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Autore: Josie_n_June    24/09/2010    1 recensioni
"Non c'entra niente da chi sei stato generato, o perché. Tu sei chi sei. [...]Non è la discendenza a stabilire ciò che siamo, è quello che facciamo della nostra vita. [...] Tu puoi scegliere la tua parte. Anzi, l'hai già fatto." Un Cavaliere di Drago. Una sacerdotessa. Un mago. Un'Assassina. A dieci anni dalla Grande Battaglia d'Inverno, un nuovo periodo oscuro travolge il Mondo Emerso. Non ci sono più eroi a combattere. Quattro ragazzi si trovano dentro una guerra che non si è mai conclusa, senza alcuna garanzia di vederne la fine. E sta a loro, decidere il loro destino. Una storia a due mani scritta qualche capitolo a testa, e quindi imprevedibile anche per noi che siamo le autrici. Se vi abbiamo incuriosito almeno un po', perché non date una sbirciata?
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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E Algeiba continuò a stringere il laccio sulla gola del Cavaliere, mentre lui menava lo spadone a due mani alla cieca, cercando di colpirla, e continuò anche quando perse la presa sull’elsa, e cominciò ad artigliare impotente prima i suoi polsi, poi le sue vesti, ma lei non si lasciò strappare via. Doveva farlo. Doveva ucciderlo, e per quanto la sua testa gridasse, il suo corpo agiva da solo, temprato dall’esperienza.

Algeiba continuò a stringere, mentre il viso di Taras diventava paonazzo e poi di un malsano color viola. Continuò a stringere anche quando il Cavaliere barcollò all’indietro, abbandonando le braccia lungo i fianchi, senza avere più la forza di reagire. E continuò a stringere anche quando sentì la trachea piegarsi sotto il filo del suo laccio, consapevole che a Taras rimanevano solo pochi secondi di vita…

Un lampo di luce azzurrina, ed Algeiba cadde inerme come un sacco di patate sulle spalle del Cavaliere, che oscillò e cadde a terra steso sulla pancia, ingoiando avide boccate d’aria.

Quando Taras si fu ripreso, alzò il viso da terra, ansimante. A pochi metri da lui, il giovane mago del Consiglio che avrebbe dovuto proteggere aveva la mano ancora luminescente tesa verso di lui.

“Oh, tu guarda. Ti avevano mandato per proteggermi e alla fine è toccato a me salvarti. Che ironia.” esclamò questi, con evidente sarcasmo.

Taras si alzò in piedi appoggiandosi sulle ginocchia, ignorando la testa che girava vorticosamente.

“Se non ci fossi stato io, lei ti avrebbe ucciso subito. Non fare tanto il gradasso, anch’io ti ho salvato la vita.” mugolò, con la gola che gli doleva terribilmente.

Il mago non ribatté, palesemente irritato, e Taras raccolse e ripose la sua spada nel fodero che aveva legato alla schiena. Poi, si voltò a guardare l’Assassina che si era fatta passare per una filatrice.

Giaceva scomposta sul suolo ricoperto di foglie secche. Scoperta dal mantello mostrava, finalmente, una sfilza d’armi di ogni genere. Taras vide un assortimento di quattro pugnali infilati nella cintola, una faretra piena di frecce, delle minuscole fiale che evidentemente non contenevano tonici e il fodero della sciabola di cui era stata disarmata. C’era anche una bisaccia che le pendeva dalla schiena, e Taras intuì dalla forma che conteneva un piccolo arco. Li conosceva, quegli archi; venivano fabbricati nella Terra della Notte. Non avevano una gran gittata, ma la corda era così tesa e resistente che l’impatto con le frecce era devastante. Non se vedevano molti, in giro. La loro produzione era limitata e ora, Taras sapeva a chi era destinata.

Il corpo minuto dell’Assassina era fasciato da dei larghi calzoni e da una casacca nera; sopra questa, spiccava un curioso corpetto ornato di bottoni dello stesso colore. Infine, lo sguardo di Taras si soffermò sul suo viso, quel viso che aveva fatto vacillare pericolosamente il suo istinto. Aveva le labbra dischiuse e un’espressione accigliata, ma a parte questo, sembrava dormisse.

Taras non poté fare a meno di pensare che così somigliava ancora di più a una bambina. Il mago si accostò a lui, e prese a fissare a sua volta il corpo privo di sensi del sicario.

