Adorabile bugiarda
Erica non
lo aveva sentito.
Camminava, lo sguardo puntato per terra. Non riusciva a pensare
razionalmente, sconvolta dall’incontro che aveva appena avuto.
Non riusciva a capacitarsene.
A stento ricordava di aver firmato. Per cosa, poi?
Scosse la testa, furiosa con se stessa senza nemmeno
sapere il perché e furiosa con lui.
Lui, Leonardo. Lui, a torso nudo con cinque gradi al sole.
Almeno ricordava perché ce l’aveva con lui? Ah, sì,
non l’aveva riconosciuta.
Cose dell’altro mondo! Come diavolo aveva fatto a
non capire che era lei?!
Ci aveva parlato la mattina, poi al telefono, quindi in
piazza, sulle scale… e lui niente.
Possiamo fare qualcosa per te?
Questo aveva detto.
Non Erica, che piacere! o Erica, anche tu qui?
No, lui nemmeno
l’aveva capito che lei era Erica!
Sorrise, amareggiata,
rallentando il passo veloce a causa del nervosismo.
In fondo, non era poi
davvero colpa sua. Cosa aveva detto l’orango?
Nessuno ti avrebbe potuta riconoscere dopo
l’apparizione di stamattina, Holmes.
Erica sospirò,
maledicendosi ancora una volta.
Lo avrebbe bruciato
quel dannato impermeabile.
“ Erica!”
Non sentì nemmeno
quello, di grido. Troppo presa dai suoi stessi pensieri.
Le capitava spesso: i
pensieri prendevano forma, e con la forma anche un suono. Più erano, più
aumentava il suono. Fino a diventare un rumore vero e proprio. Un rumore
indefinito ed opprimente che le occupava la mente, estraniandola dal mondo
esterno.
Come se ci fosse una
nebbia tutt’intorno a lei…
A tirarla fuori,
riportandola alla realtà, fu una mano che decisa le afferrò la spalla,
bloccandola.
Erica si girò,
sorpresa e stranita, presa in contropiede.
Incredula osservò
Leonardo, piegato in due, che tentava di riprendere fiato.
Ansando sollevò il
viso, fissandola con occhi confusi.
“ Perché…
perché non ti sei fermata?” le chiese, respirando a fatica.
Erica si strinse nelle
spalle, poco dispiaciuta di averlo fatto correre tanto.
Lui continuò a
guardarla interrogativo e lei si decise a rispondere, contrariata.
“ Non ti ho
sentito” borbottò, rigida.
Poi continuò, inquieta
e risentita:
“ Posso fare
qualcosa per te?”
Leonardo sospirò,
avvertendo l’ostilità della ragazza.
Aprì bocca per dire
qualcosa ma poi cambiò idea, richiudendola.
Con un soffio
allontanò una ciocca di capelli dalla fronte, scuotendo piano la testa.
“ Non riesco a
crederci, aveva ragione” mormorò, lo sguardo basso.
“ Non ti
seguo” rispose Erica, glaciale.
Senza guardarlo gli
voltò le spalle, prendendo a camminare.
Era confusa. Cercava
di allontanarsi, mettendo più spazio possibile fra di loro.
Leonardo la seguì,
senza pensarci sopra due volte.
“ Ti sei
offesa” disse, il tono incolore.
Erica sobbalzò a
quelle parole, accelerando volutamente il passo.
Alzò gli occhi al
cielo, sperando di perdersi nei disegni delle nuvole. Osservò i colori che pian
piano diventavano più scuri, passando da tinte tenui a forti accenti bruni.
Mancava poco al tramonto, poco al momento di dover rincasare.
Riportò gli occhi
sulla strada, stringendo i denti.
Non voleva pensare più
a niente. Né a se stessa né a Leonardo né a Sandra.
E per non pensare
aveva bisogno di restare sola.
“ Non mi sono
offesa. Per quale motivo avrei dovuto?” chiese, fermandosi di colpo.
Leonardo si bloccò,
colto alla sprovvista da quel repentino cambiamento.
Osservò la figura
della ragazza, il volto atteggiato in un falso sorriso e si chiese a che gioco
stesse giocando. Rabbrividendo, strinse gli occhi.
“ Non ti ho
riconosciuto” rispose, cauto.
Erica rise, una risata
forzata.
“ Ma scherzi? E
come avresti potuto? Ero vestita come la morte, ricordi?”
