Declaimer: Questa storia è stata scritta senza alcun scopro di lucro. I personaggi di Castiel e di Sally Sparrow non mi appartengono, ma sono proprietà di Eric Kripke (autore dell'universo di Supernatural) e Steven Moffat (geniale sceneggiatore di molti episodi della serie passate Doctor Who e showrunner dell'ultima stagione). Spero vivamente di non aver plagiato nessuno, se l'ho fatto è stato in modo del tutto inconsapevole. Segnalate e provvederò a rimuovere la storia.
Note:
Questo aggiornamento è davvero in ritardo. Lo so. E i motivi
sono
tre: una settimana via di casa e lontana da pc, un esame da preparare
e, ultimo e più importante motivo, questo capitolo sembrava
proprio non
voler uscire dalla mia penna. Le scene nella mia mente erano chiare e
precise, ma ho avuto una mezza specie di blocco nel momento in cui ho
dovuto metterle giù a parole. Odio quando mi succede.
u.u E non è che il risultato finale mi convinca un granché! : /
Il
prossimo capitolo arriverà prima, spero. Per quanto riguarda
questo,
è il caso di avvertire che sebbene il luogo dove si svolge
tutta
l'azione e la sua descrizione siano reali, alcuni particolari come
l'ordine delle tappe della visita sono stati lavorati puramente di
fantasia, per ragioni di... beh, per ragioni di narrazione. Ah, e ho
cambiato banner e impaginazione, ma questo suppongo che sia tanto
evidente quanto irrilevante.
Ringrazio ancora tantissimo chi continua a seguire la storia e Dk86, Alexia379 e Saliman che continuano a lasciare le loro gentili e apprezzatissime recensioni.
VI
Una triste e compatta cupola di nuvole perlacee soffocava il cielo londinese; non un tenue spiraglio di azzurro, non un tiepido raggio di sole trovava posto sopra i tetti della città. Nella fredda aria del mattino, la Union Flag, issata sulla Torre di Londra, sventolava con fierezza dalla cima di un alto palo. La stoffa della bandiera si gonfiava e si agitava ad ogni folata di vento. Da quasi novecento anni a questa parte, la fortezza medievale della Torre di Londra, protetta da una cinta di mura merlate, con tanto di feritoie e di ben quattordici torri di guardia, se ne sta acquattata sulla sponda settentrionale del Tamigi. La White Tower, con annessa la cappella di San Giovanni Evangelista, è il cuore della fortezza; un cuore dall'aspetto grigio e greve - le pareti dell'edificio, a pianta quadrata, sono scandite da tre ordini orizzontali di strette e buie finestre ad ogiva e le sue quattro torri sovrastano per altezza ogni altra costruzione all'interno delle mura.
Se oggi i turisti fanno la fila per poter visitare la Torre di Londra, al tempo di Anna Bolena non una sola anima in tutto il Regno si sarebbe augurata di varcare la soglia del Traitors' Gate – il cancello che, direttamente dal fiume, dava accesso all'interno della fortezza. Molti dei nobili personaggi che avevano fatto il loro ingresso nella Torre, passando sotto l'arco del cancello, accompagnati dall'accusa di essere nemici e traditori del re, non ne erano più usciti.
Ad ogni modo, quella mattina, il problema di Sally non era stato quello di uscire dalla Torre, ma quello di riuscire ad entrarci.
Quando Sally aveva annunciato a Larry di voler andare a far visita ad Anna Bolena parlava di visitare la tomba della regina, nella piccola cappella di San Pietro Ad Vincula; cappella che, per l'appunto, fa parte del complesso della Torre di Londra. Non che Sally avesse una precisa idea di cosa cercare o di cosa aspettarsi di trovare in quel luogo; al contrario, se qualcuno glielo avesse chiesto, lei avrebbe risposto di essersi recata alla Torre solo e soltanto perché aveva il vago sentore che fosse il posto più adatto per raccogliere informazioni, essendo lì nata la leggenda del fantasma di Anna Bolena. Quale altro luogo le si offriva per iniziare la sua ricerca? L'unica alternativa alla Torre era il luogo del delitto stesso, il palazzo dell'esposizione, a Bloomsbury. Ma a quell'ora il palazzo doveva essere piantonato dalla polizia. Entrarvi sarebbe stato impossibile. Farsi vedere nelle vicinanze inutilmente rischioso.
