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Autore: Clahp    22/09/2010    3 recensioni
Passare cinque lunghi giorni con i propri futuri cognati in casa propria non è propriamente il massimo... specie se è il giorno del proprio compleanno.
[Auguri, geniaccio!]
[ShikaTema]
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kankuro, Naruto Uzumaki, Sabaku no Gaara , Shikamaru Nara | Coppie: Shikamaru/Temari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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Ed eccolo, il momento più atteso di tutti; sì, finalmente era arrivato

 

 

Happy,

happy

birthday

(baby)

 

 

 

 

 

 

Happy, happy, birthday baby
Although you're with somebody new
Thought I'd drop a line to say
That I wish this happy day
Would find me beside you.

Happy, happy, birthday baby
No, I can't call you my baby
Seems like years ago we met,
On a day I can't forget…

 

 

 

Ed eccolo, il momento più atteso di tutti; sì, finalmente era arrivato. Perfino lui, il distaccato, freddo, calcolatore e orgoglioso (oh, orgoglioso, orgogliosissimo) genio di Konoha non poteva non essere nervoso per ciò che sarebbe accaduto –no, doveva accadere- da lì a qualche minuto. Egli aveva atteso quel singolo secondo da circa un mese oramai, ed era, d’altra parte, tutto il giorno che non smetteva di fumare e muovere smaniosamente una gamba, quasi avesse un tic incontrollabile; non degnava nessun altro di uno sguardo, ed anzi le allegre parole che i suoi amici gli rivolgevano non erano per lui altro che noiose e banali ripetizioni di sorta, quasi vuote frasi di circostanza, che si reiteravano ogni anno nello stesso giorno di settembre.

Non che lui avesse mai aspettato il giorno del suo compleanno con trepidazione o ansia; in accordo col suo carattere apatico e assai calmo, anzi, considerava semplicemente il ventidue settembre un giorno come gli altri, con forse più seccature del solito visti i tanti ringraziamenti che doveva dare a coloro che gli porgevano gli auguri, ma davvero nient’altro.

E tuttavia, quell’anno era stato decisamente diverso: perché… quelle stesse parole, dette da quella bocca, avrebbero avuto un altro suono; e avrebbero certamente avuto tutt’altro effetto su di lui. Oh, sì, lei avrebbe detto…

«Stai messo male, eh, amico?» borbottò Naruto, sghignazzando, sbracandosi ancora di più sul divano di casa Nara e interrompendo ciò che Shikamaru stava pensando. «Ah, alla faccia del misogino!»

L’altro l’aveva guardato di sbieco, senza irritarsi né scomporsi.

«Su, su, andrà tutto bene» proseguì il biondino, sicuro di sé. «E’ tutto calcolato, Shikamaru; è tutto calcolato

L’interessato aveva aperto bocca, alzato un sopracciglio e preso fiato per ribattere, continuando a dondolare agitatamente una gamba… quando eccolo, il momento.

Qualcuno aveva bussato alla sua porta.

Veloce e solerte come mai davvero Shikamaru era stato in vita sua, s’issò in piedi; prima ancora che Naruto potesse fare qualche altra battutina sarcastica sulle anomale condizioni del suo amico quel giorno, e prima ancora che potesse realizzare che evidentemente c’era qualcun altro al di là della porta, il suo (pigro, pigrissimo) amico era già lì, davanti all’atrio; l’Uzumaki rimase impietrito, lo sguardo fisso sul jonin che cercava smaniosamente di aprire nel modo più veloce possibile la maniglia arrugginita, come se un istante in più con quell’uscio chiuso davanti gli avrebbe nociuto alla vita.

Aperta a forza la vecchia manopola, Nara si trovò davanti una scena piuttosto bizzarra: un fantoccio nero, piegato su di sé, che si muoveva.

«Ma che diamine…?!» borbottò lui, per poi capire –grazie al suo straordinario QI- che davanti a sé aveva una persona piegata su se stessa, intenta con tutta evidenza ad allacciarsi le scarpe.

Oh, era lei… era arrivata. Dopo tanto tempo e tanto penare, era davvero arrivata… un’ondata di tranquillità lo assalì; che meravigliosa giornata era quella adesso, sì, davvero. La sua ragazza era… be’, sì, magari un po’ ingrassata, dall’ultima volta che l’aveva vista, ma pazienza… quel nero però le donava sinceramente; che strano però, di solito usava gonne (l’estrema cortezza delle quali era da sempre fonte delle più aspre liti fra i due), come mai adesso indossava una tuta così ermetica? …Ma chi se ne importava, era Temari, era lì davanti a lui, e sarebbe stata bene comunque! E quel cappuccio nero, che adesso le copriva i capelli, avrebbe completato un quadretto niente male, sì, lui ne era sicuro… Una volta che si sarebbe rialzata, l’avrebbe vista in tutto il suo –

«’N attimo e ho finito, eh» borbottò la figura. «’Ste scarpe maledette…»

Il cuore di Shikamaru si fermò. E quella voce?!

«Eh?!», uscì dalla sua gola, quasi un debole mugolio.

Dopo un buon minuto durante il quale lei –perché era lei, sì- si era posizionata un po’ meglio per slacciare i nodi, e dopo averli rozzamente riallacciati, Shikamaru si piegò sulle ginocchia e borbottò, sghignazzando:

«Ma insomma Tem, ti serve una diploma apposito o possiamo anche entrar––»

Ma le parole lì gli morirono. Perché, proprio davanti alla sua espressione ghignante, era magicamente apparsa su quel corpo (evidentemente non di Temari) la testa di Kankuro.

I due si guardarono, l’uno ora sbiancato, l’altro minaccioso.

«Tem ci chiami tua sorella, cocco.»

Kankuro, era Kankuro.

Kankuro.

Kankuro, quel Kankuro.

Merda.

«…E non di certo la mia!»

 

 

*°*

[ Tre settimane prima ]

 

 

Shikamaru Nara era sempre stato, a Konoha, l’emblema del raziocinio e della logica; il suo provvidenziale cervello, unito al suo sangue freddo e al suo fare calcolatore, lo avevano reso ben presto non solo Chunin (con sua somma disgrazia), ma perfino Jonin. Egli non amava fantasticare o arrivare ad assurdi risultati senza una veritiera e sicura base razionale, e infatti non l’aveva mai fatto; e questo (unito alla sua sensazionale intelligenza di cui sopra) aveva decisamente contribuito a spargere la sua nomea all’interno di Konoha.

…Ma solo per una volta, una sola volta, lui aveva dato retta a ciò che la fantasia gli suggeriva, quasi fosse una dispettosa e flebile voce nel suo orecchio: insomma, perché così non avrebbe dovuto essere…?

«E cerca di trovare un posto per quei due, o qui si scatenerà il panico, che diamine!»

Shikamaru s’era fermato. La sua indole discreta consigliò subito di non sostare più a lungo di fronte a quella porta schiusa; ma la curiosità, per una singola volta, ebbe la meglio.

«Ma Tsunade-sama, qui è tutto pieno! Dovevano avvertirci prima, così proprio non si può far–»

«Non mi interessa cosa si può fare e cosa non si può fare! Trovami quei posti, in una locanda, sotto un ponte, appesi a un albero, chi se ne frega! Io, entro il ventidue, devo avere due posti dove piazzare ‘sti due. O vuoi andare incontro a una collisione diplomatica?!»

Silenzio. Shikamaru fece per andarsene, ormai disinteressato, quando sentì un nome a lui decisamente familiare.

«Ma… se mandassimo i due Subaku No da qualche altra parte? Così libereremmo i due posti che ci servono.»

Scese nuovamente il silenzio; era evidente che l’Hokage stesse ponderando la proposta di Shizune.

«Ci rifletta…! I due sono in rapporti molto migliori con noi rispetto al Raikage e il suo accompagnatore… anche nella lontanissima possibilità in cui li piazzassimo in un posto –diciamo- non tanto confortevole, non dovrebbero esserci problemi di sorta, no…? Così il Raikage starà apposto, non avrà motivo di lamentarsi… e, be’, si ricordi che la Sabbia ha fatto guerra alla Foglia, che la Foglia ha salvato il Kazekage, e che…»

«Va bene, va bene, va bene! Fa’ quel che ti pare, occupatene tu, e lasciami in pace! E ora vattene, ho da fare!» tagliò corto l’Hokage, spazientitasi, con fare brusco; Nara sentì un fruscio di fogli, un veloce ed educato “Arrivederci”, e avanzò di qualche passo, assumendo la sua tanto caratteristica aria abulica e svogliata –sigaretta in bocca, mani rozzamente ficcate nelle tasche, passo lento.

E, prima che Shizune lo avesse superato e avesse svoltato l’angolo con un andamento decisamente più veloce del suo, il ragazzo le vide un trionfante e soddisfatto sorriso sul volto.

 

 

«Oh, ma non capisci?»

La domanda, quasi fosse retorica, fu accompagnata dal suono di un profondo risucchio e da uno schizzo di sugo sulla divisa di Shikamaru.

«Naruto, piantatela! Mangi come un animale, guarda che hai fatto al mio –»

«Sta’ zitto e ascolta, genio di Konoha!» urlò l’altro, sentendosi (finalmente) per la prima volta superiore al geniaccio. «Ma non capisci, cretino?! E’ tutto fatto apposta

Nara lo guardò, attento, con un sopracciglio alzato: Uzumaki teneva sbadatamente un’enorme scodella di ramen in mano, mentre mangiava in modo rozzo e vorace una quantità spaventosa di spaghetti, schizzando sugo e brodo dappertutto; e mentre si saziava parlava a raffica all’amico, agitando il piatto e continuando a ingurgitare tagliolini.

«Non starò proprio qui a sentirmi dare consigli pseudo-scientifici da parte di uno che mangia in questa man…»

Ma ancora una volta l’amico l’aveva bloccato, entusiasta e vivacissimo, come suo solito.

«Cretino! Ma non capisci?!» ripeté.

L’altro sbuffò e sbadigliò, annoiato.

«Capire cosa?» borbottò poi.

Naruto ridacchiò, con fare esperto, e trangugiò un altro filone di spaghetti; aveva assunto un’espressione enormemente soddisfatta, quasi di rivincita.

«Devo spiegarti tutto… ah, chi è il geniaccio ora, eh?» disse, ironico, per poi ridacchiare ancora. «Prima Sasuke… poi te… vi siete svegliati tardi, tutti quanti, ma il futuro Hokage vi darà udienza, e vi esporrà i suoi esimi consigl–»

«Vuoi muoverti, idiota?!» incalzò l’interessato, ora vagamente curioso.

Il biondino alzò gli occhi al cielo, inghiottì, posò il piatto vuoto e incrociò le braccia al petto.

«…E’ tutto fatto apposta, Shikamaru. Ti pare una coincidenza il fatto che proprio il ventidue, giorno del tuo compleanno, è indetta una riunione straordinaria dei Kage, proprio qui a Konoha? E che proprio Gaara debba parteciparvi?!» esordì.

«Ma grazie. Gaara è il Kazekage, mi sembra ovvio che –» ribatté l’altro, per poi essere bloccato.

«No, fermo. Cos’ha detto Nonna Tsunade…? Che servono due posti per due Sabaku No. E non ti pare questa un’altra coincidenza…?»

Mannaggia a me e a quando gliel’ho raccontato, pensò Shikamaru; era annoiato e stanchissimo, sebbene non avesse fatto davvero niente in tutta la giornata; e poi, be’, era l’ora della pennichella, e la sua amaca in giardino con tanto di nuvole attorno lo stava sicuramente aspettando… Ma Naruto non aveva la benché minima intenzione di mollare, che seccatur–

«Shikamaru! Vuoi capire che questo è un evidentissimo e chiarissimo modo da parte di Temari per farsi ospitare da te il giorno del tuo compleanno?!»

L’altro ebbe un guizzo; si ridestò dai suoi pensieri e guardò l’amico come forse non l’aveva mai guardato prima d’allora.

«Eh?» chiese.

«Oh, andiamo! Il CosoKage e l’amico suo non trovano posto, in città è tutto occupato. Così è ovvio che due se ne devono sloggiare per far loro posto! E chi sono ’sti due? Ma guarda te, proprio i due con cui qui a Konoha abbiamo le relazioni migliori! Ovvero, Gaara e Temari Sabaku No!»

Shikamaru deglutì, e ragionò. Be’, come ragionamento poteva avere un senso…

«E perché Temari non avrebbe dovuto farmelo sapere, scusami?»

Naruto sbuffò, esasperatosi.

«Ma perché vuole farti una sorpresa, il giorno del tuo compleanno! O perché vuole metterti alla prova… sì, è sicuramente questa. Lei vuole metterti alla prova! Capirai o no la sua frecciatina…? Le donne fanno spesso così, eh! E io lo so bene

Shikamaru iniziò a tamburellare un indice sul tavolo; da quanto tempo non la vedeva…? Un mese e passa, no…? Il suo compleanno sarebbe stato da lì a tre settimane… in effetti, il ragazzo aveva sperato –anche se non l’avrebbe mai e poi mai ammesso- che magari lei sarebbe venuta lì in quel giorno… o magari nei giorni prossimi a quello… e quella sensazione, quella speranza, lo faceva star bene, lo riscaldava, e lo faceva svegliare da quel perenne torpore in cui troppo spesso viveva. Ma sì, perché no…? Magari Naruto aveva ragione… per una volta…

«…Tu mi stai dicendo che Temari e Gaara verranno qui fra tre settimane… e che lei ha pianificato tutto? Ma perché?»

E allora Naruto sorrise, sorrise di cuore; era quel sorriso così tipico di lui che faceva bene a chiunque lo incontrasse o a chiunque egli parlasse.

«Ma per te, deficiente! Quella lì è cotta di te!» urlò.

 

 

 

Tutto ciò era solamente plausibile; il che non voleva dire che fosse certo. Shikamaru aveva bisogno di prove schiaccianti e inequivocabili; non poteva di certo permettere che la sua reputazione (di cui in tutta verità non gli importava davvero, ma che era in ogni caso bene averla) andasse rovinata per un’idiozia tale –e causa di quella donna, per giunta, ah!

«E ora, mio caro, dovrai semplicemente dire a Shizune che tu con molto piacere ospiterai il Kazekage e l’accompagnatore a casa tua!», aveva concluso Naruto, trionfante.

Era presto detto: dal momento che la riunione dei Kage era stato un fatto molto improvviso, i preparativi nel Villaggio fremevano; soprattutto presso il Palazzo dell’Hokage vi era molta confusione. Shikamaru, essendo un Jonin, aveva tuttavia la possibilità di essere più o meno vicino all’ambiente dove lavorava Tsunade-sama, e di avere la piena e totale fiducia da parte di lei… e così aveva pensato di sfruttare in qualche modo questa favorevole circostanza. Si era recato lì la mattina dopo del colloquio con Naruto, sperando di riuscire a parlare con qualcheduno.

«Ehi, ehi –Shikamaru!»

Qualcuno l’aveva chiamato a gran voce, distogliendolo dai suoi pensieri; egli vide sfrecciare Shizune da una parte all’altra del grande portico, antistante il grande Palazzo dell’Hokage, in mezzo a consiglieri, chunin, jonin e ambasciatori. Lei gli si fermò davanti e lo salutò di nuovo; lui la osservò, e notò che la donna non era nella sua forma migliore: era pallida, aveva pesanti occhiaie e capelli totalmente in disordine. Ella sbadigliò vistosamente.

«Spero di non disturbarti» mormorò, stropicciandosi gli occhi.

Shikamaru non rispose.

«Vedi… Naruto mi ha detto che tu puoi darmi una mano con questo dannato problema del Raikage.» parlò ancora lei, scrutandolo bene; un bagliore di speranza rifulse nei suoi occhi. «Potresti davvero?! Ha detto che già sapevi tutto, anche se non ho ben capito come…»

Lui la guardò. Maledetto Naruto…

«Oh, eh… ero venuto qui perché volevo parlare con te di questo. I miei sono fuori, per me non c’è problema se…» accennò, piuttosto insicuro, ma l’altra emise un enorme respiro di sollievo e lo bloccò, guardandolo assai benevolmente.

«Oh! Sia ringraziato il cielo! Grazie, davvero, non sapevamo più dove metterli! Almeno un macello è risolto!» esclamò. Passò un breve periodo di silenzio; Shizune lo fissava, ora dubbiosa.

«…Sei sicuro che non sia un problema? Naruto sembrava così entusiasta, ma tu sembri un po’ scettico, a dirla tutta…» osservò.

Finita tutta quella pagliacciata, Naruto sarebbe stato involontariamente pestato a sangue da qualcuno; Shikamaru ne era convintissimo.

«No, no. Non preoccuparti, è che… sai com’è fatto lui, gonfia sempre le cose, eh, e invece io sono l’opposto» blaterò, facendo finta di niente, e sbadigliando. «Per me non c’è proprio alcun problema.» confermò.

La donna rinsavì; sorrise, più leggera.

«Allora, se permetti, per me va benissimo così… Grazie tante, ti farò sapere quando sarà.» Si ravviò brevemente i capelli e lo congedò: «Ci vediamo, Shikamaru!»

Shizune si allontanò; Shikamaru la osservò andare via… Sì, sarebbe andato tutto bene… forse, quella volta Naruto aveva ragione… forse Temari sarebbe davvero venuta da lui, e –

…Temari?!

Shikamaru impallidì: aveva totalmente scordato un infimo particolare… Sentendosi palesemente un idiota, urlò il nome della sua interlocutrice di qualche attimo prima; s’era allontanata velocemente, ma si girò con aria interrogativa. Il cuore di lui fremette.

«Ma… ma sono Gaara e Temari, i due Sabaku No, sì?!»

C’era un enorme fracasso intorno a loro; proprio in quel momento, passarono vicino a lei due consiglieri, intenti a parlare ad alta voce.

«Cosa?! Oh, sì, sì…! Certo! Ci vediamo! Grazie!»

E fu allora, solo allora, che egli si abbandonò totalmente a un enorme e soddisfattissimo sorriso, stiracchiandosi per una volta in modo energico, e andò via fischiettando, solerte.

 

 

 

 

*°*

 

 

 

 

«Be’, evidentemente hai sbagliato qualche calcolo. E Shizune avrà capito male. Ma non fare quella faccia! Sono cose che possono capitare a tutti, e –»

Lo sguardo omicida di Shikamaru lo investì talmente tanto che lo indusse a stare zitto, per la prima volta nella sua vita. Naruto deglutì, si schiarì la voce e si guardò intorno con fare curioso, come se fosse totalmente avulso alla grande confusione attorno a sé; tuttavia, osservando la scena, non poté fare a meno di non ridere.

Loro due erano buttati su due sedioline della cucina; dal salone provenivano le voci degli altri due, intenti a sistemare bagagli, vestiti, bambole omicide e strane giare di sabbia, e –in mezzo a tutto questo- a commentare la “strana casa di quello lì”.

«Io t’ammazzo Naruto, oh, se lo farò…» borbottava Shikamaru, di tanto in tanto, mentre teneva la testa fra le mani. «Ma chi cazzo me l’ha fatto fare di dare retta a questo demente idiota…»

«Ehi, piano con gli insulti!» obiettò l’altro.

«Dormici tu con un burattinaio pazzo e il Kazekage della Sabbia, che vogliono la tua morte solo perché sei il ragazzo della loro sorella!»

Naruto deglutì, sudando freddo; be’, per carità, non è che fosse la migliore delle situazioni, però…

«Ehi, Shika» mormorò una voce in falsetto dall’ingresso della cucina, per poi ridacchiare «quale divano vuoi? Quello di destra o di sinistra?»

Il diretto interessato alzò il capo e guardò Kankuro con tanto d’occhi; no, no, non aveva capito bene, era evidente.

«Scusa?» seppe solamente dire; l’altro alzò un sopracciglio, come per ripetere una cosa del tutto lapalissiana.

«Su quale divano vuoi dormire stanotte?! Dobbiamo poggiare la tua roba, eh, non mi pare difficile.»

Il Jonin sgranò gli occhi e guardò Naruto, come per vedere se anche lui, con quel minuscolo cervello che si trovava, avesse capito la stessa cosa.

«Che cosa?! Ma abbiamo una quantità infinita di letti, per quale motivo dovete venire a rompere le palle a me, eh?! C’è quello dei miei, quello degli ospiti, e –»

Il burattinaio alzò gli occhi al cielo, quasi fosse scocciato, sebbene fosse evidentissimo che si stesse divertendo da matti.

«Oh, andiamo, genio di Konoha! Ti pare che il Kazekage dorma con il suo accompagnatore nel letto di due signori, per giunta di una signora così carina da averci invitato qui per ben cinque giorni?! Ma che modi sono? Quindi, Gaara dormirà nel letto tuo, e va be’, si adatterà, e io dormirò in quello degli ospiti. Mi pare ovvio che non ci siano altri posti letto!» finì, con un loquace segno delle mani.

Shikamaru non poteva credere alle sue orecchie. Era evidentemente una burla.

«Stai scherzando?!»

Kankuro ghignò, sardonico.

«No, mi spiace.» asserì, convintissimo. «…Per te, ovviamente.»

«Ma… ma posso dormire io nel letto dei miei! E poi –»

«Desolato» lo interruppe l’altro, evidentemente aspettandosi quell’opposizione «abbiamo messo in quella camera tutta la nostra roba –sai, scartoffie varie, vestiti di cerimonia, cappelli ingombrantissimi. D’altra parte, eh, che vuoi farci… siamo ospiti. E l’ospite ha sempre ragione.»

Il genio era ancora incredulo; doveva essere tutto un brutto sogno, sì…

«Ma che caldo che fa qui! Eh, dicono che qui a Konoha faccia freddo, ma mica scherzate!» continuò il burattinaio senza nessun problema, adesso entrando completamente nella cucina; aveva indosso solo una larga maglietta e un paio di boxer. Naruto rabbrividì alla scena, per poi far finta di vomitare. «Non c’è problema se, intanto che inizia la cerimonia, sto in boxer, no? Quei vestiti mettono un caldo…Tanto, siamo ospiti, ci avete invitato voi, non credo sia un problema…»

A questo punto, fu veramente impossibile per Naruto non ridere; tuttavia, temendo sul serio le ire omicide dell’amico, ripiegò le labbra all’interno e vi mise un pugno davanti, guardando da tutt’altra parte, ma inevitabilmente non riuscendo a trattenere lo sghignazzo o gli occhi lucidi; Shikamaru era talmente basito da non rispondere all’uno o da non minacciare l’altro: semplicemente, era rozzamente seduto alla sua sedia, con la testa appoggiata a una mano, intento a guardare fisso nel vuoto.

«In ogni caso, ti ringrazio tanto per la disponibilità! Davvero… nessun altro l’avrebbe fatto, sai?» continuò Kankuro, tranquillissimo, assaggiando una mela che aveva appena preso con tutta calma dal cesto della frutta. Si avviò dunque all’uscio della stanza, totalmente soddisfatto, per poi riaffacciarsi come prima dallo stipite.

«Ah, Shika…! Un’ultima cosa.»

Quest’ultimo parve leggermente rinsavire.

«Sì…?!», disse, quasi non avesse udito o visto niente negli ultimi venti secondi.

«Tanti auguri

 

 

 

 

 

*°*

 

 

 

«Io lo ammazzo, io lo ammazzo, oh, io lo ammazzo, lo uccido, lo faccio fuori…»

«Mmmh, a quale dei tanti uomini che popolano la tua vita o la tua casa ti stai riferendo?» commentò Ino, ridacchiando. Erano seduti in tre al solito chioschetto del ramen Ichiraku; lei non aveva visto per niente Shikamaru tutto il giorno, e solo in pomeriggio inoltrato era riuscita a fargli gli auguri di sereni venticinque anni”.

«Mi sto riferendo alla sublime causa di tutto questo.» rispose Shikamaru, lapidario, guardando alla sua sinistra.

«Oh, ancora con ‘sta storia! Io non ho fatto niente, la vuoi smettere di infamare la mia reputazione?» parlottò Naruto, alzando gli occhi al cielo e incrociando le braccia.

«Tu non hai fatto COSA?!» urlò l’altro, dimenticando completamente il suo carattere flemmatico e tranquillo; lo guardò con gli occhi fuori dalle orbite. Naruto indietreggiò con la sedia; con tutte le minacce di morte che l’amico (il suo migliore amico, insieme a quell’altro idiota, ah!) gli aveva inferto, adesso iniziava a temere che sarebbero divenute reali. Deglutì.

«Suvvia, che vuoi che sia…! Ti ingrazi i familiari della tua ragazza, che vuoi di più…?! Guarda me: i genitori di Sakura mi odiano perché faccio troppo casino! Almeno non avranno niente da ridire sul tuo conto e…»

«Vuoi passare tu un’intera giornata con quello lì in mutande che ha da ridire su qualsiasi mobile di casa tua e vuole essere servito e riverito solo perché è ospite?! O vuoi, che ne so, dormire sul divano e fare la cena fra mezz’ora cucinando robe appositamente per lui perché il povero Kanky ha un’alimentazione diversa dagli altri?! Facciamo a cambio, carissimo Naruto?!»

Questi s’immaginò la scena; be’, certo, Kankuro in mutande che disquisiva su mobili… Pensò alla velocità della luce a qualcosa –qualsiasi cosa- che potesse distogliere l’ira (totalmente ingiustificata, poi!) dell’amico su di sé; ma l’arrivo di una quarta persona al ben noto chiosco lo dissuase da quell’ardua impresa.

«Naruto, idiota! Dove diavolo sei finito?! E’ tutto il giorno che ti cerco, e –» urlò Sakura, venendogli incontro; ma solo dopo che ebbe iniziato a parlare notò che Shikamaru era seduto dinnanzi a lui.

«…Shikamaru!» salutò, felice, adesso sorridendo.

Naruto e Ino intuirono immediatamente cosa stesse per fare; questi, cercando di non essere visto dall’amico –ma, come suo solito, non riuscendovi minimamente-, tentò di comunicare con la ragazza attraverso simboli e movimenti delle labbra, scuotendo velocemente la testa e agitando le mani; questa sgranò gli occhi e non riuscì a far altro. Ovviamente, Sakura non capì niente di quello che essi avevano voluto dire, e li lasciò perdere.

«…Tanti auguri!» finì la frase, sempre ridendo.

Ma tutto ciò era davvero troppo; Shikamaru scostò rozzamente la sedia, diede l’ennesima occhiataccia a quel demente e andò via, borbottando fra sé su compleanni involuti e strane riunioni straordinarie.

 

 

 

*°*

 

 

 

Si stravaccò sul divano, si stiracchiò leggermente e sbadigliò. Era esausto. Si levò rozzamente le scarpe, si stropicciò gli occhi e s’accese una sigaretta, una meravigliosa, rilassante e silenziosa sigaretta.

Erano le ventitré e quarantasei; a breve, sarebbe finito il giorno del suo compleanno. Non che fosse stato un compleanno particolarmente felice –no, decisamente no-, ma… be’, almeno se lo sarebbe ricordato nella perfetta piattezza e banalità della sua vita. Aveva messo in ordine la casa, rifatto letti, pulito i bagni, per poi scoprire che era stato tutto perfettamente inutile; lei non era arrivata… in compenso aveva rifatto anche un divano, preparato la cena e lavato i piatti. D’altra parte, in linea molto generale, Kankuro aveva ragione: loro erano ospiti, e come tali dovevano essere trattati.

Che stanchezza, sì…

…Be’, a ragionarci bene, più che stanchezza, era –diciamo- delusione. Shikamaru ispirò profondamente un’amara boccata di nicotina e la mandò poi fuori; il silenzio, la visione delle stelle dalla finestra vicina al suo divano, il fumo e quella strana malinconia che gli era sopraggiunta così all’improvviso lo aiutarono tantissimo a rilassarsi.

Delusione. Aveva compiuto venticinque anni; tutti gli avevano fatto gli auguri… già, tutti, tranne lei.

Stavano insieme da quattro mesi, un tempo irrisorio se confrontato alle pochissime volte in cui s’erano visti, che si potevano contare sulle dita di una mano. Era sempre stato lui ad andare, mai lei a venire; si vedevano ogni mese e mezzo circa, a causa di lavoro, missioni, macelli e imprevisti. Per questo motivo –e per altri, che comunque concernevano sempre lei- egli era rimasto tanto contento alla notizia dell’arrivo di lei; avrebbero potuto stare insieme, in mezzo a quel trambusto, e vedersi finalmente con calma, dopo tanto tempo… ma aveva parlato fin troppo presto; era evidentissimo che non si sarebbero visti ancora per parecchio.

Lei… era speciale, oh, se lo era. Era l’unico essere che fosse mai stato in grado di mettergli l’adrenalina di cui tanto il suo apatico carattere aveva bisogno; era stata perfino capace di farlo fremere all’idea che fosse il suo compleanno, cosa che non era davvero mai successa. Chi altro l’avrebbe mai fatto sentire così…?

Avevano attardato un bel po’ a mettersi insieme; era pure vero che si conoscevano da fin troppo tempo, e da fin troppo tempo s’erano dichiarati eterna contesa. Poi, pian piano, vedendosi, una missione dietro l’altra, una coincidenza dietro l’altra, era arrivato il momento tanto atteso; ma, ancora una volta, no, erano fin troppo lontani, e avrebbero avuto da lavorare parecchio, ora che erano Jonin, fra allievi (Nara aveva ricevuto il suo primo incarico come maestro giusto sei mesi prima) e responsabilità e missioni suicide. E così avevano rimandato, finché non avevano potuto fare a meno di trovare quella folle idea.

E lui c’era cascato con tutte le scarpe: era divenuto il solito ragazzo del tutto asservito alla sua bella e del tutto cotto di lei (…non come Naruto, per carità, ma quasi). Qualsiasi cosa Shikamaru facesse, pensava a Temari; qualsiasi giorno fosse, contava quanti ancora ne mancavano al giorno in cui si sarebbero visti…

 

Ventitré e cinquantadue.

 

…Ma lei non gli aveva fatto gli auguri. Shikamaru, espirando ancora una profonda boccata di fumo, capì subito quale fosse la cagione di quel senso di vuoto e di insoddisfazione: Temari, la sua incredibile ragazza, non gli aveva davvero fatto gli auguri… tutto qui, in effetti, era semplicemente e banalmente questo.

E lo faceva star male; durante tutto il giorno non ci aveva davvero fatto razionalmente caso, ma solo ora lo aveva realizzato appieno. Non che Shikamaru Nara avesse mai dato importanza a regali, torte o feste; anzi, gli erano sempre sembrati una grande sciocchezza, dal momento che egli credeva fermamente che l’affetto per una persona si potesse dimostrare sempre, e non solo in determinati giorni dell’anno. Inoltre, burbero com’era, non dava tanto peso a ciò che la gente diceva, ma a ciò che faceva; lui stesso era il tipo che, se si sforzava da morire per qualcun altro, a parole minimizzava fino al ridicolo la fatica costatagli.

…Certo, erano discorsi saggi; ma che diamine, almeno un “auguri” dalla sua ragazza, almeno qualcosa… era un pensiero infantile e sciocco, lo sapeva benissimo, per–

Un rumore proveniente dalla cucina interruppe immediatamente i suoi pensieri; s’alzò, sbuffò e si trascinò fin lì.

Kankuro –sempre, ovviamente, in boxer- aveva appena rotto un bicchiere; non appena Shikamaru gli si avvicinò, sbiancò.

«Oh, eh… scusa, è che… ‘sti bicchieri sono scivolosi!» imbastì.

«Sei tu che hai le mani di pastafrolla, cretino» replicò l’altro, minimamente coinvolto dall’accaduto. Tuttavia, pensò ben presto a ciò che sua madre avrebbe urlato; elevò gli occhi al cielo, inspirò e disse:

«Va’ via, tranquillo, pulisco io…»

L’altro deglutì; pareva impacciato.

«Sicuro?»

Shikamaru lo guardò con tanto d’occhi; non mostrava più l’aria di sufficienza con cui l’aveva trattato tutto il giorno; sembrava anzi dispiaciuto per ciò che aveva causato.

«Massì, che vuoi che sia. E poi sei un ospite…», lo canzonò, ridacchiando.

Guardò furtivamente l’orologio della cucina: erano le ventitré e cinquantasei.

Kankuro scostò i frammenti di vetro e fece per parlare; ma avanzò e non disse niente. Arrivato vicino l’ingresso, tentò ancora di dire qualcosa, ma inutilmente; così uscì.

Shikamaru sbuffò; giustamente, a quella meravigliosa giornata mancava solo quello…

«Tu… non sei poi troppo male.»

Per poco non si tagliò di netto un dito con un pezzo di vetro; il suo cuore accelerò, ma il viso pavoneggiò la solita impassibilità, mentre stava chinato a terra, dando le spalle all’altro.

«…E’ una dichiarazione d’amore, Kanky? Potrei arrossire, eh.»

Shikamaru sentì l’altro grattarsi rozzamente il capo, poi un lato del collo, e poi sbuffare. Sembrava… indeciso?

«No, genio, è semplice rassegnazione.» commentò l’altro. Non trovando davvero altro da dire, aggiunse infine: «Scusa per i cocci, me ne vado a dormire.»

E se ne andò.

Non capendo bene ciò che avesse voluto dire, Shikamaru continuò a raccogliere pezzetti di vetro; non appena finito, s’alzò, si stiracchiò e lanciò un’altra occhiata all’orologio: ventitré e cinquantanove.

Era davvero finito; il suo compleanno poteva…

…Ma cos’era quella roba?

 

Il ragazzo s’avvicinò al tavolo, curioso, e prese un fogliettino ripiegato che lì giaceva; doveva essere stato messo da pochissimo, visto che quando lui era entrato qualche minuto prima non c’era. Sbadigliando reiteratamente, spense la luce e si sbracò di nuovo sul divano… finché non gli prese un colpo.

 

 

 

Ehi tu, conserva questa lettera (se tale puoi definirla, sinceramente non lo so), visto che ben poche volte mi troverai così ispirata come adesso… Be’, spero solo che Kankuro te la consegni

…(altrimenti, eh, sarà molto molto peggio per lui. Capito Kanky? Tanto so che stai leggendo…)

Mi spiace tanto non essere potuta stare con te, oggi. Credimi, ho fatto di tutto; mi ero proposta io per accompagnare Gaara, ma il Consiglio così non ha voluto.

Scusami. Spero solo che Kankuro e Gaara non si siano mostrati così spietati come avevano detto che sarebbero stati con un qualsiasi mio amico. Lo spero, poi sono affari tuoi… ahah.

 

So che non ci vediamo da tanto… non hai idea di quanto mi manchi. Non hai idea di quanto vorrei essere lì con te, e non hai idea di quanto vorrei passare questo giorno lì con te…

…ma penso che riuscirò a fartelo capire dal vivo, diciamo… lunedì prossimo.

 

Ricordati: oramai ti ho preso, non ti mollo mica.

Non lo ripeterò per molto tempo, quindi conserva tutto questo.

E… sì, ti amo follemente.

Ciao, Crybaby.

Ah, giusto! …Tanti

tanti

auguri

amore

mio.

 

Tem.

 

 

Rinsavì qualche minuto dopo; era mezzanotte e qualche secondo.

E… be’, la testa gli girava; non riusciva a capire tanto bene quel che era successo; ma che giorno era…? Era tardi, questo sì; aveva sonno… Iniziò a sorridere, come un ebete, e a respirare profondamente; e poi riprese a ridere, ridere, ridere.

Si stiracchiò ancora, e ancora sbadigliò; spense le luci, si tirò su una coperta (era settembre, non faceva più così tanto caldo come agosto, e adesso che era il ventitré era ufficialmente autunno) e chiuse gli occhi, perfettamente conscio di aver appena passato il compleanno più bello di tutta la sua vita.

 

 

 

 

 

 

Happy, happy birthday baby
Do you remember the names we had for each other
You were my pretty... I was your baby
How could we say goodbye?

Hope I didn't spoil your birthday
I know I'm acting kinda crazy
So, I'll close this note to you
With good luck and wishes too.

Happy, happy, birthday baby...

 

 

 

 

 

 

 

 

******

 

AAAARGH!! Sono le ventitrè e quarantuno e DEVO consegnare entro mezzanotte.

GIUSTAMENTE, mi preparo sempre all’ultimo… ehm, che volete farci XD Anche perché DEVE apparire la data del 22!

 

Comunque! Taaa dan, storiella nera nera nera per il compleanno di Shika finalmente finita.

Oddio, l’ho scritta in cinque giorni, ma in verità ci sono stata ben poco, visto che scrivevo dall’una alle tre di notte XD beata università che ancora non è iniziata. <3

 

Devo ringraziare May be (mia folle compagna di nere chiacchierate su msn) per aver avuto l’idea di questa piccola riunione nera… io ci avevo pensato, ma avrei fatto qualcosa da sola, come ho fatto l’anno scorso, stop xD. Invece così siamo state un po’, dai *-* Non vedo l’ora di leggere le altre fanfic!!

Mi scuso per il ritardo, avevo in programma di postare ieri notte (ovvero stamattina alle 2 o 3 XD) ma ho veramente avuto da fare. E quindi mi riduco all’ultimo secondo –scusate viste o imprecisioni, ho riletto solo due volte, sicuramente ci saranno.

 

Insomma, spero vi sia piaciuta ^^ Kankuro è il meglio, sì, lo adoro. *_* (by the way, Temari gli aveva detto di consegnare il foglietto la mattina, appena arrivato. Be’, ma giustamente lui ha voluto vedere come fosse il suo futuro cognato prima di dargli un biglietto tanto carino! Ah, sti fratelli maggiori… *lei ne sa qualcosa*)

 

Ultima cosa: la canzone è “Happy Happy Birthday Baby” di Ronnie Milsap. E’ molto carina, l’ho trovata per caso cercando canzoni di compleanno^^ sentitela perché è adorabile!!

 

Commentino, gente? (magari, eh, non è affatto sgradito…)

 

…E tanti auguri geniaccio *______________________*

 

 

Clahp

  
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