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Autore: dirtytrenchcoat    29/09/2010    5 recensioni
Il mio sguardo si posò su un ragazzo che passava lì davanti. Era con i suoi amici, ma notai solamente lui. Lo ricordo perfettamente quel momento, come se non fossero passati 365 giorni, ma uno o due. Era basso, un nanetto, come ancora lo chiamo io. Aveva i capelli castani con un ciuffo adorabile che gli ricadeva sul viso tenero da bambino, gli occhi grandi, color nocciola, che brillavano e sotto il sole diventavano verdi, un sorriso così dannatamente dolce e sincero, così contagioso, che l’avrei fissato per ore, mi aveva fatto sciogliere l’anima.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Frank Iero
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Frank Iero e i MyChem non mi appartengono, i fatti narrati non sono reali. u___u (E Pansy non esiste, poverina. D:)
So che avevo promesso di postarlo presto, maaaa ho iniziato la scuola e ho avuto pochissimo tempo. E poi, lo ammetto, è stato duro da partorire eh. Ci ho messo un bel po'. D:
Mi scuso per eventuali errori, ma sono di corsa e non posso ricontrollare.
Peace;



Il treno si ferma. Le porte si aprono.
Sta diluviando e fa freddo. Non ho nemmeno l’ombrello.
Scendo a fatica dal treno, la mia valigia pesa quintali. La stazione è vuota. È una cosa deprimente, direi. Non c’è un’anima neanche a pagarla. Nessuno che mi aspetta, nessuno è venuto a prendermi.
Le strade sono semi-vuote. Ma perché mi faccio queste paranoie? È normale: piove.
Immersa nei miei pensieri, quasi vado a sbattere contro qualcuno.
È tutto così uguale, comunque. Ogni cosa è come l’ho lasciata un anno fa.
La zia è sulla porta che mi aspetta.
«Pansy!»
Le sorrido e l’abbraccio. È invecchiata un po’. Le rughe sul suo volto la rendono tenera.
Lei mi abbraccia forte e mi invita ad entrare.
Nella mia stanza non è cambiato nulla. Disfo i bagagli e scosto un po’ le tende.
La finestra è chiusa. La sua finestra è chiusa.
Mi sento turbata. Non so come mai.