Due sono i modi per avere accesso alla cappella di San Pietro ad Vincula: uno è assistere liberamente alla funzione domenicale, l'altro è prendere parte a una visita guidata dell'intera fortezza. E poiché quel giorno era venerdì, Sally era stata costretta a quasi venti minuti di impaziente fila per pagare il biglietto d'ingresso e riuscire ad accodarsi a un primo e mattiniero gruppo di turisti.
« ...ad vincula è un termine latino che significa in catene... » stava spiegando la guida, mentre il gruppo di visitatori – trentadue persone in tutto – avanzava lungo la navata della cappella, tra le ordinate file di banchi di legno. La guida, un uomo con i capelli grigi, grossi occhiali rotondi spinti su per il naso camuso e un paio di baffi da far invidia a un imperatore tedesco, era uno Yeoman Warder – o Beefeater – come vengono chiamate le guardie della Torre. L'uomo faceva orgogliosamente sfoggio della tradizionale divisa nera, bordata di rosso, completa di capello – e, gentile come vuole il suo ruolo, sapeva tenere viva l'attenzione dei visitatori. Parlava con la vivacità di un attore di teatro e le sue spiegazioni non erano noiosi resoconti storici. Intramezzava agli importanti eventi passati alla storia – come le battaglie, gli editti emanati o l'ascesa e la caduta dei monarchi – i tanti aneddoti sulla vita privata delle persone che la storia l'avevano scritta.
Per quanto riguarda Sally, avrebbe di certo apprezzato la bravura della guida se non fosse stata tanto occupata ad annotare mentalmente, ad analizzare con occhio attento ogni particolare della cappella che le capitava sotto lo sguardo. E nel farlo, si stava rendendo conto che non è per nulla facile cercare quando ancora non si ha ben chiaro cosa si spera di trovare. Per il momento, Sally se ne stava in mezzo al gruppo – con i capelli biondi sciolti sulle spalle, la sciarpa colorata attorno al collo, le mani sprofondate nelle tasche della giacca e la borsa indossata a tracolla. Si guardava attorno. Per piccola che fosse, con il suo silenzio, con il suo odore di incenso e di umida pietra, con il suo inconscio ruolo di testimone di tante tragiche vite umane, la cappella ispirava un senso di rispettosa solennità. Lungo la navata a pianta rettangolare correva, parallelamente alle pareti laterali, una fila di arcate ogivali, sorrette da pesanti pilastri a fascio, che separavano in due l'ambiente. Sopra le teste dei visitatori, dall'alto e scuro soffitto a traviate, pendevano tre massicci lampadari, mentre sotto i loro piedi, il pavimento era coperto di lucidi lastroni di marmo nero e rosso. Non c'erano affreschi a decorare le mura, ma cinque vetrate, ampie e alte, si aprivano su ciascuna delle due pareti laterali. Una sesta vetrata, anch'essa importante per dimensione e altezza, occupava buona parte della parete absidale, proprio sopra all'altare. Alla fredda luce che filtrava dall'esterno, Sally vedeva un tenue e sfuggevole luccichio di polvere fluttuare sopra i paramenti dell'altare.
