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Autore: _Sihaya    27/09/2010    5 recensioni
Finale alternativo per la saga di Harry Potter!
- Dimenticate l’epilogo di Harry Potter e i doni della morte (Diciannove anni dopo);
- eliminate circa le ultime otto pagine del finale e precisamente fermatevi alle seguenti parole (cito testualmente): “[…] L’alba fu lacerata dalle urla e Neville prese fuoco, immobilizzato. Harry non poté sopportarlo: doveva intervenire… Poi accaddero molte cose contemporaneamente.
- Ora domandatevi: “Quali cose sono accadute? E se fossero state dimenticate?”
[Ai capitoli 13, 19 e 27 trovate un breve riassunto degli eventi!]
Genere: Guerra, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Angelina/George, Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
Capitoli:
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Capitolo 12 - Lost Memories

Lost Memories

(di Sihaya10)

 

* * *

 

Capitolo 12 on-line! Qui si conclude, più o meno, la parte iniziale della fic. Con i prossimi capitoli inizieranno a dipanarsi alcuni dubbi ed entrerete (finalmente!) nel vivo della storia.

Non perdeteli! XD

 

* * *

 

Everything will burn, baby, burn…

Ash, Burn Baby Burn

 

* * *

 

Capitolo 12 – Burn

 

Mentre usciva dalla stazione della metropolitana in Leicester Square, Hermione si fermò per rovistare nella borsetta e recuperare il cellulare che stava squillando.

 

« Sono Hermione. Dimmi, Ron. »

 

La voce del detective risuonò vivace attraverso l’apparecchio: « Sei già uscita dal lavoro? »

 

« Sì. Sto venendo da voi, arrivo in un paio di minuti, » lo rassicurò lei.

 

Stava per chiudere la telefonata quando a Ron tornò in mente una questione urgente: « Hermione, aspetta! Volevo dirti che ieri ti sei sbagliata: nel taccuino che mi hai dato non c’è scritto nulla. »

 

« Non mi sono sbagliata, » corresse lei. Si aspettava quell’osservazione, per questo stava andando a trovare i due amici in ufficio.

 

« Ma… » Ron fece per controbattere, ma lei lo interruppe.

 

« Ascolta, hai presente quella pagina con al centro la domanda “chi sei?”? »

 

« Ah-ha. »

 

« Devi rispondere. »

 

Ron rimase alquanto sorpreso: « Che vuoi dire? »

 

« Voglio dire che devi prendere una penna e scrivere nome e cognome sotto alla domanda. Capito? »

 

« Si ho capito, » borbottò lui, accigliato, « ma perché? »

 

« Perché è importante, Ron. Scrivi il tuo nome e poi fai fare a Harry la stessa cosa, okay? Io sto arrivando lì, » concluse Hermione sbrigativa, ansiosa di raggiungere l’agenzia.

 

Ron staccò il telefono e si accorse che Harry lo stava guardando divertito dalla buffa espressione corrucciata sul suo viso.

 

« Cosa ti ha detto? »

 

Ron scrollò le spalle: « Ha detto che sta arrivando e che… boh… dobbiamo scrivere sul taccuino che ci ha dato. Sotto alla domanda dobbiamo scrivere nome e cognome. »

 

« Perché? »

 

« Non lo so. Te l’ho detto che è strana ultimamente, » rispose Ron prendendo il taccuino e passandolo a Harry. « Fallo prima tu, » propose, come se volesse scrollarsi di dosso l’insolita responsabilità.

 

Harry, pur ritenendo la cosa piuttosto insensata, non pose altre domande.

 

Si sedette alla scrivania e prese una penna nera.

 

Nel centro della pagina in questione scrisse ciò che Hermione aveva richiesto:

 

Harry Potter

 

Non aveva ancora sollevato la penna dal foglio che una fitta lieve, ma fastidiosa, lo colse in corrispondenza della cicatrice.

 

Subito dopo l’inchiostro prese a brillare; da nero che era divenne dorato, arancio intenso e infine rosso.

 

Trascorsero pochi, brevissimi, istanti.

 

Poi le parole divennero incandescenti ed una fatale, nefasta, lingua di fuoco s’alzò dalle pagine del quaderno di Hermione.

 

Harry balzò in piedi, imprecando. L’orrore dipinto sul viso.

 

Ron lo imitò, imprecando a sua volta, più forte.

 

Il caos prese il sopravvento.

 

Lo studio si trasformò in una bolgia.