Leonardo soffiò ancora
una volta, pensando con attenzione a cosa rispondere.
La guardò, mentre si
mordeva il labbro inferiore, gli occhi fissi sul marciapiede e il respiro
accelerato. I capelli rossi le cadevano davanti al viso, coprendolo in parte.
Non riusciva a capirla.
L’aveva
rincorsa, rischiando di rompersi il collo diverse volte per raggiungerla.
Tutto per chiederle
scusa. Scuse insensate, ma che sapeva di doverle dare.
E ora sembrava che lei
non volesse altro che mandarlo via.
“ Avrei
potuto” mormorò, “ Avrei dovuto, anzi. Mi dispiace, davvero”
Erica sentì un tuffo
al cuore a quelle parole.
Sorrise, imbarazzata,
sentendosi una perfetta idiota. Cercò gli occhi di lui e li trovò subito.
Non c’era alcun
accenno di sarcasmo né di ironia, in quegli occhi.
“ Fa
niente” mormorò, a mezza voce.
Lasciò passare qualche
secondo, riempito solo da un silenzio imbarazzato.
Aveva poche
possibilità: o guardava il marciapiedi o gli occhi di lui. Altro non poteva.
Perché sapeva
benissimo che se avesse abbassato la guardia anche solo di un millimetro lo
sguardo si sarebbe immediatamente portato sul petto di lui.
E non poteva.
Se si fosse distratta,
si sarebbe ritrovata a fissarne i muscoli, la pelle chiara, e no, non poteva.
Fece per andarsene, i
pugni stretti nelle tasche, il battito veloce.
Leonardo reagì con
qualche attimo di ritardo, afferrandole di nuovo la spalla per fermarla.
“ No”
esclamò, incontrando lo sguardo sorpreso di lei.
“ Ti andrebbe
una ciocc…”
Non concluse la frase,
interrompendosi con un improvviso starnuto.
A quello ne seguì un
altro, più forte del precedente.
“ Tu sei
pazzo” borbottò Erica, avvicinandosi a lui in pochi passi.
Con un gesto deciso
afferrò la felpa arancione che il ragazzo teneva legata in vita. La rimise nel
verso giusto, ignorando l’espressione curiosa di lui e gli fece segno di
piegarsi in avanti.
Quando lo ebbe ad
un’altezza più accettabile gliela calcò in testa, tirandola poi verso il
basso.
Si assicurò che fosse
messa in maniera passabile e infine gli sollevò anche il cappuccio sopra la
testa, stringendolo bene attorno al collo.
“ Cosa caspita
vi dice la testa, me lo spieghi?” borbottò ancora, senza lasciar andare
il collo della maglia arancione.
“ Vi prenderete
un malanno così, brutti idioti”
Leonardo sorrise,
confortato tanto dall’improvviso calore della felpa tanto dagli occhi di
lei.
Gli piaceva quel blu.
Era un blu
particolare. Fatto di tanti blu messi insieme. Cangiante, quasi.
Chiari se sorrideva,
si scurivano se si arrabbiava, o forse era solo la sua immaginazione.
“ Dici?”
chiese, il tono di chi sa di aver fatto una marachella.
Erica sospirò,
annuendo divertita.
“ Dico sì”
rispose, il sorriso nella voce.
“ Sai che la
cioccolata calda ha poteri terapeutici?”
Erica trasalì,
rendendosi conto solo in quel momento di essergli così vicina. Arretrò rapida,
mettendo un buon metro fra di loro e riportando le mani nelle tasche.
“ Vieni a
prendere una cioccolata con me?” chiese ancora Leonardo, aspettando una risposta.
Lei ne sviò lo
sguardo, non sapendo cosa rispondere.
Se da un lato non
desiderava altro, sapeva anche che non sarebbe stato il caso.
Magari lo stava
facendo solo per mettersi a posto la coscienza, non lo voleva davvero.
“ Per
favore”
Quelle due paroline la
colpirono in pieno, lasciandola di stucco.
Leonardo si era
avvicinato di nuovo, una ciocca davanti agli occhi, sorridendo incerto.
Tratteneva il fiato,
aspettando un qualunque cenno da parte di lei. E poi lo vide.
Quel leggero annuire,
quel sì appena accennato.
E il sorriso si fece
sincero, illuminandogli il volto senza che se ne rendesse conto.
“ Conosco un
posto dove la fanno eccezionale” disse, precedendola di qualche passo.