“Chi è?” chiese spontaneamente.

Taras si massaggiò la gola. “A me ha detto che si chiamava Fanela. Ma non so quanto possa essere vero.”

Al suo fianco, il giovane mago fremette “E’ un’Assassina?”

Taras si voltò verso di lui, e vide che stringeva i pugni e aveva i denti serrati.

“Sì” rispose “Una di quelli che volevano ucciderti e da cui tutti cercavano di tenerti lontano, ricordi? Che le hai fatto?” chiese poi.

Il mago parve riscuotersi, e si voltò a incrociare lo sguardo di Taras. “L’ho soltanto tramortita. Per il momento è priva di sensi, ma non resterà così per molto. Che hai intenzione di farci?”

Taras si accovacciò accanto a lei “La porterò nella Terra del Fuoco, al cospetto della regina Aires. Lì verrà giudicata.”

Il mago sembrò perdere la ragione. Fece due passi indietro, quasi la sua indignazione fosse troppo grande per ridursi allo spazio minimo che lo divideva dal Cavaliere. “Sei matto?” chiese spalancando gli occhi “C’è il Consiglio delle Acque qui, perché accidenti vuoi portarla nella Terra del Fuoco?”

Taras le mise una mano dietro le spalle e l’altra sotto le cosce, poi si sollevò lentamente “Perché il Consiglio delle Acque non ha il potere di processarla.” rispose, voltandosi verso il mago con l’Assassina fra le braccia “Non più. Serve un sovrano. E come saprai bene, la regina Dafne giudica soltanto le ninfe. L’unica cosa da fare è portarla alla regina.” 

Il mago fece saettare velocemente gli occhi dal suo volto a quello dell’Assassina “Non puoi farlo! Andiamo, cosa vuoi che processino? Ha cercato di uccidermi, e questo è quanto!”

Taras piantò uno sguardo furente negli occhi del mago, alterandosi.

“No, non lo è!” esclamò rabbioso “Non è così semplice! Quando una persona commette un crimine, non puoi semplicemente metterla sulla forca e tanti saluti. Siamo in un Mondo civile, o no? E’ proprio questo che ci distingue da Dohor e dal suo dispotismo. Deve essere processata, e questo è quanto.”

Quando ebbe finito, il Cavaliere oltrepassò il mago, tenendo l’Assassina fra le braccia. Si fermò al centro della radura e raccolse la sua sciabola, studiandola.

Se l’era lasciata scappare.

No, peggio, l’aveva volutamente lasciata andare. Nonostante sapesse che non poteva essere una filatrice, non l’aveva fermata. Non doveva più accadere.

Per questo doveva essere lui a portarla nella Terra del Fuoco, per riparare al proprio errore. Per poco non si era lasciato sfuggire un’Assassina e due ragazzi non erano morti. Era stato uno stupido.

Ma in fondo, sapeva di mentire anche a se stesso. La verità, era che quella ragazza gli interessava. Ricordava lo smarrimento che aveva visto nei suoi occhi azzurri quella sera alla locanda, dell’amara determinazione che le aveva letto in viso quando si erano scontrati. E soprattutto, quel fugace lampo di comprensione. Sentiva che c’era qualcosa in lei. Qualcosa che gli somigliava terribilmente.

“Quando hai intenzione di partire?” chiese improvvisamente la voce del mago alle sue spalle.

Taras si riscosse. “Immediatamente.” rispose, voltandosi verso di lui “Non voglio mancare troppo dal fronte. Sono un Cavaliere, gli servo.”

Il mago fece una smorfia “E per i viveri?”

“Caccerò strada facendo.” disse Taras, valutando le possibilità “Sarebbe uno spreco di tempo tornare in città adesso.”

E poi potrebbero impedirmi di partire, aggiunse una voce nella sua testa.

“Il mio drago non è molto lontano da qui, posso raggiungerlo e partire subito. L’unica cosa che mi serve è qualcosa per legarle le mani…” aggiunse osservando dubbioso la cintura stipata d’armi dell’Assassina.

Il mago scosse la testa e gli si avvicinò “Ti servirà ben più di un paio di manette per tenerla buona.” sbottò, e Taras non poté che dargli ragione.

A quel punto, il mago afferrò bruscamente una mano dell’assassina, e le tolse il guanto. Poi le circondò il polso col pollice e l’indice, e chiuse di occhi.