«È un problema se esco stasera, zia?» chiedo mordendo una mela.
«Problema? No, no. Figurati!» mi bacia con tenerezza sulla fronte, come faceva sempre. Il suo bacio mi lascia un piacevole tepore che fa svanire di poco quel senso di inquietudine che mi attanaglia lo stomaco.
«Perché non esci adesso, invece? Almeno c’è ancora luce.»
«Hai ragione» sorrido, prendo l’ombrello, afferro il pacchetto che avevo lasciato sul divano ed esco.
Voglio giusto fare due passi, niente di più.
O forse spero dannatamente di incontrare Frank.
Okay, la seconda.
Cammino lentamente, godendomi il vento che mi scompiglia i capelli. Stringo forte il regalo per Frankie, sorridendo. Gli piacerà, ne sono certa.
Non so esattamente dove sto andando. Giro senza meta, mille pensieri mi affollano la testa, sono confusa. Eppure dovrei essere felice.
Distinguo qualche sagoma da lontano. Un gruppo di ragazzi. Mi sembra di vedere Frank.
Mi avvicino.
E sì, è Frank. Riconosco perfettamente la sua figura asciutta e bassa, i capelli bagnati e appiccicati sul volto e quel sorriso capace di aprirti l’anima in due che mi era mancato come manca l’acqua nel deserto.
Il cuore mi batte sempre più forte. Vorrei correre, ma sono sicura che cadrei distesa sull’asfalto.
C’è Gerard. E suo fratello, anche. Mikey. Vedo Ray, Jamia e un altro paio di ragazzi intenti ad accendersi una sigaretta sotto la pioggia.
Jamia ride.
È bella quando ride.
Nessuno di loro mi ha ancora vista. Cerco di prepararmi qualcosa da dire.
E poi basta. Mi crolla tutto. Il regalo, l’ombrello, il cuore. La pioggia mi scorre sul volto e si mischia alle mie lacrime. Rimango paralizzata, al centro della strada, come una statua. Ferma, immobile. Si è fermato tutto. Si è fermato il respiro, si è fermato il sangue che mi scorreva nelle vene e si è fermato il tempo nell’istante esatto in cui lui l’ha baciata.
E sono ancora lì, infatti. Lei che gli passa le mani attorno al collo e lui che le stringe la vita; noto i loro sorrisi sulle labbra dell’altro, mentre il bacio si fa sempre più appassionato.
E fa… male.
Jamia si stacca lentamente e rimane a pochi centimetri di distanza dal volto di Frank. Lui la guarda, sognante, le accarezza una guancia, le scosta i capelli dal viso.
Io, be’, penso di essere morta.
«Hey.»<
Giro la testa con una lentezza innaturale, sorpresa di riuscire ancora a comandare il mio corpo.
«Hey» rispondo a Gerard, che si era materializzato di fianco a me. Apparso dal nulla, sì.
«Mi dispiace» dice solo questo e si zittisce. Lo apprezzo, in fondo.
«Anche a me» la mia voce mi suona innaturale. Non mi sembra la mia. Non mi sono nemmeno resa conto di aver parlato. Ma sono io quella ragazza? O sto guardando la scena da fuori? Questo è il mio corpo, la mia anima dov’è?
Giro nuovamente la testa. Frank mi sta guardando. Si avvicina a me, a testa bassa, le mani infilate nelle tasche dei jeans.
Gerard mi sorride e si allontana, mentre Frank mi si piazza davanti.
Cosa devo dire?
Tutto.
Niente.
«Ascolta, Pansy…»
E già quando qualcuno inizia così, finisce male. Ma io non voglio ascoltare, cazzo. Voglio tornare ad un anno fa, quando eravamo io e Frank, non Frank e Jamia. Quando ridevamo, mangiavamo cinese, lavavamo la sua fottuta macchina e facevamo l’amore sul divano di mia zia. Cos’ ha significato tutto questo per lui? Devo chiederglielo, ma non ci riesco.
«Sono molto affezionato a te, davvero. Non pensare che la nostra sia stata solo una breve storiella estiva senza alcun significato, solo per divertimento. Perché non è stato così…»
«Ah no, Frank?» riesco a parlare? E con questo tono duro? «Dimmelo, allora, cosa ha significato tutto questo, cosa sono stata io per te. Cosa sono adesso. Cosa, Frank? Cosa
Lui mi guarda e piega leggermente la testa da un lato, aggrottando la fronte. «Non lo so. Ma tu significavi tanto per me, te lo giuro.»
«Perché dovrei crederti?»
Non risponde. Perché non risponde? E perché vedo un qualcosa che sembra sofferenza nei suoi occhi? Forse è solo senso di colpa. Forse è la pioggia. Forse finge.
«Jamia è la mia ragazza da anni. Lasciarla era stato un terribile sbaglio. È la donna della mia vita.»
«Okay, Frank Iero, goditela, ma sappi che non puoi giocare con i sentimenti delle persone come ti pare e piace. Ancora ancora io, va bene, io che non sono nessuno, che non conto niente, che ti ho frequentato solo per una settimana, ma Gerard… Gerard, Frank. Il tuo migliore amico.»
È sorpreso che io sappia. Apre la bocca, ma non dà fiato e la richiude. Penso stia piangendo. Forse è solo la pioggia. Forse finge.
«Gerard è… un altro discorso. Io…»
Tu. Tu. Tu. Lui, sa pensare solamente a se stesso.
«Non è questo il punto, Pansy. Non mi sono fatto sentire perché io sto con Jamia, capisci? Non potevo… permettermelo. E pensavo che a te fosse passata… Io non so che dire.»
«Non dire niente» afferro l’ombrello da terra e mi incammino verso casa.
«Sappi solo che ci tenevo a te, Pansy, davvero!»
La voce mi arriva lontana, come se fossi chiusa in una bolla di sapone. Ho pianto tutte le mie lacrime, sento una stanchezza millenaria sulle spalle. Cerco di sorridere a Gerard quando gli passo di fianco. Poi arrivo a casa, faccio la valigia, bacio mi zia e la lascio incredula sulla porta mentre torno alla stazione.

