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Autore: CloyingCyanide    29/09/2010    1 recensioni
"Lo sto crescendo nel migliore dei modi, con tanto amore che a volte nasconde la rabbia. Rabbia per un padre naturale che non vedrà mai. Rabbia per un uomo che invece vuole essere suo padre a tutti gli effetti, anche se Sam non ha nemmeno una goccia del suo sangue. Amore e rabbia, rabbia e amore."
MOMENTANEAMENTE INCOMPIUTA
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Tré Cool
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Nel parcheggio della palestra,  lascio la mia macchina con Sam che dorme dentro: non voglio che veda cosa sta succedendo, qualsiasi cosa sia. Corro verso la porta, già spalancata, illudendomi che il mio arrivo possa cambiare le cose.

“DOV’E? DOV’E’ CHRISTOPHER?” urlo, sapendo che è per forza in sala boxe, alla cui entrata si sono radunate alcune persone. “Chrissie…” mi faccio spazio, addentrandomi come una furia tra di loro. “Chris… Oddio” e lo vedo.

Il suo corpo è steso a terra, senza cura, come se fosse stato abbandonato. Perché in fondo è così, io l’ho abbandonato. Nessuno lo accarezza, nessuno gli tiene la mano, nessuno lo chiama per farlo svegliare. Come se… se non ci fosse più nulla da fare.

“Amore…” mi accuccio al suo fianco, sfiorandogli il viso con entrambe le mani. “Eccomi, sono qui con te. Mi senti? Chris…” gli afferro i polsi, per controllare il battito cardiaco. C’è. Grazie a quel Dio in cui non credo. “L’ambulanza è a momenti, piccolo, resisti. Andrà tutto bene, te lo prometto”

E intorno a me, il silenzio. Non percepisco la presenza di nessuno, sono solo concentrata su questo pallido e gelido volto stretto tra le mie mani. Mio marito… Quello a cui ho fatto il torto più grande che potessi, mentre si trovava in difficoltà. “Riesci a sentirmi, Chris? Sono Corey, sto qui a fianco a te” gli tolgo la canottiera bianca, zuppa di sudore, perché respiri meglio; poi gli rassetto i pantaloncini rossi sopra le cosce marmoree. E’ bello, il mio amore. Ed infinitamente dolce, ora che sembra addormentato, in pace col mondo, circondato dalle mie braccia. Come ho potuto farti una cosa del genere, Chris? Che diritto avevo di lasciarmi andare a Trè, quando tu, solo tu, mio piccolo sole, sei la mia unica fonte di calore?

“Non volevo, Chris, non volevo davvero. Perdonami, ti prego” continuo a ripetere, più che altro per convincere me stessa. “Io… io ti amo. E ti amerò sempre, lo sai, vero?” la mia vista si annebbia, offuscata dalle lacrime che non esitano ad accumularsi sull’orlo dei miei occhi. “Non dimenticarlo mai e poi mai, piccolo, io non ti lascio, sei solo mio” prendo un respiro profondo, pur sapendo perfettamente di non essere pronta ad una rinuncia così importante, ora che ho ritrovato Trè e hanno ripreso vita i miei vecchi sentimenti per lui. Il senso di colpa per il tradimento è forte, però, e vedere Chris in queste condizioni mi fa sentire la donna peggiore di questo pianeta. “Ti amo, Chris, tu sei la mia vita. Ti amo, ti amo, ti amo” continuo a ripetere, riscattandomi ma al tempo stesso dando voce alla parte del mio cuore per cui esiste solo lui.

E quelle labbra violacee sembrano spezzare la propria immobilità, schiudendosi leggermente. Ah, la mente fa brutti scherzi. Il mio desiderio di vederlo riprendersi mi distorce la realtà, e mi fa solo stare peggio.

“T-ti… amo… anche io, micetta”

Cosa? Mi blocco. Oh, sì, anche le allucinazioni, ora? E dire che non ho mai preso psicofarmaci…

“Perché… piangi, Corinne?”una mano si solleva verso il mio viso, sfiorandolo piano, con fatica, e i suoi occhioni di un vago color bronzo iniziano a muoversi e infondersi di quella vita che li aveva abbandonati per qualche minuto. Via la tristezza, ormai: non ho più bisogno di lacrime, se non di commozione.

Vorrei abbracciarlo, ma non posso, per paura di fargli male. “Chris! Oh, grazie al Cielo, Chris, ci sei!”

“Certo che ci sono, ma…” si rende conto di essere a terra, circondato da decine di altri visi spaventati. Torna a guardare me, impaurito, a cercare spiegazioni. “Cos’ho… combinato?”

“Non ne ho idea” sorrido, rassicurandolo di qualcosa di cui io stessa non ho certezza. Non era sul ring, visto che ora è sul pavimento e non è stato mosso, tanto per cominciare perché non poteva essere spostato, ma si doveva prestare soccorso direttamente sul luogo in cui giaceva, e in secondo luogo perché… chi ce l’avrebbe fatta a spostare una montagna come lui, a peso morto? “Sei svenuto mentre… non so cosa stessi facendo, ma non durante un incontro”

“Questo mi… mi rassicura moltissimo”

“Hey, egoman, non sia mai che venga ferito il tuo orgoglio di pugile!” gli sistemo i capelli, più corti sui lati, e la sottilissima frangettina che gli ricade sulla fronte. “Non porti nemmeno i guantoni, quindi probabilmente stavi, non so, prendendoti una pausa? Anzi no!” mi accorgo della corda, lasciata poco distante dal suo corpo. “Stavi saltando la corda, o forse avevi appena finito”

“Ah, sì, credo di ricordare qualcosa ora che me l’hai detto” e questo mi fa molto piacere, vedendo che il suo cervello sembra non aver subito danni e che ricomincia a parlare senza interrompersi. “Ottima ricostruzione, detective Bédier”

Gli occhi mi si lucidano: Chris è quello di sempre, non è cambiato, come se non fosse successo nulla. Perché probabilmente era solo una sciocchezza, un calo di zuccheri o roba simile. Certo che però mi sono messa una fifa matta. “Sono felicissima che tu stia bene, cucciolo”

Sorride con la faccia da matto, gongolante nel vedermi accanto a lui, e si lascia coccolare, senza timore degli altri che ci stanno intorno. Oh, quanto sei dolce. Ho avuto una paura tremenda, ma il mio dispiacere è doppio. Ho fatto l’amore con Trè, Chris. E mi dispiace, mi dispiace profondamente: voglio bene a entrambi, ma non so e non posso scegliere uno solo di voi, così diversi eppure così ugualmente pieni di voglia d’amarmi. Scegliere significa anche rinunciare, e io non sono pronta a privarmi di nessuno. Risolveremo tutto, non preoccuparti, ci vorrà del tempo. Ma l’ho fatto non perché non ti amo, Chris, ma perché amo anche lui e, lo sai, io sono fragile. Non credo te lo confesserò mai, come ho detto sarà il tempo a sistemare tutto e, se esiste un destino, farà il suo corso. Io però ho bisogno di te per affrontare tutto questo, Chris. Promettimi che ci sarai. Che ci sarai sempre, come ci siamo promessi, e come continuerò a credere.

“Fate largo, fate largo”

Cos’è? Sollevo il viso dal petto di Chris, dove l’avevo tenuto finora, ruotandolo verso quelle voci sconosciute: sono degli infermieri. Alla buonora! Ho fatto prima io ad arrivare e Chris a riprendersi, figuriamoci! Ottima tempistica, davvero. “Sta bene, ormai” spiego ad uno di loro, indicando con la testa Chris che mi stringe dolcemente due dita tra la sua mano, con un sorriso radioso, pacifico, come se non avesse necessità di nulla se non di affetto. “Giusto, Chris? Di’ come ti senti, se hai qualche problema, eventualmente…”

“Sto da favola, grazie”

“Lei forse non se ne rende conto, signore, ma potrebbero esserci dei danni e dobbiamo capire la causa del suo malore. Lasci che la portiamo in osp…”

“HO DETTO DI NO”

“Con la dovuta calma, eh, Chris.” Ok, posso appurare anch’io che sta benissimo: ha l’incazzatura facile e l’odio inspiegabile per medici e affini, come sempre. “Però, amore, vacci. Ti fanno dei controlli e stiamo tutti più tranquilli”

“Dio, Corinne, lo sai che odio gli ospedali! Sono il luogo perfetto per crepare, non per guarire!”

