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Autore: KikiWhiteFly    21/09/2010    5 recensioni
[Terza classificata al contest "Like a vergin" e Vincitrice del premio lentezza, indetto da Poumpoumpourin] «... Ma questa è una scala verso l'inferno, Nara.» I loro sguardi parlano per un attimo, le parole sono sprecate in un momento come quello. Poi, Shikamaru esordisce con una battuta: «Non mi è mai piaciuto il paradiso.» E, in effetti, non è piaciuto mai nemmeno a lei.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Shikamaru/Ino
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Stairway to Hell













«Cosa vuol dire che te ne vuoi andare, eh?»

Ino sta imprecando contro il suo timpano da circa un'ora, tuttavia il ragazzo sapeva già a cosa sarebbe andato incontro rivelandole quel segreto. Credeva di essersi liberato di un peso, finalmente, Ino ormai era l'unica a non sapere nulla; eppure, Choji l'aveva avvisato: “Quando glielo dirai, sappi che sarà difficile”.

Poiché si conoscevano sin da quand'erano infanti, l'attaccamento della ragazza verso di lui era qualcosa di più profondo di una semplice amicizia. A primo acchito non davano questa impressione – esistevano forse altre persone con caratteri meno affini dei loro? – ma, come per tutte le cose, l'apparenza ingannava.

«Non posso stare sempre con te.»

Freddo, gelido, quasi polare. Ino stavolta tace, si morde le labbra con veemenza – come a voler trattenere a tutti i costi una frase sulla punta della lingua – e stringe con forza i pugni.

«Lo so...», sospira, vagamente risentita, «... E quando parti?»

Shikamaru tace un secondo, osserva i suoi occhi cristallini e grugnisce: «Domani.»

Poi, è l'espressione della ragazza a parlare: non è stupita, ma nemmeno arrabbiata; vi è un altro sentimento, che non gli è possibile catalogare in quel momento.

«Va bene.»

Biascica, cercando di sorridere. «A stasera. Un'ultima bevuta tra amici!»

Sorride davvero ma Shikamaru giura di aver intravisto il principio di una lacrima sulle sue ciglia; tuttavia, è il suo sguardo a disorientarlo e la sua improvvisa ilarità. Allora non può far altro che guardarla da lontano, mentre frusta con decisione la lunga chioma dorata e scompare dal suo campo visivo.









È una serata troppo perfetta per dirsi “arrivederci”, lo sanno entrambi. Dopotutto possono vedersi quando vogliono, anche se saranno lontani.

Detta così sembra una frase fatta ma, anche con tutta la volontà del mondo, Ino non può far a meno di pensare che qualcosa s'incrinerà nel loro rapporto: gli esseri umani hanno bisogno di contatto umano, sapere che sono a qualche isolato di distanza non aiuta affatto a far coesistere il loro legame.

«Sarà una serata perfetta!»

Esclama Ino, calcando in particolar modo sull'ultimo aggettivo. Un attimo dopo tira fuori da una busta di plastica due porzioni di cibo cinese, una delle loro videocassette preferite ed un paio di birre.

«Hai intenzione di uccidermi per evitare di farmi partire?»

Ino gli lancia un ammonimento con lo sguardo, dopodiché ridacchia.

«La vita sociale ti sarà preclusa per un bel po' all'università... quindi, goditi tutto ciò!»

Allarga le braccia in modo teatrale, Shikamaru non può far altro che annuire e stare alle sue regole. La osserva, pensa quanto sia seccante in certi momenti ma non può fare a meno di essere irrimediabilmente calamitato dal suo sguardo.

In fondo, sapere che quella è l'ultima serata a base di Yamanaka non lo entusiasma molto; cerca di volgere lo sguardo altrove però, Ino potrebbe accorgersi di quelle occhiate e prenderlo in giro all'infinito.

