Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: _hurricane    30/09/2010    15 recensioni
[contiene spoiler sull'episodio 12 di Kuroshitsuji II]
la vita di Ciel ormai è cambiata per sempre, e insieme ad essa anche quella di Sebastian. Ma che succederebbe, se Ciel decidesse di lasciarlo andare?
- un Ciel Phantomhive demone, ma più umano che mai.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ciel Phantomhive, Sebastian Michaelis
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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8. Il suono dell'eternità.

 

Credo fermamente che quel giorno abbia cambiato la mia vita. Un po’ ridicola come cosa da dire per me, visto che non c’è stato giorno che io non abbia dovuto scegliere. Scegliere se vivere o morire, se lasciarmi andare o combattere, se essere un demone o un umano. Sono giunto però alla conclusione che quel giorno fu il più importante di tutti, perché fu la vita a scegliere per me. Mi feci trasportare dal suo flusso eterno, dalla natura delle cose, dalla mia natura. Il mio petalo bianco, il mio tentativo di restare puro, innocente e immacolato, alla fine si era rivelato un’illusione… una costruzione della mia mente, desiderosa di avere sempre e comunque il controllo. E invece, paradossalmente, proprio quando decisi di abbandonarmi a ciò che ero ebbi la sensazione di poter dominare il mondo. Perdendo il controllo del mio corpo, avevo acquisito quello dell’anima del contadino. Era questo il trucco: fidarsi dell’istinto, smettere di pensare, di fare congetture e supposizioni, di porsi inutili domande o abbandonarsi a futili rimorsi. Per la prima volta nella mia vita mi ero sentito in pace con me stesso, proprio nel compiere l’atto più sbagliato, il crimine più grave, il peccato condannato da tutte le morali e le religioni. Ma il punto era che io stesso ero peccato. Il mio essere era in perfetta sintonia con quello che avevo fatto, perciò mi sentivo così bene. E’ come quando una persona inizia un mestiere, e si rende conto di essere nata per farlo. Da quel giorno io sentii di essere nato per tentare le anime a peccare, e poi peccare io stesso. Finalmente non sentivo più il peso opprimente di tutte le mie sensazioni umane: il rimpianto, la compassione, il dolore, il senso di colpa. Il re dei sogni alla fine era riuscito a sconfiggere i suoi incubi.

I giorni seguenti non furono degni di nota. La fame non si fece risentire per un po’, cosa che mi rese incredibilmente tranquillo e rilassato. L’unica pecca alla mia pace dei sensi era il fatto che avevo gli stessi vestiti da troppo tempo; così, al primo corso d’acqua, colsi l’occasione per lavare sia loro che me. Me li sfilai di dosso e li immersi nell’acqua fresca, sfregandoli contro le pietre del basso fondale. Poi li misi ad asciugare sul ramo di un albero vicino, tornai sulla riva e mi lasciai scivolare nell’acqua. La corrente lenta e regolare sbatteva contro il mio petto e accarezzava dolcemente le mie mani, lavando via il peccato dalla mia pelle. Mi sfiorai la mano destra, che fino a pochi giorni prima era marchiata; rimpiansi quel disegno perfetto, che mi ricordava in ogni momento che avevo uno scopo e che rappresentava abbastanza bene ciò che ero: una rosa avvolta dalle sue stesse spine. Un essere in origine puro e delicato, corrotto dalla malvagità maldestramente nascosta dai suoi petali bianchi. Non la malvagità del mondo, ma la malvagità insita nella sua natura. Il bene che si trasforma in male, e il male che si trasforma in bene.