« Al tempo di Enrico III » spiegava la guida, che era salita sul pavimento rialzato attorno all'altare, per essere meglio visibile all'intero gruppo, « a usufruire di questa cappella non erano i membri della famiglia reale, che invece seguivano le funzioni della cappella di San Giovanni Evangelista, accanto alla White Tower. Questa cappella era riservata alla servitù, alle guardie e ai soldati della Torre » E la guida andò avanti a spiegare che la cappella era uno dei pochi esempi ancora esistenti dell'architettura sotto la dinastia Tudor. « Tutti coloro che furono giustiziati nella Tower Green vennero seppelliti sotto il pavimento della cappella, ma senza alcuna lapide, senza neppure una piccola incisione che ne ricordasse il nome. Quando nel 1876, durante il regno della regina Victoria, la cappella fu ristrutturata, il pavimento venne divelto e tutti i resti vennero spostati nella cripta. Le ossa, invece, rivenute sotto la zona del presbiterio furono rinterrate proprio qui... sotto il pavimento davanti all'altare... »
E il gruppetto di curiosi si spostò per avvicinarsi all'altare. Si spostarono tutti – tranne Sally, che preferì restare appoggiata a uno dei banchi della prima fila, decisa ad avvicinarsi all'altare solo quando gli altri visitatori fosse stati presi dall'interesse per qualche altro angolo della cappella.
«
...e si da il caso » continuava la guida, « che la zona del
presbiterio fosse quella riservata alla sepoltura dei condannati più
illustri. Lì sono state ritrovate quelle che sono, con tutta
probabilità, le ossa di Anna Bolena e di sua cugina Catherine
Howard, rispettivamente la seconda e la quinta moglie di Enrico
VIII... Vi parlerò meglio di loro, nella Tower Green... Ora,
signori, se vogliamo spostarci... si, signorina? »
Sally
– che non mancava di risolutezza, quando un atteggiamento risoluto
era necessario – aveva alzato una mano, per richiamare
l'attenzione della guida.
«
Mi stavo chiedendo... » cominciò Sally, e trenta teste si voltarono
contemporaneamente verso di lei, « ...lei fa spesso questo giro
guidato? »
La
guida, per quanto leggermente perplessa, non esitò a rispondere con
un sorriso.
«
Praticamente tutti i giorni »
«
Ed è sempre tutto... uguale? »
I
dubbi di Sally erano così vaghi e imprecisi che le domande che
finiva col formulare non potevano non essere da meno.
E
quella sua domanda, decisamente singolare, suscitò qualche
espressione di divertita perplessità sia tra gli altri visitatori
che sulla rugosa fronte del Beefeater.
«
In che senso, signorina? »
«
Beh, ecco... mi chiedevo, visto che lei afferma di entrare in questi
edifici ogni giorno, se non le fosse capitato di notare...
ultimamente... qualcosa di strano, di inconsueto, di diverso... »
La
guardia si azzittì e fissò Sally, da dietro le spesse lenti dei
suoi occhiali. Sollevò le sopracciglia cespugliose e abbassò il
mento. Gli altri visitatori osservavano Sally chi con un sorriso
confuso e chi bisbigliando qualcosa al suo vicino.
«
Continuo a non capire il senso della sua domanda, signorina. Può
essere un po' più chiara? » la pregò la guida.
Sally
abbassò per un attimo lo sguardo sul pavimento. Non per imbarazzo,
ma per aiutarsi a formulare una domanda più precisa.
«
Per strano intendo qualcosa come... non so, oggetti che vengono
lasciati in un posto e ritrovati in un altro... »
La
guida abbozzò un sorriso, tra l'ironico e il perplesso.
«
No, no, davvero » assicurò.
«
E che mi dice di qualche improvviso e inspiegabile calo di
temperatura in una stanza della fortezza o magari qui, nella
cappella? »
«
Non mi pare di aver mai notato nulla del genere »
«
E non le è nemmeno mai capitato, in una stanza vuota, di udire un
suono simile a un eco di passi? »
«
Signorina » sorrise la guida e parlò in tono fin troppo
accondiscendente, « sta forse cercando di chiedermi se ho mai visto
un fantasma aggirarsi per la Torre? »
Sally
esitò. Per un paio di secondi si lambiccò il cervello alla ricerca
di una scusa credibile, ma realizzò in fretta che tanto valeva dire
la verità. Non le importava nulla di guadagnarsi risatine e occhiate
storte da parte di un gruppetto di sconosciuti. Considerata la
situazione in cui si trovava, altre erano le cose di cui Sally doveva
preoccuparsi. Perciò, prestando fede al detto del “tentar non
nuoce” , Sally ammise
di
essere interessata alle storie di fantasmi che circondano la
fortezza. E lui, la guida, poteva dire di aver mai visto un fantasma?
