Scrittura creativa: situazione
particolare.
Quando ero piccolo la mamma mi
diceva che dentro ad ogni cuore c’è uno folletto che batte un grosso tamburo
con una pesante bacchetta dorata. E continua a battere
anche quando è stanco, sempre, costantemente, perchè è da quel battito che
dipende la sua vita e quella del proprietario del tamburo.
In questo momento il mio folletto deve essere davvero
arrabbiato.
Percuote il mio tamburo con una tale violenza da
squassarmi tutto il petto in veloci e secchi rintocchi, con tanta ferocia da
farmi sussultare ad ogni pulsazione. “Basta, mi fai male” gli dico. Ma lui non mi ascolta e continua a battere il suo tamburo,
potente, pressante. Forse i folletti sono sordi. Allora poso una mano sul cuore
e ascolto, in silenzio, la bacchetta dorata aggredire la tela dello strumento:
TU-TUM, TU-TUM, TU-TUM. Ogni volta il folletto batte un
piccolo tocco prima di colpire veramente. Magari lo fa per assicurarsi che il tamburo regga
ancora, oppure…non so, forse i folletti hanno una specie di tic, non riescono a
tenere la mano ferma per più di una frazione di secondo e quindi
involontariamente colpiscono il tamburo un attimo prima di battere il vero
colpo. Già, probabilmente è così. Probabilmente al mio folletto non interessa
per niente che il tamburo regga. TU-TUM, TU-TUM,
TU-TUM.
Siamo nello studio di un medico. Uno
studio bianco, pulito come le tazzine di porcellana che mia madre si ostina a
lucidare ogni giorno con quel famoso prodotto che le ha consigliato la zia
Ginevra. Non mi ricordo come si chiama. Qualcosa come Luci…luci…lucix? No, non si chiama così. Non so perchè, ma
improvvisamente sento il bisogno di sapere il nome di quella specie di
detergente. Mi è assolutamente indispensabile. E‘ strano.
- Mamma, com’è che si chiama il prodotto che ti ha
consigliato la zia Ginevra? – chiedo.
La mamma non risponde. Resta lì, seduta su quella
panchina bianca verniciata di bianco, il volto chiuso
tra le mani come dentro ad un guscio pallido. Che mani
bianche che ha la mamma… è tutto bianco in questa stanza. Forse se mi guardassi
allo specchio scoprirei che anche io sono bianco.
Ed ecco che sento il bisogno di guardarmi allo
specchio. Ma in questo studio non ce ne
sono.
Forse è stato questo che la mamma ha sentito a casa:
forse ha sentito il bisogno impellente di portarsi
dietro tutti quei giocattoli e quando ha visto Nikki
ha sentito il bisogno di portare anche lui.
E‘ entrata in questo studio prima
di me, con in mano un’enorme borsa piena di balocchi e Nikki
tra le braccia. Nikki è il nostro cane. Anche lui è bianco. Ho provato a chiedere alla mamma il
perchè del suo gesto, ma lei ha detto soltanto che lo faceva per Luca. Luca è
mio fratello.
Il folletto di Luca è diverso. E‘più
debole di tutti gli altri e a volte batte troppo lentamente il tamburo, così
Luca sta male. Quanto vorrei che la metà dell’energia
del mio folletto in questo momento passasse a lui… staremmo meglio entrambi. Io
non avrei più questi sussulti a scuotermi e Luca invece ne avrebbe come tutti gli altri. Se potesse accadere Luca non sarebbe qui dentro, e noi non staremmo aspettando
che esca dallo studio.
TU-TUM, TU-TUM, TU-TUM.
Guardo la borsa di giocattoli che la mamma ha preso con
sé. Sono tutti giocattoli di Luca. Perchè li ha portati qui?
Nikki abbaia. Forse anche lui è nervoso.
Magari si sta chiedendo cosa ci fa in una stanza tutta bianca come lui, lontano
dalla sua cuccia.
- Shh, stai buono Nikki, buono…- gli dice la mamma. Nikki
scende dalla sue ginocchia e si accuccia sul
pavimento. Bravo, Nikki.
Uno dei giocattoli deve essere uscito
dalla borsa, perchè ora è finito sotto la panchina, accostato al muro
bianco. Evidentemente anche Nikki lo ha visto, perchè
lo raggiunge e se lo rigira tra le zampe. Un attimo dopo il giocattolo è finito
dall’altra parte della stanza, poi la zampa di Nikki
lo colpisce ancora e il giocattolo arriva ai miei piedi. Lo raccolgo. Nikki pensa che io voglia giocare e abbaia ancora,
incitandomi a lanciarglielo. Ma qui siamo in uno
studio medico, non posso giocare con te, Nikki.
Raggiungo la borsa vi infilo di nuovo il gioco. E‘ la
statuetta di Spiderman. Luca adora Spiderman.
Una volta io e lui abbiamo giocato nel soggiorno ai
supereroi e lui ha voluto sempre essere l’uomo ragno. Quel giorno si ruppe un
braccio, ma non ebbe nessuna paura quando lo portarono
al pronto soccorso, probabilmente mi spaventai di più io. Forse Luca è davvero
un supereroe, io invece ci gioco e basta. Forse è per questo
che il mio folletto batte così forte il tamburo: per far vedere a tutti
che anche se io non sono un supereroe lui batte il tamburo meglio del folletto
di Luca.
TU-TUM, TU-TUM, TU-TUM.
Quindi i folletti sono sordi, egoisti e
gelosi. Che brutta specie.
C’è una cosa che però il
folletto non sa: i supereroi non perdono mai, giusto? Non esiste una storia in
cui l’eroe venga sconfitto dal cattivo. Quindi nemmeno Luca perderà. Riporteremo a casa quella borsa
di giocattoli e lui continuerà a giocare con Spiderman, mentre io userò Batman.
Insieme sconfiggeremo il malvagio Dottor Destino e la
città ci sarà eterna debitrice, almeno fino a quando la mamma non ci dirà di
andare a dormire.
TU-TUM, TU-TUM, TU-TUM.
Il dottore esce dallo studio. E
‘ molto alto, ha i capelli bianchi e il camice bianco. L’avevo detto io che è tutto bianco qui dentro.
- Signora, le devo parlare. – dice a mia madre.
E allora, non so come, il tamburo
sale, sale, fino ad arrivare in quello stretto canale che è la gola. Il
folletto lo batte così forte che ho paura possa salire
ancora e finirmi in bocca.
TU-TUM, TU-TUM, TU-TUM…