*

«Sono a casa!»
«Okay, Pansy. La cena sarà pronta fra mezz’ora.»
Salgo in camera e mi sdraio sul letto. Odio la mia camera. Non vedo l’ora di andarmene di casa. Ma forse ha ragione mia madre, in fondo, a vent’anni si ha il cervello di un bambino di nove.
Accendo la tv. Non la guardo quasi mai, ora che ci penso, preferisco la radio, ma ogni tanto la noia è così densa che mi spinge a guardarla.
Zapping.
Niente.
Dibattito politico, reality show, video di Britney Spears, film per dodicenni arrapate.
Sospiro e torno sul video della Spears, sperando di trovare qualcosa di più decente dopo.
E poi un riff coinvolgente invade il silenzio della mia stanza e appare sullo schermo un ragazzo a me familiare. I capelli neri scompigliati, la maglia dei Motorhead, la mano che si muove a ritmo della musica.
«G-Gerard» sussurro, sgranando gli occhi.
E Mikey, dietro di lui, con una t-shirt verde. Poi inquadrano un capellone. Ray. Ray, è sicuramente Ray.
È un video scuro.
Una macchia blu attira la mia attenzione per un istante. Mi metto seduta, avvicinando il viso al televisore.
Noto Matt, il vecchio ragazzo di Gerard, alla batteria.
E la musica continua.
Di nuovo blu. La macchina è una maglietta. Una maglietta indossata da un ragazzo. Da Frank.
Ci metto un po’ a realizzare il concetto.
Lo vedo, dietro a Mikey, che si scatena come solo lui sa fare. Muove il busto avanti e indietro, in sincronia con la sua chitarra e, oh, è meraviglioso. Si è fatto un tatuaggio. Uno scorpione, sul collo.
«The amount of pills I'm taking counteracts the booze I'm drinking
Sono letteralmente incantata. Sembro ebete.
E poi eccolo, ancora, Frank Iero. Sento la sua voce dopo tutti questi anni. E non importa che stia urlando come un disperato, è bellissima. Lui è bellissimo.
Mi si ferma il cuore.
«And you can cry all you want to, I don't care how much!»
Sono meravigliosi. Loro, la loro musica. Io non riesco a crederci.
«And you can’t keep my brother and you won’t fuck my Frank…» Frank? Oddio, ha detto Frank? Forse sono idiota.
La canzone finisce. È stupenda.
Mi alzo e corro ad accendere il computer.
Google. Frank Iero. Immagini.
Scorro la pagina sorridendo, gli occhi che diventavano lucidi. All’improvviso noto una foto. Frank con una chitarra. Una chitarra bianca. C’era scritto Pansy. Una chitarra che si chiama Pansy. Pansy. Io mi chiamo Pansy. Pansy. Pansy, come me.
Una lacrima mi riga il volto, scendendo fino alle labbra curvate in un sorriso.


Tadan! D: Allora, dico subito che il video di cui parlo è proprio il primo videoclip dei Chem, Honey, this mirror isn't big enough for the two of us. <3 Nel booklet del disco c'è scritto 'and you can't keep my brother and you won't fuck my friends' ma a me sembra che dica 'Frank' e quindi dice Frank, punto e stop. u.u Frerard lives.
No, okay, serietà. Grazie a chi ha seguito questo fiasco di ff. Grazie, danke, gracias, thanks, merci. Non conosco altre lingue, sorry.
Tornerò presto. è.é
Love ya! <3 Bye, Vals.
   
 
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