 Erano passati dieci giorni da quando avevo lasciato libero Sebastian, e di tanto in tanto mi domandavo cosa stesse facendo. Chissà quante anime aveva già avvolto nella sua morsa fatale… chissà quante persone erano state ammaliate dal suo viso rassicurante ma allo stesso tempo dannatamente tentatore. Chissà quante persone, come me, si erano servite di lui per dare un senso al loro odio. Avrei voluto vederlo, per raccontargli la mia scoperta nella villa di Lord Sorrow e poi l’esperienza della mia prima anima. Ma forse sarebbe stata una cattiveria, visto che sicuramente avrebbe immaginato me al posto del contadino, e sé stesso al posto mio. Eppure, mi piaceva pensare che sarebbe stato fiero di sapere che ce l’avevo fatta da solo, anche senza di lui che mi vestiva o mi preparava da mangiare. Gli avrei dimostrato che da demone ero molto più indipendente che da umano. La notte di quel decimo giorno mi addormentai sotto le stelle, come sempre. Ma quella notte fu diversa dalle precedenti, perché sognai per la prima volta da quando avevo preso l’anima del contadino. Mi correggo: credevo di sognare, ma non era così. Ero di nuovo nel prato di petali bianchi e neri, avvolto da una brezza leggera che rendeva l’atmosfera surreale, eterea. Chiusi gli occhi, per concentrarmi meglio sul lieve ululato di quel vento fresco e delicato, che faceva danzare intorno a me una miriade di petali.

‘Signorino…’

No, quello non era il vento. Spalancai gli occhi, e il mio respiro si fermò. A una decina di passi da me, Sebastian mi fissava con un sorrisetto compiaciuto stampato sul suo viso perfetto e immutabile. ‘Si, sono proprio io. Vi ho cercato a lungo, sapete? La storia del contadino oppresso che si arricchisce con la morte del padrone, per poi morire subito dopo, beh… è sulla bocca di tutti. Ma soltanto io, tra tutti, ho capito che doveva esserci di mezzo un demone appena nato, inesperto e affamato. Uno che non fa distinzione tra anime mediocri e anime per cui vale la pena lottare e soffrire.’ La mia faccia passò dallo stupore al disappunto: ‘Mi rivedi dopo dieci giorni, e la prima cosa che fai è insultarmi?’ risposi inarcando un sopracciglio. ‘No, signorino, è una semplice constatazione. La fame dei primi tempi è la peggiore, la più difficile da sopportare; il fatto che siate riuscito a resistere, in quei mesi in cui eravamo ancora nella vostra villa, vi rende un demone degno di stima e ammirazione. Non mi sorprende che abbiate approfittato della prima anima dispersa che vi sia capitata a tiro. E’ un peccato però, che lo abbiate fatto senza che lo potessi vedere… sarebbe stato interessante.’ Il sorrisetto era ancora lì, quella smorfia di presunzione che mi aveva sempre dato ai nervi, ma che adesso non mi dispiaceva affatto. Avrebbe voluto vedermi, mentre tentavo di somigliare a lui in ogni mio gesto. Ma nonostante questo bastasse a rendermi felice, volevo sapere dove voleva arrivare con quel discorso. ‘Sebastian… perché siamo di nuovo qui? Perché mi hai cercato?’ ‘Perché ancora una volta voi mi avete sorpreso, signorino. Lo avete fatto quando avete detto di no ad Angela, che voleva cancellare i vostri brutti ricordi nella biblioteca degli shinigami; quando vi siete lasciato cadere dal ponte di Londra, e quando mi avete concesso la vostra anima chiedendomi di farvi più male possibile. Ma mai, mai mi avevate sorpreso quanto quel giorno, su questo stesso prato. Avrei dovuto dirvelo subito, senza permettervi di andare via, ma non sapevo ancora cosa volevo... perché in quei mesi accanto a voi dopo la trasformazione, più volte ho desiderato di uccidervi.’ Calò il silenzio; persino il vento ammutolì, per le mie orecchie. Avrei dovuto aspettarmi una frase del genere… aveva tutto il diritto di odiarmi. Il destino, o più che altro Alois Trancy, aveva beffato entrambi, ma forse più lui che me.

