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Autore: thefung    28/09/2010    9 recensioni
Isabella Swan è una ragazza di diciassette anni a cui viene diagnosticata la leucemia. Non reagisce male alla notizia, infatti è convinta che la sua vita non abbia senso, che questa malattia sia una 'manna dal cielo', mandata per alleviare tutte le sue sofferenze terrene. All'ospedale di Phoenix incontra un ragazzo dalla bellezza sconvolgente, Edward Cullen, suo coetaneo che, nonostante le carattersitiche fisiche, rimane sempre coi piedi per terra. E' qui per assistere una sua parente in malattia e, giusto per scacciare la noia, decide di scambiare due parole con Bella. Quest'ultima, piuttosto che raccontare al ragazzo il vero motivo per cui si trova lì, inventa una scusa, nascondedogli la sua malattia.
Da quelle che sembrano poche ed insignificanti parole, nasce un'amicizia che ben presto diventa un'attrazione travolgente. Purtroppo però il loro sogno sembrerebbe irrealizzabile, perché c'è ancora qualcosa che Edward non sa e che minaccia di distruggere tutto.
Tratto dal capitolo 11: "Lo sai che dalla calligrafia di una persona si può capire come essa sia?", mormorò Edward fissando il mio foglio scarabocchiato. Mi accigliai. "Mi stai dicendo che faccio schifo?". Sorrise. "No, affatto. Sto dicendo che tu sei diversa, sei speciale."
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Your Guardian Angel

*° Capitolo Uno: Semplice °*




“Devi stare a riposo, Bella, quante volte te lo devo dire?”

