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Autore: Clarobell    29/09/2010    3 recensioni
Ace e Rufy si trovarono bene assieme dalla prima volta che si incontrarono...
[Spoiler: su spunto dei flashback di Garp e Ace a Marineford, non sul volume 60]
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Monkey D. Rufy, Portuguese D. Ace
Note: Missing Moments, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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“Oi, Dadan!” Garp alzò una mano per salutare il suo vecchio amico, mentre la sua voce tonante risuonava per la prateria deserta.
Rufy alzò lo sguardo per guardare suo nonno con curiosità da sotto quel capello di paglia troppo grande per lui, una mano stretta fermamente tra tre delle dita callose del marine. Si voltò poi a guardare da distante la casa martoriata dalle intemperie e sbattè le palpebre quando un altro uomo apparve all’ombra del tetto della veranda, con la mano alzata per un saluto non altrettanto entusiasta. Mentre si facevano strada tra una serie di alti alberi, un paio di occhi annoiati ed addormentati li stava osservando a loro insaputa. Su uno degli alberi caduti, sedeva Ace, con una gamba a penzoloni, guardandoli passare davanti a lui. In precedenza nonno Garp gli aveva raccontato di suo nipote… del suo vero nipote, e aveva anche aggiunto che forse un giorno si sarebbero incontrati. Si chiese se quello fosse il bambino di cui aveva sentito parlare.
“Si può sapere cosa sei venuto a fare?” La voce di Dadan sembrava titubante. “Sei venuto a trovare Ace appena una settimana fa.”
“Ah, vedi,” iniziò Garp ed alzò una mano callosa per grattarsi la nuca imbarazzato. “Ho avuto qualche problema con Rufy, e-”
“No,” lo interruppe improvvisamente l'altro, occhieggiando al bambino dietro il suo amico. “Che cavoli, no, Garp! Ho già abbastanza problemi con Ace!”
“Ah, vedi,” la voce grave di Garp proseguì. “Dopo i casini a Fooshia…”
“Casini?” intonò Dadan, scettico. Non avrebbe permesso che gli appioppasse un altro bambino solo perché tornava bene a lui.
“Nonno!” saltò su improvvisamente Rufy, sdegnato. “Non è stata colpa mia!”
“Farai meglio a stare zitto, ragazzo!” ruggì l'altro come risposta, dandogli una severa pacca sulla testa, prima di tornare a rivolgersi all’amico. “Tutta la questione del Rosso. Era spiegato nella lettera.”
“Io non ho ricevuto nessuna lettera,” disse Dadan, con irritazione crescente
"Ah...?"
Garp pescò nelle sue tasche, mentre Rufy ne approfittava per togliersi il cappello e massaggiarsi la testa dolorante, il labbro imbronciato.
“Ah, oops!” mormorò, mentre estraeva un vecchio foglio di carta spiegazzato. “Mi sono scordato di spedirla!”
Gliela passò con una grassa risata e Dadan scosse la testa esasperato. “Sarà meglio che sia una cosa seria,” mormorò. Dopo pochi minuti, rialzò lo sguardo, il volto pallido. “Vi odio tutti,” mormorò.
“Bene!” replicò Garp allegro, liberando finalmente la mano di suo nipote dalla stretta, e poi spingendolo in avanti. “Meglio che me ne vada! E tu fa’ il bravo, Rufy!”
“ASPETTA UN SECONDO, MALEDIZIONE!” sbottò Dadan improvvisamente, gettandosi agitato verso di lui, stringendo la lettera come se fosse un pugnale, pronto ad accoltellare a morte Garp con quel pezzo di carta. “Non ho affatto accettato, vecchio bastardo!”
L'amico alzò una mano per difendersi, ridendo delle sue lamentele ruggenti riguardanti il fatto che non facesse altro che affidargli un ragazzino dopo l’altro. Rufy osservò quella animata discussione con le dita nel naso, quindi si guardò attorno. Un rumore improvviso attirò la sua attenzione; alzando lo sguardo, incrociò un paio di occhi assonnati che lo stavano scrutando dal tronco di un albero. Dopo aver scoccato un’occhiata di traverso al nonno e all’altro tizio sconosciuto, trotterellò verso di lui, girovagando attorno alla ricerca di qualcosa su cui appoggiare i piedi. Non appena l’ebbe trovato, ci salì sopra per incontrare quel ragazzo.