Il suo volto è nascosto dietro due ciocche, non riesce a leggere nei suoi occhi: sente solamente la sua parlantina svelta, avverte la sua vivacità, viene travolto da quel suo modo di sdrammatizzare qualunque cosa. Un attimo dopo tace e, inizialmente, Shikamaru non è affatto toccato da tale cambiamento; poi la cosa diventa sospetta e, quasi guidato dall'istinto, scova dietro i lunghi capelli di Ino tutt'altra espressione. Improvvisamente si è fatta piccola ma al tempo stesso vede la donna – gli sta chiedendo di restare, nulla più. Se quello è un capriccio oppure qualcos'altro, resta a lui scoprirlo.

«R-Resta.»

Quasi fosse la cosa più naturale del mondo, lo bacia.

Non è un bacio travolgente, men che meno esperto: è un attimo, un attimo che dura il tempo di chiedergli scusa sottovoce e arrossire – non sta sbagliando, le guance di Ino sembrano proprio aver preso colore improvvisamente – di vergogna.  E' semplicemente inebetito, sta rivivendo ancora una volta l'immagine di Ino che si lancia sulle sue labbra, nella sua mente. Non è stato un miraggio, le sue labbra sono leggermente umettate.

«Cosa fai...», chiede lei, ma a quel punto è inutile porsi troppe domande.

È come se i loro gesti fossero concatenati, studiati con una precisione oculare: i loro vestiti cadono uno ad uno, le loro anime in quel momento si sfiorano – sembra impossibile ma è come se avessero bisogno l'una dell'altra a vicenda –, le loro labbra diventano roventi.

I capelli di Ino cadono sul suo sterno, li avverte. Quella potrebbe essere una spiacevole sensazione se solo non fossero quei fili a guidarlo nei movimenti, a renderli in qualche modo partecipi della stessa danza.

Ino si stende sulle fredde piastrelle del pavimento, tira audacemente Shikamaru verso di sé e, un attimo dopo, sente una grande fitta all'altezza dell'inguine. Non sa se urlare, dimenarsi, stringere le dita contro le lenzuola oppure godersi quel dolore che poco a poco diventa piacere e, alla fine, sembra quasi di volare.

È qualcosa di così potente – feroce, violento, aggressivo – che l'iniziale dolore è nulla in confronto alla sensazione di sentirsi levitare in aria l'istante successivo. E vale la pena di viverlo, vale tutto l'attimo necessario a privarsi dei propri indumenti, vale l'istante in cui gli sguardi parlano, vale quel microsecondo in cui si riesce a comprendere la grandezza infinita di quei movimenti.

Le labbra tremano impercettibilmente, evitano di parlare – ancora una volta, gli occhi si comprendono a vicenda –, l'apice del piacere si trova quando entrambi sentono di aver dato e donato tutto di sé, quando il tempo ha finalmente ripreso a scorrere normalmente, quando le loro braccia si lasciano ed i loro corpi hanno bisogno di riscaldarsi sotto le coperte.

Allora ambedue si lasciano abbracciare da Morfeo ma non prima di essersi trasmessi qualcosa che è impossibile carpire con una semplice occhiata: si osservano a lungo, come se fossero i silenziosi spettatori della loro vita.









«Non posso crederci, se ne è andato comunque.»

Ino fa spallucce, indifferente. Sakura capisce di essere stata poco delicata, tuttavia non può fare a meno di chiederle i dettagli della notte ormai trascorsa.

«E com'è stato?»

Ino scatta con il capo, boccheggia ripetutamente e poi respira. «Beh, è stato... è stato l'inferno, Haruno...», afferma, con espressione sognante, «... Sì, proprio così. È stato come andare all'inferno, perché la pelle arde e dentro si sente il fuoco, le fiamme, le tenebre e...», arrossisce, probabilmente rammenta ogni dettaglio, «... Ne è valsa la pena, nonostante tutto.»

L'amica le sorride, non le domanda altro.

Ino tenta di cancellare dalla propria mente le ore passate, l'unica cosa che sente dentro però è un magone gravoso, che si fa più pesante quando il pensiero corre a Shikamaru.