Sarà stata la centesima volta che mi sentivo dire di stare immobile, di non affaticarmi o fare alcunché. Mi avrebbero fatto morire prima del tempo, ne ero sicura.
Ero malata, questo è vero, molto malata, ma non c’era bisogno di ripetermi le cose quarantacinque volte, come fossi una ritardata!
Avevo la leucemia, punto.
Lo so, era ed è tutt’ora una malattia grave, che causa, nella stragrande maggioranza dei casi, la morte.
Ne parlavo con tranquillità, nonostante tutto. È semplicemente un tumore del sangue, cose che capitano di giorno in giorno nel mondo, non capivo perché farne un dramma.
Avevo solo 16 anni quando me lo diagnosticarono, ma non ne feci assolutamente una tragedia, al contrario di mia madre, che, dopo essere caduta in una profonda depressione, era risoluta a non lasciarmi mai e poi mai. “Vivremo insieme questa battaglia, e la vinceremo!”, continuava a ripetermi notte e giorno, come una filastrocca. Voleva che sapessi di poter contare sempre su di lei, come se cambiasse qualcosa…
Il mio sangue era infetto a causa di qualcosa nel midollo osseo, ecco tutto quel che sapevo sulla mia malattia e, sinceramente, non intendevo approfondirne le conoscenze. Non perché fossi una ragazza pigra, svogliata o priva di intelligenza, ma proprio perché non volevo affatto conoscere ciò che mi stava portando alla morte, ciò che aveva rovinato la mia famiglia.
Ero seduta su una delle sedie rosse situate nella sala d’ingresso dell’ospedale, aspettando che mia mamma – dopo avermi fatto le solite raccomandazioni – finisse di parlare con un’infermiera lamentandosi delle condizioni ‘obbrobriose’ in cui, secondo lei, il reparto tumori stava sprofondando.
Non avevo altro da fare se non girarmi i pollici dato che avevo dimenticato il mio iPod nel reparto, al secondo piano.
Fissavo le mie mani, pallide e nemmeno troppo lunghe a causa delle unghie che mi mangiavo. La mamma si era lamentata spesso di questo mio modo di sfogarmi e una volta mi aveva anche messo in punizione per avermi sorpresa a ‘sgranocchiare’.
Alzai lentamente lo sguardo con un sospiro, e i miei occhi andarono a girovagare per il lungo corridoio del piano terra. Era il reparto di radiologia, e vi erano persone di tutti i tipi: vecchi, bambini, chi con un semplice dito rotto e chi in sedia rotelle. Era buffo pensare che le situazioni potevano essere disastrose per qualcuno e rosee per altri nonostante tutti si trovassero in questo posto.
Mentre mi perdevo nelle mie stupide teorie, notai un ragazzo alto, con capelli rossicci arruffati e un bel paio di occhi verdi. Era in piedi vicino a una signora di mezza età che non faceva altro che lamentarsi. Lui, dal canto suo, non sembrava molto preso dalle lagne della donna, anzi, pareva proprio che non vedesse l’ora di andarsene da lì.
I suoi occhi girovagavano per il corridoio, quasi schifati da ciò che vedeva. Poi incontrarono i miei.
Al posto di distogliere lo sguardo come avrei dovuto, rimasi a fissare quello sconosciuto sfacciatamente, aspettando che fosse lui a spostare gli occhi altrove.
Non lo fece, al contrario di quanto mi aspettassi, e mi fissò di rimando, con un’ aria vagamente incuriosita.
“Ah, proprio non vogliono capire niente questi infermieri del cavolo! E dire che sono pure pagati…va be’, andiamo, Bells!”, la voce di mia madre mi ridestò dalla mia ‘battaglia’ facendomi ovviamente distogliere lo sguardo.
Mannaggia a lei!
Mi alzai in piedi senza mostrare la mia irritazione e, affiancandola, mi diressi verso il luogo che prima era stato oggetto dei miei pensieri confusionali.
Le scale per dirigersi al nostro reparto erano alla fine del lungo corridoio, e l’idea di passare accanto al bel ragazzo in qualche modo mi incuriosiva.
Mi stupii di me stessa, non avevo mai pensato qualcosa del genere. Ero sempre stata una ragazza indipendente – per quanto lo potesse essere una diciassettenne – e solitaria, non avevo mai guardato attentamente un ragazzo se non per disprezzarlo mentalmente. Non avevo nemmeno avuto un’amica, sempre che così si possa chiamare. Ok, più che solitaria forse è meglio definirmi un vero e proprio ‘misantropo’.
Anche prima della malattia tutti mi stavano alla larga, come sentissero che in me c’era qualcosa di diverso, ancora prima che i medici lo diagnosticassero. Mi chiamavano ‘l’emarginata’, ‘l’asociale’, ma non m’importava.
Soltanto adesso forse avrei desiderato avere una compagnia in più, qualcun altro a cui telefonare nei momenti di noia qui all’ospedale o un amico, una presenza confortante nei momenti di bisogno. Invece no, non c’era nessuno.
Però, dovevo ammetterlo, mia madre ripagava tutte le persone che non avevo al mio fianco con le sue chiacchiere a vuoto, sempre convinta che l’ascoltassi.
Anche in quel momento, mentre imboccavamo la via per il corridoio, sparlava dei dipendenti dell’ospedale convinta che i miei mugolii fossero segni di assenso e di grande attenzione.
In realtà, ero concentrata solo su quei begli occhi color smeraldo che adesso sembravano ancora più curiosi di prima, la sua espressione invece era divertita, quasi a prendermi in giro.
Quando io e mia madre gli passammo accanto, quest'ultima aveva appena cominciato a toccare un tasto dolente, quello riguardante ‘gli ingrati’ della mia scuola. Lei non sapeva che non mi ero fatta nessun amico, che quei pomeriggi in cui le dicevo di andare a studiare da qualcuno, in realtà li trascorrevo gironzolando per i fatti miei, sempre sola come un cane.
Arrossii di botto, notando il ghigno sulle labbra del tizio non appena colse la frase di mia madre.
‘Che razza di insegnanti avete, se non riescono nemmeno ad educare dei ragazzi che siano degni di farti da fidanzato?”, urlò alzando le mani al cielo.
Oddio…il tizio sghignazzò apertamente di fronte al mio sguardo imbarazzato e non si curò affatto di nascondere il suo divertimento.
Idiota, mi ritrovai a pensare riducendo i miei occhi a due fessure.
Poi passai avanti, ignorando il suo sguardo che come una lama appuntita mi perforava la schiena…non avevo tempo per pensare a cose del genere, e soprattutto non potevo permettermelo.
Già, perché prima o poi, nonostante le continue rassicurazioni della mamma, sarei morta.


* * * * * * 

 
 
“Mi dispiace che nella tua scuola non ci sia nessuno di degno per stare insieme a te…”, una voce sconosciuta, bassa e strafottente giunse alle mie spalle mentre camminavo su e già lungo il corridoio, in attesa dei risultati dell’ultima analisi fatta.
Mi voltai immediatamente, trovandomi di fronte il ragazzo di un’ora prima, quello che si era messo a ridere per le parole di mia mamma.
Lo guardai male, vedendo che aveva compreso ogni sua parola e l’aveva pure memorizzata bene nella zucca.
Alzai le sopracciglia con aria di superiorità, aspettandomi che esponesse il motivo per cui era venuto fin lì. Di me non ne fregava nulla neppure ai conoscenti, figuriamoci poi agli sconosciuti.
Di fronte alla mia espressione – buffa secondo lui, apparentemente – si mise a ridere sempre più forte, arrivando quasi a tenersi la pancia.
Sbattei il piede per terra ripetutamente. Non vedevo perché me ne dovevo andare via da lì solamente per colpa sua: era lui a dover spostare le tende.
“Ok…”, disse tra gli ansiti procurati dalla fragorosa risata, “Scusa, non volevo ridere, ma dovevi…vedere la tua…faccia”
“Sì, immagino”, risposi scettica, desiderosa di portare quella conversazione a termine il più presto possibile.
“Davvero, scusami. Io sono Edward, disse con appena si fu calmato.
Mi porse la mano, ma non l’accettai.
"Bella", risposi semplicemente alzando sfrontatamente il mento.
La sua mano pian piano ritornò al suo posto, e un altro ghigno comparve sul volto del ragazzo.
Il suo sguardo vagò per il corridoio mentre il suo naso si arricciava. “Ho sempre odiato gli ospedali”, proruppe scuotendo la testa e mostrando la stessa espressione schifata che avevo visto prima.
“Anche io”, da quando mi hanno diagnosticato un tumore, avrei dovuto aggiungere, ma mi limitai alle prime due parole, senza sapermi nemmeno dare un motivo valido.
“Ah, mai quanto me comunque, te l’assicuro. C’è odore un odore nauseabondo, le stanze sono tutte bianche, come se ti stessero preparando alla luce della morte. Anzi, qui c’è aria di morte! Gli ospedali portano sfiga, è risaputo, e io non sarei mai venuto se non ci fosse la mia prozia che è caduta per strada rompendosi una gamba…e mi hanno incaricato di farle assistenza, guarda un po’”, sembrava scocciato, anche se la sua breve filippica mi fece ridere.
“Mi dispiace molto”, risposi con un tenue sorriso sulle labbra.
“Nah, non ti preoccupare. Penso che ci farò l’abitudine. Tu, piuttosto, come mai sei qui?”
Oh, no.
E che dirgli adesso? Che ero anche io una di quelle pazienti malate che disprezzava tanto? Che sarei dovuta rimanere in ospedale per tanto, tanto tempo ancora…che mi sarebbero caduti i capelli a causa della chemio…che sarei presto morta…?
“La migliore amica di mia madre è in coma per shock anafilattico e mamma,, di conseguenza, non si da' pace…per questo anche io sono qui per fare assistenza.”, dissi fingendomi rassegnata.
“Perfetto, questo è uno sfruttamento di minori in piena regola allora!”, ridacchiò facendo in modo di farsi sentire bene dalle persone più vicine. Questi ci guardarono male, come a dire ‘Ah, la gioventù di questi tempi’. E certo, perché quando c’erano loro al posto nostro erano tutti dei santi!
“Be’, posso dichiararmi d’accordo. Dovremmo denunciarli prima o poi…e anche formare un' armata contro di loro! ‘Salviamo i diritti di minori allergici agli ospedali’!”, risi anche io stavolta, scuotendo la testa.
“Ben detto, capitano!”, esclamò lui mettendosi sull’attenti con la mano dritta vicino alla fronte in segno di rispetto.
Proprio in quel momento la porta di fronte a noi si aprì con un cigolio e l’infermiera con una cartelletta di cartoncino arancione in mano mi si avvicinò pericolosamente.
Non riuscivo a capire perché mi stessi facendo problemi sulla mia malattia. Avevo sempre pensato che fosse normale, tutti prima o poi dovevamo morire. La mia era semplicemente un'anticipazione, un'anticipazione molto ben grandita, a dire il vero.
La mia vita non sembrava avere senso, non l'aveva mai avuto...ero semplicemente stata uno sbaglio da parte dei miei genitori quando erano ancora troppo giovani per poter capire ciò che stavano facendo.
E allora perché in quel momento mi vergognavo?
"Isabella…dov’è tua madre?", chiese la donna avvicinandosi.
Oh, grazie al cielo, grazie, grazie buon Dio, grazie di avermi dato una madre!
Sorrisi come solo poche volte mi era capitato - ovvero fino ai miei cinque anni - e risposi con enfasi: “Dovrebbe essere scesa giù dalle scale per prendersi un caffè”
L'infermiera sembrò stupita dalle mie parole e dalla mia espressione. Mi aveva già visto altre volte e ero sicura che non le fossi mai stata simpatica a causa del mio stato d'animo perennemente 'tre kilometri sotto terra'.
Si allontanò con le sopracciglia alzate senza dire nulla, lasciandoci soli. Be', soli relativamente, perché c'erano un sacco di altre persone in piedi o sedute nel corridoio, tutti parenti o pazienti con tumori, tutti come me.
"Come fai con la scuola se devi aiutare tua madre?", chiese improvvisamente Edward.
Mi girai verso di lui, sorridendo debolmente. La scuola era un punto delicato, su cui dovevo assolutamente tacere.
Il dottore mi aveva subito detto che a causa di controlli, operazioni varie e soprattutto la chemio che, prima o poi, avrei dovuto fare, la scuola sarebbe passata sicuramente al secondo piano e che non ci sarei potuta andare con una certa frequenza.
La mia gioia a quell'affermazione fu incontenibile: nulla era meglio che starsene lontano da compagni mongoloidi e verifiche perenni.
Nell'ultimo periodo, però, ero stata costretta ad andarci più spesso, subendomi tutte le occhiate spaventate di quei cretini che forse erano convinti che la leucemia potesse essere contagiosa. Tzè, ne sapevo più io di loro, il che era tutto dire.
Mi portai una mano alla nuca, grattandola nervosamente. Quando riportai la mano al suo posto, però, rimasi quasi sconvolta: i miei capelli.
Una ciocca di capelli castani secchi, deboli giaceva sulla mia mano aperta.
Il mio stupore durò un attimo, prima che la chiudessi a pugno ed infilassi il contenuto in fretta e furia nella tasca della mia felpa.
Edward sembrava non essersi accorto di nulla, così intento a maledire con quel suo sguardo attraente qualsiasi cosa si trovasse attorno.
"I-io riesco comunque ad andare a scuola, certo, non sempre, ci sono dei periodi in cui...non vado proprio per rimanere a fare assistenza. La mia è una scuola privata, perciò mi lasciano...", mormorai nervosamente, sperando che prendesse la mia risposta per vera.
"Ah, capisco...be', beata te che riesci a saltare scuola! Io devo andare per forza, nonostante poi abbia i lavori forzati qui all'ospedale...la mia prozia non fa altro che ciarlare, ciarlare e ciarlare...una vera rottura. Alla fine io servo semplicemente perché sono l'unico parente disponibile...e anche perché, ammettiamolo, la sua eredità, alla sua morte andrebbe a me se gli faccio dei favori."
La cosa non mi piacque, stava lì ad aiutare quella che poteva essere sua madre solo per i soldi...almeno dei miei genitori non si poteva dire lo stesso, dalla mia morte non avrebbero tratto nessun beneficio. In denaro, per lo meno.
Probabilmente si accorse della mia espressione scettica, perché tentò di recuperare il recuperabile. "Cioè...mi fa piacere aiutarla, dato che sta male, il fatto è che non posso nemmeno rendermi utile o parlare con lei perché è una che attacca bottone con chiunque incontri, anche con i cani, sono sicuro che ne sarebbe capace!"
La sua spiegazione non era poi così convincente, ma d'altronde io non ero nessuno per giudicare.
Mi chiedevo ancora cosa ci facesse lì. Io, da parte mia, avevo finito tutto quello che dovevo fare, ma lui...
"Perché sei venuto qui?", chiesi aggrottando le sopracciglia.
Sembrò perplesso, e, in qualche modo, impacciato. Si mise le mani in tasca con fare noncurante e borbottò: "Così, tanto per fare un giro..."
"Ah-ah", annuii arcuando un sopracciglio. Chissà perché quella risposta non aveva molto di convincente...
Sbuffò. "E va bene, ti ho vista là sotto e mi è venuta voglia di parlare con qualcuno. Sai com'è, sarai l'unica persona in tutto l'ospedale più o meno della mia età! A proposito, quanti anni hai?"
La sua esclamazione mi fece ridere, ridere di gusto come non facevo ormai da tempo.
"Diciassette, tu?", chiesi con il sorriso sulle labbra.
"Anche io!", s'illuminò, come fosse la cosa più importante del mondo al momento.
Era strano, buffo e in qualche modo confortante vedere come Edward riuscisse a far tornare il buon umore, a rendere tutto...importante, anche solo con una parola.
Lo osservai meglio, mentre ridevamo entrambi sotto gli sguardi divertiti dei passanti.
Era molto, molto bello. Il corpo muscoloso ed atletico, anche se non eccessivamente, era risaltato parecchio dalla maglietta celeste attillata e dai jeans scuri che indossava. Il suo viso era stupendo, lineamenti non troppo marcati, mascella quadrata, labbra perfette, naso dritto e occhi magnetici di un color smeraldo intenso.
Impossibile che qualcuno così potesse non pavoneggiarsi o credersi chissà chi...impossibile, ma da quello che avevo appena visto, sembrava che Edward fosse l'eccezione alla regola.
Quando si accorse del mio sguardo su di lui, arrossii palesemente e tentai di giustificarmi. "Ehm...non senti freddo vestito così?"
Davvero anti sgamo, Bella, i miei più sinceri complimenti...
Sorrise. "No, sono un tipo caloroso. E poi...qui dentro si muore dal caldo! Piuttosto, tu non soffochi?", chiese guardando con aria scettica la mia felpa nera.
"No, proprio no. Sono una tipa freddolosa, io"
Ridacchiò. "Vedo che abbiamo molto in comune!", esclamò sarcastico.
Stavo per rispondergli quando qualcosa nelle sue tasche vibrò, prese il suo cellulare in mano e rispose alla chiamata.
"Ciao"
Mi guardò un attimo prima di rispondere.
"Sì, sono con mia zia"
Ah, bene, se io ero sua zia - e da come me l'aveva descritta non sembrava una persona splendida - dovevo davvero sentirmi lusingata...
"Ok, Tanya. Sì, sì, tra due minuti sono sotto da te."
Sorrise dolcemente. "Ciao, amore"
Mi irrigidii, la mia mascella si contrasse a quell'ultima parola.
Speravo solo di non darlo a vedere esternamente, per lo meno a lui.
Non appena ebbe messo il cellulare al suo posto, nella sua tasca, si rivolse a me con un tono nervoso.
"Scusami, ma come avrai capito devo andare"
"Certo", risposi imperturbabile.
Probabilmente si aspettava qualcosa di più da me dopo quella lunga chiacchierata, ma era il massimo che mi sentivo di dire in quel momento.
"Okay...allora ci si vede in giro...", sembrava più una domanda.
Sorrisi debolmente, un sorriso di cortesia. "Non credo proprio in giro. Al massimo in questo buco d'ospedale"
Ridacchiò un attimo alla mia battuta prima di salutarmi con un cenno della mano e voltarsi verso le scale.
I miei occhi continuarono a seguirlo anche mentre camminava, probabilmente rassegnati, perciò, quando Edward si girò un attimo ed incrociò nuovamente il mio sguardo, ridacchiò divertito nel constatare che aveva avuto ragione: lo stavo ancora osservando. Arrossii di colpo e mi voltai, piena di vergogna.
Riuscii a ricompormi solo cinque minuti dopo, giusto in tempo per dar voce ad un pensiero che mi era balenato in testa.
Mi affacciai alla finestra più vicina cercando il ragazzo con lo sguardo...lo trovai quasi subito, era sul marciapiede, le mani in tasca e lo sguardo perso nel vuoto...sì, lo era finché una ragazza in motorino non si fermò proprio a due centimetri da lui, rischiando di investirlo.
Ma guarda te la gente al giorno d'oggi!
Aveva lunghi capelli ondulati di un biondo rossiccio che sbucavano dal casco scuro non fatto di certo per proteggere dalle cadute. Dopo aver frenato, se lo tolse con una mossa molto teatrale, scuotendo la testa a mo' di 'Principe Azzurro' di Shrek. Voleva essere un gesto seducente, fatto per attirare l'attenzione degli altri e in particolare quella di Edward. Quest'ultimo sembrò recepire immediatamente il messaggio e si avventò su di lei per darle un bacio sulla labbra molto passionale.
Poi, una volta che si furono sorrisi a vicenda, lui prese un altro casco e si mise alla guida della moto con la bionda alle spalle, sfrecciando per le strade caotiche di Phoenix.
Dovevo immaginarlo, era così ovvio che uno come lui stesse con una ragazza...anzi, era molto più che scontato! Non avrei nemmeno dovuto pormela questa domanda...e soprattutto non avrebbe dovuto importarmi.
E allora perché dentro di me non provavo altro che delusione mista a rassegnazione?
Forse perché io non avevo nessuno...nemmeno un amico...? O forse...adesso potevo considerare Edward come tale...?
Scossi la testa, sentendomi una cretina allo stato puro.
Cosa importava di Edward???
Qualche mese e sarebbe finito tutto...tutto quello che in fondo non era nemmeno cominciato.
Mi incamminai a grandi passi verso il Reparto Tumori, ormai diventato il posto più adatto a me, a tutti quelli con il mio semplice problema.


