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Autore: lily117    23/09/2010    0 recensioni
[SOSPESA]
Lei sapeva per chi lavorava. I Templari. La Abstergo era solo una copertura ben riuscita. Le erano state spiegate per anni le loro ideologie, nel tentativo di convertirla totalmente alla causa. Insomma, una specie di lavaggio del cervello. Ma, al contrario di ogni altro, lei non aveva mai condiviso le idee dei Templari. Se loro stessi non l'avessero presa nelle loro file anni fa, lei non si sarebbe mai schierata dalla loro parte.
Ma di certo non si sarebbe mai nemmeno schierata con gli Assassini. L'odio che provava per quella setta aveva radici profonde e resistenti, vecchie di anni. Distruggere gli Assassini era l'unico motivo per cui aveva accettato di schierarsi con l'Abstergo.
Vendetta.
Tutto qui.
Genere: Azione, Science-fiction, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Lucy Stillman , Nuovo personaggio, Warren Vidic
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Bree era estremamente stupita di vedere quel uomo ragazzetto balbettante di Jonasson sul sito di una sua operazione. Il poverino era bianco come un lenzuolo, esattamente come la prima volta che si erano incontrati, nella ex base operativa. La differenza, questa volta, era che Bree sembrava attualmente una donna. E che la situazione era abbastanza rischiosa.

Bree fece segno a Culligan, con discrezione, di aspettarla lì dov'era. Lui sbuffò, irritato. Poi lei si diresse verso Jonasson, lentamente e con fare rilassato. Vide il poveretto sbiancare ancora più di quanto fosse possibile per un qualunque essere umano. Le venne da ridere, ma evitò di farlo. Doveva mantenere un profilo il più possibile discreto.

"Jonasson." Lo salutò, impassibile.

"Emh, oddio. Tu...tu sei davvero...cioè...perchè?"

"Calmati, Jonasson. Che ci fai qua?"

"La mostra di...di...la mia ragazza...Alice..."

"Io non sono autorizzata a dirti perchè mi trovo qui. Sappi solo che qui potrebbe diventare rischioso. Ti consiglio di allontanarti, per il tuo bene. E per quello della tua ragazza."

"Si...ma, ok..."

"Te lo ripeto. Ti conviene allontanarti. Non so ancora come potrebbe evolversi la situazione. Potrebbe andare liscia oppure potrebbero volare proiettili. Hai capito?"

Jonasson aveva un'espressione terrorizzata. Bree si sentì in colpa per averlo spaventato così tanto. Sopratutto per averlo intimorito con delle semplici supposizioni. Nulla poteva assicurare che il rapimento dell'obiettivo sarebbe andato perfettamente liscio, ma di certo non era nemmeno possibile affermare con sicurezza che si sarebbe passati alle armi.

Il dottore annuì.

"Non puoi, si insomma...dirmi cosa cavolo ci fai qui?"

Stupido insistente.

 "No. Te l'ho già detto. Non sei autorizzato a saperlo."

"Autorizzato?"

"E' un modo elegante per dire sono cazzi miei e della società. Intesi?"

Jonasson si ammutolì. Il tono intimidatorio di Bree aveva dato l'effetto desiderato. La donna si guardò alle spalle, in direzione di Culligan. Poi verso Pacino: l'obiettivo stava discutendo fitto fitto con un gruppo di nuovi arrivati, vestiti eleganti e circondati da uomini di grossa stazza.

Le contrattazioni hanno inizio. Appena avranno finito entrerò in azione.

Bree spostò di nuovo lo sguardo su Jonasson. Poi disse:

"Spero che tu stia eseguendo quello che prevede il nostro patto."

All'inizio lui sembrò confuso. Poi comprese le parole di Bree.

"Ah,si. Si,si. Sto facendo quello che mi hai detto. Sono già abbastanza avanti. Dovresti avere i primi due resoconti. L'ultimo te l'ho inviato oggi pomeriggio."

"Si, l'ho letto. Mi è stato molto utile."