– chiese ancora Sally. O di aver mai assistito a un evento che
poteva dirsi legato all'apparizione di uno spettro?
L'anziano
signore non poté trattenere una bonaria risata.
«
Signorina, ha idea di quante persone siano morte all'interno di
queste mura? Secondo le leggende, la Torre di Londra è uno degli
edifici più infestati d'Inghilterra, ma... io non ho mai avuto la
fortuna di incontrare uno spirito. No, nemmeno uno piccolo, piccolo »
Qualcuno
dei visitatori ridacchiò a quelle parole.
Sally
restò seria.
«
Ma ha notato oppure no qualcosa di strano negli ultimi giorni? »
La
guida soffocò un sorriso in uno sbuffo.
«
No, signorina, dal canto mio davvero niente di... stranamente
spettrale » dichiarò. A giudicare dal tono di divertita
condiscendenza, era palese che la guida non stesse prendendo Sally
sul serio – ma Sally non se la prese. Chi è tanto ingenuo da
aspettarsi di essere preso sul serio quando va in giro a porre
confuse domande riguardo a presunte apparizioni di fantasmi?
«
Oh, ma aspetti un attimo! Ora che ci penso... » riprese tutto a un
tratto l'anziano, e tutti – compresa Sally – posarono lo sguardo
su di lui, « ora che ci penso... a qualcosa di insolito ho
assistito »
La
guida sembrava davvero credibile nella sua improvvisa aria seria e
meditabonda.
«
Ricordo di aver incontrato una giovane donna... »
Fece
una pausa. Sally, anche se non lo dava a vedere, pendeva dalle labbra
del vecchio guardiano della Torre.
«
...proprio qui nella cappella... » riprese l'uomo, « ...una strana
ragazza bionda, con una lunga giacca, che mi poneva strane, ma
davvero strane domande. Quand'è che è successo? Oh, si! »
Sorrise del sorriso più divertito che si possa immaginare. «
Proprio ora! »
La
cappella echeggiò delle risate dei turisti.
Sally
distolse lo sguardo e schioccò piano la lingua contro il palato, per
impedire a sé stessa di ribattere alla guida. Era pronta a
giustificare lo scetticismo altrui, ma non a farsi deridere con tanta
libertà.
Palesemente
soddisfatto di aver suscitato l'ilarità generale – e forse anche
di aver messo a tacere Sally – la Yeoman Warder invitò
il gruppo a spostarsi oltre l'arcata centrale, per osservare il
monumento funebre in alabastro, protetto da una cancellata di ferro,
realizzato in memoria di Sir Richard Cholmondeley e consorte.
Sally
ne approfittò per salire il gradino rialzato che conduceva alla zona
attorno all'altare.
La memoria di Anna Bolena era rappresentata tutta da una lastra di marmo ottagonale, accanto a un angolo dell'altare. Qualcuno vi aveva deposto sopra un piccolo mazzo di fiori, avvolti da carta crespa: due piccole rose di un rosso cupo, qualche crisantemo dai petali giallognoli e un ramoscello dalle foglie lunghe e aguzze. Sally si accucciò sui talloni, appoggiando le braccia sulle ginocchia. La cornice della lapide, color ocra, era decorata nella parte inferiore da stilizzati motivi floreali, mentre in alto, in caratteri neri e di imitazione squisitamente medievale, si leggeva: QUEEN ANNE BOLEYN, MDXXXVI. Al centro della lapide, trovava spazio lo scudo della famiglia Bolena – decorato da simbolici araldici, dei quali Sally ignorava il significato. Sally guardò il mazzolino; i fiori non erano freschi. Dovevano essere lì da un giorno o due.
«...quando venne sollevato il coperchio del monumento, sempre nel 1876, venne ritrovato al suo interno un fonte battesimale dell'epoca dei Tudor. Era stato spaccato in quattro parti, probabilmente nascosto qui durante il periodo del Commonwealth. Il fonte battesimale, riassemblato, è quello che potete ammirare ora vicino all'entrata della cappella... »
«
Mi scusi, chi ha messo qui questi fiori? »
La
voce di Sally riecheggiò per la navata, troncando bruscamente la
spiegazione della guida.