Camminava davanti a
lei, stando attento a non distanziarla troppo.
Si girava spesso,
tenendola sempre d’occhio, timoroso di vederla scomparire.
Non si capacitava
delle sue stranezze, dei suoi cambiamenti d’umore.
Passava da disinibita
e audace, a timida e sfuggente. Pantera e gattina.
Non riusciva a starle
dietro.
Erica lo seguiva, il
passo indeciso, seguendolo meccanicamente. Cercò di non distrarsi, di non dar
modo ai pensieri di avere la meglio, loro e il loro dannato fracasso.
Si concentrò sui piedi
di Leonardo, sulle sue scarpette bianche.
E fu proprio perché le
fissava che riuscì a non sbattergli contro quando si fermò.
Avevano camminato per
poco, a mala pena dieci minuti. Si erano inoltrati all’interno della
città, percorrendo stradine piccole e contorte di cui Erica non era nemmeno a
conoscenza.
Leonardo però sembrava
conoscerle come le sue tasche, camminando sicuro.
Erica si fermò,
sollevando lo sguardo sulla porta che aveva davanti: era anonima, malridotta,
piccola e scura. Non c’era nessun insegna. Si voltò verso Leonardo,
confusa.
“ Qui?”
chiese, inarcando le sopracciglia.
Lui annuì,
afferrandola per il gomito ed aprendo la porta.
Fuori ormai era quasi
buio. La luce e il calore dell’interno la colsero così alla sprovvista.
La sala era piccola:
tavolini rotondi e poco distanziati, poltrone e divani dai colori caldi,
tappeti morbidi e pelosi. Le luci erano soffuse, accompagnate dalle fiamme di
un enorme camino che occupava quasi metà parete.
Erica sgranò gli
occhi, osservando il tutto allibita. Guardò le coppiette sedute negli angoli
più remoti, gli studenti che dormivano sui libri, gli amici assembrati vicino
alle fiamme.
E lei che nemmeno
sapeva esistesse quel posto.
“ Perché non ha
un’insegna?” chiese, imitando Leonardo e prendendo posto a un
tavolo.
“ Marica dice
che un posto deve farsi conoscere per l’accoglienza e non per il
nome” rispose lui, sorridendo e mettendosi comodo.
“ Io veramente
ho sempre sospettato che semplicemente non sapesse come chiamarlo”
Ridacchiò, alzando una
mano per chiamare una ragazza.
Quella corse subito,
gli occhi che brillavano dietro i piccoli occhiali.
“ Leonardo!
Finalmente!” esclamò, baciandolo sulle guancie.
“ Non ti facevi
più vedere, vergogna. Marica temeva ci avessi abbandonati” continuò,
petulante.
Lui si strinse nelle spalle, guardandola con
espressione angelica.
“ Ho avuto le gare di nuoto in questi
ultimi tempi. Ma non vi abbandonerei mai, lo sai. Questo posto è come una
seconda casa” sorrise, sincero.
La ragazza ridacchiò, accorgendosi solo in
quel momento di Erica. Sgranò gli occhi, guardandola esterrefatta. Con un dito prese
ad attorcigliarsi la coda di cavallo bionda.
Leonardo se ne accorse, stringendo gli occhi.
“ Annalisa, lei è Erica, una mia
amica” disse, rapido e sicuro.
“ E’ un piacere, Erica”
rispose lei, stringendole la mano.
Arretrò di qualche passo, estraendo un
taccuino dalla tasca della maglia.
“ Cosa vi porto?”
“ Due cioccolate” mormorò
Leonardo, avvertendola con lo sguardo.
Annalisa però se ne infischiò. Un sorriso
impertinente, si allontanò piano.
“ Marica, due cioccolate per Leonardo e
la sua amica!” disse, il tono
alto, facilmente udibile.
Tutti probabilmente nel locale si accorsero di
come aveva calcato sull’ultima parola.
Leonardo alzò gli occhi al cielo, evitando
volutamente il sorrisetto divertito di Erica.
“ Non porto molto spesso le ragazze,
qui” mormorò, a mo’ di spiegazione.
“ E perché ci hai portato me?”
chiese lei, curiosa.
Leonardo tentennò, giocando con il
portatovaglioli che era sul tavolo.
“ Semplice riconoscenza per averti
evitato la broncopolmonite?” continuò Erica.
“ No…” rispose finalmente
lui, interrompendosi poi di colpo.