Lui, al contrario di lei, non si è fatto troppe domande: ha deciso che quella notte è stata uguale alle altre, ha avuto la faccia tosta di dirle che non sarebbe partito e di mentirle spudoratamente. Ino si è svegliata piuttosto confusa quel giorno, ci ha messo poco a capire che Shikamaru non è accanto a lei: la camera è vuota, non c'è traccia del ragazzo nella stanza.

E lei, stupidamente, si era premurata di organizzargli qualcosa di indimenticabile la sera prima, qualcosa che gli ricordasse ogni volta lei, le loro battute ed i loro film preferiti e capisce solo in quel momento che non è servito proprio a nulla.

Aveva deciso già, lei non aveva diritto di appellarsi alle sue decisioni.

Dopotutto, lei chi era?

Ciò che provava non contava agli occhi di Shikamaru, che non si era mai dimostrato un amico troppo intimo con lei; probabilmente, anche la serata trascorsa, voleva essere un ultimo ricordo che il ragazzo voleva lasciarle. Aveva la valenza di una bambina capricciosa per lui, ormai doveva rendersene conto.

Ino sospira nuovamente, poi infila la mano nel terriccio e si occupa delle sue piante.

«Cosa vuoi farci, Sakura... Mi piace soffrire le pene dell'inferno.»

L'amica ridacchia, così anche Ino decide di riderci su. È davvero una battuta di poco conto ma è l'unica cosa che la fa sorridere di gusto in quel momento.

«Il paradiso può attendere.»

Borbotta l'amica, cercando di smorzare la tensione. «Ora però...»

«Vai pure. Non tenterò il suicidio, fronte spaziosa!»

Esclama Ino, calcando con particolare enfasi sulle parole. Sakura le lancia un'ultima occhiata – quasi avesse paura che Ino tentasse il suicidio con le innocue pianticelle da giardino – dopodiché se ne va.

Ed è in quell'attimo che Ino realizza cosa sia successo veramente la notte precedente: era stato tutto così rapido, impetuoso, travolgente... Non si erano mai veramente conosciuti sotto quell'aspetto, non erano mai stati parte l'uno dell'altra come in quel momento e forse era successo troppo repentinamente, forse avrebbero dovuto prendersi il tempo di chiedersi cosa passava loro per la testa. Forse c'erano poche risposte e molte domande.

Se socchiude gli occhi, Ino riesce a rammentare tutti i dettagli. Una cintura che cade a terra, una patta che viene sfiorata con imbarazzo, una camicia che tocca il suolo ed un vestito leggero che danza come una foglia, sino ad arrivare sul pavimento. Una romantica caduta di abiti, uno dopo l'altro; poi, sono solo i movimenti concatenati dell'una e dell'altra parte: è tenero l'imbarazzo con cui tutto avviene, come se per la prima volta scoprissero quanto di più profondo esiste nell'animo umano. Travolgente il modo in cui si uniscono due corpi ed i baci diventino sigilli e siano roventi, perché la gola sembra arsa da un fuoco potente ed il semplice ossigeno non basta per respirare.

È così che ogni piccolo gesto diviene misurato, calcolato, pensato con una precisione a dir poco oculare... Si ha paura di sbagliare, sì, ma in fondo chi non sbaglia è perduto per sempre.

Forse Ino ha sbagliato più volte, si è dimostrata impacciata, goffa, incapace di muoversi; o, forse, è stato Shikamaru ad essere avventato, a non aver dato retta per una volta alla razionalità e ad aver sbagliato tutto – ormai, è cambiato irrimediabilmente tutto.

Ma non se ne pente, in fondo lo desiderava. Solo rischiando, talvolta, si riesce a comprendere quale sia la natura del sentimento ed Ino finalmente ha capito. Per Shikamaru sarà stato un gioco, uno sbaglio ma per lei è stato ben altro. L'unica cosa che rimpiange, è di non avergli fatto presente tutto ciò.

Ino si avvia al bancone, la stanno attendendo un modesto gruppo di persone. Parlottano in modo fitto tra loro o, meglio, spettegolano. Non le interessa, cerca di non dar troppo peso alle dicerie di paese, tuttavia non può fare a meno di udire i commenti di una signora: «... E si è buttato dal treno, in senso letterale.»