«
Non lo so, signorina » fu la risposta del Beefeater, parlando ad
alta voce, oltre le teste degli altri visitatori. « Quella è una
tomba e di tanto in tanto, qualcuno lascia dei fiori; è un gesto di
bontà nei confronti dei morti. Tutto perfettamente normale,
glielo posso assicurare.» C'era una leggera nota di scherno
nella voce dell'uomo. Poi la guida pregò gentilmente Sally di
scendere dalla zona dell'altare, non era permesso ai turisti di stare
lì, e di tornare accanto al gruppo.
Sally
gli assicurò che lo avrebbe fatto di lì a un istante, mentre faceva
scivolare le dita lungo i bordi della lapide.
Su
una cosa non potevano esserci dubbi: nessuno aveva mai tentato di
sollevare quel blocco di marmo – non negli ultimi due giorni,
sicuramente.
Premendo
le mani contro le ginocchia, Sally si tirò in piedi.
***
Come annunciato, dopo la cappella di San Pietro ad Vincula, la guida condusse il proprio gruppo alla Tower Green – luogo che, a dispetto del nome, non è una torre, bensì un largo spiazzo all'aperto che occupa il lato ovest della grande corte interna della fortezza. Lì fuori, in barba al grigiore della giornata o alla severità che gravava sul luogo, i visitatori erano tanti, confusionari, e felici di esserlo. Il vasto cortile era animato da un chiacchiericcio svagato, distratto, meravigliato; gruppi di turisti camminavano in qua e là, in su e in giù per tutti gli spazi aperti. C'era chi scattava foto, chi era armato di telecamera e chi, più semplicemente, si guardava attorno ammirato. Si udiva, di tanto in tanto, lo scricchiolio secco dei rami degli alberi, il fruscio delle fronde verdi e scure e il rauco gracchiare dei corvi. Alcuni corvi zampettavano tra l'erba, altri planavano bassi da un ramo all'altro degli alberi; le povere bestiole non potevano permettersi di spiccare il volo oltre le mura della fortezza. Ai corvi erano state tagliate via le penne remiganti – le penne più lunghe, strette e rigide, necessarie per volare – dalle ali e dalla coda.
Il gruppo di Sally si era fermato accanto alla parete esterna meridionale della cappella di San Pietro ad Vincula, nel luogo dove agli inizi del XVI secolo sorgeva il patibolo sul quale erano stati gentilmente invitati a fare la loro ultima comparsa sette nobili e sfortunati personaggi dell'epoca. Un blocco di pietra protetto da una catena segnava il punto esatto; una targa ricordava i nomi delle persone giustiziate. Lord Hastings aveva avuto l'onore di essere la prima testa a rotolare dentro la cesta; più o meno cinquanta anni più tardi era arrivato il turno di Anna Bolena, seguita negli anni da Margaret, contessa di Salysbury; dalla regina Katherine Howard; da Jane, viscontessa di Rochford e da lady Jane Grey, regina senza corona per nove giorni, fatta giustiziare all'età di diciannove anni. Infine, agli inizi del XVII secolo, per non perdere le buone abitudini di famiglia, Elizabetta I – figlia di Enrico VIII e di Anna Bolena – aveva mandato a morte Robert Devereux, conte di Essex, colpevole di aver ordito una congiura alle spalle della regina. Così stava spiegando la guida.
Sally era rimasta volutamente indietro, a tre o quattro metri dal gruppo. Con le mani nascoste nelle tasche, stava fissando, pensierosa, un corvo saltellare a pochi passi da lei sul selciato umido. La voce della guida le giungeva chiara all'orecchio, ma l'attenzione di Sally era malamente divisa tra le parole dell'uomo e i propri pensieri.
