Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: _hurricane    26/09/2010    4 recensioni
[contiene spoiler sull'episodio 12 di Kuroshitsuji II]
la vita di Ciel ormai è cambiata per sempre, e insieme ad essa anche quella di Sebastian. Ma che succederebbe, se Ciel decidesse di lasciarlo andare?
- un Ciel Phantomhive demone, ma più umano che mai.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ciel Phantomhive, Sebastian Michaelis
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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4. Fame.

 

Tum, tum, tum. Camminavo su un soffice tappeto di petali, eppure ogni passo mi sembrava pesante come un macigno. Avrei voluto voltarmi ad un certo punto, ma non lo feci, terrorizzato all’idea di vedere Sebastian pazzo di gioia per la mia decisione, o peggio ancora di rendermi conto che se n’era già andato, impaziente di vivere senza di me. Non mi voltai nemmeno quando lo sentii pronunciare le sue due uniche parole: ‘Grazie, signorino.’ Improvvisamente il prato finì, e mi ritrovai davanti ad un baratro roccioso. Il mio istinto da demone (a quanto pare ne avevo uno) mi disse di saltare, per poter tornare al mondo reale. Aspettai un secondo in più, per lasciare a Sebastian il tempo di cambiare idea, per sicurezza. Ma l’unico suono che sentii fu quello del vento, e dei petali che mi sfioravano il viso; tra di loro doveva esserci il mio petalo bianco, perso per sempre. Chiusi gli occhi, e saltai. Senza nemmeno rendermene conto, mi ritrovai nuovamente sulla carrozza, da solo questa volta. Il cocchiere e il cavallo non c’erano più; probabilmente, sorpreso dalla nostra improvvisa assenza, l’uomo si era fermato e con la scusa aveva portato l’animale a rifocillarsi. Decisi che non valeva la pena di aspettare il suo ritorno, d’altronde cosa avrei dovuto dirgli? Io e il mio maggiordomo eravamo in un luogo inesistente che solo i demoni possono raggiungere? Perciò mi allontanai, seguendo un sentiero a casaccio, verso una cittadina sconosciuta. L’importante era non andare a Londra, dove tutti mi conoscevano, dove mi sarei ritrovato a soffocare il mio urlo nel bel mezzo di una pubblica piazza.

 Tum, tum, tum. Di nuovo, ogni passo sembrava interminabile. L’eternità mi apparì di colpo come una condanna senza via d’uscita… avrei vagato per sempre per le campagne inglesi, senza uno scopo? Forse avrei dovuto adeguarmi a ciò che ero diventato, e andare a cercare anime da divorare. Sul momento, rabbrividii al pensiero. Ma in fondo ero curioso di sapere che sensazione si provasse, a saziare una fame così profonda… Camminai per più o meno mezz’ora, anche se non lo saprei dire con certezza; ero deciso a non ragionare più in base al tempo, visto che ne avevo a disposizione una quantità infinita. Ad un certo punto mi corse incontro un contadino, pieno di graffi e lividi, con la casacca infangata e strappata. Gridava ‘Maledetto, infame, imbroglione, carogna!’ e altre imprecazioni che sarebbe meglio non riportare… e altre ancora che non riuscii a capire, probabilmente perché appartenevano al linguaggio del popolo. Deve avercela a morte con qualcuno, pensai… che fosse l’occasione giusta per provare? Mi presi di coraggio e gli corsi anch’io incontro, dicendogli: ‘Scusi, cosa le è successo?’ Mi sembrò assurdo parlare ad un plebeo con così tanta gentilezza, ma volevo prendere come modello Sebastian, la sua classe, la sua capacità di ammaliare con le parole… anche se, a pensarci bene, quando si era trattato di me non ci avevo pensato su due volte, e non avevo avuto bisogno di moine e frasi ad effetto. Anche il contadino fu un po’ sconcertato dalla mia domanda, e dopo avermi osservato dalla testa ai piedi, mi rispose: ‘No, tu sei un nobile, uno sporco nobile come lui! Meglio non raccontare i miei guai ad altri imbroglioni senza scrupoli!’ Feci uno sforzo non indifferente per non prenderlo dal colletto della casacca e gridargli ‘COME TI PERMETTI?!’, ripetendomi che in quel modo non avrei ottenuto nulla. Così pesai attentamente le parole, e gli dissi: ‘No, ti sbagli, io voglio aiutarti. Se hai ricevuto un torto da qualcuno, e vuoi vendicarti, hai trovato la persona giusta. Dimmi cosa vuoi che faccia, e io lo farò… e insieme stipuleremo un contratto.’ Il contadino ovviamente non capì cosa intendevo, e disse: ‘Sei uno di quelli che mandano i loro scagnozzi a uccidere gli altri nobili? Guarda che io non ho niente da darti, a malapena guadagno qualcosa per sfamare la mia famiglia! Non ho denaro, non ho niente!’

