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Autore: Dolceamara    31/10/2005    6 recensioni
Un compito dato dalla mia insegnante d’italiano e che mi è rimasto dentro.
“Scrittura creativa: situazione particolare” ne è l’esatto titolo. Mi dicono che sono brava a far piangere la gente… vediamo se ci riesco di nuovo.
Genere: Malinconico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Scrittura creativa: situazione particolare

Scrittura creativa: situazione particolare.

 

Quando ero piccolo la mamma mi diceva che dentro ad ogni cuore c’è uno folletto che batte un grosso tamburo con una pesante bacchetta dorata. E continua a battere anche quando è stanco, sempre, costantemente, perchè è da quel battito che dipende la sua vita e quella del proprietario del tamburo.

In questo momento il mio folletto deve essere davvero arrabbiato.

Percuote il mio tamburo con una tale violenza da squassarmi tutto il petto in veloci e secchi rintocchi, con tanta ferocia da farmi sussultare ad ogni pulsazione. “Basta, mi fai male” gli dico. Ma lui non mi ascolta e continua a battere il suo tamburo, potente, pressante. Forse i folletti sono sordi. Allora poso una mano sul cuore e ascolto, in silenzio, la bacchetta dorata aggredire la tela dello strumento: TU-TUM, TU-TUM, TU-TUM. Ogni volta il folletto batte un piccolo tocco prima di colpire veramente. Magari lo fa  per assicurarsi che il tamburo regga ancora, oppure…non so, forse i folletti hanno una specie di tic, non riescono a tenere la mano ferma per più di una frazione di secondo e quindi involontariamente colpiscono il tamburo un attimo prima di battere il vero colpo. Già, probabilmente è così. Probabilmente al mio folletto non interessa per niente che il tamburo regga. TU-TUM, TU-TUM, TU-TUM.

Siamo nello studio di un medico. Uno studio bianco, pulito come le tazzine di porcellana che mia madre si ostina a lucidare ogni giorno con quel famoso prodotto che le ha consigliato la zia Ginevra. Non mi ricordo come si chiama. Qualcosa come Luci…luci…lucix? No, non si chiama così. Non so perchè, ma improvvisamente sento il bisogno di sapere il nome di quella specie di detergente. Mi è assolutamente indispensabile. E‘ strano.

- Mamma, com’è che si chiama il prodotto che ti ha consigliato la zia Ginevra? – chiedo.

La mamma non risponde. Resta lì, seduta su quella panchina bianca verniciata di bianco, il volto chiuso tra le mani come dentro ad un guscio pallido. Che mani bianche che ha la mamma… è tutto bianco in questa stanza. Forse se mi guardassi allo specchio scoprirei che anche io sono bianco.

Ed ecco che sento il bisogno di guardarmi allo specchio. Ma in questo studio non ce ne sono.

Forse è stato questo che la mamma ha sentito a casa: forse ha sentito il bisogno impellente di portarsi dietro tutti quei giocattoli e quando ha visto Nikki ha sentito il bisogno di portare anche lui.

E‘ entrata in questo studio prima di me, con in mano un’enorme borsa piena di balocchi e Nikki tra le braccia. Nikki è il nostro cane. Anche lui è bianco. Ho provato a chiedere alla mamma il perchè del suo gesto, ma lei ha detto soltanto che lo faceva per Luca. Luca è mio fratello.

Il folletto di Luca è diverso. E‘più debole di tutti gli altri e a volte batte troppo lentamente il tamburo, così Luca sta male. Quanto vorrei che la metà dell’energia del mio folletto in questo momento passasse a lui… staremmo meglio entrambi. Io non avrei più questi sussulti a scuotermi e Luca invece ne avrebbe  come tutti gli altri. Se potesse accadere Luca non sarebbe qui dentro, e noi non staremmo aspettando che esca dallo studio. 

TU-TUM, TU-TUM, TU-TUM.

Guardo la borsa di giocattoli che la mamma ha preso con sé. Sono tutti giocattoli di Luca. Perchè li ha portati qui?

Nikki abbaia. Forse anche lui è nervoso. Magari si sta chiedendo cosa ci fa in una stanza tutta bianca come lui, lontano dalla sua cuccia. 

- Shh, stai buono Nikki, buono…- gli dice la mamma. Nikki scende dalla sue ginocchia e si accuccia sul pavimento. Bravo, Nikki.

Uno dei giocattoli deve essere uscito dalla borsa, perchè ora è finito sotto la panchina, accostato al muro bianco. Evidentemente anche Nikki lo ha visto, perchè lo raggiunge e se lo rigira tra le zampe. Un attimo dopo il giocattolo è finito dall’altra parte della stanza, poi la zampa di Nikki lo colpisce ancora e il giocattolo arriva ai miei piedi. Lo raccolgo. Nikki pensa che io voglia giocare e abbaia ancora, incitandomi a lanciarglielo. Ma qui siamo in uno studio medico, non posso giocare con te, Nikki. Raggiungo la borsa vi infilo di nuovo il gioco. E‘ la statuetta di Spiderman. Luca adora Spiderman.

Una volta io e lui abbiamo giocato nel soggiorno ai supereroi e lui ha voluto sempre essere l’uomo ragno. Quel giorno si ruppe un braccio, ma non ebbe nessuna paura quando lo portarono al pronto soccorso, probabilmente mi spaventai di più io. Forse Luca è davvero un supereroe, io invece ci gioco e basta. Forse è per questo che il mio folletto batte così forte il tamburo: per far vedere a tutti che anche se io non sono un supereroe lui batte il tamburo meglio del folletto di Luca.

TU-TUM, TU-TUM, TU-TUM.

Quindi i folletti sono sordi, egoisti e gelosi. Che brutta specie.

C’è una cosa che però il folletto non sa: i supereroi non perdono mai, giusto? Non esiste una storia in cui l’eroe venga sconfitto dal cattivo. Quindi nemmeno Luca perderà. Riporteremo a casa quella borsa di giocattoli e lui continuerà a giocare con Spiderman, mentre io userò Batman. Insieme sconfiggeremo il malvagio Dottor Destino e la città ci sarà eterna debitrice, almeno fino a quando la mamma non ci dirà di andare a dormire.

TU-TUM, TU-TUM, TU-TUM.

Il dottore esce dallo studio. E ‘ molto alto, ha i capelli bianchi e il camice bianco. L’avevo detto io che è tutto bianco qui dentro.

- Signora, le devo parlare. – dice a mia madre.

E allora, non so come, il tamburo sale, sale, fino ad arrivare in quello stretto canale che è la gola. Il folletto lo batte così forte che ho paura possa salire ancora e finirmi in bocca.

TU-TUM, TU-TUM, TU-TUM…

 

  
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