“Che cosa fai?” esclamò Taras, ritraendosi minaccioso.

Il mago lo zittì con un cenno della mano, ed esasperato, il Cavaliere lo lasciò fare. Sperava solo che non decidesse di ucciderla. In fondo sapeva poco di magia, e di certo non avrebbe potuto competere con un membro del Consiglio.

Il mago cominciò a mormorare tra le labbra una strana litania, e le sue dita si illuminarono di nuovo di luce rossa. Dal punto in cui erano a contatto con la pelle dell’Assassina, si levò un leggero fumo bianco dall’odore acre, che fece lacrimare gli occhi di Taras. Oltre il fumo, vide la ragazza aggrottare la fronte, agitandosi nel sonno con aria sofferente. Dopo un po’, il mago smise di borbottare, e sciolse la presa attorno al polso dell’Assassina.

Nel punto in cui prima c’erano le sue dita, adesso c’era una sorta di tatuaggio luminescente, che dopo qualche secondo si opacizzò, lasciando sulla sua pelle bianca dei fregi neri, simili a rune.

Taras alzò gli occhi sul mago, guardandolo con aria interrogativa. Lui sembrò rispondere di malavoglia.

“E’ un sigillo.” spiegò, stringendosi nelle spalle “L’ ho formulato in modo che non possa allontanarsi da te per un raggio superiore alle sei braccia*, e se lo vorrai anche di meno. Inoltre la indebolirà. Se per esempio volesse provare a strangolarti –di nuovo- perderà le forze per un po’ di tempo. E’ semplice. Per scioglierlo, devi semplicemente prenderle il polso come ho fatto io e dire Oein. Vuol dire apriti.”

Taras annuì, come se già lo sapesse.

“Così non scapperà.” concluse il mago, e i suoi occhi blu cupo si illuminarono di una strana luce.

Il Cavaliere fece un mezzo sorriso. Lui e quel ragazzo non avevano cominciato nel migliore dei modi, ma per qualche motivo, gli era simpatico.

“Bene. Ti ringrazio…”

“Namhar.” concluse il mago, ricambiando mestamente il sorriso.

“Taras.” si presentò a sua volta il Cavaliere.

Poi, lo sguardo di entrambi calò sulla piccola figura in nero che dormiva immobile, svenuta, tra le sue braccia.

“Loro hanno ucciso il mio Maestro.” sibilò Namhar tra i denti, senza staccare gli occhi dal volto dell’Assassina “L’ hanno ammazzato come un animale, con una coltello intriso di veleno. L’unico motivo per cui io sono qui, è perché lui ha usato le sue ultime forze per salvarmi. Era come un padre per me.” con un sussulto, alzò lo sguardo verso Taras, come accorgendosi di aver detto troppo. Ma si riprese in fretta, e alzò il mento con orgoglio, fissandolo con fredda rabbia “Fa’ il modo che arrivi davanti alla regina.”

Taras annuì con convinzione “Farò del mio meglio.”

Anche Namhar annuì. “Adesso va’. Prima parti, prima arrivi,”

Il ragazzo non rispose, ma fece un lungo fischio che echeggiò per tutto il bosco. Pochi secondi dopo, una figura imponente si stagliò sul cielo notturno, e la luce della luna filtrava attraverso le sue ali diafane mettendo in risalto le vene più scure.

Hìrador planò dolcemente nella piccola radura, sollevando una folata di vento che investì sia Taras che Namhar, scompigliando loro i capelli.

Senza parlare, il Cavaliere infilò un piede nella staffa della sella e sistemò con un po’ di difficoltà il corpo inerme dell’Assassina contro l’arcione, dove poteva averla ben in vista. Poi si issò a sua volta, afferrando gli appigli della sella oltre i suoi fianchi,

Abbassò lo sguardo verso il mago.

“Dovrai tornare da solo in città. Credi di farcela?” lo schernì.

“Me la caverò.” rispose a tono Namhar, con un sorrisetto.

Anche Taras sorrise e poi, con un lieve colpo ai fianchi del drago e un breve vuoto allo stomaco, furono in cielo.

 

 

Namhar camminava al buio, lentamente e soprappensiero, lungo la strada che aveva percorso per arrivare in quel bosco di latifoglie dove era quasi morto. Gli uscì uno sbuffo. Quasi morto. La vedeva dura come definizione. O si muore o non si muore, punto.

La Gilda l’aveva trovato. Era riuscita ad arrivare a lui, e Namhar, come uno scemo, per poco non si era lasciato ammazzare. Aveva fatto proprio quello che il suo Maestro gli aveva raccomandato di non fare, durante i suoi ultimi minuti di vita. La cosa che gli bruciava di più, in tutta quella faccenda, era che il Consiglio aveva avuto ragione. Se non ci fosse stato quel Cavaliere, quel Taras, a quell’ora sarebbe stato morto.

Con rabbia, ripensò al volto addormentato dell’inviata della Gilda. La tentazione di ucciderla, quando aveva avuto la sua mano molle e fragile nella sua, era stata forte. Per qualche secondo, aveva immaginato come si sarebbe sentito se, invece di imprimere il sigillo, le avesse semplicemente tagliato le vene. Sarebbe stato così facile, e anche giusto, in un certo senso…

Ma Flaren non avrebbe voluto questo. Il suo Maestro non faceva altro che ripetere che la magia non doveva essere usata per togliere la vita, e suo malgrado, Namhar non riusciva ad andare contro i suoi insegnamenti. Erano l’unica cosa che gli rimaneva di lui.

Improvvisamente, sentì un dolore lancinante alle gambe, proprio dietro il ginocchio. Namhar provò a fare qualche altro passo, ma poi cadde in ginocchio, prostrato dal dolore. Ansimando, si voltò sulla schiena, e osservò raggelato il punto che gli doleva. Dalle sue gambe, uscivano per due o tre dita due aghi sottili, infilati direttamente tra le giunture. Ecco perché non se n’era accorto prima.

Maledizione.

Cadde disteso con la testa che gli girava vertiginosamente, mentre il sapore amaro della bile gli saliva alle labbra.

Mi ha avvelenato.

Non aveva idea di quando fosse successo. Per quanto aveva visto, il Cavaliere aveva fermato la mano dell’Assassina appena prima che gli tagliasse la gola, e quasi immediatamente dopo aveva eretto attorno a sé lo scudo protettivo.

Dev’essere successo in quell’arco di tempo. Dovevo saperlo…

Sembrava quasi stupido morire così. Da solo, in quel bosco, dopo essersi andato a cacciare volutamente la morte. Avvelenato, per di più.

Proprio come Flaren.

Desiderò aver ucciso quell’Assassina. Desiderò aver compiuto la sua vendetta, aver fatto qualcosa di concreto nella sua vita. Dalla fronte gli scendevano stille di sudore freddo, e sentì il suo corpo muoversi da solo in preda alle convulsioni. La vista gli si oscurò.

Sto per morire.

Pensò scioccato. Stava davvero per succedere. E la cosa più incredibile, era che non aveva paura. Anche il dolore era sopportabile.

Stranamente, sentì il tocco di qualcosa di soffice e profumato sul viso, e un alito di vento caldo a pochi palmi dalle sue labbra.

Che strane sensazioni s’inventa il tuo corpo, appena prima della fine.

E con quell’ultimo, lucido pensiero cadde in un sonno freddo e tormentato.

 

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Note:

Altro capitolo corto, lo sappiamo. Il fatto è che non ci piace allungare i capitoli tanto per allungarli, quando riteniamo ci voglia uno stacco, allora stacchiamo. In compenso il prossimo è quasi pronto, e lo posteremo tra pochissimo ^__^ Che dire? Non ci sono grandi commenti da fare, è corto e non c'è grande azione. Davvero, promettiamo che il settimo capitolo arriva presto XD Saluti, e grazie a chi recensisce e anche a chi passa solo di qui!

MonyPurpa: Tutte le volte che entriamo sul sito veniamo a controllare se c'è la tua recensione XD Ci facciamo sempre delle grandi risate, ed è bello vedere che ci segui con tanta partecipazione! Povero Aster, anche lui ha dei begli occhi... Non ti preoccupare, non hai niente da invidiare a Taras! Di certo non hai avuto nessun momento così poco dignitoso come quello in cui lui viene quasi strangolato da una ragazza... Stupido inetto di un Cavaliere dai capelli blu. XD A parte questo, grazie davvero per l'aver commentato ogni capitolo fino ad ora. Ti abbracciamo, un bacio! XD

  
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