle tazze rotanti.
Il bassista la imitò nel suo pacioso silenzio e si abbandonò ai pensieri, rallegrandosi del fatto di doversi abituare a pensare “Ho baciato Claire”.




Be your teenage dream tonight…





Sulla via del ritorno, Clarissa si addormentò come un sasso mentre Dougie guidava e non ci fu verso di tenerla sveglia per più di dieci secondi quando il bassista accostò l'auto sotto casa sua.

“Claire… Claire, ti svegli?”
Ma niente. La ragazza ronfava già da un bel pezzo di strada, neanche una cannonata le avrebbe fatto aprire gli occhi.
“Claire, guarda che siamo arrivati…”
In risposta ricevette solo un mugolio debole e confuso, con tutta probabilità infastidito: non solo la sua amica dormiva, ma voleva pure continuare a farlo.
Preferì risparmiare il fiato e si arrese, cominciando poi ad armeggiare nella sua borsetta, alla ricerca delle chiavi di casa. Inoltre, pregò di avere abbastanza forza per sollevare quel peso morto che, per quanto fosse leggero, avrebbe potuto compromettere la sua povera schiena minuta.

Per fortuna o per disgrazia, nessun passante si era avventurato in strada a quell’ora tarda della notte, quindi nessuno lo aveva aiutato, ma nessuno lo aveva neanche visto, ridicolo com’era nel farsi scoppiare le vene del collo mentre, con Clarissa in stato comatoso tra le braccia, varcava la soglia della sua casa, augurandosi di trovare al più presto un divano sul quale adagiarla più o meno delicatamente, la cavalleria in quel momento non era tra le sue priorità e comunque neanche la sua amica avrebbe avuto modo di offendersi, persa com’era nel mondo dei sogni.
Le sue preghiere furono ascoltate: il divano era a pochi passi dalla porta d’ingresso, pronto ad accogliere le grazie di Clarissa, ormai divenute insostenibili per le sue tremolanti braccia che troppo spesso marinavano la palestra.
Contrariamente alle sue stesse previsioni, l’atterraggio sul sofà fu morbido e indolore, così non gli rimase altro da fare se non rimboccarle le coperte: le tolse le scarpe, le sistemò la testa su un paio di cuscini e la avvolse in una trapunta trovata sulla spalliera del divano.
Le lasciò scritto un biglietto dove spiegava tutta la fatica che aveva impiegato per portarla a letto e le lasciò delle indicazioni affinché la mattina dopo ritrovasse le chiavi di casa in un vaso per le piante, dato che poi si prese la premura di chiudere il portone da fuori.




Aprì gli occhi nel cuore della notte e a primo impatto si spaventò, non riconoscendo quel soffitto come quello della sua stanza.
Si accorse in un secondo momento di essere in salotto, completamente vestita, e realizzò che, anche se non si era resa conto di niente, Doug l’aveva portata a dormire, lasciandola sul divano perché forse non aveva voluto rischiare un ruzzolone per le scale nel tentativo di raggiungere la camera da letto.
Accese il grande abat-jour lì vicino allungando una mano e sul tavolino da fumo notò subito il biglietto lasciatole dall’amico.

Sono una mezza sega, quindi perdonami se ti lascio qui sul divano, non posso fare di più! E poi tu stavi dormendo come un ghiro…
Per il resto, dormi bene e… grazie ancora.
Ti voglio bene

Doug

PS: lascio le chiavi nel vaso dei gerani rossi, vicino al garage.


Tornò con la mente al bacio e sorrise, richiudendo pigramente gli occhi.
Decise di essere troppo stanca e trasognata per alzarsi dal divano, così restò lì, pensando e ripensando alla loro serata, non solo a QUEL momento in cui aveva lasciato le inibizioni a casa.
Si sorprese di se stessa nel riscontrare che ogni volta che metteva a fuoco quei pochi attimi, sul telecomando nella sua testa premeva di continuo il tasto rewind.
Ma lo riconobbe senza farsi alcuna paranoia. Perché Dougie era Dougie.
Ci aveva sempre scherzato, su loro due. E anche lei.
Avrebbero continuato a farlo a vita, con o senza quel bacio.
Quel bacio che sarebbe rimasto tra loro due, come molte altre cose.
Nascosto, prezioso, piccolo ma importante.
Prima di cadere di nuovo addormentata, restò delusa di una cosa soltanto: non riusciva più a ricordarsi il suo odore e il sapore delle sue labbra. Provò a concentrarsi per tentare di recuperarli in fondo al cervello, ma ne ricavò poco o niente.




Dougie incrociò le mani dietro la testa, già appoggiata al cuscino; aveva un sorriso soddisfatto e un po’ ebete che proprio non voleva abbandonarlo, ma lui in primis non aveva intenzione di toglierselo dalla faccia.
Era stata una grande serata, tutto era andato nel migliore dei modi, superando di gran lunga le sue aspettative.
Il giorno dopo avrebbero trovato il modo di riderne a crepapelle, lui e Clarissa, e perché no, magari avrebbero fatto fare quattro risate anche al resto del gruppo.
Certo, non avrebbero raccontato proprio tutto, qualcosa lo avrebbero tenuto per loro soltanto. Pochi secondi, brevi ma troppo belli per essere condivisi con chi non avrebbe mai capito fino in fondo il loro punto di vista, il loro legame, quello che avevano sentito.
Pensava al plurale, e riconosceva di risultare vagamente presuntuoso in questo, ma voleva credere di averne il diritto, perché era sicuro che Clarissa la pensasse come lui: l’aveva guardata, le aveva letto qualcosa in quello sguardo tutto particolare.
Com’era accaduto altre volte, la sognò anche quella notte, ma per una volta non la vide intenta a fare sesso con lui, bensì a riempirlo di baci, solo baci, al gelato, alla ciliegia, alle frittelle di mele, al sapore di cocktail alcolico, allo zucchero filato, a tutti i sapori che l’avevano resa indimenticabile quella sera in mezzo al luna park.

THE END

***

Un'appendice per le solite piccole note...

- "Cruisin' with Catherine" è il vero nome di un vero lucidalabbra che ha DAVVERO il sapore del gelato XD Precisamente, è fucsia con i brillantini! L'ho comprato io qualche settimana fa da H&M! Ma lo cito senza alcuno scopo di lucro!

- I gelati Soft della Wall's altro non sono che i cornetti della Algida (inglesi), nello specifico quelli che vengono pressati attraverso l'apposita macchinetta da gelato sulla cialda... Personalmente, ne vado matta!

- Louise, a chi suona familiare questo nome...? Brave, l'ex fidanzata di Dougie, prima che si mettesse con Frankie! Ho dovuto nominare lei per esigenze tempistiche dovute al periodo in cui ho scritto "Point of view", a cui questa shot è in qualche modo collegata. Lo stesso discorso vale per Olivia, l'ex fidanzata di Danny, attualmente impegnato con Georgia, Miss Inghilterra 2007 (sonoramente approvata dal mio migliore amico, Riccardo!), e per Izzie, ex ragazza di Harry.

- Mi stavo dimenticando di Kendra, un'ex fiamma di Danny. Moretta, modella carina, anche lei approvata da Riccardo. Bene.

And now... Sì, credo di aver veramente finito, finalmente XD Forum, videoshoot live, fanfictions, studio... Vorrei avere 4000 occhi per stare dietro a tutte queste cose oggi ^^! Enjoy your lettura e grazie al mio minutissimo ma caloroso fanclub per essere sempre pronto a sostenermi quando pubblico! A presto! :D


   
 
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