Quel pomeriggio, mentre era fuori a pranzo, Bree aveva letto attentamente i resoconti di Jonasson. Erano accurati e ben scritti. Bree era soddisfatta di aver chiesto aiuto al dottore. Poteva anche essere un balbettante scienziato, ma le stava dando un'aiuto consistente nelle sue indagini. Non dover occuparsi della analisi della chiavetta Usb recuperata le toglieva un gran peso dalle spalle.

I dati che aveva analizzato Jonasson erano perlopiù i progetti per l'Animus degli Assassini. Il dottore vi aveva dedicato molta attenzione, ma purtroppo quello non era il problema principale di Bree. Quindi aveva speso molto più tempo a studiare attentamente i resoconti sulle email e sui documenti personali. Aveva trovato poco o nulla che sembrasse sospetto. La Stillman era ricoperta di email d'ufficio o comunque riguardanti il suo lavoro all'Abstergo. Nulla di insolito a parte qualche email criptata o priva di senso compiuto, piena di sigle incomprensibili. Questo fatto lasciava Bree decisamente insoddisfatta.

"Quando credi di poter finire?"

Jonasson riflettè un secondo.

"Beh, credo...insomma, forse ancora due giorni. Massimo tre."

"Bene. Aspetterò i resoconti. E adesso, allontanati dalla zona, per favore. Non voglio che tu rimanga ferito o cazzate varie."

Jonasson sembrò lusingato. Ma Bree stroncò le sue illusioni.

"Non è che io tenga a te, Jonasson. Se morissi o altro nessuno potrebbe analizzare quei dati per me no?"

"Ah,si...Ok, va bene. Capito."

"E ora vai via. Ho del lavoro da sbrigar..."

In quell'esatto istante, cominciarono gli spari.



Merda.

Bree si girò di scatto per un'istante. Quel secondo le fu sufficiente per vedere Pacino, insieme ai suoi uomini, sparare contro il gruppo con cui prima stavano contrattando. Anche questi ultimi si erano messi a premere il grilletto.

Tutta la gente nella sala urlava all'impazzata, presa dal panico più totale. Bree si voltò di nuovo verso Jonasson e lo spinse verso l'uscita.

"Vattene! Ora!"

Poi afferrò la pistola che teneva in una fascia posizionata sulla coscia. Rimosse la sicura e, senza esitare, si mise a sparare.

Pacino non deve morire. Non fallirò questa missione.

Insieme a lei, anche Culligan si era messo a sparare contro il gruppo che stava assalendo l'obiettivo. Era chino dietro un tavolo ribaltato, dietro il quale anche Bree prese rifugio.

Maggior parte degli invitati erano fuggiti, oppure si stavano nascondendo in giro per l'enorme sala. Il suono dei proiettili colpire le superfici di vetro delle fotografie era assordante.

La posizione in cui si trovavano Bree e Culligan gli dava un'area di tiro perfetta su tutti gli avversari.

Bree prese la mira.

Primo obiettivo. Uomo, dietro la colonna.
Primo sparo.
Testa. Eliminato.

Culligan osservava quasi divertito Bree mentre atterrava tutti i soggetti con precisi e letali colpi alla testa. Ormai lui si limitava solo a sparare alle gambe di quelli non ancora morti. In meno di un minuto, metà degli avversari erano morti o feriti. Ne rimanevano solo tre. Purtroppo, se prima erano stati ignorati, adesso il fuoco si concentrava sulla postazione di Bree e Culligan. I due furono costretti, velocemente, a spostarsi dietro a due colonne poco distanziate. Nella manovra, un proiettile aveva sfiorato la spalla di Culligan, il quale si era limitato a bestemmiare e imprecare.

Bree cercò con lo sguardo Pacino: lo vide, nascosto dietro il bancone di un'altro bar. Sembrava spaventato, ma non ferito. Attorno a lui, restavano in piedi ancora quattro uomini. A Bree venne un'idea.

"Culligan!"

"Parla!"

"Tu occupati dei tre! Io penso a Pacino!"

"Ok, ma muovi il culo! Ne potrebbero arrivare altri!"

Bree si spostò leggermente verso l'altro estremo della colonna e cominciò a mirare verso gli uomini di Pacino.

Primo obiettivo. Destra. Appena si alza.
Sparo. Preso. Testa. Eliminato.

Secondo obiettivo. Estremo del bancone a destra. Sparo. Colpito.