Prese un bel respiro, incontrandone gli occhi
blu.
“ Abbiamo un problema” azzardò,
insicuro.
Non aveva detto quello che pensava veramente,
si stava arrampicando sugli specchi.
Lo sguardo inizialmente perso si illuminò poi
di un lampo di comprensione.
“ Abbiamo davvero un problema”
esclamò, corrugando la fronte.
Erica trasecolò, incapace di capire cosa
stesse blaterando.
“ Non ti ho riconosciuta” sfiatò
lui, come realizzandolo solo in quel momento.
“ Lo so” ribattè lei, irritata
“ e allora?”
Leonardo si protese sul tavolo, sgranando gli
occhi.
“ Mica va bene! Come facciamo
sabato?” chiese, realmente preoccupato.
Erica sospirò, allungandosi a sua volta sul
tavolo.
“ Ora sai che aspetto ho. Mi
riconoscerai” disse, parlando lentamente, come si fa con i bambini.
“ Non è questo il punto”
“ E qual è?” domandò lei, ancora
più irritata.
“ Ecco le cioccolate” trillò
Annalisa, poggiandole sul tavolo e dividendoli.
Loro arretrarono, lasciando spazio per le due
enormi tazze variopinte e fumanti.
Annalisa gli lanciò un ultimo sguardo saputo e
divertito prima di sparire velocemente.
“ E’ bellissima” mormorò
Erica, indicando la cioccolata.
Nella tazza, piena fino all’orlo,
c’era la cioccolata calda più allettante che avesse mai visto.
Sulla superficie galleggiavano smarties,
praline e confetti; una stecca di cannella fungeva poi da cucchiaino.
Leonardo annuì, senza smettere di guardarla.
“ Non dimenticare il punto, Erica”
“ Non mi hai ancora detto qual è” ribattè lei,
lo sguardo perso nella cioccolata.
“ Sabato non ho intenzione di fare la figura del
fidanzato ignobile”
“ Cosa?” chiese lei, riemergendo dalla
contemplazione.
“ Non so niente di te. Come posso fingere come si
deve?” chiese lui.
Erica si strinse nelle spalle.
“ Ma non ti preoccupare, tu sta buono e andrà tutto
bene”
Leonardo sbuffò, guardandola male.
“ Non dovrei dire una parola per tutta la
serata?”
“ Non sarebbe una cattiva idea” sorrise Erica.
“ E come pretendi che credano alla farsa?”
continuò, seccato.
Erica ci pensò su per un po’, le mani strette
attorno alla tazza bollente.
“ Ogni tanto mi dai un bacio”
“ Con tanto di lingua?” chiese lui, ghignando.
Erica sobbalzò, nervosa.
“ Ma cosa vuoi che ti dica?!” esclamò,
fissandolo truce mentre sorseggiava la cioccolata.
Leonardo se la prese comoda, passandosi con calma il
fazzoletto sulle labbra.
“ E’ la tua migliore amica, giusto?”
Erica annuì.
“ Ti conosce meglio di chiunque altro, no?”
Non attese la risposta di lei e continuò, avvicinando il
viso al suo.
“ Come pretendi allora che creda a una simile farsa?
Devo sapere qualcosa di te. Per forza”
“ Dici?” chiese Erica, improvvisamente tesa.
Non aveva pensato a quel punto della faccenda. Già parlare
con lui era stata un’impresa. Sperava bastasse, fosse necessario solo
aspettare fino a sabato e…
“ Che giorno è oggi?” saltò improvvisamente.
“ Lunedì” rispose Leonardo, lo sguardo perso.
“ Hai meno di una settimana” mormorò lei,
sovrappensiero.
“ Per…?”
“ Sapere questo qualcosa di me” rispose lei,
sicura.
Leonardo sogghignò, pronto a svelare un’altra carta.
“ Solo io?”
Erica bevve ancora un po’ della sua cioccolata,
trovandosi a sperare che non finisse mai.
“ Che vorresti dire?”
“ Che anche tu dovresti sapere qualcosa di me, cara
la mia ragazza” ridacchiò lui.
Erica sbuffò, reclinando la testa all’indietro,
stanca di quel gioco.
“ Ma parliamo di una sola sera. Una sera!”
scandì, scura in volto.
“ Con la tua migliore amica”
“ Sei un bastardo” ringhiò lei, fulminandolo.
Leonardo tirò indietro la sedia, alzando le mani in segno
di resa.