Sebastian si accorse che quella frase mi aveva colpito come una freccia al cuore; sorrise nuovamente, e continuò: ‘Non è più così adesso, se è ciò che state pensando. In quei mesi vi ho odiato, perché non avete pensato nemmeno per un attimo alle conseguenze che la vostra trasformazione aveva avuto su di me. Mi sono sentito profondamente ingannato da voi: dopo che su quell’isola stavate per concedermi la vostra anima senza riserve, sembravate quasi entusiasta di non averlo fatto. E’ vero, vi lamentavate di continuo della fame, o delle domande della gente… Cose futili, per me. Avete speso il vostro tempo a preoccuparvi di questioni superflue, senza mai arrivare al punto: voi siete vivo. Non importa quale sia il motivo, o il modo in cui lo farete: voi siete vivo, adesso. Avete perso la vostra anima, ma l’avreste persa comunque; quindi non siete voi a dovervi lamentare. Pensavo questo, mentre continuavo a svolgere le mie mansioni, come sempre. Pensavo alla vostra anima indifesa su quella fredda panchina, alla benda lentamente sfilata dal vostro viso, ai miei occhi accesi di desiderio... Ma poi, su questo prato, mi avete dimostrato che in fondo anche il mio destino aveva un valore per voi. E pochi giorni dopo, quando ho intuito ciò che siete riuscito a fare senza di me… ho capito che era giunto il momento di tornare.’ Ogni frase era scandita da pause perfette e regolari, come una cantilena ipnotica e ammaliante. ‘Tornare?’ chiesi, desideroso di sapere che non me lo stavo affatto immaginando. ‘Si, signorino. Tornare al vostro fianco, ma non più come maggiordomo. Adesso che sapete cosa si prova ad appropriarsi delle anime umane, potete finalmente comprendermi a pieno. Possiamo vivere alla pari, due creature che si compiacciono della loro natura e vivono in sintonia, nel compiere ciò per cui sono state create.’ Il sorriso che lentamente si allargò sul mio volto fece capire a Sebastian che non c’era bisogno di udire un ‘si’ dalle mie labbra. Si avvicinò, e iniziammo a camminare fianco a fianco, verso il nulla. Di colpo mi fermai: un pensiero stupido, alquanto infantile e capriccioso a dire il vero, fremeva per essere espresso. ‘Cosa c’è?’ mi domandò Sebastian, preoccupato. ‘No, niente… una cosa un po’ stupida.’ ‘Mi piacerebbe saperla: in fondo, non credo di avervi mai sentito ammettere di dover dire qualcosa di poco intelligente.’ Gli lanciai un’occhiataccia delle mie, ma decisi di accontentarlo. ‘Sebastian… pensi che da ora in poi mi chiamerai Ciel?’. ‘No, non credo’ rispose. ‘Chiamarvi signorino mi ricorda in ogni momento quante cose sono stato disposto a fare per la vostra anima, cose di cui non mi pento. Mi ricorda la vostra capacità di tenermi testa, la vostra sfacciataggine e la vostra temerarietà nel provocarmi continuamente col vostro sguardo di sfida. E mi ricorda che sono stato un diavolo di maggiordomo, sempre e comunque.’ ‘Si, lo sei stato’ dissi istintivamente. ‘E io non lo dimenticherò.’ Sebastian mi sorrise, e inaspettatamente esclamò: ‘Oh, quasi dimenticavo! Mi tolga una curiosità, signorino… come ha fatto a uccidere quel vecchio signore, senza destare alcun sospetto?’ ‘Sono il re dei sogni, ecco come! Ma è una storia lunga da raccontare…’ risposi con un sorrisetto vanitoso. ‘Beh, abbiamo così tanto tempo.’

 

Da quel giorno io e Sebastian non ci siamo mai più separati. Viviamo senza preoccuparci del futuro, imparando l’uno dall’altro, ma soprattutto imparando a conoscerci davvero. Tutto mi appare più chiaro e sensato, perché ora vedo con i suoi occhi. Sento di poter avere il mondo nel palmo della mia mano, ogni volta che un’anima si piega indifesa alla mia volontà, e la psiche degli umani non ha più segreti per me. Conosco i loro desideri più profondi, le loro paure più inconfessabili, e li plasmo a mio piacimento. Ma quel ‘signorino’… non riuscirò mai ad abituarmi, perché ogni volta è come se fosse la prima. Una dolce melodia di note mai sentite; un richiamo incantato, come il ricordo di un sogno. Se l’eternità avesse un suono, sono certo che sarebbe quello della voce perfetta di Sebastian, che pronuncia il mio nome.

 

~The End~

 

   
 
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