Ino sbarra gli occhi, pensa che sia una coincidenza curiosa ma sorvola, senza dar troppo peso alle chiacchiere dei suoi compaesani.

Poi si sente una rapida folata di vento, improvvisamente la parlantina della gente di paese sembra essere cessata e lei non può fare a meno di scattare con il capo.

Ad Ino non sembra vero, ma Shikamaru sta venendo proprio verso di lei.

È quasi una scena da film, pensa, quando il mazzo di garofani cade dalle sue mani e, nel mentre, vede fare capolino all'interno del negozio il suo quasi amico. Le narici si allargano improvvisamente, un moto di sorpresa – eccitazione, felicità, entusiasmo? – le si dipinge in volto.

«Ho perso il treno.»

Biascica, leggermente affannato. Ino allora sbuffa, mette due mani sui fianchi e gli risponde di rimando: «Proprio quello che una donna vorrebbe sentirsi dire, Nara»

Forse Shikamaru ha capito di aver sbagliato frase, tuttavia è l'orgoglio a guidarlo – ancora una volta.

«No. L'ho perso davvero, Yamanaka.»

Non sa cosa dire, lascia che sia lui a parlare per una volta. «E tu sei davvero seccante.»

Ino sbatte le ciglia un paio di volte, si contiene per paura di iniziare a parlare a vanvera e poi – dopo aver contato per dieci secondi – risponde: «Dì un po'... Sei venuto per provocarmi?»

Quella è l'unica cosa che riesce a dire, la più gentile. Shikamaru si asciuga la fronte madida di sudore, dopodiché borbotta vagamente risentito: «Non mi piacciono i treni Yamanaka. Non mi piacciono le destinazioni.»

Ino ha come l'impressione che dietro quelle frasi ci sia qualcosa da cogliere, Shikamaru talvolta è così enigmatico che riuscire a tradurre le sue frasi è un'impresa assai ostica.

«Lo so. Ecco perché preferivi le scale, invece degli ascensori...», ridacchia lei, rammentando un particolare a cui non aveva dato la dovuta importanza, «... Ma questa è una scala verso l'inferno, Nara.»

I loro sguardi parlano per un attimo, le parole sono sprecate in un momento come quello. Poi, Shikamaru esordisce con una battuta: «Non mi è mai piaciuto il paradiso.»

E, in effetti, non è piaciuto mai nemmeno a lei.

Ino si avvicina, si trova all'altezza delle sue spalle; e, in un attimo, tutto le appare più limpido: è ovvio che la scalata sarà ripida e tortuosa ma nessun amore ha mai raggiunto l'apice con un ascensore.

È tutto lì, il mondo: in un paio di occhi ossidiana, un espressione indifferente ed un carattere scontroso. 

Sì, pensa fra sé e sé, non esiste nulla di più perfetto al mondo.






F ine.

Sinceramente non lo credevo possibile ma questa fan fiction si è classificata terza al contest “Like a vergin” e ha vinto il premio lentezza. Sì, perché sono una lumaca quando si tratta di consegnare XD. Potete vedere i risultati ed i banner qui.

Comunque, è di una semplicità assurda... Tant'è che mi meraviglio ancora una volta del risultato ottenuto °°. Tanti complimenti a tutti i partecipanti, leggerò le loro storie il prima possibile **.

Alcune note per la comprensione della storia:


il titolo è ispirato alla famosa canzone dei Led Zeppelin, intitolata “Stairway to Heaven”, io ho giocato sul titolo, intitolandola “Stairway to Hell” (“Scala per l'inferno”, letteralmente), la mia storia gioca sul binomio paradiso/inferno, ma in chiave ironica.

Inoltre, questa è un Alternative Universe ma ho mantenuto alcuni elementi (come il fatto che Ino si occupi del negozio di fiori, ad esempio) e... credo di aver concluso, sì XD.

Grazie per aver letto, alla prossima! **

Kiki.

   
 
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