Ace guardò il piccolo Monkey disinteressato prima di chiudere gli occhi con l’intenzione di fare un pisolino. Quel ragazzino sembrava troppo magrolino. Magrolino e deboluccio.
“Ehi~!” lo salutò Rufy, entusiasta, con un piccolo urlo dato che stava per perdere la presa sull’albero nell’alzare la mano. Goffamente, scivolò sullo spesso tronco su cui era sdraiato l’altro ragazzo e si sedette dalla parte opposta, sorridendo esaltato.
Ace aprì un occhio, guardandolo con diffidenza. “Cosa vuoi?”
“Giochiamo?” chiese Rufy, e si fece leggermente in avanti, col sorriso che aumentava.
“Adesso sto facendo un sonnellino,” replicò l’altro, sospirando e allontanandosi leggermente da Rufy. Aveva già provato a stare con i bambini più deboli in città, ma tutte le volte che si facevano male, che fosse o no colpa sua, i loro genitori finivano sempre per portarli via lamentandosi del fatto che giocassero con un mostro. Era più semplice stare da solo.
“E daaii!” si lamentò Rufy. “Mi sto annoiando e il nonno e quell’altro vecchietto non fanno altro che urlare.”
“Guarda che può farti male, ragazzino,” mormorò Ace, spostandosi di lato.
“No no!” replicò Rufy, con un ghigno furbetto che si allargava sul viso. “Sono fatto di gomma, quindi non mi faccio male con facilità!”
Ace voltò la testa per fissarlo, un sopracciglio inarcato. Quel moccioso era pazzo come il vecchio. “Di gomma, eh?”
“Già,” annuì Rufy entusiasta, quindi si infilò un dito dietro la guancia, allungando la pelle lontano dal viso. “Visto?”
La sicurezza di Ace scomparve alla stessa velocità in cui di solito scomparivano i piatti di carne nelle case della famiglia D, mentre spalancava gli occhi pieni di scintilla di eccitazione. Si sedette per bene, con un ghigno sul viso.
“Che figata!” gridò, e si fece in avanti, afferrando tutt’e due le guance di Rufy, allungandole. Questi scoppiò a ridere, soddisfatto dall’improvviso interesse dell’altro. Ace lo lasciò andare, ridendo per il rumore elastico delle guance che tornavano al loro posto. Lo guardò da capo a piedi, poi piegò la testa di lato, riflettendo. “Forse possiamo giocare assieme.”
“Evviva~!” esultò Rufy, agitando i pugni in aria, e poi urlando quando rischiò di nuovo di cadere dal tronco, ma fu bloccato in tempo da Ace. “Mi chiamo Rufy. Cosa possiamo fare di divertente qui?”
“Io sono Ace. Potremo andare a caccia di insetti?”
“Ce ne sono di belli?” chiese l'altro, gli occhi brillanti per l’eccitazione.
“Già!” annuì Ace, con un ghigno. “Specialmente scarabei del tipo Hercules.”
“WOW!” gridò Rufy, gli occhi spalancati al solo pensiero. “Andiamo a prenderli!”
Ace annuì e, facendo leva col palmo della mano sul tronco, si diede la spinta per scendere ed atterrare leggiadro a terra. Rufy lo guardò estasiato prima di imitarlo ed atterrare… non altrettanto leggiadro. Ace sbatté la palpebre vedendolo precipitare e spiattellarsi a terra, preoccupato di averlo sopravvalutato. Ma quando Rufy si rialzò completamente illeso, a parte i vestiti sporchi, il sorriso eccitato ritornò sul suo viso. I due ragazzi si diressero quindi nel folto degli alberi, lasciando agli adulti il compito di stabilire il loro futuro.
