Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: _hurricane    25/09/2010    2 recensioni
[contiene spoiler sull'episodio 12 di Kuroshitsuji II]
la vita di Ciel ormai è cambiata per sempre, e insieme ad essa anche quella di Sebastian. Ma che succederebbe, se Ciel decidesse di lasciarlo andare?
- un Ciel Phantomhive demone, ma più umano che mai.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ciel Phantomhive, Sebastian Michaelis
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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2. Spine.

 

Quella notte feci il solito incubo, ovviamente. Ero stato un po’ stupido a pensare che avrei smesso di farlo, semplicemente cambiando casa. Ma la cosa non mi fece cambiare idea… anzi, ero sempre più convinto di dovermi allontanare da quel posto pieno di ricordi dolorosi. Finsi di fare colazione in camera, come ogni mattina. Per l’ultima volta, pensai, rincuorato. Uscito dalla stanza, mi accorsi che i membri della servitù mi guardavano allibiti. Credo aspettassero che io dicessi qualcosa, che spiegassi la presenza di una carrozza pronta a partire nello spiazzo davanti la villa. Il massimo che riuscii ad ottenere fu ‘Si, sto partendo’. Stavo tentando di soffocare l’urlo, non potevo certo mettermi a fare comizi. Non contenti, si diressero in fila indiana verso la carrozza per chiedere spiegazioni a Sebastian, intento a sistemare i miei bauli. Mentre mi allontanavo verso il retro della casa, lo sentii dire ‘Non credo che torneremo, il signorino vuole dimenticare’.

Dimenticare! La parola d’ordine della mia vita. Continuavo a ripetermi quella parola tra me e me, mentre percorrevo a grandi passi ogni stanza, facendo in pratica l’esatto contrario: ricordare. Persi più tempo in salotto, sul tappeto davanti al camino; lì c’era troppo da ricordare. Anche se in realtà la mia vera casa, quella in cui i miei genitori erano morti, era stata distrutta molto tempo prima dall’incendio.. Però era stata ricostruita in maniera identica, non so ancora per volere di chi, visto il mio lungo periodo di assenza. Finito il giro della casa, passai al giardino. Mi soffermai sulle rose bianche di cui Sebastian amava prendersi cura, incantato dalla loro purezza. Purezza. Un’altra parola che continuai a ripetermi nella mente, accarezzando i petali candidi… per sbaglio, mi punsi con una spina. Osservai attentamente la ferita sul pollice mentre si rimarginava da sola, il mio sangue ancora più rosso di prima asciugarsi in un lampo. Incuriosito, decisi di prendere un’altra spina e provare a farmi un graffio più grande, sul palmo della mano. Accadde la stessa cosa, e il dolore c’era, ma era lieve, come un pizzicotto. Come quando Elizabeth mi prendeva le guance e me le tirava per strapparmi a forza un sorriso.

Elizabeth. Ecco che cosa avevo dimenticato! L’ultima volta che l’avevo vista, le avevo concesso un ballo, per renderla felice dopo tanto tempo di lontananza. Sapevo che non avrei potuto regalarle l’amore che desiderava – non ci riuscivo da umano, figurarsi adesso – così le avevo voluto donare almeno quello, un ballo. Preso dal panico, mi resi conto che ormai restava troppo poco tempo per convocarla alla villa e salutarla; e poi, a pensarci bene, non era una buona idea. Avrebbe iniziato a piangere, urlare, abbracciarmi ed implorarmi di restare. A quel punto avrei dovuto fare uno sforzo senza precedenti per soffocare l’urlo… così decisi che, se l’avesse saputo da qualcun altro, avrebbe pianto comunque ma alla fine mi avrebbe odiato, e sarebbe stato meglio per tutti. Ancora oggi mi capita di pensare a lei, magari già invaghita di un altro ragazzino; questa volta gentile ed affettuoso, si spera.

Tornai di colpo alla realtà, al palmo della mia mano praticamente intatto. Sebastian mi stava chiamando, era il momento di andare. Strappai un petalo bianco e me lo misi in tasca, con l’ingenuo proposito di avere sempre con me un po’ di purezza, visto che la mia vita ne era sempre stata priva. Arrivato alla carrozza, vi entrai, dando un ultimo sguardo alla villa e poi a Finnian, Tanaka e gli altri. Mi scrutavano con compassione, Finnian e Mairin sull’orlo del pianto, come se Sebastian avesse raccontato loro chissà quali orribili tragedie su di me. Stavo per rimproverarli, ma diedi loro soltanto qualche raccomandazione sulla casa. Potevano farci quello che volevano: viverci, venderla, persino distruggerla, perché io non ci sarei mai più tornato.

Dentro la carrozza calò il silenzio. Sentivo soltanto il rumore degli zoccoli del cavallo, e la voce del cocchiere che di tanto in tanto salutava i passanti e impartiva comandi all'animale. Non sapevo che destinazione Sebastian gli avesse ordinato, e non mi importava. In uno spazio così ristretto, avrei dovuto percepire anche il suono dei nostri respiri, o i battiti dei nostri cuori… forse avrei dovuto portare con me una spina, invece di un petalo, per conficcarmela nel cuore e controllare che stesse battendo ancora. Cullato dal su e giù della carrozza, sentii il mio corpo sprofondare nell’abbraccio del sonno, e sperai di cambiare sogno, per una volta.

   
 
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