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Autore: Briseide    31/10/2005    8 recensioni
L’unico rumore era il frusciare delle lenzuola ai movimenti dei nostri corpi, decisi a non voler abbandonare il tepore di quel letto.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaise Zabini, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Quel momento
(voglia di tenerezza)



C’è quel momento, subito dopo la notte e poco prima dell’alba, in cui la luce ancora debole riesce a trovare la sua strada attraverso due spessi strati di tende, o lo spiraglio di due persiane serrate, e in quel breve tragitto acquista una maggiore violenza e bagliore, e colpisce i tuoi occhi da dietro le palpebre chiuse, ancora coperte di sonno, e cerca di farti destare.
Lì, in quel luogo sospeso tra il sonno e la veglia, c’è il suo ricordo. Quasi tutti i ricordi che ho di lui albeggiano e si rifiutano di tramontare lì, sempre nello stesso posto, nell’incertezza e nello stupore del rendersi conto di essere quasi sveglia e di essere ancora ancorata al ricordo dell’ultimo sogno.
Quello è il posto dove io lo amerò sempre, con quella luce chiara che ferisce gli occhi e illumina il nuovo giorno.
Segnava l’alba, il risveglio e il vicino congedo. Ero sempre prima io a svegliarmi. Aprivo lentamente gli occhi e aspettavo qualche secondo – delle volte persino uno, due minuti – in silenzio, con gli occhi aperti. Trattenevo il respiro, cercando di percepire il suo.
Addormentato al mio fianco, coperto dalle lenzuola stropicciate e disordinate, con il cuscino riverso e la testa appoggiata altrettanto di sbieco. Un braccio sullo stomaco, le labbra sottili serrate in una posa serena, mai imbronciate o atteggiate in una piega dura come il resto della giornata. La frangia scomposta dei capelli corvini a sfiorargli la fronte e il petto che si solleva, lento e metodico.
Ero una privilegiata: solo io potevo vederlo così sereno e umano. Solo io potevo svegliarmi e ricevere la mia piccola e personale dose di umanità in quei tempi.
Quando lo guardavo addormentato non provavo nessuna amarezza né dispiacere, rispetto a quando lo vedevo alzarsi e vestirsi, pronto ad uscire e lasciarmi lì. Anche quella mattina, il momento arrivò.

Quando aprì gli occhi, mi ero già voltata dandogli le spalle, immersa nel conteggio dei minuti che mi restavano ancora da trascorrere con lui. Quella missione sarebbe durata più del solito; e ogni giorno lontano da me, e ogni notte senza di lui nel letto, erano una possibilità in più al rischio di non vederlo tornare.
Non volevo che andasse via, era appena tornato.
Sentii il suo respiro cambiare ritmo e repressi un sospiro, che scosse lo stesso le mie spalle. Avrebbe potuto scambiarlo per un brivido, ma non lo fece.
“Che hai?”.
Mi domandò mentre la luce invadeva sempre più la stanza, ancora pervasa da quell’odore profumato di dolcezza e foschia dei sogni.
“Anche oggi vado a fare la vedova”.
L’ennesimo ritrovo con tutti, sola.
Perché lui doveva andare.
Il risentimento avrei voluto tenerlo per me, ma orami era troppo tardi. Qualcosa si stava spezzando e non era solo il mio respiro. Sentii le sue dita fredde accarezzarmi velatamente la schiena. Mi procurò un brivido il freddo delle sue mani contro il mio corpo ancora caldo di sonno come il suo. Cos’era, una consolazione forse?
Ed era per me, o una richiesta per lui?
“Tra poco devi andare”.
Quella mattina non riuscivo a sopportare il silenzio, il suo respiro era troppo doloroso.
“Si. Mi dispiace”.
Il suo corpo era accanto al mio, premeva contro la mia schiena, mentre il suo braccio scivolava, insinuandosi tra le pieghe delle lenzuola e abbracciava la mia vita. Mi premette contro di sé, e non riuscii ad impedire alla mia mano di posarsi sulla sua, nel tentativo disilluso di scaldarla un po’.
Quel contatto mi permetteva di sentire quel battito così vicino da avere quasi l’impressione che battesse sulla mia pelle. Pensai che dovesse fargli male.
“Dispiace anche a me”.