Garp masticava rumorosamente I biscotti al riso che Dadan gli aveva offerto assieme al the, mentre sedevano uno davanti all’altro nel tavolo della veranda. Guardavano Ace e Rufy mentre giocavano tra gli alberi e i cespugli vicino alla casa, sentendoli ridere e divertirsi.
“Non hai detto a quel ragazzo chi è il padre di Ace, vero?”
“Cosa? No, certo che no,” replicò Garp alzando la tazza per berne un sorso, solo per sputarlo fuori tossendo un attimo dopo: il tè era troppo bollente.
“Idiota.” Dadan fece una smorfia, poi gli passò un tovagliolo per pulirsi il viso.
“Non che abbia importanza, comunque,” continuo il marine, pulendosi l’uniforme dalle macchie di tè. “Rufy è un bravo ragazzo, non dà peso a cose del genere. Per altro, non è suo padre sia così differente!”
Dadan osservò Rufy alzarsi sulle punte, con le mani aperte per cercare di aggrapparsi ad un ramo troppo alto per lui. Seguì con gli occhi Ace che si chinava, facendo passare la testa fra le gambe dell’altro in maniera da sollevarlo sulle spalle in maniera che potesse aggrapparsi al ramo.
“Ti darò un avvertimento, Garp. Anche se ora sembra che vadano d’accordo, Ace può essere… Be’, lo sai.”
“Rufy è piuttosto resistente. Se la caverà,” replicò lui, offeso.
“Come puoi essere così tranquillo, maledizione? La scorsa settimana quel ragazzino ha di nuovo ridotto due uomini in fin di vita.”
“Bwahaha!” rise l’altro dando un morso ad un altro biscotto, spuntando così le briciole addosso al suo amico. “Diventerà un marine coi fiocchi!”
“Non mi stai ascoltando…” sospirò Dadan. “Se è in grado di fare una cosa del genere a due adulti, cosa potrebbe succedere ad un bambino più piccolo di lui, se le cose gli sfuggissero di mano?”
Garp si voltò ad osservare Ace e Rufy con un sorriso affettuoso. “Non è cattiveria. È solo rabbia.”
Rufy rise senza ritegno mentre Ace gli faceva raggiungere un altro ramo. Vi si arrampicò sopra con una spinta, sdraiandosi di pancia, e spalancando gli occhi, essendosi ritrovato faccia a faccia con uno scarabeo Hercules.
“OU!” gemette, e poi sorrise appena mentre l’insetto si arrampicava sulla sua faccia, costringendolo ad incrociare gli occhi come se fosse strabico. “Ne ho trovato uno! Pensa che io sia simpatico!”
Ace rise nel vederlo fare quell’espressione ridicola, quindi utilizzò un buco nel tronco come leva per arrampicarsi, in modo da riuscire ad afferrare Rufy per la vita e a riportarlo giù. Una volta che ebbero i piedi ben saldi a terra, scoppiarono nuovamente a ridere perché l’insetto era ancora ancorato al viso di Rufy.
“Come dovrei chiamarlo?” chiese, rilasciando un leggero risolino mentre l’insetto si spostava dal naso alla guancia, facendogli il solletico con le zampe.
“Hmmm,” pensò Ace a voce alta. “Atlas!”
"Atlas~!" Ripeté Rufy, ed alzò una mano per togliere con attenzione l’insetto dal suo viso, ridendo nel vedergli agitare le zampe. “Ciaaaao~ Atlas!”
Lo tenne poi all’altezza del viso di Ace, per mostragli il suo nuovo amico, che venne ispezionato con titubanza. “Che bello…!” sussurrò lui. “Hei, vediamo se ne troviamo degli altri!”
Garp e Dadan li videro scomparire di nuovo tra i cespugli, uno orgoglioso e l’altro incerto.
“Spero che tu sappia cosa stai facendo, Garp,” mormorò il secondo, mentre impilava i piatti vuoti e le tazze da tè.
L’altro non replicò, continuando ad osservare il punto dove i due ragazzi erano scomparsi, e percepì le loro risate distanti con un sorriso sicuro sul volto.

  
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