KAA-SAN
«Respiri a fondo.»
«Mi sente, Mikoto-san? L’ha già fatto prima d’ora!»
Stavolta è diverso!
«Mikoto, un respiro profondo. Piano. Ora spinga!»
La coniuge Uchiha digrigna i denti, stringe le meningi, afferra spasmodicamente le lenzuola. Ricorda che, quando nacque Itachi, circa quattro anni addietro, poteva incarnare le unghie nella pelle del marito, imprecandogli contro con voce talmente fievole che solo lui poteva sentirla.
Stringere la mano di
Fugaku adesso renderebbe tutto più semplice!
«Respiri e… spinga!»
Mikoto avverte le viscere svuotarsi ad ogni colpo che assestava al figlio imprigionato nella sua modesta apertura.
Urla di dolore; è insopportabile e i medici non le vogliono iniettare alcun antidolorifico.
Medici maledetti! Non
permetterò a nessuno dei miei due figli di diventare un
medic-nin!
«Sta uscendo! Si vede la testa, Mikoto-san!»
Ansima pesantemente, la donna la cui pelle si sta facendo rossa sotto lo sforzo del parto.
Sta nascendo mio
figlio!
Sul suo volto compare una smorfia per lo sforzo, mitigato da un lieve sorriso che nessuno coglie. È il suo regalo di compleanno in ritardo.
«Me lo devi, Fugaku!»
«Mi devi un figlio, lo
stesso figlio che ti ho donato e
che tu
mi hai rudemente strappato!»
«Lo hai preso con te,
Itachi; non mi hai lasciato uno spazio nella sua vita!»
Aveva urlato in faccia a suo marito per quel figlio.
Aveva combattuto come per niente altro prima di allora.
Fugaku le aveva portato via Itachi, ma lei aveva comunque bisogno di riversare il suo affetto.
«Mikoto-san! Vedo le spalle uscire! Oh, Kami! Vada avanti, sta facendo benissimo!»
Questo non è il sostegno che mi serve! urla la sua mente: ha bisogno del supporto di suo marito. Ha bisogno che le sussurri ‘Sono qui vicino’ anche se la sua testa è altrove. Ha bisogno di unire le loro mani, ma riesce solo a pensare al suo travaglio, ai continui dolori e agli aspri litigi.
Continua a ricordare i momenti più difficili di quella gravidanza, tra silenzi pesanti e nausee malcelate.
«Mikoto… Mikoto! Forza, non mollare! Continua a spingere!»
L’ostetrica vede la testa del pargolo, ma quando la donna smette di lottare per farlo uscire il corpo si ferma. È già doloroso in sé, non vi è motivo di prolungare l’agonia.
«Vorrei mio marito…» sussurra tristemente la signora Uchiha.
«Anche lui vorrebbe essere qui con te, Mikoto.» No, non è vero.
Ricorda suo figlio, l’altro. Itachi aveva reagito positivamente alla notizia di un fratellino: aveva sorriso piano, come fosse prezioso, come non faceva da moltissimo tempo.
«Quel figlio che mi
hai rudemente strappato!»
Mikoto piange lacrime amare, accompagnate dal dolore che sente tra le gambe. Piange e spinge, perché la sofferenza è sia dentro che fuori.
«Escono le braccia! Ancora uno sforzo, Mikoto-san! Resti con noi!»
«Non… vado da nessuna parte!» sussurra piano, anche se vorrebbe gridarlo fino a logorarsi le corde vocali.
Sente che si sta svuotando la sua vagina; sente che sta uscendo il suo bambino.
Sente che deve proteggerlo, perché Fugaku potrebbe portargli via anche quello.
«Me lo devi, Fugaku!»
«Mi devi un figlio, lo
stesso figlio che porterà onore al tuo cognome, lo stesso
figlio che non
riceverà carezze e affetto; il figlio a cui impartirai
lezioni di vita e
orgoglio…»
Mikoto ricorda di aver balbettato qualcosa di simile mentre suo marito la sovrastava e la marchiava col suo seme; sudavano entrambi, un’espressione cupa avvolgeva i loro visi e i loro sguardi. Erano freddi, dentro. Litigavano facendo l’amore.
«AH!»
è fuori.
«Kami!
Sono emersi anche i piedi! È uscito del tutto!» è fuori.
«Ma…
maschio.» è
fuori.
«Come…?» «È un bel maschietto!» «Come faceva a saperlo, Mikoto-san?»
Mikoto pensa solo che è fuori.
Si rilassa per un secondo, poi vuole stringere il suo bambino. «Me lo porga… voglio vederlo.»
Il suo cuore sussulta: è così piccolo e sporco che i suoi occhi non riescono ad aprirsi.
Così fragile…
«Come lo chiamerà?»
«Sasuke. Sasuke Uchiha.»
«Non vuole aspettare suo mari-»
«Ce l’ho fatta!» sovrasta la voce della donna. Non vuole sentir parlare dell’uomo che ama e che non è al suo fianco.
L’ostetrica taglia il cordone ombelicale; lei chiude gli occhi lentamente, e sussurra «Kaa-san.»
È una donna talmente forte che non perde la sua eleganza e la sua finezza nemmeno dopo aver dato alla luce un pargolo così rumoroso e agitato.
«Kaa-san per davvero, stavolta.»
Non me ne fotte un c***o di che ora sia. Non me ne sbatte niente della febbre. Non m’interessa nemmeno che la connessione di m**da che ho può scattare da un momento all’altro…
Voglio che
questa fan fiction sia pubblicata il 26/09/10, e che sia
La festa è anche qui per te! E questo è il mio modestisssssimo regalo. Buon compleanno!
A una ragazza speciale, un’autrice dotata di profondità e sani principi, forte per quello che lascia scorgere e soprattutto unica.
Immagine e personaggi non miei.