Mi voltai, avvolgendomi contro di lui. Il suo braccio circondò le mie spalle e lo strinsi forte a me, poggiando la guancia sul suo petto e chiudendo gli occhi.
Blaise chinò la testa e mi baciò una spalla, in silenzio.
L’unico rumore era il frusciare delle lenzuola ai movimenti dei nostri corpi, decisi a non voler abbandonare il tepore di quel letto.
Potei distinguere l’umida scia di una lacrima senza colore bagnare la mia spalla – era calda anche quella – mentre soffocavo un singhiozzo di sconforto contro il suo petto, e gli accarezzavo i sottili capelli scuri sulla nuca, lentamente, senza fretta.
Cercavo di calmare quel pulsare del suo cuore, lo percepivo distintamente nel silenzio e in quella posizione.
“Dai, vai”.
Sussurrai senza allontanarmi.
“Si, è meglio che mi prepari”.
Confermò lui senza sciogliere quell’abbraccio. Le mie labbra si piegarono in un tremolante sorriso, ancora incerto, e le premetti sulla sua pelle, per cancellare quell’esitazione.
“Passami la maglia”.
Mormorò contro la mia spalla. Sollevai di poco la testa e la individuai, sul pomo della testata del letto. Allungai un braccio sfiorando ancora la sua pelle e avvolsi le dita intorno al tessuto.
Fu costretto a lasciarmi andare e a sollevarsi per infilarla. Aveva la voce ancora assonnata quando borbottò
“Fa freddo”.
Non dissi niente, rimasi a guardarlo mentre si infilava la maglia. Mi sporsi verso di lui e lasciai piccoli baci, tracce del mio passaggio, sulla sua schiena, fino a quando lui non abbassò la maglia.
“Ci sono anche i pantaloni da qualche parte”.
Ovvio che c’erano. Mi sollevai anche io, poggiando il lenzuolo sul seno, più per non sentire freddo – accorgimento pressoché inutile – che per nascondere quello che da notti e notti conosceva bene.
“Sono lì”.
Indicai i piedi del letto e mi allungai per prenderli. Ero vicina alla meta, ma sfuggirono alla stretta delle mie dita quando Blaise mi afferrò portandomi di nuovo contro di lui. “Non lasciarmi mai”.
La sua voce era roca, ma il sonno c’entrava ben poco. Che paradosso, pensai, mentre la tristezza avvolgeva i miei sensi. Appoggiai la schiena contro di lui, e voltai la testa di lato, intrecciando una mano con la sua.
“Non sono io che sta andando via all’alba”.
Slegò le nostre dita e mi prese la mano, portandosela sul volto. Lo lasciai fare.
“Per favore”.
Non andai oltre. Rimasi in silenzio e mi voltai, intrecciando le gambe intorno alla sua vita, mezza svestita; annuii poggiando solamente le labbra contro le sue, e poi mi decisi a lasciarlo andare.

Recuperò i pantaloni, li indossò e raggiunse la porta.
“Vieni a salutarmi”.
Mi disse, allargando le braccia e stringendomi forte quando lo raggiunsi, velocemente e facendo risuonare il suono dei miei piedi nudi sul gelo del pavimento di marmo.
“Me la sbrigo presto”
disse e poi prese ad accarezzarmi i capelli. Amavo quello scambio di tenerezze che ci concedevamo solo in privato, anche quando erano cariche di tristezza e dispiacere come quelle mattine.
“Tu però torna”.
Mormorai scostandomi per guardarlo. Furono solo i suoi occhi a sorridermi.
“E tu aspettami”.
Mi ravviò una ciocca di capelli e attorcigliò un dito sul fondo, tanto per prendere un po’ di tempo.
Gli sorrisi, alzandomi in punta di piedi e poggiando le dita sui suoi fianchi, sfiorandogli l’angolo della bocca con la mia.
Il preludio al saluto finale.
“Non c’è niente di diverso dal solito, dopotutto”.
Annuì e dischiuse la porta, strappandomi un sospiro e un miagolio contrariato.
Sembravamo due gatti arruffati.
“A presto”.
Si chinò su di me e mi baciò la fronte, carico di tenerezza e di rispetto. Lo accarezzai un’ultima volta con un sorriso e poi chiusi la porta.
Avevo un letto da far rifare a qualcuno e un po’ da aspettare.
Daphne Greengrass e le sue attese.
Eppure la gioia del vederlo tornare a casa e del toccarlo di nuovo era sempre un premio assolutamente valido.

Sai quel luogo tra il sogno e la veglia, dove ti ricordi che stavi sognando? Quello è il luogo dove io ti amerò sempre, Blaise. *

Fine.

* Campanellino a Peter Pan, nel film.

.: Note :.

Se proprio si vuole essere precisi, questa storia non è una storia, è solo un racconto. Stamattina il risveglio mi ha ispirata. Non c'è alcuna datazione, tutto al più solo un prima ed un poi vagamente accennati, ci tenevo che si sentissero solo i rumori e le loro parole, senza alcuna implicazione. Solo un pò di tenerezza, insomma.

  
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