Erano quasi le undici – come le assicurava l'orologio che portava al polso; le sue due preziose ore erano passate in fretta, Sally era a metà del giro guidato e tutto ciò che aveva ottenuto, dopo il siparietto nella cappella, era che adesso una trentina di persone probabilmente la credevano un pochino matta.
Ma le domande erano ancora tutte lì, orfane di risposta, ad affollare la mente di Sally.
Il corvo voltò la testa di lato, mostrando il profilo affilato del becco. Il piccolo occhio, nero e lucido come una goccia di inchiostro, sembrava ricambiare lo sguardo di Sally.
Il fatto di non riuscire a tirare fuori un ragno dal buco - in parte perché non era certa di star cercando nel buco giusto - cominciava a fiaccare l'entusiasmo di Sally. Oltretutto, iniziava adesso a pesarle sul cuore – e le faceva venire i crampi allo stomaco – il costante ricordarsi che una volta uscita da lì l'aspettava un fermo della polizia. La sfiorò l'idea che forse avrebbe fatto meglio a dare ascolto a Larry . In fondo, si trattava pur sempre di un omicidio. Spettava alla polizia occuparsi degli omicidi. Non era un problema già abbastanza grosso quello di riuscire a non far ricadere i sospetti della polizia su di lei? A quest'ora l'ex moglie del signor Huddlestone avrà già fatto il mio nome a qualche ispettore... Inevitabilmente, Sally pensò Castiel. Forse dovrei cercare lui. Rintracciare un vivo avrebbe dovuto essere più facile che scovare un fantasma. Quella idea incerta rimase come sospesa tra i pensieri, come la polvere sui fili di una ragnatela.
Il corvo batté le ali, spiccò un breve volo e andò a fermarsi al centro del prato lì accanto. Sally lo seguì con lo sguardo.
« La curiosità uccise il gatto »
A
chi non è mai capitato di incontrare una persona nello stesso
momento in cui la si sta pensando? È una coincidenza che può
suscitare un divertito stupore.
Ma
pensare a una precisa persona e vedersela comparire accanto, arrivata
dal nulla, non suscita stupore.
Fa
paura.
E
per la paura il cuore di Sally mancò un battito. La ragazza trattene
il respiro, spalancò gli occhi castani, ma mantenne quel poco di
controllo necessario per evitare di trasalire.
Non
si voltò neppure - non subito almeno.
Castiel
era accanto a lei.
A
lui apparteneva la voce roca che aveva parlato un istante prima.
A
lui apparteneva la figura che Sally scorgeva con la coda dell'occhio.
Sally esitò prima di girarsi verso Castiel. Intimamente, quasi pregò di essere vittima di un'allucinazione o di uno scherzo della propria suggestione.
La ragazza voltò il capo, lentamente e... Castiel era ancora lì – sì, era proprio lui, con lo stesso impermeabile indosso, la stessa cravatta male annodata, i capelli scuri un po' spettinati e le braccia rilassate lungo il corpo. Castiel non stava guardando Sally. Fissava un punto impreciso verso la White Tower, tenendo il mento dal profilo duro leggermente sollevato. Nessuna particolare espressione trovava posto sul suo volto. Tra quei lineamenti marcati si scorgeva qualcosa di simile ad una tranquilla e impassibile serietà. Nulla di più.
Sally invece fissava Castiel. E lo faceva con la fronte aggrottata, le bionde sopracciglia inarcate, le labbra dischiuse, gli angoli della bocca rivolti verso il basso. Sally batté confusamente le palpebre, poi si guardò attorno. Nessuno guardava dalla loro parte? Nessuno era rimasto basito nel vedere un uomo comparire dal nulla? La guida continuava a parlare, il gruppo ad ascoltare e poiché lo Yoeman Warder stava spiegando che Anna Bolena doveva aver visto costruire il patibolo per la sua esecuzione dalla finestre della Queen's House, tutti guardavano verso quell'edificio, dando le spalle a Sally. E a Castiel.