“ Che c’entro io? Tu hai mentito e dato il via
a tutto!”
“ Lo so. Ma sei stato tu a ricordarmi che non posso
semplicemente portarti a cena e tenerti lì come decorazione. Se non me lo
avessi fatto notare nella mia mente saremmo ancora seduti bellini bellini a tavola e tutto finirebbe bene!” esclamò
lei, sfogando la tensione.
“ A tavola, con me muto come un pesce e con la
lingua nella tua gola” riassunse Leonardo.
“ Esattamente”
*
Ci ho messo un
po’ in più questa volta, lo so…
Mi dispiace tanto, ma
la colpa dovete darla alla scuola ^^
In ogni caso non
attendo altro che le vostre opinioni! Dire che adoro i vostri commenti è un
eufemismo **
Devo poi dire che
aumentate sempre, in maniera quasi allarmante :D
E, cosa ancora più
entusiasmante, iniziano a sentirsi le voci di lettori silenziosi *.*
Un grazie enorme
stavolta non ve lo toglie nessuno.
A chi legge, a chi
commenta, a tutti.
Un bacio,
Sara.
*
Spazio recensioni
Glycine: L’idea del
torso nudo è stata di Giovanni -.- Solo a una scimmia come lui poteva venire
un’idea del genere! Certo, ha avuto i suoi frutti, ammettiamolo… e
non erano neanche malaccio a vedersi ^^ Piaciuto l’incontro con la
cioccolata calda o l’assenza di Cheta ha rovinato tutto?
4lb1c0cc4: Sono
contentissima che ti sia piaciuto il capitolo! L’ho fatto apposta a
rivelare solo alla fine che erano a torso nudo, così solo a quel punto si
capivano davvero le reazioni della fauna femminile ^^ Che ne dici di questo?
Troppo lungo e dozzinale?
eveline90: Ciao, piacere mio!
Certo che ti perdono: il gioia di sentirti è troppo grande! ^^ La tua
recensione mi ha fatta andare in brodo di giuggiole ** Hai capito i personaggi
e ti sei soffermata su punti che mi lasciavano ancora dubbiosa (non ero sicura
che il torso nudo fosse un’idea carina)… Con un grazie quindi, non
ti rendo minimamente giustizia. Spero non mi abbandonerai, commentando anche
solo per dire che il capitolo fa schifo ^^
Grazie ancora, un bacio, Sara.
Eky_87: Ciao! Graaziee
per i complimenti! ^^ Mi hanno fatto un piacere enorme! Sono contentissima che
Erica ti vada a genio, per quanto riguarda Leonardo ci vorrà ancora un bel
po’ prima di riuscire davvero ad inquadrarlo… In ogni caso, fammi
sapere se prima o poi ti piacerà ^^
giunigiu95: Ciao! “di tutte le storie che ho letto e che
sto leggendo questa è una delle migliori” … lo sai che quando
ho letto questo, ho rischiato di morire? ^^ Non osare nemmeno pensare che le
tue recensioni possano tediarmi! E’ una bestemmia, lo sai? Come farei
senza qualcuno che muore dalla voglia di conoscere Sandra e impazzisce per le
scimmie dai capelli rossi (io ne conosco troppi, se vuoi te ne spedisco
qualcuno^^ ) Detto questo, ho fatto il più in fretta possibile, spero con tutto
il cuore di non averti delusa! Grazie ancora, Sara.
S chan: Con sei parole
riesco a farti ridere tanto? ^^ Sai che è un complimento bellissimo? ** Chissà
perché tutti aspettate questa cena… :D Ci vorrà ancora un po’, il
tempo di creare qualche altro casino, su per giù… Di questo capitolo che
ne pensi? Orrendo o accettabile?
_deny_: Brava, è
un’ottima idea quella di dar manforte a Erica: ne avrà bisogno! ^^ Sono
contenta che ti vada a genio, certo è un po’ pazza, eccentrica, unica di
certo… ma io l’adoro ** Grazie per i complimenti, davvero! Spero di
non averti deluso, stavolta! Grazie ancora, Sara.
hinata_in_love: Ciao! Descriverti
la mia gioia nel sentire la tua opinione è impossibile: sono contentissima del
fatto che ti piaccia la storia! Ho dato un po’ di spazio alla relazione
fra i due, ma non sono sicura di come sia venuto… tu che dici? Terribile?
^^ Spero davvero di risentirti, un bacio, Sara.
*