Scrollo le spalle: è irremovibile nelle sue decisioni, perciò è inutile stare a combattere. Torno a guardare gli infermieri, congedandoli con un sorriso. “Vi ringrazio, ma dice di non averne bisogno”

“Ad  ogni modo, prima di andarcene siamo obbligati a controllare che stia davvero bene” si avvicina. “Signore, se non le dispiace devo misurarle la pressione”

Sbuffa, e fa leva sui gomiti per mettersi seduto sul pavimento, poi gli tende il braccio sinistro, che l’infermiere va a stringere in una fascia blu scura, coprendo parte del coloratissimo tatuaggio astratto che Chris si è fatto fare a vent’anni, cioè secoli fa.

“Un po’ bassa, ma nulla di preoccupante. Faccia attenzione a non sforzarsi troppo e magari mangi qualcosa”

Grugnisce, blaterando parole che non riesco a comprendere. Si lascia fare tutto: gli controllano le pupille con una luce, si mette in piedi e fa il test dell’equilibrio, deciso a far vedere che sta bene.

“A posto, fatto, potete andare”

“No, signore, deve fare l’elettrocardiogramma”

Bestemmiando tra sé in turco, si stende su una panchina, impaziente che quella tortura finisca.

“Tutto bene anche qui. Però le consigliamo di fare una Tac in testa per controllare le piccole emorragie cerebrali che potrebbe avere accumulato in questi anni di boxe. Sa meglio di me che è facilissimo che succeda”

“Sì, ma non ho beccato nessun pugno in faccia, oggi, per cui…”

“Signore, potrebbe essere qualcosa di pregresso. So che, essendo un atleta, è molto controllato sotto questo punto di vista, ma… non lo sottovaluti”

“Sì, sì, ok, mi faccio scannerizzare il cervello al più presto. Adesso vi ringrazio, è stato un piacere immenso, ma scusatemi: ho gli allievi che mi stanno aspettando, devo fare lezione e ho già perso troppo tempo”

“Lezione?? Tu adesso te ne vieni a casa, Christopher, mica puoi…” mi intrometto. Ma che gli salta in testa?

“Va bene, va bene, niente lezione, Cocò, ma fammi stare qui, devo allenare Josh che settimana prossima ha un incontro importante” alza le mani in segno di difesa, mentre infermieri e medici se ne vanno.

“A patto che tu ti sieda su una panchina e ti limiti a dirgli quello che deve fare, ma senza urlare come al tuo solito”

“Ok, ci posso stare”

“E rimettiti la maglia, sennò sarà qualcun altro a sentirsi male”

“Non ho capito in che senso”

“Nel senso che ci sono le sciabolatrici che ti si stanno mangiando con gli occhi” gli indico con la testa il gruppetto di mie coetanee che, maschera in una mano e arma nell’altra, continuano a fissare sbalordite il mio uomo lasciandosi sfuggire ogni tanto qualche commento indecente. Ma so che lui ha occhi solo per me, quindi non mi preoccupo affatto.

Chris le guarda, sorride, agita le dita in cenno di saluto, come una rockstar che incontra i fan, sempre con quell’aria da playboy che gli è connaturata. “Wow, continuo a far colpo sulle donne anche da sposato”

“Gli uomini sposati hanno un certo fascino, fattelo dire da me che ne so qualcosa”

Ops. Allusione non voluta. Forse. Ma mi è sfuggita!

Mi guarda capendo esattamente a cosa, o meglio, a chi mi stessi riferendo, e con una mano mi sfiora il viso, stringendomi il mento nello spazio tra il pollice e l’indice, affossandomi le dita nelle guance. Pianta le sue iridi dorate, contornate di verde verso l’esterno, nelle mie, di un piatto marrone cioccolato tutto uniforme che è noioso, non cambia mai, è lo stesso tutti i giorni.

“Potrei incazzarmi come un picchio, Corinne, ma non lo faccio perché sono troppo impegnato a vedere quanto cazzo sei bella” mi stringe a sé con l’altra mano. “La rossa più sexy di Los Angeles è mia moglie, e io ancora stento a crederci”

“Non esagerare con i complimenti o finirò per arrossire”

“Mica è colpa mia se sei così fantastica” e mi solleva senza fatica con le sue braccia granitiche, stringendomi e baciandomi, bisognoso di coccole come al suo solito.

  
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