Ehilà! Buona sera a tutti! ^^
Ho fatto presto...? Forse anche troppo?
Va be', aspetterò di sapere quel che pensate per capirlo!
Come avete visto, questo è il primo capitolo di Your Guardian Angel...Che emozione!!! *.*
Ho deciso di non rendere quest'ultimo uno stronzo pervertito come si legge solitamente, ma una persona abbastanza 'normale', con i piedi per terra, nonostante sia fidanzato con Tanya...
Allora...ci tengo a dire che io non ho nessuna specializzazione o gran conoscenza in medicina, perciò ciò che vedrete qui sulla leucemia si baserà su ricerche che farò e le santissime pagine di Wikipedia, nonostante quest'ultima dica chiaramente che non valgono per nessuna preiscrizione medica ù.ù
Il fatto che Bella non sappia molto della sua malattia, è un'altra cosa che ho scelto apposta...spero non vi dispiaccia.
Mi auguro davvero che vi sia piaciuto, io ho fatto del mio meglio!!!!!!!!
Prima delle risposte alle recensioni vorrei aggiungere qualche ultima cosina:
grazie infinite ai 4 che hanno messo la mia storia tra le preferite, grazie per avermi dato tutta questa fiducia sin dal primo capitolo, non sapete quanto sono felice!!!
Grazie anche ai 9 che l'hanno messa tra le seguite, spero che la storia piaccia anche a voi e che possiate apprezzarla sempre di più (e con questo non dico che me lo meriti ù.ù)!
Grazie anche a chi legge solamente e magari sorride a qualche frase o qualche battuta...grazie.
In ultimo voglio precisare che non è affatto detto che questa storia abbia un finale triste o drammatico.
Certo, Bella ha la leucemia, ma siamo solo al primo capitolo, volete che vi sveli tutto sin da qui???? XD
Perciò...non tutto ciò che sembra iniziare male deve per forza finire male! ^^
Grazie ancora a tutti per essere arrivati fin qui, recensite per favore!!!
Un bacione immenso,
Ele


