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Autore: ballerinaclassica    29/09/2010    1 recensioni
Esteban aveva capito presto che non era cosģ, che alla fine aveva attorno una banda di rammolliti che preferiva tornare a casa in mutande per aver donato i suoi abiti a un miserabile all'angolo della strada o tentare di volare sulla Cordigliera a bordo di una mongolfiera gonfiata pure male, opera di cui Nicoląs si era vantato con le sue ammiratrici per mesi, omettendo ovviamente il momento in cui era arrivata la polizia e gli aveva impedito di decollare.
[La Casa degli Spiriti, Isabel Allende]
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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«Esteban, ha ventitré anni...»
«Ho deciso che deve sposarsi.»
«Ma tu lo conosci, e sai meglio di me che non ne sarą felice.»
«Non ho detto che deve essere felice, ho detto che deve sposarsi.»
Esteban Trueba poggiņ la tazza da tč sul tavolino che c'era nell'ampio ingresso della Casa dell'Angolo. Da quando i suoi figli erano tornati dal collegio inglese che tanto avevano detestato, Jaime aveva introdotto nella proprietą quell'assurda abitudine di sedersi attorno ad una teiera fumante e conversare, come se a lui, che aveva dei doveri di uomo politico e di proprietario terriero sulle spalle, potessero interessare i monologhi di Blanca, i sermoni sulle condizioni dei poveri nella capitale e dei mezzadri che lavoravano alle Tre Marie, il futuro che sua moglie Clara e le tre sorelle Mora avevano previsto per il cinese della lavanderia o le stranezze di suo figlio Nicoląs che adesso, tanto per intaccare ancora di pił l'umore di suo padre, stava sdraiato in mezzo al giardino a fumare, dopo aver raccomandato alla Nana di avvisare tutti i suoi familiari affinché nessuno lo disturbasse.
«Nicoląs ti odierą ancora di pił.»
«E non c'č bisogno di essere una chiaroveggente per capirlo», rispose Esteban a sua moglie, aggrottando le sopracciglia, in un'espressione che accentuava ancora di pił le rughe che aveva attorno agli occhi e sulla fronte.
Esteban era stato sempre intransigente sull'educazione dei suoi figli, aveva previsto per loro il meglio e ovviamente si era aspettato in cambio tutto quello che dei ragazzi docili e mansueti e devoti al padre che gli aveva permesso di studiare nei collegi pił costosi potessero restituirgli con altrettanti sforzi e sacrifici. Ma aveva capito presto che non era cosģ, che alla fine aveva attorno una banda di rammolliti, che preferiva tornare a casa in mutande per aver donato i suoi abiti a un miserabile all'angolo della strada o tentare di volare sulla Cordigliera a bordo di una mongolfiera gonfiata pure male, opera di cui Nicoląs si era vantato con le sue ammiratrici per mesi, omettendo ovviamente il momento in cui era arrivata la polizia e gli aveva impedito di decollare.
«Nicoląs non si vuole sposare, lui č uno spirito libero. Non puņ rimanere legato alla stessa persona per tutta una vita...»
Sua moglie Clara invece aveva sempre visto il buono in loro, aveva assecondato la follia di Jaime e lo aveva aiutato nella sua opera caritatevole nei quartieri della Misericordia, aveva creato attorno a Blanca una specie di aura destinata a proteggerla dai mali del mondo e aveva sempre chiuso un occhio davanti alle stranezze di Nicoląs, perfino quando era tornato a casa coperto solo da miseri stracci ingialliti e seguito da un branco di ragazzini che ridevano di lui e punzecchiavano le sue gambe sottili con l'estremitą di qualche bastoncino di legno raccolto per strada.
«Quello che puņ fare o non puņ fare lo decido io, siccome sono suo padre. Lui deve soltanto sorridere con la sua faccia da schiaffi e poi darsi da fare per darmi un erede. Sono sicuro che Jaime non si sposerą mai, e comunque non voglio nipoti comunisti, e Blanca č ancora troppo giovane. Nicoląs invece-»
In quel preciso momento i gemelli entrarono nella camera dall'esterno e ovviamente stavano litigando, e Jaime sembrava avere la meglio, finché Nicoląs, con la sua intelligenza acuta e la sua curiositą, non spinse suo fratello a domandarsi se avesse veramente ragione oppure se ne fosse solo convinto e in realtą avesse torto.
«Sei sicuro di aver ragione, Jaime?»
«Sģ, ho ragione.»
«E se invece avessi ragione io?»
La maggior parte delle volte Jaime capitombolava causando in Nicoląs una serie di risate isteriche e divertite, senza sapere che in realtą l'altro gemello si era soltanto arreso davanti alla sua parlantina rapida e alle sue espressioni snervanti, spesso Esteban (che non era stato mai docile come Clara) aveva affermato con risolutezza che la faccia di suo figlio Nicoląs era perfetta per essere presa a schiaffi e che la sua stessa mano aveva la misura giusta se spalmata su quelle guance lisce, talvolta coperte da un sottile strato di barba, di suo figlio.
«Nicoląs, dica a suo fratello di uscire dalla stanza», disse d'un tratto Esteban, che i due ragazzi sussultarono, non essendosi ancora accorti della presenza dei genitori, «Io e sua madre dobbiamo parlarle, ora.»
Spesso Esteban si stupiva che, nonostante l'etą, fosse ancora abbastanza autoritario e in grado di intimorire i suoi figli con una semplice frase, e Jaime e Nicoląs non erano ragazzi pavidi, anzi, nel collegio inglese erano noti per attaccar briga con troppa facilitą solo che, mentre Nicoląs si limitava ad insultare qualcuno o a sfidarlo, a Jaime toccava difendere suo fratello e battersi al suo posto con ogni tipo di avversario.
Ma erano legati solo da questo, e da nient'altro. Apparentemente non sembravano nemmeno gemelli, dato che uno era alto e robusto, con le sopracciglia folte e la schiena leggermente curva, a causa del tempo che Jaime passava sui suoi enormi volumi di medicina moderna. Nicoląs invece era pił aggraziato, con un fisico snello e delicato, l'espressione di chi si aspetta tutto dalla vita e gli occhi pieni di sogni e di aspirazioni, di determinazione e di voglia di scoprire l'ignoto che lo portavano a starsene ore ed ore seduto davanti al tavolino a tre gambe di sua madre, cercando di spostare la saliera col pensiero, e ovviamente senza riuscirci.
«Per questa volta, penso di aver vinto, Nicoląs.»
Jaime uscģ dalla stanza subito dopo aver pronunciato quelle parole e suo fratello rise, come se una frase ad effetto potesse intimorirlo. Come se una frase pronunciata da Jaime potesse intimorirlo, quando nella stanza stanza c'era Esteban Trueba, con un cipiglio tutt'altro che allegro, che non faceva altro che squadrare dall'alto in basso in suo poncio di lino bianco e i suoi capelli in disordine. Nicoląs li appiattģ sulla testa in un gesto che attirņ l'attenzione di suo padre, e sua madre sorrise, sussurrando un “molto carino” che serviva pił che altro a smorzare la tensione che c'era nell'aria che ad altro.
Si mise seduto di fronte ai suoi genitori, e in quel momento si ricordņ dei corteggiatori di Blanca, che prima ancora di vedere la bella ereditiera dei Trueba, erano costretti a subirsi le domande di suo padre e talvolta i suoi scatti di collera incontrollati.
«Nicoląs, io e sua madre abbiamo deciso che-»
«Esteban, dģ a tuo figlio che
tu hai deciso.»
«Clara, non contraddirmi mentre cerco di educare mio figlio!»
«E tu non immischiarmi in faccende che non mi riguardano!»
«Ti riguardano eccome, Clara! Ti ricordo che č anche figlio tuo.»
«Esteban, avrņ io l'ultima parola su questa diatriba, quindi č inutile che ti affanni tanto.»
«Non č giusto che tu usi i poteri paranormali in certe situazioni.»
«Sono miei e li uso nel modo in cui pił mi aggrada.»
Esteban non aggiunse altro, dato che sapeva che era del tutto inutile cercare di averla vinta con sua moglie, che probabilmente in quel momento sapeva pure il nome della futura moglie di Nicoląs, la data nella nozze, la destinazione della loro luna di miele e addirittura il nome del futuro erede. Era snervante per lui esserne all'oscuro, malgrado avesse bisogno di vedere Nicoląs accettare la sua proposta senza troppe storie, senza ricominciare con i suoi deliri sulle religioni dell'oriente, la sua ricerca del Nirvana e il fatto che sicuramente una moglie gli avrebbe sottratto del tempo prezioso. Ma lui non ne voleva sapere niente, suo figlio si sarebbe sposato, dato che lui era Esteban Trueba e nessuno poteva contraddirlo.



Nicoląs non seppe mai il motivo che lo spinse a fasciarsi in un abito blu, coi piedi infilati in eleganti mocassini lucidi che lui trovava a dir poco ridicoli, probabilmente nemmeno Clara lo sapeva, eppure sembrava divertita dall'avvenimento inaspettato, infatti non faceva altro che sorridere, dondolare la testa da una parte all'altra e far vibrare le posate dei parenti della sposa, finché suo marito non la portņ via, magari per rimproverarla.
Accanto a lui c'era una ragazza bassa e formosa, esageratamente formosa, se si teneva in considerazione il debole che Nicoląs aveva sempre avuto per Amanda, irrequieta, incontrollabile e selvaggia. Si chiamava Viola, e a detta di suo padre era una delle ereditiere pił facoltose in cerca di marito, e quindi Nicoląs doveva ritenersi fortunato, mentre suo fratello Jaime, a qualche metro da lui, abbandonava il suo cipiglio burbero e il suo contegno per ridacchiare insieme a Blanca, pił bella che mai. Indossava un vestito di seta di un rosa pallido, tendente all'avorio, e tulle bianco sulle spalle. Sua madre aveva l'aspetto di uno spirito, nonostante il suo vestito fosse verde acqua e la capigliatura gonfia e castana fosse libera sulle spalle. Esteban Trueba era il pił elegante di tutti, anche pił dei genitori della sposa, e stava fumando il sigaro e parlando con alcuni imprenditori della Capitale. Viola, cioč la sua attuale moglie, sorrideva, stringendo il bouquet tra le mani guantate di bianco, che facevano sģ che le sue braccia dessero l'idea di essere due salsicce.
Sua madre Clara lesse nei suoi occhi la disperazione e pensņ di mettersi telepaticamente in contatto con lui, ma le riuscģ difficile, dato che tutti i loro strani ospiti, comprese le sorelle Mora che lo avevano preso in grande simpatia, conoscevano la passione di Nicoląs per la chiaroveggenza e la magia, ma sapevano altrettanto chiaramente che non era mai stato molto portato. Nicoląs aveva ereditato i caratteri dello zio Marcos, la sua indisciplina e il suo spirito d'avventura, Clara era sicura che, se avesse avuto l'occasione di conoscere Barrabąs, il cucciolo che arrivņ via mare e crebbe fino a superare le dimensioni di un vitello, lo avrebbe adorato con la pił totale devozione.
«Congratulazioni, figliolo, sapevo che non mi avrebbe deluso», disse Esteban alle sue spalle.
A Nicoląs quelle parole sembrarono piuttosto ipocrite e fuori luogo, dato che era stato praticamente costretto a sposare Viola Carriedo e a tenerle la mano dal momento in cui si era conclusa la cerimonia. Aveva le dita tozze e morbide, Nicoląs pensņ che non poteva essere pił diversa da lui, che era vegetariano, che masticava cinquanta volte prima di ingoiare, e che spesso non si faceva vergogna di camminare nel giardino della Casa dell'Angolo o in quello alle Tre Marie coperto solo da un perizoma.
«Non si aspetta che io abbia dei figli con lei, vero?», chiese Nicoląs con una punta di preoccupazione. Suo padre era capace di tutto, perfino di sopportare il disgusto che provava suo figlio nei confronti di una donna che non amava e che non avrebbe mai voluto amare, che con le sue curve morbide e troppo accentuate tradiva il suo ideale di compagna, che veniva invece rispecchiato da Amanda. Amanda era magra e sottile, con i suoi vestiti scuri a volte diventava invisibile, Nicoląs probabilmente era legato a lei per questo, perché mentre Amanda spariva nell'ombra, lui si guadagnava la gloria con la sua eccentricitą e la sua esuberanza. Oggi lei stava seduta vicino a Blanca, Nicoląs non notņ le occhiate adoranti che Jaime le rivolgeva, che attraversavano sua sorella da parte a parte e si posavano sulle clavicole sporgenti, o sul suo viso rilassato. Amanda indossava un abito scuro, e la gonna lunga volteggiava con il vento primaverile, sul petto aveva un amuleto indiano, rotondo e lucido e sembrava anche piuttosto pesante.
Nicoląs avrebbe volentieri continuato a studiare tutti i presenti seduti attorno alla tavola e alle pietanze sofisticate arrivate direttamente dall'Europa, ma suo padre lo afferrņ per il bavero della camicia, mascherando la sua violenza in una finta sistemata di cravatta, e lo guardņ dritto negli occhi.
«Tu l'hai sposata e adesso mi darai un sacco di nipoti, sono stato chiaro?»
«Trasparente», rispose Nicoląs, deglutendo.
Il matrimonio proseguģ come Esteban aveva desiderato, con le domestiche che portavano pietanze ricercate, i bicchieri pieni dei migliori vini italiani, sua moglie Clara che limitava le sue attivitą di chiaroveggente a qualche consiglio sulle corse dei cavalli, Blanca parlava con qualche ragazza della sua etą (finalmente) e perfino Nicoląs e Jaime si erano contenuti con le loro stranezze o i loro ideali bolscevichi.
«Nicoląs, mi sono innamorata di te...», mormorņ Viola, stringendogli la mano e guardandolo con aria adorante, con il viso che era almeno venti centimetri pił in basso del suo.
«Fantastico», le disse Nicoląs, desiderando ardentemente che quello fosse soltanto un sogno.



Jaime stava camminando per il quartiere della Misericordia e tremava per il freddo, dato che aveva regalato il suo cappotto nuovo a un mendicante che gli aveva chiesto qualche moneta quando lui non ne aveva. Pensava alla sua famiglia, alla gravidanza improvvisa di Blanca, che li aveva colti tutti di sorpresa dopo il suo ritorno dalle Tre Marie, a sua madre che girava per casa con quel sorriso sdentato che la rendeva ancora pił inquietante, a suo padre che era rimasto solo come un cane, con il rimorso di aver cacciato prima la zia Férula e poi di aver costretto alla fuga sua moglie e sua figlia, e di aver desiderato la morte di un altro figlio. Nicoląs aveva abbandonato Viola nella loro tenuta in Nord America ed era scomparso, lasciando soltanto un biglietto in cui scriveva che voleva attraversare l'Oceano su di un aereo mezzo distrutto che aveva trovato e acquistato come se si fosse trattato di oro, che aveva la forma di un uccellaccio e somigliava molto a quello usato dallo zio Marcos che perņ lui non aveva mai conosciuto. Quando suo padre, incredulo, si era recato dai nuovi Trueba e aveva letto le parole di suo figlio aveva quasi avuto un infarto e lo aveva maledetto a gran voce, sicché i dirimpettai e i vicini avevano saputo che Nicoląs Trueba se ne era scappato via in Europa e la notizia era arrivata fino alla capitale, dove la gente maligna mormorava che il figlio del senatore si era fatto un amante ed era fuggito con l'ereditą.
«Che sciocchezze», mormorņ Jaime, osservando la nuvola che usciva dalla sua bocca a causa del freddo.
Lui non ci credeva che suo fratello avesse abbastanza fegato da rischiare la vita in un'impresa del genere, nonostante qualche anno prima aveva dimostrato a tutti il contrario, volendo attraversare la Cordigliera con un pallone gonfio di aria. Eppure, Jaime adesso non ci credeva.
Se Nicoląs era scappato, allora era probabile che si trovasse in oriente per apprendere qualche nuova ed inutile disciplina di quelle che lui amava tanto, ma dubitava che avesse sottratto qualcosa a sua moglie per partire, visto il tipo di vita che aspirava a condurre – e la dimostrazione erano i vestiti lerci, i pasti scarsi e l'ideale di umiltą e di purificazione spirituale.
Piuttosto credeva che Nicoląs suonasse la chitarra all'angolo della strada, per guadagnarsi i soldi necessari a pagare un aereo per partire.
Quando era quasi arrivato all'ospedale e stava gią facendo mente locale sui vecchi pazienti e sulle malattie che aveva dovuto rimandare all'indomani per mancanza di tempo, Jaime urtņ contro qualcosa che sembrava un sacco, se si escludeva il fatto che si stava lamentando con dei borbottii e dei gemiti doloranti. Era abituato agli spiriti, ai fantasmi che convivevano con sua madre, ma non aveva mai visto un sacco parlante, per quanto riuscisse a convincersi che era normale per una saliera andare a spasso per la tavola all'ora di cena.
Jaime si chinņ per accertarsi che fosse veramente un sacco dotato del dono della parola, ma poco prima di toccarlo si rese conto che non era stato il sacco a emettere quei versi, bensģ il barbone che ci stava dentro. Era mezzo nudo, aveva un fisico sottile e snello, come se, nonostante la magrezza dovuta alla fame, un tempo fosse stato uno sportivo, il mento era coperto di barba corta e color rame, gli occhi erano vispi, come se la miseria non avesse potuto intaccare la sua anima. E adesso che ci faceva caso somigliava parecchio a suo...
«Fratello!»
Nicoląs si alzņ di scatto, senza lasciarsi scalfire dal freddo di metą Novembre, e abbracciņ di slancio suo fratello Jaime. Per giorni e giorni aveva creduto che lui non sarebbe arrivato mai, che magari aveva abbandonato i suoi studi di medicina e si era deciso di campare di rendita grazie ai soldi che gli dava suo padre. Nicoląs aveva continuato ad aspettarlo vicino all'ospedale, convincendosi che Jaime non avrebbe mai avuto il coraggio di abbandonare i suoi poveri e i suoi ammalati, che lui si sentiva debitore verso una classe sociale che non era la sua, debitore perché suo padre rappresentava il polo opposto dei suoi ideali.
«Jaime, ahah! Sapevo che prima o poi saresti arrivato!»
Da quel giorno Nicoląs lo aspettņ sempre avvolto nel suo sacco incantato, Jaime si spogliava per lui, regalandogli i maglioni che Clara cuciva quando le tre sorelle Mora non andavano a trovarla, o i vestiti che suo padre gli regalava prima dei grandi eventi, sostenendo che, siccome era un Trueba, aveva il dovere di fargli fare bella figura.
Fortunatamente era un po' ingrassato, le sue costole sporgenti avevano cominciato a preoccupare Jaime, ma Nicoląs si ostinava ancora a masticare cinquanta volte e a voler mangiare continuamente carote e a rifiutare la carne. Ogni tanto chiedeva di Amanda e di Miguel, Jaime rispondeva che non sapeva pił nulla di lei, ma che Miguel era diventato il migliore amico di Alba, la loro nipotina che era figlia di Pedro Terzo Garēia ma che portava il cognome di un conte francese che secondo lei era morto di febbre nel deserto. Poi non aveva saputo pił nulla di Jean de Satigny, né si era chiesta come mai sua madre non avesse mai pianto la morte del marito defunto, ma piangesse ogni qualvolta sentiva alla radio una vecchia canzone che parlava delle galline che si ribellavano alle volpi.
«Credo sia arrivato il momento di partire», aveva detto infine Nicoląs, dopo essersi rasato la barba e i capelli e aver restituito a Jaime i suoi vestiti, recuperando il suo vecchio sacco e adibendolo a tunica lisa e sformata.
«Voglio usare i soldi che mi hai dato per andarmene in India, e lģ voglio farmi Buddhista.»
Jaime aveva sgranato gli occhi, ma sapeva gią che qualunque protesta sarebbe stata inutile, che se suo fratello decideva di fare qualcosa la faceva e basta, senza pensarci due volte e senza riflettere sulle conseguenze delle sue azioni, come quando si era incatenato nudo davanti alle porte del Congresso e suo padre si era messo a urlare fino a diventare paonazzo e non avere pił fiato per rimproverarlo. Del resto anche Clara, che aveva distolto l'attenzione dal suo tavolino a tre gambe, si era messa in contatto telepatico con suo figlio e aveva sorriso, perché nel futuro che Nicoląs aveva trovato lei riusciva a vedere la sua fortuna di Dio, di angelo e di essere umano.















Ho letto la Casa degli Spiriti un po' di tempo fa e mi rendo conto che questa FanFiction č parecchio anacronistica, perché Nicoląs a ventitré anni č gią stato cacciato di casa da suo padre e Blanca e Clara dovrebbero trovarsi alle Tre Marie e non alla capitale.
Tuttavia non ho voluto tener conto di queste cose, perché avevo semplicemente voglia di scrivere qualcosa su uno dei miei personaggi preferiti, che č Nicoląs. =)
Spero che questa One Shot via sia piaciuta. Baci! =)

   
 
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