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Autore: Luine    30/09/2010    1 recensioni
Quando mi hanno regalato questo diario per il mio dodicesimo compleanno, non credevo che mi sarebbe stato tanto utile. Credevo che sarebbe rimasto intonso come quando l'ho scartato. E, invece, eccomi qui a scrivervi sopra e a raccontare la mia (strana) vita.
Mi chiamo Ken Iccijojji, vivo a Tokyo con i miei genitori, Videl e Gohan, e con mia sorella maggiore, Pan.

Kenny ha dodici anni, una sorella maggiore alquanto turbolenta e una situazione familiare decisamente movimentata. A causa del terrore di sua madre di vederlo diventare come Pan, si ritrova iscritto in una scuola speciale per ragazzini problematici che già da subito si rivela essere una vera e propria caserma militare.
Tra paure, insegnanti molto duri, amici fidati e misteriosi, incomprensioni, equivoci e risate, si snodano le vicende di Kenny che come valvola di sfogo ha il suo diario, sul quale annota le sue più intime paure e i fatti di vita quotidiani, cercando di convincere se stesso che, forse, poteva andare peggio.
[ Dragon Ball, Digimon 02, Gundam Wing, What a mess Slump e Arale, e altri ]
Genere: Comico, Commedia, Parodia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Le lezioni al primo anno

Non c'è mai un attimo di tregua


24 Novembre


Arale non mi ha parlato per tutto il resto della sera e pure per tutti i giorni successivi. Ormai sono dieci giorni che non mi calcola neanche di striscio; ci incrociamo di fronte ai bagni e gira la testa dall'altra parte, ci vediamo a lezione e comincia a fischiettare o a cantare oppure si inserisce in conversazioni che fino ad un attimo prima non le erano minimamente interessate. Sembra fare di tutto per evitare me, Alex e Frank, con i quali ho riallacciato i rapporti.

Con loro, mi dispiace ammetterlo, mi trovo meglio, non perché Arale sia antipatica, ma perché evito di pensare a cose strane come mafia e soldi sporchi. Più guardo Frank e Alex e meno mi sembrano i tipi che farebbero cose del genere; sono ragazzi simpatici, con cui si può fare una risata e parlare di qualunque cosa senza preoccuparsi di passare per scemo. Nessuno di loro due mi rinfaccia mai di essere poco perspicace o mi dice di stare attento a questo o a quello; da quando sono con loro, mi sembra di vivere meglio, anche perché non mi sento costretto a nascondermi o a dovermi vergognare come un ladro, parlando male di altri miei amici; anche se ci stavo male perché non eravamo tutti insieme, non dovevo nascondermi come un ladro, in preda alla paura.

Mi sembra che tutte le congetture fatte da Arale siano così strampalate, che mi sono ritrovato a riderne anch'io, nel buio della mia mente: non mi è sembrato giusto rivelarlo ai ragazzi che poi se la sarebbero sicuramente presa con lei. Non mi andava che ci fossero altre inimicizie e crepe, più di quelle che si erano formate.

Arale, adesso, cerca maggiormente la compagnia di Trowa Burton, o di Heero Yuy, ma loro non le danno molta corda e lei se ne va scornata. Mi dispiace e vorrei anche sedermi vicino a lei, ma l'ultima volta che ci ho provato, lei è scattata in piedi e se n'è andata.

Frank, quando ne ho parlato, si è stretto nelle spalle e si è accigliato. «E' lei ad aver spalato merda su Alex, la maggior parte delle volte! Che se ne stia dove vuole!»

Non so come lo abbia scoperto e non gliel'ho chiesto. Mi sono vergognato come un ladro, però: come aveva scoperto di lei, avrebbe potuto scoprire che anche io avevo fatto delle indagini per lei e così, senza quasi accorgermene, ho vuotato il sacco. Tutte le congetture, i vari inseguimenti, Ernesto, la Johnson, Heero, il Sergente. Tutto.

A proposito di Ernesto, mi ha fermato, qualche giorno fa.

«Ehi, sciao. Che ti ha detto Phan?»

Ci ho messo un po' a capire che "Phan" era mia sorella. Non mi sembrava che l'altra volta l'avesse chiamata così, a causa dei suoi dentoni sporgenti.

«Le hai pharlato?»

«Ehm...» ho optato per una bugia e non so neanche come mi sia uscita, al momento giusto. Chissà come mai non mi riesca mai quando mi trovo faccia a faccia con le autorità. «Sì, beh, sai... in questo periodo, con la cucina, lo studio e tutto il resto. