I’m not
the one I thought
Scritto
da Antogeta
'Dai Ron, smettila
adesso! Smettila, che mi farai cadere come un sacco di patate!'
Stavo ridendo come
una bambina delle elementari quando va sull'altalena, la stessa spensieratezza,
la stessa gaiezza nella voce, la stessa sensazione di volare. Ed era proprio
quella la sensazione che sentivo: mi mancava la terra sotto i piedi ed un senso
di vertigine non indifferente.
'Ron adesso basta,
sennò vomito sul serio questa volta!'
Ron però non
accennava a fermarsi, anzi, si divertiva come un matto. Dio santo, ma come
faceva a tenermi in braccio per così tanto tempo?!
'Ahia...Lo sapevo'
Mi massaggiai la
testa dolorante, ovviamente eravamo capitolati entrambi sul divano. Sentii la
sua testa appoggiata sul mio petto che aveva ancora un ritmo alquanto
irregolare. Si era adagiato su di me come un gatto, peccato che quel gatto mi
superasse di tutta la testa e lì ci stavo a malapena bene io! I piedi gli
spuntavano fuori come i bambini dal letto quando diventano troppo grandi. Alzò
la testa per fondere il suo sguardo azzurro come il cielo nel mio prima di
attentare alle mie labbra già desiderose delle sue.
'Ron te l'ho ripetuto
mille volte che in sala comune non si può, siamo due Capiscuo-'
Mi baciò lo stesso
senza farmi finire la frase. Lo faceva tutte le volte. Evidentemente si
contrariava delle mie repliche. Le sue labbra erano dolci e carnose, come
sempre, ma ogni giorno ne scoprivo sapori e sfaccettature nuovi. Mi sapeva
portare in un mondo al di fuori del tempo e dello spazio, dove c'eravamo solo
io e lui, quel sofà e quel pezzetto di cielo che si vedeva dalla finestra.
'Cough Cough' ?
Un brusio fastidioso
mi ronzava nelle orecchie, non ci diedi retta.
'Cough Cough'
'Cough Cough'
Strano, sembrava
raddoppiato.
'COUGH COUGH'
Accidenti, ma chi
diavolo....?! Mi spostai da quel fiume in piena che erano le labbra del mio
ragazzo per scorgere, al di là di un fuoco vivo, dei capelli neri un po'
spettinati, una cicatrice, degli occhi verdi alquanto imbarazzati, coperti da un
leggero vapore sugli occhiali. Mi specchiai in un altro paio di occhi azzurri
simili a quelli di Ron e mi trovai per un attimo disorientata. Ma il suo peso
su di me mi fece notare che i capelli della ragazza erano lunghi e legati in
codini. Risi dal nervoso.
'Harry'
Un sospiro.
'E Ginny'
Spostai
prepotentemente Ron, che chiaramente non si era accorto di nulla, di fianco. Mi
lanciò uno sguardo infuocato, i capelli arruffati e le labbra tumide per i miei
baci. Avvertii una stretta allo stomaco che si dilagò in tutte le direzioni.
Spalancai leggermente gli occhi ma nessuno ci fece caso. Vederlo così, davanti
a me, mi fece mancare un battito.
'Sa, Ron, ci vogliamo
dare una mossa? Gli altri aspettano solo noi.'
'Uffa Harry, ma per
una volta nella tua vita non potresti trasgredire alle regole? In fondo sei tu
il capitano della squadra...'
Si stiracchiò
lentamente, senza il minimo imbarazzo, e ogni volta mi stupivo di come poteva
diventare alto.
'Ed è proprio per
questo che se non ti alzi in 5 secondi ti farò correre 20 giri del campo di
Quiddich!'
A volte Harry sapeva
essere terribile. Sì, per gli altri, ma non certo per lui. Si alzò con tutta
calma e gli si mise al fianco, Harry sembrava apparentemente scocciato.
Sorrisi, erano il gatto e la volpe. Mentre li vedevo andar via sentii Harry
ridere forte. Ron era riuscito a farsi perdonare ancora una volta. Prima di
uscire dalla stanza si girò a farmi l'occhiolino e scomparì dietro al ritratto
della Signora Grassa.
'Raccogli le bave che
tanto quel sorriso lo sfoggia solo per te.'
Ginny si sedette
vicino a me e mi abbracciò da dietro. Accoccolò il viso leggermente appuntito
nell’incavo della mia spalla e mi sorrise. Non lo vidi ma lo sapevo.
‘Hai trasformato Ron,
Herm. No, non ridere, dico sul serio, l'hai davvero cambiato. Sembrava che
avesse una sensibilità pari a quella di un rinoceronte, e invece....'
Sospirò.
'Invece cosa?'
Mi girai a guardarla
meglio. Aveva l'aria stanca. Dal mio punto di vista non mi era sembrato che
fosse cambiato molto, a volte sembrava esattamente come prima.
'Almeno ti ha
salutato prima di andarsene, invece guarda Harry...Non si è neanche degnato di
guardarmi!'
Le pizzicai una
guancia.
'Guarda che te l'ho
sempre detto che Harry non ci sa fare con le ragazze, in che lingua te lo devo ripetere?!'
Sorrise, con quel
sorriso che mi ricordava tantissimo il suo e si buttò su di me per farmi il
solletico. In seguito prendemmo di mira anche i cuscini.
'Ehm... Caposcuola
Granger?'
Una ragazzina del
primo anno mi stava fissando incuriosita dal mio gioco con Ginny. Non osai
immaginare che cosa avrebbe detto se mi avesse vista prima con Ron.
'Mi scusi ma c'è un
problema al corridoio che porta ai sotterranei, il Caposcuola Abbot mi ha detto
di andarla a chiamare al più presto.'
Sembrava in imbarazzo.
'Certo, vengo
subito.'
Salutai Ginny e mi
diressi ai sotterranei seguendo quella ragazzina piccola e minuta, accorgendomi
con una certa inquietudine che il languore che mi aveva sorpreso con Ron non mi
era ancora passato. Una strana e terribilmente nuova sensazione si stava
insinuando dentro di me e non riuscii a togliermi quegli occhi ardenti di
passione dalla testa per molto tempo.
Mi prendeva le mani,
le stropicciava, me le metteva dietro la testa mentre mi attorcigliavo sotto il
suo corpo madido di sudore. La sua bocca cercava tutti i più piccoli anfratti
del mio corpo mentre la sua lingua assaporava la mia pelle candida e ancora per
poco intatta. Mi perdevo nei suoi occhi brucianti di passione mentre mi
esplorava con quelle sue mani lunghe e sottili. Le mie intanto vagavano sulla
sua schiena e su quelle cosce sode e marmoree che solo tanto esercizio fisico
poteva aver modellato. La sua bocca scendeva sempre più giù dal mio collo, al
torace, seguendo la linea curvilinea della mia schiena inarcata mentre le sue
mani inaspettatamente esperte andavano alla ricerca cieca del mio fiore più
prezioso. Sentivo il suo eccitamento sulla mia pelle e un dolore lancinante
provenirmi dal di dentro, una specie di bomba pronta a scoppiare. Le sue mani
intanto stavano accarezzando la pelle liscia e morbida dell'interno delle mie
cosce e qualcosa in me parve rompersi. Le mie gambe si aprivano lentamente come
se impossessate da un sortilegio a cui non potevo oppormi. Sentii la sua bocca
avvicinarsi sempre di più a quell'urna nascosta a cui le mani avevano in
qualche modo preparato la via. I miei sospiri divennero sempre più alti e
sconnessi, un grido mi sconquassò il petto, il mio corpo sudato, rotto dai
singulti, sembrava sgusciare sotto la sua presa. Mi ritrovai i suoi occhi
ardenti puntati nei miei, consapevoli, desiderosi di me.
'ODDIO!'
Mi svegliai di
soprassalto sbattendo violentemente la testa sul letto di Calì. Non ci feci il
minimo caso. I suoi occhi erano ancora vivi dentro di me. Il battito
stranamente accelerato e le mani sudate.
Era stato solo un
sogno. Presi la sveglietta sul comodino: le 6. Ancora mezz'ora e poi mi sarei
dovuta alzare. Non potevo credere a quello che avevo sognato, non mi era mai
capitato prima. Avevo sognato Ron, di fare l'amore con Ron. Mica patate.
Rivedendo involontariamente quelle scene che mi passavano per la mente come
fotogrammi di un film mi sentii improvvisamente impura, sporca. Ora capivo lo
sguardo negli occhi di Ron del giorno prima. Mi voleva. Mi desiderava. Ma il
bello è che a quanto pare lo volevo anch'io. Volevo essere sua, a tutti gli
effetti. Questo pensiero mi fece arrossire violentemente. La sensazione di
dolore al basso ventre non parve diminuire, anzi, era molto più presente di
prima. Il mio eccitamento per uno stupido sogno. Mi sentii soffocare in quelle
coperte, avevo più caldo che mai e il mio corpo reclamava aria. La mia mente
invece voleva solo correre in bagno a lavare via quella sensazione di sporco
che mi pervadeva. Mi vestii di corsa per uscire dalla mia stanza e raggiungere
il bagno il più in fretta possibile. Dovevo sentirmi pulita, DOVEVO.
Il pudding aveva uno
strano colore. Continuavo a girare il contenuto della tazza con una certa
insistenza, senza realmente mangiarlo. Non c'era ancora nessuno in giro.
'Evidentemente quel
pudding deve avere un certo non so che per attirarti così!' Alzai gli occhi su
quel viso lentigginoso che conoscevo così bene. Il suo sguardo era limpido come
il cielo di quella calda mattina di ottobre e il suo sorriso, come il suo sguardo,
di solito sapeva trasmettermi una certa tranquillità. Non quella mattina.
Arrossii spudoratamente come se i miei pensieri fossero in mondo visione e mi
rituffai con la faccia nella mia colazione, senza neanche salutarlo.
Sicuramente avrei dovuto dargli una spiegazione per questo, ma non adesso, non
avevo una scusa pronta. Maledetta a me e alla mia insicurezza! Sbuffai. Diamine
sono Hermione Granger, non posso farmi sopraffare come una bambina del primo
anno! Mi stavo odiando parecchio.
''Mione ma oggi tutta
la tua roba era in lavanderia?!'
E Harry da dove era
spuntato adesso?!
'Scusa Harry ma
cosa...?'
Mi guardai, non
capivo di cosa stesse parlando. Di solito Harry non è proprio il tipo da fare
certi discorsi.
'Umph...Ah Ah! 'Mione
non me l'avevi detto che prima di venire qua assomigliavi a mio cugino
Doodley!'
Harry e Ginny stavano
ridendo come dei matti mentre Ron faceva di tutto per non ridere ma al mio
sguardo serio non riuscì più a trattenersi. Possibile che ero solo io a non
capire cosa stesse accadendo?!
'Gin almeno tu, ti
prego, dimmi cosa sta succedendo! Gin!!'
'Oltre al fatto che,
umph, hai la maglia al contrario e la cravatta sciolta, quella gonna e il
maglione andrebbero bene a mia madre! Ma dove diavolo li hai trovati?!'
Mi ritrovai a
costatare che gli elfi domestici dovevano aver fatto un casotto con le taglie e
per la prima volta da quella mattina risi di gusto. Inoltre con quelle forme
morbide mi sentivo protetta e al sicuro da sguardi indiscreti.
'Hai ancora dieci
minuti, ti conviene andare a cambiarti!'
'Hai ragione Gin, ci
vediamo dopo!'
Corsi su per le scale
ma mi accorsi dello strano sguardo che mi stava rivolgendo Ron. Lui lo sapeva
benissimo che mi alzavo apposta prima per essere in ordine a lezione, era
decisamente strano il mio comportamento. Già, tutto il mio comportamento.
Chissà se aveva intuito qualcosa. Con felice rassegnazione mi ricordai
dell'intuito di Ron e sorrisi al corridoio. No, non ci sarebbe arrivato mai.
La quercia era
inaspettatamente morbida quel pomeriggio. O ero io ad essere avvolta da un
leggero assopimento? Il lago aveva una strana sfaccettatura verde, rifletteva
il cielo che andava incupendosi. Peccato, si stava bene all'aria aperta. Ancora
qualche giorno e poi il freddo autunnale e la pioggia avrebbero preso il
sopravvento.
'Non hai mai un
minuto per me, MAI!!'
Quella voce mi
sembrava di riconoscerla.
'Gin, non
rinfacciarmi sempre la stessa storia, lo sai meglio di me che tra la scuola e
il Quiddich ...'
'Appunto, non hai
tempo per me!'
Le braccia incrociate
e il piede che batteva nervoso sul terreno, il ciuffo leggermente alzato.
Brutto segno.
'Ogni volta una scusa
nuova! Guarda Hermione e Ron come vanno d'accordo! Lui, anche se è mio
fratello, lo trova sempre un po' di tempo per lei, ed è anche Caposcuola! Tu
invece...'
La sua voce si era
spenta, la delusione era più amara di una battaglia persa. Vederla girare il
volto da un'altra parte, con un orgoglio che non voleva far trapelare il suo
dolore, mi strinse lo stomaco. Gin sapeva star male a quel modo solo per Harry.
Lo vidi prenderla improvvisamente in braccio e portarla via di corsa chissà
dove, mentre un grido soffocato della ragazza allentava la tensione. Solo con
le trovate di Harry si poteva uscire da certe situazioni. Mi sporsi dall'altro
lato della quercia per vedere un po' meglio ma il panorama era cambiato. Due
gambe alte e snelle ricoperte da un paio di pantaloni neri mi si stagliavano
davanti.
'Non è carino
spiare.'
Il suo sorriso era
amareggiato. Mi sentii male a farlo sentire così. Era in pratica da quella
mattina a colazione che non ci parlavamo.
''Mione cosa c'è che
non va?'
Si era seduto vicino
a me, lo sguardo apparentemente assente e perso nel vuoto, la voce dura e
seria. Era preoccupato. Mi prese la mano, non mi scansai ma ero tesa. Non
riuscivo neanche a toccarlo adesso?! La situazione andava peggiorando. E quel
peso sul cuore mi schiacciava.
'Non è niente, sono
solo stanca. E poi sono metereopatica, il brutto tempo mi rende nervosa.'
Bella scusa, ci avevo
pensato fino a quel momento.
'Non è vero.'
Sba-bam. Incudine da
1 quintale sulla mia testa.
'Non riesci neanche a
guardarmi negli occhi, è tutto il giorno che mi eviti!'
Mi prese con dolcezza
ma anche decisione il volto per farmi girare e guardarlo finalmente negli occhi.
Aveva un'espressione dura e contrariata. Non riuscii a proferir parola. Aveva
ragione, dannatamente ragione. Ma cosa potevo dirgli? Era più forte di me. Una
paura inconscia che mi pervadeva interamente come un alone di luce attorno al
mio corpo. E il suo sguardo non mi aiutava. Chiusi gli occhi e d'istinto mi
buttai tra le sue braccia. Avevo bisogno di sicurezza, di sapere che ero sempre
io, Hermione, e non una ninfomane affamata. Avevo bisogno di sentirmi amata e
protetta. Da me stessa.
Il suo abbraccio era
tenero e forte, mi baciò i capelli, poi la punta del naso, alla ricerca delle
mie labbra. Solo allora mi resi conto di come mi era mancato il suo contatto e
cercai un legame più profondo. Insinuai la lingua tra le sue labbra socchiuse
alla ricerca del suo sapore ormai familiare, mentre con le mani mi perdevo tra
quei capelli fulvi ed eccezionalmente morbidi. L'odore del suo shampoo alla
mandorla mi stordì per un attimo. Si era fatto la doccia dopo l'allenamento.
Ero stata una sciocca ad allontanarlo da me e mi maledii mentalmente per la mia
stupidità. Ero stata male io ed avevo fatto soffrire lui. Ron intanto mi
accarezzava i capelli, giocando con quei boccoli che gli piacevano tanto mentre
con l'altra mano si infilava sotto il maglione alla ricerca del mio corpo caldo
e la mia pelle liscia. La mia mano intanto si era spostata dai capelli al
colletto della camicia e vi si stava insinuando dentro, bisognosa di un
contatto più diretto. Ed eccola lì, più forte che mai, una pulsione
irrefrenabile che mi invadeva tutto il corpo, dalle pupille allargate per il
languore al seno che si irriggidiva involontariamente. Ma al contempo una paura
inconscia le si andava affiancando e sbarrai gli occhi.
Aiuto.
Sembravo un pesce
fuor d'acqua che cercava di respirare aprendo e chiudendo la bocca senza
emettere neanche un suono. Mi allontanai instintivamente dal suo abbraccio,
chiudendomi a riccio. Il suo sguardo interrogatorio era lo stesso del giorno
prima ma questa volta ero stata io a rompere il contatto. Mi sistemai la gonna
e la maglia per cercare di prendere tempo, cosa gli potevo dire? Che avevo
paura di lui, che avevo paura di ME? Di quello che il mio corpo andava
provando, di quello che la mia mente non riusciva più a controllare??
'E' tardi, dobbiamo
andare.’
Abbozzai un sorriso
che non aveva affatto sortito l'effetto desiderato perchè Ron mi guardò prima
sconcertato e poi in qualche modo deluso. Gli stavo sfuggendo e questo non gli
piaceva, non gli piaceva per niente, anche se cercava di non darlo a vedere. Lo
aiutai ad alzarsi ma non mi abbracciò come faceva di solito. Ce ne tornammo in
silenzio al castello mentre l'aria imbruniva.
Eh, Gin,
evidentemente tra me e Ron non era proprio tutto rose e fiori.
Anche se cercava di
nasconderlo il suo atteggiamento verso di me era cambiato e questo mi procurava
un dolore immenso. Ma non potevo certo biasimarlo, ogni volta che mi toccava
trasalivo come se fosse stato azoto liquido. E così andai a dormire con la
morte nel cuore ed una grande rabbia repressa. Non riuscivo neanche a capire
cos'era quella paura che mi sorprendeva in quei momenti, a cosa era dovuta. Non
riuscivo neanche più a stare vicino a Ron, e invece ne avevo bisogno. Amavo Ron
e non potergli stare accanto mi uccideva. Forse avrei dovuto parlarne con qualcuno.
Ma chi? Ron era da scartare subito, non avrebbe capito. O semplicemente mi
sarebbe saltato subito addosso. Harry aveva già parecchie cose a cui pensare e
poi, non so perché, mi faceva strano parlargli di certe cose. Mi immaginai la
faccia di Harry al sentire il resoconto del mio sogno. Certamente gli occhiali
si sarebbero appannati, le orecchie sarebbero passate da un arancione forte ad
un rosso acceso e avrebbe cominciato a balbettare frasi sconnesse. Povero
Harry! Mi scappò un risolino. No, di certo non era lui il prescelto. Non mi
rimaneva che Ginny. In realtà lo sapevo da subito che la scelta sarebbe
ricaduta su di lei ma con tutti i problemi che aveva di suo non volevo
disturbarla ulteriormente con le mie fantasie erotiche. Va beh, pazienza, essere
una migliore amica ha anche degli svantaggi. Sperai vivamente che il detto 'la
notte porta consiglio' fosse vero. Ne avevo decisamente bisogno.
Gli avevo sbottonato
la camicia fino a metà, il suo petto ampio e muscoloso risaltava alla luce
tenue delle candele mentre la mia pelle pallida era messa in rilievo dai
boccoli scuri dei capelli che giocavano sul seno prosperoso. Come una delicata
tortura le sue mani mi straziavano i capezzoli inturgididi dal fuoco che il suo
corpo alimentava in me, due tizzoni ardenti che lasciavano solchi indelebili
sulla mia pelle vellutata. Aprii quasi con violenza quello che era rimasto a
metà per assaporare a fondo con tutta me stessa il suo calore, le mie labbra
seguivano la linea virile della mascella, poi del collo fino a tracciare con i
miei baci appassionati una linea in mezzo al petto fino all'ombelico. Le mie
mani intanto cercavano la chiusura dei suoi pantaloni e con movimento febbrile
tentavo di aprirli. Invece lui mi prese per la vita e mi schiacciò sotto il suo
peso, tenendosi sui gomiti per non soffocarmi. Sentii il suo corpo
perfettamente complementare al mio e mi accorsi per la prima volta che quel
lembo di stoffa della mia gonna era una mera illusione che ci separava. Rapido
e preciso la strappò via da me lanciandola fuori dal mio campo visivo, sempre
con gli occhi puntati nei miei, pieni di una cosciente pazzia.
Lo riempii di piccoli
baci soffocati dai singulti che si facevano strada nel mio petto già martoriato
nello stesso tempo in cui lui si faceva strada dentro di me. Le sue dita
toccarono la mia biancheria leggermente umida e si insinuarono impunemente
dentro. Mi aggrappai alle sue spalle già piene dei miei piccoli tagli e
soffocai quella sensazione immensa nell'incavo della sua spalla, respirando
affannosamente. Quando buttai la testa all'indietro straziata da quella dolce
tortura, con gli occhi deliranti di lucida follia, vidi nel suo sguardo
riflettersi la mia stessa passione. Ero pronta. Si staccò leggermente, giusto
il tempo di togliere qualsiasi barriera tra i nostri corpi, e lo sentii
penetrare dentro di me. Vidi sul suo volto lo sforzo che faceva per controllare
la sua impulsività, non voleva assolutamente farmi del male. Nonostante questo
una smorfia di dolore mi attraversò il volto nel momento cruciale. Il momento
che tutte le vergini desiderano e temono. Ron la fece morire sulle sue labbra e
prima di rendermene veramente conto, il mio corpo aveva cominciato a seguire il
suo ritmo e si muoveva con lui in un vortice di sensualità e passione. Una sensazione
bellissima e calzante mi cresceva dentro, in contemporanea al suo aumentare del
ritmo. Stavamo ansimando insieme, eravamo un unico essere, con una mente e un
corpo solo, tanto che lo sentii arrivare al culmine proprio mentre io...
'Aaaaaaahhhhhh!!' La
mia camera, il mio letto, la finestra che dava sul cortile e sul magnifico
parco. Di nuovo, di nuovo un sogno simile, se non peggio di quello della notte
precedente. Un dolore reale alle parti basse e un sudore che mi imperlava il
viso e le mani. Se non fossi stata assolutamente sicura che Ron non ne capiva
un'acca di Occlumanzia, a quest'ora mi sarei già spaventata sul serio.
'Per fortuna che oggi
non hai sbattuto la testa'.
'Già....Non ti
svegliavi più. Hai fatto un bel sogno?!'
'Beh, da quel che ho
sentito, direi di no, Lavanda...'
'Ma quei sorrisi nel
vuoto e quei mormorii...A cosa stavi pensando, eh Hermione?!'
'Ma che ore sono? E
soprattutto da che ora è che mi state osservando dormire?!'
Il mio cipiglio non
ammetteva repliche ma ero ancora confusa e intontita. Calì e Lavanda erano due
assi ad estrapolare gossip e io non mi sentivo ancora abbastanza forte per
difendermi.
'Le 7.30. Se non ti
muovi rischi di perderti Babbanologia.'
'COOOSAAA?!'
Mi buttai giù dal
letto cercando di fare mente locale di quello che dovevo prendere. Accidenti
alla notte che porta consiglio, bel suggerimento che mi aveva dato! Ora più che
mai dovevo parlarne con Ginny, ma dovevo aspettare almeno la fine delle lezioni
se non volevo che tutta la scuola spettegolasse sui miei sogni perversi.
'Allora noi andiamo.'
Percepii dei risolini
provenire da quelle due ma non diedi loro retta. Già così sarei stata un ottimo
oggetto di conversazione. Accidenti, ero in straritardo!
Correvo per i
corridoi alla ricerca affannosa di quella piccola peste dai capelli rossi.
Appena finito il pranzo mi congedai da Harry e da Ron, sconcertato più che mai
dal mio rossore perenne. Con una scusa dichiarai la mia assoluta esigenza di
Gin e scappai dal salone d'ingresso verso le scale e poi per i corridoi. Chissà
dove si era cacciata! Provai in sala comune ma era vuota. Ovvio,
nell'intervallo del pranzo non c'era mai nessuno. Con un sospiro ripensai ai
pomeriggi passati con Ron a coccolarci sul divano, era una fortuna che oggi si
doveva allenare a Quiddich, altrimenti avrei dovuto inventarmi un'altra scusa.
E se Gin doveva allenarsi anche lei? Ah no, questo non ci voleva. Mi precipitai
fuori nei corridoi che davano sul campo da gioco. Mi affacciai ad una delle
finestre e con gioia intravidi una testolina rossa in mezzo a tante altre teste
di un colore meno acceso. A quanto pare stava litigando con una testa nera
alquanto scompigliata perché attorno a loro c'era un alone di vuoto. Con
un'alzata di mani la figurina si allontanò in fretta mentre l'altra si grattò
dubbiosa la testa. E quando mai. Il Quiddich ormai era diventato il miglior
capro espiatorio per i problemi di quei due. Poi avrei dovuto informarmi su
quello che era successo ma per ora avevo un'altra urgenza. Precipitandomi di
nuovo per i corridoi raggiunsi la sala comune proprio poco prima che Ginny vi
entrasse.
'GIN! GIN!'
La rossa si era
voltata appena in tempo, il viso nero di rabbia e la bacchetta minacciosa in
mano. Possibile che doveva sempre rompere qualcosa per sfogarsi?! La giornata
si prospettava lunga.
'Ma è mai possibile
che sia così deficiente?!'
Gin guardava assente
fuori dalla finestra maledicendo tutte le scope e le pluffe che le volavano
davanti. Ma c'era l'alba di un sorriso su quelle labbra sottili e leggermente
screpolate. Allora gli aneddoti su Harry avevano funzionato.
'In fondo si è solo
dimenticato...'
Era da mezz'ora che
cercavo scuse, ma, povero Harry, il suo comportamento poteva essere salvato
solo da un altro campione di romanticismo quale era il suo migliore amico, Ron.
Io forse non ero proprio la persona adatta.
'Ogni volta si è SOLO
dimenticato! A volte mi domando se vestita da boccino riuscirei ad attirare
meglio la sua attenzione.'
Scoppiammo a ridere.
Aveva sbollito la rabbia ma quando l'avrebbe rivisto sarebbero stati guai per
Harry. Il ragazzo sopravvissuto avrebbe avuto una nuova tacca sul bastone delle
vittorie se ne fosse uscito indenne. Improvvisamente si girò verso di me con un
sorriso sbarazzino da ragazza innocente quale non era più da tempo. '
Cosa c'è?'
'Harry mi ha detto
che avevi urgenza di vedermi, dimmi tu cosa succede.'
Gamba accavallata e
sguardo tagliente, se fosse stata bionda sarebbe stata l'esatta copia di Rita
Skeeter. Ovviamente arrossii. Maledizione!
'Ah ah la cosa si fa
interessante...Avanti, sono qui per questo.'
'No, Gin, a volte mi
sembri la Gazzetta del Profeta!'
Il suo sguardo si era
fatto stranamente più serio.
'Ti va di uscire un
po'? Qui sto soffocando.'
Annuii, leggermente
sorpresa da quella richiesta, e in pochi minuti eravamo sdraiate davanti al
lago ai confini del parco di Hogwarts.
'Ron ci sta male per
il tuo comportamento, spero che tu te ne sia accorta.'
Aveva rotto il
silenzio sentenziando un'innegabile verità, senza neanche guardarmi. Teneva
molto a Ron, era il fratellino con cui giocava da sempre, il suo piccolo
confidente e la spalla su cui appoggiarsi. Non l'avrebbero mai ammesso ma gli
ultimi fratelli Weasley erano uniti da uno speciale legame che non aveva
bisogno di parole. Abbassai lo sguardo vergognosa.
'Sì, lo so. Sono una
stupida ma...' deglutii, quelle parole non volevano saperne di uscire 'in
queste notti ho fatto dei sogni...diciamo strani, ecco...su Ron e...'
Si era girata a
fissarmi.
'Aveva persino paura
che tu avessi un altro.'
Lo sguardo estremamente
serio della rossa mi fece capire che non stava affatto scherzando. Spalancai
involontariamente bocca e occhi apparendo semplicemente come un pesce lesso.
Quindi ridicola. Possibile che avessi dato questa impressione?!
'Eh?!No, oddio, è lui
il problema, cioè no sono io, ecco, forse insieme...'
Mamma mia che
discorso non da me! Ma la razionale Hermione dov’era finita?! Non riuscivo a
mettere una parola coerente dietro l'altra, in fondo non doveva essere così
difficile!
'Vedo che la tua
gonna ti sta attirando un certo interesse!'
Gin stava ridendo
deliberatamente della mia impacciataggine e del fatto che avevo lo sguardo
basso e fisso sulle pieghe della mia gonna dall'inizio del discorso, o quasi.
Se possibile, arrossii ancora di più.
'Non vorrai ridere di
me per tutto il tempo, vero?'
Sbuffai
rumorosamente.
'Finché non mi dirai
tutte le sconcerie che pensi su Ron!'
Si era avvicinata con
un moto improvviso che mi fece sobbalzare.
'GIN! Ma tu...come,
cosa....'
Ero semplicemente
sconvolta.
'Lo sapevo! Herm, ci
caschi sempre!E’ ovvio che ho sparato a caso…'
Maledetto giochino
mentale, Ron e Ginny me la facevano ogni volta. Tuttavia vidi Gin calmarsi e
appoggiarsi al tronco dell'albero con un grosso sospiro di sollievo. Poi sentii
i suoi occhi curiosi su di me.
''Mione, non mi dirai
davvero che è questo il problema...'
Ora era lei a
sembrare sconvolta.
'Certo!'
Dissi forse con
troppa enfasi. Come poteva considerare una sciocchezza quell'ansia che mi stava
opprimendo da due giorni? Quell'agitazione che mi faceva stare lontana dalla
persona a cui volevo stare più vicina?! Mi feci coraggio e con rigore il più
possibile scientifico le raccontai i miei sogni. Infine attesi il verdetto.
'E allora, qual è il
problema? A me sembra del tutto naturale desiderare il proprio ragazzo, anche
se il ragazzo in questione è Ron...'
Il suo tono così
naturale fece crollare tutti i miei castelli di carta. Possibile che quel
desiderio incontrollabile come un fiume di lava, quella paura istintiva fossero
del tutto normali? E le mie inquietudini, il mio dolore fisico, la mia strana
eccitazione, potevano davvero essere raccolte tutte in quella frase? Il mio
sguardo fu abbastanza eloquente perché Gin continuò a sputar sentenze. Non mi
ero mai sentita tanto stupida e indifesa.
'Hermione, ascoltami
attentamente. Io non sono certo il guru della felicità, ma ti conosco
abbastanza bene per capire cosa ti sta succedendo.’
Mi prese una mano
rassicurante.
‘E' ora di toglierti
la maschera, Herm.'
Gin mi osservava
incoraggiante.
'Gin, non capisco
cosa intendi dire...'
Ero confusa.
Decisamente non sapevo che pesci pigliare.
'Herm, da quando sei
qui hai sempre dato l'idea di una ragazza molto intelligente, acuta ma
estremamente razionale. Hai sempre voluto avere tutto sotto controllo, niente
sfuggiva alla tua scrupolosa analisi. Volevi sempre mostrarti all'altezza di
tutto e per questo sacrificavi, e sacrifichi, tutte le tue energie e il tuo
tempo. Essendo una mezzosangue volevi mostrare a questo mondo di esserne parte,
rinunciando alla tua impulsività. Ed è proprio il tuo istinto che adesso
reclama la sua libertà. Quello che provi per Ron è una cosa bellissima, ma la
tua mente la rifiuta perché nuova e soprattutto incontrollabile da essa, mentre
il tuo corpo, con quei dolori provocati dall'eccitazione senza dubbio, ti
mostrano il contrario. Devi liberarti Herm, altrimenti verrai sopraffatta. E'
tempo che la tua mente si faccia un po' da parte adesso.'
Aveva continuato a
fissarmi per tutto il tempo mentre le mie paure andavano vacillando per poi
crollare come un muro crepato. Ma un vuoto inspiegabile mi attanagliava lo
stesso lo stomaco. Vedere la mia vita sotto quella prospettiva era angoscioso,
se non addirittura torturante. La mia vita per eccellere, per essere
all'altezza di ogni momento e situazione. Tutto quello che mi passava per la
testa in quel momento mi riportava quella bruciante verità. Persino con Ron non
mi ero mai abbandonata del tutto.
'Potrai perdonarmi?'
La voce di Gin mi
trascinò fuori dal mio flusso di pensieri. Vedevo la preoccupazione nei suoi
occhi in attesa. Il mondo mi era crollato addosso ma lei mi era rimasta vicino,
dicendomi quello che andava detto. Mi buttai tra le sue braccia grata di quella
consapevolezza, anche se qualche lacrima mi scorreva sulle guance. Mi ricordai
il primo incontro con Harry e Ron. Probabilmente se non li avessi incontrati, e
così anche Ginny, sarei rimasta sola nella mia superbia per sempre. Dovetti
riconoscere che con il loro aiuto era riuscita a cambiare. Oh beh, almeno un
pochino. Le arruffai i capelli ondulati mormorandole dolcemente uno 'Scema'
mentre mi cullavo in quella serenità.
'Ora ne dovrai
parlare con Ron.'
La malizia dei
Weasley riapparve su quel viso delicato mentre le mie guance si tingevano
nuovamente di rosso.
'Quando glielo
dirai?!'
'Ehi, adesso non
prendiamoci troppe confidenze!'
Sorrisi, di quel
sorriso che non avevo più da giorni.
‘Ah, non crederai di
sfuggirmi adesso! Dopo voglio sapere tutti i particolari piccanti!'
La sua vena
civettuola non aveva limiti.
'Gin!'
Cercai di sembrare
scandalizzata ma il risultato che ne seguì fu di una risata puramente
liberatoria. All'improvviso dietro la spalla di Gin notai una pluffa rotolare
da dietro al tronco fino alla mia caviglia per poi passare e proseguire verso
il lago sennonché delle foglie mi oscurarono la vista mosse da un'improvvisa
brezza. Davanti a noi comparve un ragazzo con la divisa da Quiddich dei
Grifondoro. Aveva la pluffa in mano.
'Ehilà ragazze!'
Il suo sorriso
comprendeva anche gli occhi. Era stranamente rilassato e sereno. E mi fissava.
'Cosa ci fai qui,
Ron?'
Per fortuna Ginny era
intervenuta in mio aiuto, visto che non sapevo cosa dire. Ora era la
consapevolezza che mi bloccava.
Notai con orrore che
Gin stava facendo fatica a trattenersi dal ridere mentre con fare assolutamente
malcelato mandava occhiate da una parte e dall'altra. Comunque riuscii a
sorridergli, un sorriso sereno che credevo di aver tenuto nascosto per anni, e
stranamente se ne accorse. Lo ricambiò ma non ne sembrava sorpreso.
'Guardate che con un
buon lancio la pluffa può arrivare ovunque!'
'Lancio che
evidentemente tu non hai parato.'
Non so come ma il mio
pensiero era uscito senza passare per il cervello. Brutto segno. Si avvicinò
con fare derisorio. Ora che lo guardavo meglio sembrava persino troppo allegro.
'Mangiato yogurt a
colazione, 'Mione?'
Mi sentivo come un
gatto che fa le fusa al sentire di nuovo pronunciare il mio nome a quel modo. E
il risolino di Ginny che mi guardava da dietro la spalla del fratello non era
d'aiuto. Improvvisamente me lo ritrovai ad un palmo dal naso e, come se non
fosse successo niente nelle ultime 48 ore, mi baciò. Fu un attimo, giusto il
tempo di salutare, che un brivido mi percorse la schiena da cima a fondo,
inconsapevolmente avvicinando il mio corpo al suo.
'Ci vediamo dopo!'
Un cenno della mano
ed era già ripartito come una scheggia, lasciandomi a fissarlo a bocca aperta
esattamente lì dove mi aveva baciata.
Ormai era ora di cena
e così ci incamminammo verso il castello. Il salone e la gente non mi
sembravano più così cupi, la mia vita stava per avere una svolta che si
prospettava piacevole. Indugiai a lungo prima di mettermi la gonnellina corta
che Gin mi aveva propinato o lo scaldacuore scollato, in fondo era pur sempre
una cena come le altre. No, non era un venerdì qualunque. Qualcosa era
finalmente cambiato. Sorrisi allo specchio. Alla fine avevo scelto tutti e due.
Non che volessi far impazzire Ron, sia chiaro, ma ero io che volevo sentirmi
compiaciuta di me stessa. E pensare che era bastata solo una chiacchierata con
Ginny per farmi riprendere il controllo della mia vita! Sorrisi a lungo come in
una specie di paralisi. Con Ron avrei parlato l’indomani e quello che sarebbe
successo, chissà. Il cuore aveva preso a battere fuori dal petto ma l'angoscia
l'avrei lasciata per il giorno dopo. Stasera era la serata settimanale in cui
si poteva dire addio alle lezioni per il week-end e volevo godermela appieno.
Soprattutto per la stanchezza accumulata dall'insonnia. Scesi le scale con
calma e finalmente mi ritrovai immersa nella confusione della Sala Grande. Ron
mi venne incontro.
'Sei bellissima
stasera.'
Mi aveva abbracciato
e il suo contatto non mi aveva bruciato. Magnifico. Mi mise il braccio intorno
alla vita e ci sedemmo vicino a quell'altra splendida coppia.
'E allora mi sono
buttato in picchiata. Ho fatto una splendida virata su me stesso, ho scansato
una pluffa che mi stava venendo addosso, lo sai quanto può far male una pluffa
in faccia no?!, rasentai terra e....'
'Se se...'
Beh, più o meno.
Alla fine rientrammo
tutti in sala comune ma, prima di lasciar liberi i ragazzi, trattenni una
manica del maglione di Ron. Per fortuna c'erano solo alcuni primini che
giocavano a carte in un angolo.
‘Puoi aspettare un
attimo?'
Feci segno a Gin che
l'avrei seguita dopo e aspettai che Ron facesse lo stesso con Harry. Quando fu
vicino a me, al mio cuore mancò un palpito. Non mi ricordavo che esercitasse su
di me un' attrazione così forte.
'Ron, ho bisogno di
parlarti.'
Le mie mani erano
diventate improvvisamente molto, molto interessanti.
'Anche per quello che
è successo in questi giorni. Per te domani...'
'Va benissimo.'
Il fatto che mi
avesse interrotto mi obbligò a guardarlo.
'Sai, me lo
aspettavo.' Ora aveva un sorriso sornione sul volto mentre impunemente mi
accarezzava una guancia.
'Co-come te lo
aspettavi...'
Non capivo. Si
avvicinò ancora di più a me. Ora gli potevo contare tutte le lentiggini che
aveva sul naso.
'Facciamo subito dopo
pranzo, ok?'
E senza darmi una
risposta alla precedente domanda mi diede un lieve bacio a fior di labbra e si
allontanò fischiettando.
Non so se erano state
le parole di Ginny o quell'atteggiamento irriverente a farmi scattare, ma gli
corsi dietro in un impeto di totale istinto. Lo feci voltare e, con tutta la
passione accumulata che mi esplodeva in corpo, lo baciai. Ora era il suo turno
di rimanere basito. Mi allontanai velocemente su per le scale del dormitorio
femminile, dove non poteva seguirmi, sentendo costantemente i suoi occhi
stupiti su di me.
Mi addormentai
subito, sorridendo come una stupida al letto troppo basso di Calì.
Mi svegliai con il
sole che mi bruciava in faccia. Evidentemente qualcuno di estremamente stupido
aveva già aperto le tende o, com'era più probabile, le aveva lasciate aperte
dalla sera prima. Con un movimento disumano presi la sveglia che suonava
allegramente, felice di quella piccola tortura che mi procurava ogni giorno. Le
nove. Il mio sguardo fu rapito per un momento dall'aspetto primaverile che
emanava il parco quel giorno quando la mia testa riuscì a riformulare frasi
connesse, non intorpidite dal sonno. Era la prima mattina che mi svegliavo
regolare. Riguardai la sveglia. Sì, non c'erano dubbi, erano proprio le nove.
Anzi, le nove e cinque. E poi sorrisi come una beota, di quei sorrisi che non
hanno un motivo valido ma che rimangono a lungo, come il sale nei capelli dopo
il bagno in mare. Finalmente ero riuscita a dormire un sonno senza sogni. Ed
ero così riposata! Assurdo. Mi stiracchiai un momento prima di alzarmi. Lavanda
e Calì erano ancora nel letto ma il rumore che facevano indicava che erano già
sveglie. Mi fermai ancora a ciondolare per un po', facendomi cullare dalla
bellezza della lentezza del sonno, quando mi decisi a vestirmi. Non potevo
certo arrivare io in ritardo dagli altri.
Feci finalmente una
ricca colazione con Gin ed Harry, Ron ovviamente dormiva, e passammo il sabato
mattina come al solito nelle giornate calde, nel parco a dire stupidaggini e a
giocare a carte. Harry insisteva sempre per gli scacchi ma io e Gin eravamo
troppo buone per vederlo ripetutamente perdere. E così arrivò l'ora di pranzo.
Guardai l'orologio del Salone: l'una. Una stretta involontaria allo stomaco e
le farfalle che ci svolazzavano dentro mi ricordarono che mancava poco più di un'ora
all'ora X. L’ora in cui solitamente finivamo di mangiare. Lo vidi già seduto al
tavolo dei Grifondoro che chiacchierava a vanvera con Dean e Seamus mentre
delle ragazzine impudenti se li mangiavano con gli occhi. Oche. Dopo un po' si
accorse della nostra presenza e mi sorrise, un sorriso di puro sole. Ma Gin non
aveva detto che era arrabbiato con me?! O le sue moine erano la classica quiete
prima della tempesta o qui gatta ci covava. Ma l'odore di pancetta ebbe un tale
richiamo che dopo avremmo chiarito anche quello. Alle farfalle però il mio
stomaco piaceva. Mangiai quel poco che bastava a sfamarmi, anche perché di più
non entrava. Arrivarono anche i dolci ma non li toccai. Strano, ne andavo
matta, ma quel loro aspetto così panciuto e ripieno mi dava un' indescrivibile
sensazione di nausea. O semplicemente la nausea ce l'avevo già di mio. Le due
meno venti. Ora le farfalle erano scappate per fare spazio a delle forte
contrazioni. E ad un surreale vuoto nello sterno. Cercavo di stare calma ma mi
ritrovai un fazzoletto ridotto in pezzi tra le mani che ora tamburellavano sul
tavolo. Volevo pensare ad altro, dovevo pensare ad altro, ma tutto quello che
riuscivo a fare era pensare a quello che avrei detto a breve a Ron. Inutile
tentarci, ogni volta formulavo discorsi, approcci diversi, ognuno con qualche
pecca. E poi fissavo continuamente l'orologio.
Le due meno un
quarto. Notai Ginny rivolgermi un'occhiata derisoria per la mia agitazione. Le
risposi con un sopracciglio alzato che mi fece allentare un po' la tensione.
'Tu che ne pensi,
Hermione?'
Cosa ne penso? Ma di
che cosa?! Mi costrinsi a fissare Dean con la bocca spalancata. Cosa dovevo
dire?! Non avevo sentito un'acca di quello che si stava parlando! Eppure ero in
una posizione centrale. Mi rivolsi all'unica cosa da fare: prendere tempo. '
Ecco..io...'
Ginny stava davvero
per scoppiare in una risata disastrosa ma quello che mi stupì fu che il suono
di un'altra risata soffocata mi proveniva da destra. Ron. Con un sorriso
sfrontato si alzò all'improvviso per poi prendermi una mano e farmi alzare.
'Io e Hermione
abbiamo un appuntamento importante ora, quindi se volete scusarci...' Le due.
Salutò i presenti e mi trascinò letteralmente via dal tavolo. Dio quanto dovevo
essere sembrata stupida!
'Beh, potresti anche
ringraziarmi.'
Si era girato verso
di me con quel suo sorriso irriverente e deliberatamente derisorio mentre
rallentava il passo. Sbuffai.
'Mi hai fatto fare la
figura della cretina.'
Lo guardavo serio ma
lui era scoppiato a ridere. Avevamo raggiunto l'entrata ormai.
'Ah, non dare la
colpa a me, che per quello ci hai già pensato da sola!'
Maledizione a quanto
gli piaceva stuzzicarmi! In realtà ero contenta di quel diversivo che mi
rilassava notevolmente. Almeno mi faceva pensare ad altro. Poi, come se nulla
fosse, si era fermato ad aspettarmi. Lo guardai stranita.
'A cosa stavi
pensando, eh 'Mione?'
Nella frase in sé non
c'era nulla di malizioso ma il suo sguardo impudente e quel suo fare sfacciato
mi avevano fatto scattare un campanello d'allarme. Cosa voleva dire? Rimasi
interdetta a fissarlo fin quando non raggiungemmo la nostra solita quercia. Mi
aveva tenuto la mano per tutto il tempo e non la lasciò nemmeno quando ci
sedemmo all'ombra riparatrice di quella folta chioma. Il lago brillava per i
raggi del sole pomeridiano e quel leggero tepore mi riscaldava piacevolmente.
Lo vidi allungare le braccia per poi incrociarle dietro alla testa. Il suo
volto era rilassato al calore del sole ma quel sorrisino non accennava ad
andarsene. Lo fissai ancora, accorgendomi di come quei suoi capelli stupendi
potevano cambiare colore con i giochi dei raggi solari. Perfino le lentiggini
che gli ricoprivano deliziosamente il naso e le guance sembravano dorarsi al
sole. Era tutto irrealmente calmo e silenzioso. Il solo battito incessante del
mio cuore sembrava turbare l'ambiente. E pensare che ero stata io che gli avevo
chiesto di parlargli, ma non era affatto facile fare la prima mossa. Se era
stato difficile con Ginny, figuriamoci con Ron che era l'oggetto dei miei
desideri! E poi, come fare a raccontargli quello che sognavo di lui? Arrossii
in maniera vertiginosa, stavo andando letteralmente a fuoco al solo pensiero di
quello che avrei dovuto dire. Le sue mani, i suoi occhi fissi su di me, i suoi
movimenti e le sensazioni che mi dava con le sue carezze, tutto, tutto mi stava
passando davanti agli occhi in un turbine delirante di sconcerto e passione.
Non mi accorsi che lo stavo fissando e, soprattutto, che anche lui mi stava
fissando. Si avvicinò irriverente a me e con una mano mi rinfrescò la guancia
che bruciava. Non me ne chiese neanche il motivo, disse solo 'Ancora?!' e con
il solito fare malizioso avvicinò le labbra al mio orecchio. Notai che anche le
sue orecchie avevano una leggera colorazione rossa. Strano.
'Signorina Granger,
non pensavo che facesse dei pensieri così indecenti sulla mia persona...'
Non mi diede neanche
il tempo di realizzare appieno quella frase che si era impossessato delle mie
labbra. Mi abbandonai per un momento a quella dolce sensazione fin quando la
rivelazione non apparve finalmente nella mia testa. Lo spinsi di lato e lo
scrutai ad occhi sbarrati.
'Tu come fai a sapere
che io...'
Lasciai
volontariamente la frase a metà. Una specie di fuoco violento mi stava ardendo
il volto. Possibile che sapesse qualcosa? E se fosse stato così, come diavolo
ne era venuto a conoscenza? Possibile che Ginny gli avesse detto tutto? Ma no,
quello non poteva essere, Gin non me l'avrebbe mai fatto. E quindi? Riflettei
un attimo sulla questione. Magari potevo essermi sbagliata e come una stupida
che ha la coda di paglia, mi ero subito accesa. E invece lui rideva a gran
voce, conscio dell'effetto destabilizzante di quelle parole sulla mia povera
anima in pena. Oddio, se Ron sapeva anche solo un minimo di quello che avevo
detto a Gin... Mi sentivo mancare e dovetti appoggiare una mano a terra per
reggermi. Certo, sarebbe stato tutto più facile, ma probabilmente la sua
versione dei fatti sarebbe stata leggermente diversa di quella che si confida
ad un' amica! Lo guardai smarrita. Intanto lui si era sporto dietro la quercia
per prendere qualcosa che non riuscivo a vedere. Si girò verso di me con una
pluffa in mano. E adesso il Quidditch cosa accidenti c'entrava?! Mi sentii
molto Ginny ogni volta che era arrabbiata con Harry, che pensava solo a quel
maledetto gioco. Eppure quella palla mi era stranamente familiare. Con orrore
incominciai a comprenderne il senso. In fondo era solo il giorno prima.
Maledetto Ron, ora si spiegava il suo atteggiamento stranamente rilassato prima
e dannatamente sfrontato poi! Alzai le spalle indignata.
‘TU hai SPIATO il mio
discorso con Ginny!'
Gli avevo puntato con
vigore l'indice sul petto ma le forze mi stavano decisamente abbandonando.
'Non dovevate parlare
così all'aria aperta, qualcuno avrebbe potuto sentirvi...'
La sua voce bassa e
maliziosa mi aveva provocato un brivido inconsapevole sulla schiena. Accidenti,
dovevo essere furiosa con lui, non eccitata da quella sua sfrontata malizia! Il
suo volto era vicino, pericolosamente vicino. Si avvicinava come un serpente
alla preda, rapido e deciso, e quegli occhi blu come il mare mi avevano rapito
l'attenzione. Come due calamite non lasciavano vagare il mio sguardo. Se non
fossi stata seduta avrei avuto decisamente qualche problema d'equilibrio. Mi
ritrassi debolmente, cercando di fare una sorta di resistenza a
quell'incantesimo ammaliatore.
'Questo non ti dà il
diritto di ascoltare le mie conversazioni private...'
Per un attimo lungo
un'ora il suo sguardo indugiò sulle mie labbra per poi fissarsi di nuovo nel
mio.
'Beh, se si parla di
me...'
Quella logica
apparentemente ferrea bastò per far cedere ogni mio ulteriore tentativo di
difesa. Dannazione, bastava un niente per farmi cadere ai suoi piedi! In una
specie di trance lo vidi avvilupparmi tra le sue forti braccia e impossessarsi
delle mie labbra già socchiuse mentre le sue mani si stavano riappropriando del
mio corpo. Mi fece distendere delicatamente sull'erba e fulmineo si adagiò su
di me. Sentivo il suo corpo pulsare ad ogni mio movimento. Sembrava che andasse
a colpo sicuro perché ogni suo gesto creava in me un turbinio di sensazioni che
mi facevano sciogliere dal languore. Sentii le mie mani ed il mio corpo
rispondere ai suoi impulsi e irrefrenabile mi ancorai a lui. Le mie mani si
insinuavano tra i suoi capelli, sotto il maglione e poi alla ricerca della sua
pelle calda, mentre le sue labbra mi rubavano mille sospiri. Mi era mancato da
morire quel suo contatto dolce e deciso allo stesso tempo e così estremamente
reale. Lo baciai con foga, come se la passione accumulata in quei giorni si
riversasse tutta in ogni bacio che gli davo, in ogni movimento che compivo. E
lui non era da meno. Impunemente sopra il mio corpo intrecciava le sue mani
alle mie, le passava tra i capelli sparsi a raggiera sull'erba e sotto la
maglia. Lo sentivo farsi strada lungo la schiena fino all'attaccatura del
reggiseno. Sbarrai gli occhi allargati del languore e inarcai inaspettatamente
la schiena. Eccola lì, quell'incontenibile pulsione che mi sconquassava le
membra, che dominava il mio corpo ad ogni suo comando. Quel desiderio
inespresso che mi partiva dal basso per raggiungere tutti i filamenti nervosi
del mio corpo. Gli presi il viso tra le mani e nei suoi occhi finalmente
compresi da quanto aspettava questo momento. Sorrisi. Decisamente non pensavo
di essere così tanto desiderabile. Ma, di colpo, si sciolse dal mio abbraccio e
si mise a sedere. Un po' confusa e decisamente seccata mi misi a sedere
anch'io. Non mi ero mai sentita tanto infuocata e scombussolata. Ed era tutto
reale, tremendamente reale. Immensamente più bello di un sogno.
Poi, improvvisamente,
lo vidi alzarsi in piedi e senza alcun preavviso mi prese in braccio. Sentivo
la terra allontanarsi da sotto i miei piedi e due braccia robuste stringermi al
petto. Istintivamente cacciai un gridolino e mi aggrappai alle sue spalle,
appoggiando la testa contro il suo petto morbido. Confusa, potevo sentire il
suo cuore battere agitato.
'Ron, ma cosa...'
Mi costrinsi a
fissarlo. Il mio sguardo confuso contro il suo limpido e stranamente deciso. Un
sorriso serio gli imperlava il volto mentre qualche ciuffo ribelle gli ricadeva
sul viso, colorandolo di sfumature dorate. Era bellissimo.
'Tu non sai nemmeno
da quanto ti desidero.'
Si era avvicinato al
mio orecchio, la sua voce era roca e suadente e potevo vedere nel suo sguardo
la verità delle sue parole. Arrossii alla sincerità di quella rivelazione.
Continuai a fissarlo con un'espressione sciocca mentre mi rendevo conto di
quell'innegabile verità che mi sconcertava ma allo stesso tempo mi infondeva
una piacevole sensazione. Decisamente avevo avuto gli occhi foderati di
prosciutto per non essermene mai accorta fino a quel momento. Sospirai. Oppure
ero stata io stessa a non volerlo mai vedere.
Come se niente fosse,
sentii Ron incominciare a correre all'impazzata per il parco fino all'entrata
del castello. Istintivamente nascosi la testa nel suo maglione, preferii non
vedere la reazione degli altri studenti rilassati nel parco. Lo sentivo salire
le scale, attraversare i grandi corridoi vuoti, fermarsi per riconoscere la
strada. E poi finalmente si fermò davanti ad una porta. Girai pigramente la
testa, conscia di quello che mi aspettava. La Stanza delle Necessità. Mi
aggrappai più forte alle sue spalle: una morsa mi attanagliò lo stomaco alla
consapevolezza di quello che voleva dire. Era giunto il momento. Senza pensarci
chiusi gli occhi e rigirai la testa nel suo maglione, come per proteggermi da
quello che stava succedendo. All'inizio non capii questa reazione. Poi, pian
piano la paura mi assalì come un cane rabbioso. Vedevo le sue fauci
impossessarsi del mio spirito confuso e fragile. Come un bicchiere che cade,
stava andando letteralmente in frantumi. Dannazione! Non stavo aspettando che
quello ed ora avevo paura, paura del dolore, sì, ma c'era dell'altro. L'ignoto.
Come mi sarei dovuta comportare? Io non ne sapevo un'acca di quello che si
faceva là dentro! Mi prese lo sconforto e il cuore andava a mille per la paura.
Controllati Hermione! In fondo lo sai benissimo che cosa devi fare! La mia
testa cercava di farmi ragionare ma decisamente ero presa dall'istinto. Sì, nei
sogni ero docile ma decisa e decisamente esperta. E anche Ron. Ma erano sogni,
pensieri irreali che vagavano per la mia mente perversa! Questo era reale, la
mia angoscia era reale. Inoltre non sapevo niente di quello che avrebbe fatto
Ron. Anche lui non doveva essere poi così esperto. Lo vidi che apriva deciso la
porta per poi distendermi su un enorme letto rosso e dorato che dominava la stanza.
Sembrava così determinato... Ma non aveva paura, lui? E se tutto quello fosse
solo una forma mentis delle ragazze? Non riuscivo a staccare gli occhi da ogni
suo gesto, non sapendo bene cosa fare. Ora stava chiudendo la porta con un
incantesimo, azione decisamente inutile perché ora che era occupata, la Stanza
non si sarebbe più vista dal di fuori. E poi mi fissò. Panico. Lo vidi
avvicinarsi lentamente come una pantera nell'oscurità, sebbene i suoi capelli
rosso vivo non scomparivano certo alla vista. Mi sentii in trappola, una molla
pronta a scattare al minimo tocco. D'istinto il mio corpo cercava di chiudersi
su se stesso mentre con gli occhi sbarrati fissavo ogni sua piccola mossa. Lo
vidi togliersi la maglia spessa e pesante che buttò su una poltrona e mi prese
un colpo. Oddio, di già? Così in fretta?! Ma contemporaneamente il mio sguardo
si soffermava su quei muscoli ben scolpiti che brillavano alla luce delle
candele. Rimasi come ipnotizzata da quella visione e mai come in quel momento
l'aver studiato i miti greci in Babbanologia mi aiutò a formulare un pensiero
coerente. Ron mi appariva come un dio classico, un Apollo o un Bacco, in una di
quelle pose sensuali della statuaria antica. Non mi accorsi nemmeno che ormai
si era adagiato al mio fianco e mi osservava con occhi furbi e maliziosi.
Possibile che fosse così conscio del suo effetto su di me? Gli sorrisi anche se
per me sembrava più una paralisi nervosa. Ci fissavamo senza realmente
muoverci, nessuno voleva fare la prima mossa. Finalmente vidi dell'indecisione
nei suoi occhi. Non so perché ma questo da un lato mi fece piacere ma
dall'altro non mi diede proprio la serenità che andavo cercando. All'improvviso
Ron decise di fare il primo passo e con delicatezza mi fece sdraiare supina. In
men che non si dica mi fu sopra. Sembrava aver ripreso il controllo della
situazione eppure potevo vedergli le mani incerte e nervose. Non era più un
semplice gioco, uno studiarci reciproco, ed era la prima volta per entrambi.
Questo pensiero mi fece impallidire. Le immagini dei miei sogni mi passavano
davanti agli occhi mentre una strana consapevolezza mi invadeva scotendomi dal
torpore. Per Ron era la prima volta. Decisamente ne sapeva qualcosa anche lui,
ma niente a che vedere con quello che avevo sognato. Lì sembrava così esperto,
deciso, determinato, ma era solo frutto della mia fantasia. Erotica, tra
l'altro. Il pensiero che forse non sarebbe stato bello come l'avevo immaginato
mi solcò il viso per un istante. Di colpo la mia debole certezza svanì. Eppure,
eppure ero indubbiamente attratta da lui. E poi lo amavo tantissimo da volere
quell'unione speciale. Non potevo ritirarmi adesso, non potevo, ma soprattutto
non volevo. Vidi il suo sguardo incupirsi al mio pallore e una ruga di
preoccupazione gli attraversò il viso. Accidenti! Possibile che riuscivo sempre
a rovinare tutto?!
'Hai paura?'
I suoi occhi erano
sinceri e la sua voce incrinata. Quella domanda mi arrivò improvvisa come una
pugnalata nel fianco. Sentii le mie labbra muoversi senza una reale cognizione
di causa. '
Sì.'
Abbassai lo sguardo.
Povero Ron, potevo vedere la confusione nei suoi occhi. Di sicuro non mi stavo
comportando molto coerentemente. Tutto il mio comportamento era stato
altalenante e adesso, dopo l'euforia, non poteva arrivare che questo. Mi sentii
tremendamente sciocca. E stupida. E la delusione su quel volto era la cosa più
straziante. Lo vidi spostarsi di nuovo al mio fianco e giocare con i miei
boccoli sciolti.
'Forse siamo stati
troppo precipitosi...'
Ron aveva lo sguardo
basso. Ripensai al mio secondo sogno. -Non voleva farmi assolutamente del
male-. Era proprio vero, non mi avrebbe mai sfiorato senza il mio consenso. Ma
io glielo avevo dato! Gli accarezzai una guancia aspettando il suo sguardo nel
mio.
'Oh Ron!'
Sospirai.
'Sono proprio una
stupida ragazzina.'
Lottai con me stessa
per evitare che qualche lacrima uscisse dal suo nido. Sarebbe stato proprio
stupido. Evidentemente lui se ne accorse perché mi abbracciò stretto facendomi
appoggiare la testa sul suo petto.
'Scusami.'
Mi baciò i capelli.
'Non avrei dovuto
sentire il tuo discorso con Gin e soprattutto prenderne delle decisioni
affrettate. Se non sei pronta non è il caso di...'
'Ma io sono pronta!'
Mi sciolsi di scatto
dal suo abbraccio sconvolgendolo con la mia irruenza. Il suo sguardo era
alquanto confuso.
'Ron, io...io...'
I miei occhi non
riuscivano più a sostenere i suoi.
'Io voglio fare
davvero l'amore con te'.
Con dita titubanti,
mi alzò delicatamente il volto.
'Guardami, Hermione.'
Voleva vedere la
certezza nei miei occhi. Lo fissai più decisa.
'Voglio fare l'amore
con te, Ron.'
Il suo sguardo parve
riaccendersi e il suo abbraccio rilassarsi. Un piccolo sorriso gli era spuntato
sulle labbra, quel sorriso che sapeva sciogliermi come neve al sole, ma era ancora
esitante. Probabilmente voleva prima rendersi bene conto che fosse tutto vero.
Stava per dire qualcosa ma lo fermai con un dito sulle labbra.
'Ron, io ho bisogno
di riprovare quelle sensazioni che mi fanno desiderare di essere tua a tutti
gli effetti, quelle sensazioni che solo tu mi sai dare, con i tuoi movimenti e
i tuoi baci.'
Gli accarezzai le
labbra.
'Devi farmi
dimenticare il mondo attorno a noi Ron, altrimenti la mente continuerà a dirmi
che ho paura.'
E lui fece l'unica
cosa che fece cadere tutte le mie barriere. Si avvicinò al mio orecchio,
solleticandomi il viso con i suoi capelli sottili.
'Ti amo Hermione, sai
che non potrei mai farti del male.'
Poi, guardandomi
negli occhi e tenendomi il viso tra le mani, aggiunse.
'Farò di tutto per farti
provare quello che provo io al solo vederti.'
E, con quel sorriso
pienamente esperto, si buttò su di me, stringendomi nel suo abbraccio e
impossessandosi delle mie labbra socchiuse. Era delicato, estremamente tenero,
quasi esasperante, ma i suoi movimenti si fecero sempre più rapidi ed esigenti.
Mi baciava le labbra quasi a volermele portare via e tenerle sempre per sé; le
sue mani, febbrili, vagabondavano sulla mia schiena inarcata verso di lui. Mi
ricoprì il collo con piccoli baci fino a quando le sue mani non trovarono
l'attaccatura della maglietta. Allora me la fece togliere, mentre le mie mani
armeggiavano con la sua, che si tolse più rapidamente. Ora potevo sentire le
sue mani roventi sulla mia pelle ancora per poco fresca e illibata tracciare percorsi
lunghi e tortuosi per tutto il busto fino alla cinta della gonna. Questa volta
mi guardò come per cercare l'evidenza di un consenso prima di togliermela.
Anche lui si tolse i pantaloni che spingevano per andarsene. Rimanemmo lì, un
attimo, a contemplarci nella nostra biancheria intima. Era la prima volta.
Squadrando tutta la sua figura dal basso in alto non potei fare a meno di
notare la sua muscolatura ben proporzionata. Effettivamente Ron era diventato
proprio un bel ragazzo ma dovetti ammettere con me stessa, miss obbiettività,
che questa volta il mio giudizio era decisamente parziale. Il mio sguardo
risalì per gli addominali fino al torace ampio e al collo sottile fino al suo
sguardo fisso su di me. Quando mi accorsi della direzione presa dal suo sguardo
un leggero rossore mi imporporò le guance. Lo attirai verso di me. Il contatto
con la sua pelle nuda mi procurava scosse di elettricità ovunque avvenisse, le
mie mani delineavano con ampi giri la sua figura longilinea. Mi accorsi di come
quel contatto fosse come una droga per me, ogni volta che ne assaggiavo un
pochino ne volevo il doppio. Mi strinsi a lui, conscia della mia perdita di
coscienza nelle sensazioni che il suo corpo riusciva a procurare sul mio, delle
sue mani che mi torturavano ogni parte sensibile. Dio, non mi ero certo
immaginata che ne potessi avere così tante! E in men che non si dica, ci
ritrovammo nudi e stretti in un vincolo indissolubile. Ron continuava a
baciarmi ovunque, sul viso, sul seno, su tutto il corpo, mentre le mani si
muovevano agili a torturarmi i capezzoli inturgiditi dalla passione. Ricacciai
la testa all'indietro, inconsapevolmente cercando di assaporare al meglio
quelle pulsioni. Quando la sua bocca si poggiò sul mio seno vibrante non seppi
più dove mettere le mani mentre il petto si riempiva di piccoli ma spessi
singulti. E poi, la sua lingua andava sempre più giù, tracciando una linea di
fuoco su ogni posto che passava, fino al luogo più segreto e nascosto. Intanto
le sue mani, come se sapessero già come fare, mi straziavano le cosce
esternamente, poi sempre più all'interno dove la pelle si faceva sempre più
delicata e sensibile. Quando poi le sue labbra vennero a contatto con
quell'urna segreta non riuscii più a trattenermi dal singhiozzare sempre più
forte, urlando la mia femminilità turbata e piacevolmente torturata mentre le
mani si attaccavano ovunque, al lenzuolo, alle sue spalle robuste e solide, al
letto, alla ricerca di un punto fermo nel mezzo di quel turbine di sensualità
che era il mio corpo e la mia mente annebbiata. Inarcai sempre di più la
schiena in un tentativo disperato di avvicinarmi ulteriormente al suo corpo.
All'improvviso sbarrai gli occhi alla sensazione di un liquido caldo che mi
usciva dal di dentro. Allo stesso tempo vidi Ron alzare la testa e guardarmi
fisso. Evidentemente voleva dire che ero pronta. Giusto il tempo di capire cosa
stesse succedendo che lo sentii entrare. Il dolore lancinante che ne era
derivato mi colpì come un colpo di pistola improvviso e non potei evitare i
singhiozzi involontari e le lacrime che mi riempivano gli occhi. Maledizione,
non pensavo che facesse così male! Sperai che finisse tutto al più presto,
incurante delle carezze e dei baci che Ron mi dava per rassicurarmi, per
togliere quella maschera di dolore che mi sovrastava. E poi, come una pioggia
estiva, il dolore cominciò a svanire per far posto ad una strana sensazione di
pienezza. Il mio corpo si stava lentamente abituando al suo. Solo allora mi
resi conto di come Ron stesse tenendo a freno la sua impulsività per rendermi
tutto più sopportabile. Gli accarezzai una guancia rassicurante e lui cominciò
a muoversi lentamente. Quel lento oscillare mi faceva crescere dentro una
pulsione sempre più grande, più potente di quelle che avevo fin'ora provato,
più irrazionale di qualunque altra cosa. Mi ritrovai aggrappata disperatamente
a lui, alle sue spalle robuste e salde, mentre il mio corpo si abbandonava ad
un movimento impetuoso e destabilizzante che seguiva perfettamente il suo. Come
una barca alla deriva mi facevo trasportare dal mare in tempesta. Le onde
divenivano sempre più potenti e devastanti, fino a che uno tsunami si riversò
in me. Sbarrai gli occhi a quella sensazione nuova e inquietante mentre io,
all'apice dei miei singulti sconnessi nel quale a volte si riconosceva solo il
nome di Ron, mi svuotavo in una specie di strana osmosi.
Pian piano la sua
stretta si fece più debole, il suo respiro più rilassato, mentre si abbandonava
sopra di me, la testa sopra il mio petto ancora sconquassato dal battito agitato
del mio cuore impazzito. Era stremato. Gli accarezzai i capelli sudati, le mie
gambe erano ancora intrecciate alle sue. Dopo un tempo indefinito di religioso
silenzio, si spostò su di un fianco per guardarmi. Era stanco ma felice. Mi
accarezzò una guancia, nessuno voleva rompere quell'idilliaco silenzio. Lo
guardai ammaliata. Era stato bellissimo, molto meglio di come me l'ero
immaginato. Sorrisi. Certo che se me lo avessero detto due anni prima che tra
me e Ron sarebbe successo tutto quello non ci avrei mai creduto. Gin aveva
proprio ragione riguardo agli istinti: in certi casi è stupendo accantonare la
ragione.
'Cos'hai da ridere?'
La domanda di Ron mi
riportò alla realtà. Mi aveva attirato di nuovo a sé e ora mi abbracciava
stretto.
'Non avrei mai creduto
che un giorno mi avresti fatto diventare una ninfomane affamata.'
Mi sorrise sornione,
felice di quello che era riuscito a creare, e, conscio del suo effetto su di
me, mi baciò intensamente. Lo guardai dritto negli occhi.
'Non dirmi che non
sei già più stanco...'
La mia voce era
volutamente ironica e maliziosa. Mi baciò ancora una volta, riportandomi con un
movimento rapido sotto il suo controllo.
'Guarda che io non mi
stancherò mai di te.'
Contenta, lo strinsi
nuovamente a me per poi abbandonarmi un' altra volta a lui.
'Che ore sono?'
'Harry, sono le 5 e
30 esattamente come 5 secondi fa ed esattamente come tra 5 secondi.'
Ginny era
terribilmente annoiata ed infastidita. Ma Harry non demorse.
'A che ora avevano
dato l'appuntamento?'
'Alle 4 Harry, sempre
alle 4...'
Ora era decisamente
rassegnata. Harry non sarebbe cambiato mai, ma in fondo a lei piaceva così, no?
Gli sorrise e, notando la sua incredulità, lo abbracciò accoccolandosi al suo
fianco. Poi alzò lo sguardo verso il castello dove in una di quelle camere si
trovavano Hermione e suo fratello. Sospirò.
'Sai Harry, penso
davvero che non li vedremo più tanto spesso.'
Harry guardò anche
lui in alto cercando di scorgere chissà che cosa.
'Beh, vorrà dire che
avremo più tempo per noi.'
Ginny si era subito
girata a guardarlo. Occhi sbarrati e bocca spalancata.
'Stai dicendo sul
serio?'
Sentì l'allegra
risata di Harry e poi le sue mani attorno alla vita.
'Non sono mai stato
così serio.'
Il suo volto era
terribilmente vicino e con un movimento rapido si impossessò delle sue labbra
socchiuse. Lo sentì staccarsi gustando ancora il sapore delle sue labbra.
'Pensi che torneranno
per cena?'
'Harry!'
Gin era decisamente
pazza di quell'adorabile ingenuo.
Fine
Spero
vivamente che vi sia piaciuta, mi raccomando, recensite! ^_^ I vostri commenti
sono davvero preziosi per una scrittrice quindi vi ringrazio fin da subito! E
poi vorrei ringraziare chi ha già recensito le altre mie storie, siete
fantastici! GRAZIE!! Bacioni,
Antogeta