Caro Amico,
ti starai chiedendo perché ti ho nominato
con la A maiuscola. Perché sei proprio il mio Amico, non un vecchio compagno di
università o un qualunque conoscente, ma il vero ed unico Amico, il solo che mi
è rimasto: anche solo il fatto che stai leggendo questa lettera ne è la prova.
Ho deciso di scriverti perché sui muri non ho più spazio. Non c’è un misero
angolino bianco, non è rimasto nulla. Caro Amico, devi sapere che io scrivo. E’
l’unico modo che conosco per non impazzire, come chiunque soffocato da queste
quattro mura: scrivo sui fazzoletti per il naso, quelli profumati, hai
presente?, sul letto, per terra, sui muri. Scrivo tutto, ogni ricordo, ogni
giorno. Il primo pensiero che mi balena in mente alla mattina come l’ultimo che
addormenta la sera, ecco, io lo scrivo. Non hai idea di quanto mi aiuti.
Caro Amico, io sono ancora avida della luce del sole. Ogni
spiraglio di luce che raggiunge la mia cella e trapassa il vetro trafigge il
mio cuore. Ho bisogno di quel calore che ormai non conosco più, capisci? Ciò
che batte qui, nel mio petto, è ormai troppo freddo e duro, non c’è salvezza.
Ogni volta che mi portano fuori, ogni volta che posso uscire in giardino, la
pace mi assale. La pace è pesante, sai? La prima volta che il sole mi ha investito
dopo il mio arresto sono caduta in ginocchio e ho chiuso gli occhi, perché non
immaginavo che la luce del sole mi mancasse così tanto. Caro Amico, perciò io
ti dico: non dare nulla per scontato, non commettere il mio stesso errore, del sottovalutare
anche solo la luce che mi accompagnava ogni giorno; accarezza e consuma più che
puoi tutta la bellezza che ti circonda.
Sai, Amico, i primi attimi della mattina, quando i sogni ti
abbandonano e un nuovo giorno ti saluta, quando per pochi attimi sei ancora sprofondato
nell’incoscienza e nell’ingenua beatitudine? Io ogni mattina, dimentico del
letto in cui giaccio, e penso felice di alzarmi, e vedere alla finestra i
fiocchi di neve che ricoprono il prato di una coltre bianca; o di prendere la
macchina e di andare al mare, sentendo l’acqua fredda che mi pizzica la cute.
Poi, caro Amico, io mi risveglio, e guardandomi intorno, vedo tutti i miei
desideri dissolversi, come nebbia. All’inizio, devi sapere che i sogni, anche i
più piccoli, i più insignificanti, quelli che sono come i capricci di un
bambino, mi divoravano. Pian piano era divorata dal fervore dell’impazienza,
del desiderio. Caro Amico, io non sono più libera. Non decido io che scarpe
mettermi alla mattina, né dove andare a bere un caffè, né su quale panchina
finire il mio libro. Non sono più padrona di me stessa, e questo, sono
cosciente di meritarlo più di tutti.
Poi ho trovato la soluzione. Caro Amico, io ho incatenato i
miei sogni, uno ad uno, li ho immagazzinati e vi ho appiccato fuoco. Non
nascondo che sia stato assai doloroso, ma posso dire di avercela fatta. Non mi
sveglio più con i normali desideri che un normale essere umano può permettersi
di coltivare. E allora per cosa vivi a fare?, mi chiederai tu, caro Amico. Io
vivo per la Libertà, per l’unica ambizione di riaverla indietro. Vivo pensando
ogni giorno alla mia vita futura, a tutto il tempo perso che cercherò di
riguadagnare. Ogni giorno lo costruisco, o per meglio dire, lo scrivo:
pianifico ogni futura giornata; ogni giorno aggiungo un pezzettino, per fare in
modo che, appena uscita, non mi permetta di perdere più tempo. E per dare il
giusto valore ad ogni singolo giorno, come mi ha insegnato Jack Dawson.
La Musica mi accompagna anche qui in cella, caro Amico: stai
sicuro che sarà l’unica che non mi abbandonerà mai. Di musica parlo, come di
musica ascolto, con le mie compagne di cella: è l’unica discussione che
riusciamo a costruire e a far rimanere in piedi tra di noi, portatrici dello
stesso fardello e dell’incapacità di guardare negli occhi.
Dopo tante, tante ore colorate dalle ormai stesse canzoni,
ci siamo interrogate sul perché nessuno scrive mai sui carcerati. Sentiamo di
storie d’amore, di guerra, pace, famiglia, perdono, ricordi. Caro Amico, tu
puoi, ti prego di porre questo quesito a chi la vita è colorata solo da note
musicali.
Caro Amico, devo dirti la verità: non penso mai al giorno in
cui abbandonerò questo letto, questa stanza, queste canzoni, questi muri
scritti. Tempo fa ho eliminato anche questo, di sogno, e non ho più guardato
avanti, cercando di immaginare come sarà quel giorno. Ho deciso di dimenticare
la data, ed è stata una scelta di cui non mi pento. Quando verranno a prendermi
voglio immaginarmi seduta sul mio duro materasso, cercando anche solo un
minuscolo spazio bianco su cui scrivere; voglio immaginare la mia faccia; i
miei desideri ormai rimossi che cominceranno a fare capolino; le mie gambe che,
il primo giorno come l’ultimo, si inchineranno al cospetto della luce del sole.
Caro Amico, da te non mi aspetto né risposta, né un
tentativo di compassione nei miei confronti. Mi basta il tempo che mi stai
donando leggendo questa lettera, dimostrandomi che sei un Amico degno a cui
indirizzare questo pezzo di me.
Spazio autrice
Questo è un tema che ho scritto per la scuola sotto la
seguente traccia: “Immagina di essere un
carcerato e scrivi una lettera ad un amico/a, descrivendogli le tue sensazioni,
i tuoi stati d’animo, la noia delle giornate che non passano mai.” Non
immaginavo assolutamente che sarebbe venuta fuori uno scritto del genere. L’ho
scritto in pochissimo tempo, meno di un’ora, subito in bella. E’ la prima volta
che scrivo un tema del genere; è la prima volta che uso lo stile che di solito
riservo a ciò che scrivo per me stessa. Non so perché l’ho fatto, ma a quanto
pare ha avuto successo. Spero che piaccia anche a voi, popolo di EFP. Sempre la stessa, E.