Ma gli altri? Gli altri turisti che gironzolavano lì attorno? Quella frotta di distratti visitatori smaniosi di scattare foto e comprare souvenir? Tutte quelle persone – si sarebbe detto – guardavano e ammiravano ciò che più premeva loro ammirare e guardare; non avevano tempo e occhi per altro. Sally tornò con lo sguardo su Castiel. Scosse piano la testa, come a voler negare la presenza di lui. Aprì e chiuse le labbra un paio di volte, e quando finalmente ritrovò la voce, tutto quello che riuscì a tirar fuori fu un confuso balbettio.
« N-no... no, no, no, no » farfugliò lentamente, a bassa voce, e ogni “no” era un calmo scuotere la testa. « Non puoi essere qui. N-non è... normale »
Castiel
parlò, ma senza voltarsi verso Sally.
«
So cosa stai facendo » disse – e Sally si azzittì. La voce di
lui, bassa e roca, non vibrava di né di rimprovero né di
preoccupazione; ma suonava estremamente severa. « Questo non
è un gioco. È pericoloso e non ha nulla a che vedere con te » Ci
fu una brevissima pausa. Castiel si voltò lentamente verso Sally. La
fissò senza battere ciglio. « Perciò ascolta il mio consiglio:
torna a casa »
A
quel punto, se anche Sally avesse avuto una risposta pronta per
controbattere, si sarebbe comunque ritrovata nell'impossibilità di
farlo.
Per
lo stupore e la confusione, la ragazza aveva nuovamente battuto le
palpebre e Castiel... Castiel era sparito – all'improvviso, così
come era arrivato – lasciandosi dietro solo il flebile eco di un
battito d'ali.
Suono
che – tra altre cose – sfuggì totalmente a Sally, i cui sensi
furono, per pochi brevissimi secondi, incapaci di relazionarsi con
quanto la circondava. Era consapevole solo di una cosa: del lento
ritmo del proprio respiro. Lento quasi quanto l' affannoso tentativo
della sua mente di elaborare quel che aveva appena visto e sentito.
Ho avuto un'allucinazione? (E in tal caso, si sarebbe trattata
di un'allucinazione dai modi davvero scortesi.) Ma subito un'altra
ipotesi si fece avanti. E se quel Castiel fosse stato veramente
un fantasma?
Sally
fece scivolare una mano fuori dalla tasca e allungò un braccio in
avanti, come se cercasse di tastare qualcosa, lì nel punto dove
aveva visto Castiel.
Ma
la sua mano trovò solo l'aria; fredda, impalpabile, inconsistente
aria.
E
Sally sentì il proprio cuore gonfiarsi di un'improvvisa e sgradevole
sensazione: un misto di angoscia, di nervosismo, di frustrazione.
Era
tutto molto inquietante, confuso e inquietante. Era una situazione
che le faceva venire in mente un cupo e deprimente quadro
surrealista, ma paradossalmente Sally era più irritata che
spaventata - irritata dal fatto di non riuscire a capire
nulla.
« Castiel! » esclamò Sally in un sussurro rabbioso. E lo fece per puro istinto, quasi come sfogo per il proprio nervosismo.
Esclamare quel nome ad alta voce non servì a granché, ovviamente. Sally attirò su di sé gli sguardi sorpresi e perplessi di un trio di signore di mezza età che passava in quel momento accanto a lei. Anche qualcuno del suo gruppo, di quelli più vicini, si erano girati a guardarla. E Sally si sarebbe sentita in imbarazzo... se solo avesse avuto spazio per un'altra emozione. Le tre signore passarono oltre e il suo intero gruppo fu richiamato all'attenzione dalla guida: era tempo di entrare nella White Tower. Di lì a poco, avrebbero avuto tutti l'occasione di ammirare i famosi gioielli della corona, compreso il Black Prince's Ruby, incastonato nella corona imperiale del 1937 – come stava spiegando la guida, che raccomandò anche alle signore presenti di ammirare con attenzione i gioielli e poi di fare gli occhi dolci ai rispettivi mariti o fidanzati; l'ironico suggerimento suscitò una risata generale. Ma un enorme diamante di trecentodiciassette carati e altri preziosi vari erano davvero l'ultimo dei pensieri di Sally Sparrow. La ragazza tornò a nascondere entrambe le mani nelle tasche e, stretta nelle spalle, prese a seguire il suo gruppo, continuando a fare da coda. Aveva fatto solo tre o quattro passi quando si fermò per gettarsi un'occhiata depressa alle spalle, nell'animo aveva un indistinto, quasi inconsapevole desiderio, di vedere di nuovo Castiel. Sally era adesso sicura che lui – chiunque egli fosse – sapeva cosa stava succedendo. Sally scosse piano la testa e tornò a guardare dritto davanti a sé.
Trasalì.
Questa volta trasalì e, sobbalzando, arretrò di un passo. Fu solo
mordendosi forte l'interno del labbro che le riuscì di soffocare
un'esclamazione di spavento.
Castiel
era di nuovo lì.
Le
stava di fronte, a meno di un passo di distanza. La stava guardando
in quel suo modo innaturalmente fisso. Nel leggero cipiglio della
fronte si scorgeva ora una vaga espressione di dubbio. O di
minaccia.
Sally
prese un respiro, chiudendo gli occhi per un istante, col cuore che
cercava disperatamente di calmare i propri battiti.
«
Sta a sentire » cominciò lei, con un leggero tremito nella voce. Le
dita delle mani, ancora nascoste nelle tasche, si aggrapparono forte
alla stoffa. « Non so chi tu sia e come faccia a sbucare fuori così,
ma smettila. Smettila.
O mi farai venire un infarto. O uscire pazza. O entrambe le cose.»
Il tono alto in cui pronunciò le ultime parole tradì in modo palese
il suo nervosismo. L'ultima volta che si era sentita così nervosa e
aveva parlato con in quel modo era stato nel retro del negozio di
Larry, più di un anno prima, davanti al video del Dottore che,
inspiegabilmente, sembrava ribattere alle sue parole. Poi Sally
ritrovò un attimo di calma. «
Ma... chi sei tu? » E dopo
un istante di esitazione, chiese: « Sei... un fantasma? »
Castiel,
che aveva inclinato la testa di lato, socchiuse le palpebre in modo
quasi impercettibile. Rispose, ma dalla sua risposta era facile
intuire come non avesse preso in considerazione nemmeno una singola
vocale pronunciata da Sally. « Come conosci il mio nome? » le
chiese.
Sally
lo fissò, possibilmente più sorpresa e confusa di quando non lo
fosse fino a un attimo prima.
Sfilò
una mano dalla tasca, sollevò il braccio, con il polso rivolto verso
l'alto. La mano, insicura, indicò Castiel.
«
Tu... me lo hai detto... il tuo nome »
«
No, non l'ho fatto » fu la risposta di Castiel. Sembrava perplesso,
ma era una perplessità che non prevedeva battiti di ciglia. Castiel
non batté mai ciglio. Non lo fece neppure una volta.
Sally
lasciò ricadere il braccio lungo il fianco.
«
S-sì, che lo hai fatto. Hai detto “Il mio nome è Castiel”.
Lo ricordo benissimo »
Castiel
fece un passo in avanti. Sally arretrò d'istinto.
«
Non ti ho mai detto il mio nome » ribadì Castiel.
Sally
poteva dirsi confusa e incerta su molte cose, ma non
sull'affidabilità della propria memoria.
«
Sì, invece. Lo hai fatto » insistette. Guardò Castiel dritto in
volto e questa volta fu lei ad assottigliare lo sguardo. « Me lo hai
detto quando ci siamo incontrati sulla collina. Non... non lo
ricordi? »
Questa
volta Castiel non disse nulla. Sollevò una mano e toccò la spalla
di Sally.
Sally
Sparrow non seppe mai se nel momento in cui aveva avvertito la
pressione della mano di Castiel sulla pelle, attraverso la stoffa
degli indumenti, qualcuno dei visitatori stesse guardando dalla loro
parte.
Ma
se qualcuno lo stava facendo, se qualcuno stava guardando, allora
doveva aveva visto con stupore una giovane donna e un uomo in
impermeabile svanire silenziosamente nel nulla.
CONTINUA.