‘Non è il denaro, la cosa che mi interessa.’ Senza rendermene conto, la mia voce era diventata incredibilmente persuasiva, come quella di Sebastian. Un tono deciso e allo stesso tempo caldo, avvolgente. Decisamente compiaciuto, continuai: ‘Io voglio… la tua anima. La tua anima in cambio della tua vendetta.’ A quelle parole, sentii un brivido lungo la schiena, la gola che bruciava, e i miei occhi che cambiavano colore, dall’azzurro naturale ad un rosso acceso. Il rosso del sangue, della vendetta, dell’ossessione… Il contadino mi guardava in preda al panico: ‘T-t-t-tu sei un d-d-demone?’ Evidentemente nei paesini giravano leggende popolari non del tutto false, pensai. ‘Allora, cosa vuoi fare? Vuoi continuare a vivere come un mediocre bracciante, maltrattato e oppresso, o vuoi sacrificarti per la tua famiglia e farti giustizia?’ Il contadino restò per un bel po’ di tempo a guardarmi, riflettendo sul da farsi… Sapevo che non dubitava affatto di quello che gli avevo detto; erano bastati gli occhi rosso sangue a convincerlo. Fece un respiro profondo, per non balbettare più, e disse: ‘Il mio padrone mi ha sempre trattato male. Ha sempre preteso il doppio della normale tassa sul raccolto, ogni settimana manda i suoi uomini a prelevare almeno la metà del nostro cibo, e oggi mi ha picchiato perché ho cercato di ribellarmi. Non si rende conto che è solo fortuna la sua, che anche lui poteva essere come me, se il destino l’avesse voluto. Non prova pietà nemmeno per mia figlia, che è malata… pretende che vada a lavorare nei campi anche lei. Se io ti darò quello che vuoi, tu lo ucciderai per me? Lo ucciderai, e farai in modo che tutto ciò che mi ha tolto torni alla mia famiglia?’

La fame iniziò a diventare insopportabile. Sapevo che dalla mia risposta dipendeva tutto, e che se io avessi risposto si, avrei ottenuto un’anima tutta per me, la mia prima anima. Mi leccai le labbra, non riuscii a farne a meno. E risposi: ‘Si, lo farò.’ Il contadino rispose: ‘Allora avrai la mia anima.’ In quello stesso istante, entrambi ci accorgemmo che sul suo petto si stava delineando un cerchio. Al centro aveva una rosa, avvolta da un groviglio di spine. Lo stesso marchio apparve sulla mia mano… ‘Il mio marchio!’ pensai, eccitato. Per un attimo mi sentii in colpa; avevo deciso di essere un umano un po’ demone, non il contrario. Ma quello valeva con Sebastian… adesso che ero rimasto da solo con la mia fame, sentivo il mio lato umano sprofondare verso la parte più nascosta di me stesso. Non era una fame animalesca, una voglia di divorare carne fresca o di cacciare. Era un malsano desiderio di sentirmi… completo, appagato. Improvvisamente capii come si era sentito Sebastian per tutto quel tempo, e lo compatii. Ma lui non doveva fare i conti con la sua dignità, perché non era mai stato umano. Io invece mi sentii meno di niente, una bestia; ma fu solo un attimo. L’attimo dopo, immaginavo già di privare quel contadino della sua meravigliosa anima.

   
 
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