In appena due secondi Bree riuscì ad atterrarne altri due. Il terzo cadde dopo due spari. Il quarto non cedeva.

Ormai a Culligan rimanevano solo due uomini da sistemare.

"Coprimi!" Gli urlò lei.

"Ricevuto, cazzo!"

La cosa durò pochi secondi. Il bancone dietro il quale si trovava Pacino era ad appena quattro metri da dove si trovava Bree. Lei calcolò che, correndo tra i tavoli e con le spalle coperte da Culligan, avrebbe potuto raggiungere l'ultimo uomo a guardia dell'obiettivo ed eliminarlo.

Prese un respiro profondo, e cominciò a correre.

Appena uscì dal nascondiglio sentì gli spari cominciare a inseguirla, e gli altrettanti proiettili di Culligan volare in aria. Si spostò rapida tra i tavoli, pregando che i colpi non la centrassero. Arrivata al bancone fu questione di un attimo. Afferrò il coltello che teneva sempre nella fascia sulla coscia. Usò una sedia lì accanto come trampolino, e si lanciò sull'ultimo uomo. Di rado usava le tecniche della setta, ma per una volta aveva deciso di sfruttarle. Atterrò addosso all'obiettivo, e gli infilzò il coltello nel collo, con rabbia e forza. Sentì il sangue sporcarle le mani, ma non se ne curò.

Spostò lo sguardo dal cadavere al suo vero obiettivo: Roy Pacino.

Quest'ultimo era disteso sul pavimento, mentre si allungava verso il cadavere di una delle sue guardie del corpo, per rubargli l'arma. Bree lo afferrò per i capelli e lo voltò verso di lei. Avvicinò il suo viso al suo. Poteva vedere il terrore negli occhi del suo obiettivo. Lei accennò un sorriso.

"Lei ora viene con me."

Poi lo tramortì sbattendogli la testa contro il bancone. Afferrò il corpo svenuto per la vita e si fece passare una della braccia sulle spalle.

"Culligan! Ho recuperato l'obiettivo!"

Lo sentì imprecare e urlare dalla rabbia mentre scaricava una sfliza di proiettili contro l'ultimo nemico rimasto. Il lamento di quest'ultimo e il suo cadavere cadere per terra furono il risultato.

"Muovi il culo!" Urlò alla fine lui.

Bree si alzò da dietro il bancone e si avviò verso Culligan. Gli mollò il corpo di Pacino e si diresse a passo svelto verso la porta d'uscita.

"Muoviamoci! Dobbiamo tornare alla base operativ..."

Bree non capì subito cosa successe.

Non riuscì a distinguere il singolo sparo che ruppe il ronzio insistente nelle sue orecchie. Invece riuscì a distinguere alla perfezione l'odore di sangue che aveva cominciato a colarle dalla spalla, lungo il busto e fino ai fianchi, in un rivolo rosso sottile che le macchiava l'abito.

Poi arrivò il dolore. E con esso la coscienza di ciò che era successo.

Cadde a terra, in ginocchio, premendosi sulla ferita nella spalla con la mano. Tutto cominciava a sfumare, lentamente. Si voltò per quanto le fosse possibile e vide un'uomo, esanime e ricoperto nel suo stesso sangue, con in mano una pistola ancora fumante e in viso un sorriso sadico e soddisfatto. Lo vide anche accascarsi a terra e rantolare dal dolore.

Poi scorse Culligan allontanarsi con il corpo privo di sensi di Pacino. Non sprecò nessun insulto per lui. Lo osservò sparire verso l'uscita. Stava solo eseguendo gli ordini.

Prima di accasciarsi del tutto sul pavimento e svenire, o morire per quanto ne sapeva, decise di dedicare i suoi ipotetici ultimi pensieri al suo passato. Alla promessa di vendetta che aveva fatto, e che forse non sarebbe riuscita a mantenere. Ormai con tutto il lato destro del corpo ricoperto di sangue e una sensazione di frustrazione, lasciò che i suoi sensi la abbandonassero. L'ultima cosa che penso, immersa nella rabbia e nella delusione, fu:

Non è così che si muore. Non così. Non adesso.

Poi il buio.

  
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