Risposte alle recensioni

The Red One: Zuc!!!!!!!!!!!!!
Amore della mia vita, scusa se non sono riuscita a telefonarti!!!!!!!! *me tristissimissima*
Ma i compiti spuntano fuori dal diario manco fossero funghi!!! :'(
Ti prometto che adesso parliamo su msn, ok??? Dai, dai che stasera non ho nulla da scrivere! Che miracolo miracoloso! XD
Allora...ti è piaciuto il primo cap???? Fammi sapere presto, miraccomando! 1Bacio
Tua Cippy

Ginna3: Ehi, ciao!!!
A quanto pare abbiamo una passione in comune, quella di piangere! Non so tu, ma ormai per me è diventato una spiecie di hobby...dovrei andare a farmi visitare i condotti lacrimali, per me c'è qualcosa che non va' XD
Dai...non ti posso anticipare nulla, ma sappi che io e i finali tristi non andiamo molto d'accordo...spero che questo ti posso far piacere! ^^
Come ti è sembrato il primo capitolo? Ti aspettavi qualcosa di meglio...?
Bacioni!!!!

poc: Ciao, cara!!!!
Sono molto felice che il prologo ti sia piaciuto!!! ^^ Spero che il resto non ti deluda e che questo capitolo sia stato di tuo gradimento!
Guarda...credimi se ti dico che sono la prima ad avere paura...lo so benissimo che è un argomento forte e per certi versi pesante, non so se ne sono capace...soffro molto di disturbi di personalità multipla e il mio umore varia così facilmente che non sono davvero sicura di farcela. Continuiamo a sperare però...intanto il primo capitolo è andato, il che è un passo avanti XD
Un bacione!

Giuliina La meioo: Grazie, grazie, grazie, grazie!!!!!!!!!! *.*
Davvero, non so come ringraziarti, sei troppo buona con me!!!!!!! Non hai idea di quanto mi faccia piacere che tu segua la mia storia e che stia già piangendo...spero per la commozione, non per l'orripilanza del mio prologo! (XD)
Ti è piaciuto il primo capitolo??? Dai, almeno qui non ti ho fatto piangere...vero? Grazie ancora di tutto, carissima Giulia, fammi sapere!
P.S. Mi hai detto di aggiornare prestissimo...sono stata brava? XD
Un bacio!

shasha5:  Ciaooooo!!!!! Grazie, tesoro, grazie!!!!!!!!
Sono la prima che ti fa piangere in un prologo??? Ma quale onore!!!! ^^ Davvero io non mi reputo una brava scrittrice e il fatto che le mie storie non siano seguite da così tanta gente lo testimonia...però leggere certi commenti...sapere di essere capaci di suscitare certe emozioni...fa piangere anche me!!!!!!!!!!!!!!
Grazie ancora di tutto!!!!!! Spero che questo capitolo ti sia piaciuto, che non ti sia commossa troppo (mettiamo a freno le lacrime altrimenti poi scarseggiano nei momenti di emergenza ù.ù) e che io non ti abbia delusa!
Fammi sapere presto!
Baci, baci
Ele



   
 
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