 

Entrambi i ragazzi, inveendo e schiamazzando, iniziarono a tamponare il libricino con tutto quello che trovavano a portata di mano. Libri, fazzoletti, quaderni, sciarpe… Ron vi versò sopra persino l’ultimo dito di Coca Cola da una lattina dimenticata sulla scrivania…

 

Finché la fiamma si spense, lasciando nell’aria un inconfondibile odore di carta bruciata.

 

In quel momento Hermione bussò alla porta.

 

Una, due, tre volte.

 

Nessuno si mosse.

 

Il tono perentorio di Hermione scosse il pianerottolo. « Apritemi! »

 

Ron si diresse meccanicamente all’ingresso.

 

Harry si precipitò a spalancare le finestre, operazione chiaramente tardiva e inutile.

 

Tremando, Ron girò la maniglia.

 

Hermione mise appena un piede nella stanza.

 

Mentre il suo cervello registrava l’acre odore di bruciato proveniente dalle narici, il suo sguardo cadde sul taccuino martoriato, che giaceva sulla scrivania sottosopra, fiero d’essere sopravvissuto all’apocalisse.

 

Ci mise un secondo a capire.

 

Le mancò il respiro.

 

Ron esordì nel peggiore dei modi: « Non è come pensi, Hermione… »

 

Lei lo fulminò.

 

« S-Stai calma… si è rovinata solo una pagina… » cercò di mitigare Harry.

 

In effetti, il taccuino (salvo le pagine macchiate di Coca Cola) era ancora in buono stato. Solo un foglio, di cui rimanevano piccoli pezzetti inceneriti, era andato perduto.

 

Hermione boccheggiava in preda ad un turbine di emozioni indistinguibili: « Come diamine… » La voce si spense in fondo alla gola.

 

« Avevi detto che era importante… volevo farlo prima che arrivassi, » cercò di spiegarsi Ron. « Così ho dato subito il quaderno a Harry per scrivere… »

 

« A-ad Harry? P-perché a Harry? » Domandò Hermione sbigottita, la voce sempre più acuta.

 

« Perché tu avevi detto …»

 

« Io avevo detto prima tu, Ron, poi Harry! » La sua voce stridula penetrò i timpani dei due ragazzi come il fischio di una sirena.

 

« Va bene, ma che differenza… » si difese Ron, smarrito.

 

Hermione aveva ormai perso il controllo. Fuori di sé, afferrò il taccuino sulla scrivania.

 

« Lo sapevo! Non posso fidarmi di te! … Anzi, non posso fidarmi di nessuno! » Gridò inforcando l’uscita e sbattendosi la porta alle spalle.

 

« Se la prende sempre con me! » Si lamentò Ron, combattuto tra sensi di colpa e lo sconforto, « tu hai rovinato il taccuino e ci prendo sotto io! » Tacque un istante, poi guardò Harry, interrogativo: « A proposito: come hai fatto ad incendiarlo?! »

 

Harry aggrottò la fronte.

 

« Non lo so…, » balbettò massaggiandosi la cicatrice, « non ne ho la più pallida idea. »

 

* * *

 

Hermione sapeva d’essere in ritardo, ma non era impaziente di restituire a Malfoy il diario magico ridotto in pessime condizioni per colpa di Ron. Aveva riflettuto sul fatto che, nel peggiore dei casi, il Serpeverde avrebbe potuto esibirsi in una sfuriata, condita di minacce ed offese…

 

Niente a che vedere con la Maledizione Cruciatus.

 

Quando arrivò alla Villa, trovò aperti il cancello e perfino la porta d’ingresso. Tentennando sulla soglia, chiese più volte, a voce alta, il permesso di entrare, ma non ottenne risposta. La casa sembrava deserta.

 

Attese ancora un po’. Non che s’aspettasse un’accoglienza calorosa, ma almeno il maggiordomo gentile… invece non arrivò nessuno.

 

Prese quindi l’iniziativa e si avviò lungo le scale, verso la biblioteca. Senza intoppi la raggiunse e notò che la porta era socchiusa.

Non ci pensò due volte ad approfittarne, ma quando fece per entrare, dalla stanza di fronte, oltre il ballatoio, uscì qualcuno.

 

Hermione si voltò di scatto.

 

Sbarrò gli occhi.

 

Deglutì.

 

Draco Malfoy, la camicia sbottonata e una mano fra i capelli spettinati, esclamò: « Ma chi… ? Granger, sei in ritardo! » Poi sbatté le palpebre allibito: « Che diavolo stai facendo?! »

 

Vergogna e paura s’aggrovigliarono nello stomaco di Hermione. « Io? Niente… ho chiamato ma nessuno… »

 

« Hai schiamazzato, per la precisione! » Borbottò lui. « Neanche il tempo di… »

 

Fece due passi avanti e lei si schiacciò contro lo stipite della porta.

Sembrava che Malfoy si fosse appena svegliato ed il suo aspetto era inquietante. Era spettinato e seminudo. Il torso esile e pallido s’intravedeva sotto la camicia slacciata, indossata in tutta fretta; ed il colore bianco del tessuto sbatteva terribilmente con il viso scialbo e spigoloso, dandogli un aria quasi cadaverica.

 

« Hai portato il diario? » Domandò.

 

« S-sì, » balbettò Hermione, limitandosi a mostrargli il quaderno da lontano.

 

« Bene, » disse lui soddisfatto, « mettilo in biblioteca e poi vattene. »

 

« Io veramente… ho riportato anche questo, » azzardò Hermione sollevando Jinxes for the Jinxed, « non ho trovato molto e … vorrei consultare altri testi… ».

 

« Un’altra volta, non ho tempo ora, » rispose lui, secco.

 

In quel momento, dalla stessa stanza da cui era uscito Malfoy, si affacciò una donna; se ne stava nascosta dietro la porta e solo il volto era visibile. Lineamenti duri, naso schiacciato, capelli scuri dal taglio sofisticato…

Hermione non la riconobbe subito, fu la voce a confermare che si trattava di Pansy Parkinson. Come Ron ed Harry le avevano detto: i due “se la intendevano”.

 

« Draco, tesoro, ma quanto ci metti? »

 

Lui neanche si voltò a guardarla: doveva tenere sotto controllo Hermione, la quale fissava Pansy con aria di superiorità.

 

« Torna dentro e aspetta, » le ordinò.

 

« Odio aspettare, lo sai, » protestò l’attrice; poi alzò gli occhi per curiosare oltre le spalle del ragazzo e fu allora che vide Hermione Granger.

Si accigliò e, bruciante di gelosia, uscì dalla stanza; la sua sontuosa vestaglia strisciò sul pavimento. Raggiunse Draco e strinse entrambe le mani attorno al suo braccio sinistro, arricciandogli involontariamente la camicia.

Lui tirò il polsino per stendere la manica.

Hermione fu certa che quel gesto aveva lo scopo di assicurarsi che il Marchio Nero rimanesse ben coperto; si schiarì la voce: « Io - indicò la biblioteca - posso fare anche da sola… dato che sei occupato… » propose sarcastica.

 

Malfoy strinse il pugno destro.

 

Stava odiando quel momento dal profondo delle viscere.

 

Perché diamine Pansy non si faceva gli affari suoi?

 

E perché nessuno aveva mai messo un limite all’invadenza Grifondoro?

 

« Draco, » Pansy lo strattonò impaziente.

 

Lui la ignorò. Poi sbuffò e puntò l’indice contro Hermione. « Posso controllare ogni tua mossa, » asserì. Che voleva dire: non azzardarti di nuovo ad intascare roba che non ti appartiene.

 

« Voglio solo consultare i tuoi libri, Malfoy, » ribatté lei, infastidita, « credevo di doverti aiut -»

 

« Va bene, Granger, » tagliò corto lui, « ma voglio un resoconto dettagliato delle ricerche e… non insudiciare tutto con le tue mani unte! »

 

* * *

 

Pansy trascinò letteralmente Draco dentro la stanza. Lui non oppose resistenza, era impegnato ad arrovellarsi sui possibili danni che poteva generare Hermione Granger in casa sua.

Pansy chiuse la porta e si ritrovarono nella semioscurità, spezzata dalla luce soffusa delle lampade regolabili. L’attrice si strusciò addosso al ragazzo, teso e distratto, e lo spinse contro la parete; poi si sollevò in punta di piedi e gli baciò le labbra sottili.

 

« Cosa ci fa quella giornalista da quattro soldi a casa tua? » Lo interrogò in tono inequivocabilmente geloso.

 

Draco le allontanò il viso per guardarla negli occhi: « La conosci? » Domandò di rimando, sorpreso.

 

« Caro, » rispose lei indulgente, sfiorandogli le labbra con le dita, « dimentichi che sono un’artista, » disse scendendo con tocco vellutato lungo il collo e la spalla, fino a scostare la camicia, « quella è Hermione Granger, scrive per il giornale d’arte più famoso della City… » spiegò ancora, baciandolo sul petto.

Al contatto con le labbra morbide e calde, lui si rilassò, inclinando la testa all’indietro e chiudendo gli occhi.

« Dicono che sia brava, » continuò Pansy alternando i baci alle parole, « ma non ha mai… recensito… i miei spettacoli, …io lavoro solo… con veri… professionisti. »

 

Il respiro di lui accelerò. Le affondò una mano nei capelli e la tirò contro di sé. Lei premette leggermente con le unghie sul suo torace e lo rigò scendendo verso il basso, fino alla cintura. Poi si fermò.

 

« Non mi hai detto perché è qui… »

 

Lui borbottò insoddisfatto: « Deve fare delle ricerche, vuol scrivere un articolo sulla mia famiglia. » Sperò che s’accontentasse di quella risposta.

 

Lei tacque, immobile per un istante, poi gli slacciò i pantaloni e, lentamente, scese lungo il suo petto baciandone la pelle chiara. Quando arrivò alla cintura, il respiro di lui si fece più corto ed asmatico.

Pansy si fermò di nuovo; lui si lamentò, impaziente, aggrottando le sopracciglia con disapprovazione.

 

« Non mi piace, » sussurrò lei, inginocchiandosi ai suoi piedi, « non fidarti. » Suggerì, poi lo baciò, provocatrice.

Lui inarcò all’indietro la schiena e gemette. « So badare a me stesso, » sussurrò con voce roca.

 

Lei, indispettita, gli piantò le unghie nei fianchi e fece per allontanarsi, pronta a protestare, ma lui le mise una mano sulla nuca per tenerla contro di sé.

 

Non era il momento di parlare, quello.

 

* * *

 

Hermione Granger s’accorse di provare una gran simpatia per il maggiordomo di Villa Malfoy. Era un uomo sulla cinquantina, alto e di bell’aspetto, dai capelli brizzolati e radi sulla nuca per via della calvizie. Aveva il portamento elegante e rispettoso di chi è stato abituato a servire la nobiltà, e sul viso un espressione amichevole, creata dai lineamenti morbidi e gli occhi grandi.

 

Era comparso sulla soglia della biblioteca mentre lei stava consultando il settimo volume del Manuale di Incantesimi, e con discrezione l’aveva invitata a scendere per la cena.

Hermione aveva accettato dopo aver controllato l’orario sul cellulare, posato sul tavolino per tenere costantemente d’occhio lo scorrere del tempo.

 

Ora era seduta nell’immensa sala da pranzo, la stessa dove aveva avuto luogo il ricevimento. Una delle due lunghe tavole era stata apparecchiata solo per lei, a capotavola, con una meravigliosa tovaglia in pizzo macramè. Il maggiordomo le aveva servito una cena semplice e leggera, che Hermione aveva gradito moltissimo, ed ora attendeva, in piedi accanto allo stipite della porta, il momento di sparecchiare.

 

Prima di alzarsi, la giornalista rifletté ancora una volta sulla opprimente solitudine che regnava in ogni angolo di quella Villa.

 

Una stanza tanto grande per far mangiare una sola persona…

 

Il maggiordomo s’avvicinò: « desidera ancora qualcosa, signorina? »

 

Lei si alzò rapidamente in piedi, pulendo il maglione da un paio di briciole: « Oh, no grazie! Solo… mi domandavo… il Signor Malfoy - dovette costringersi ad usare quell’appellativo - non scende per cena? »

 

Il maggiordomo scosse la testa. « Di rado. Generalmente preferisce cenare in camera. »

 

Hermione non si stupì. Immaginò Draco Malfoy, seduto a quel tavolo, che mangiava in silenzio… All’improvviso un nodo le si strinse in gola.

 

« Lo capisco, » disse sottovoce, « è una stanza così… fredda. »

 

A quelle parole, il maggiordomo le sorrise. « Lei è una persona molto buona, Miss Granger, ma non provi compassione per il Signor Malfoy, è lui che l’ha voluta così. »

 

Continua...

 

* * *

 

N.d.A.

 

x PaytonSawyer: eh già… vacanze finite! Vorrei fare come nelle pubblicità, finita una vacanza riparto con CostaCrociere! XD Scherzi e nostalgie a parte, mi sforzo molto per rendere credibili i personaggi all’interno del mondo babbano, e sono davvero contenta che ti sia piaciuto Draco nel capitolo scorso e che tu l’abbia trovato IC.

Inoltre, come hai potuto constatare, la strada che porta ai ricordi di Ron e Harry è ancora lunga… ma non troppo dai! Come ho detto all’inizio, col prossimo capitolo i ritmi s’intensificheranno!

 

x Jaya: troppi compliments! *^_^* arrossisco! Che dire, la tua ipotesi, all’inizio, era molto buona… era esattamente quello che Hermione avrebbe voluto fare! Peccato che Ron e Harry… siano Ron e Harry: non potevano renderle la vita facile! Non so se quello che è accaduto nel capitolo tu lo consideri colpo di scena, ma di certo per loro due ho in serbo altri -deliranti- progetti!

   
 
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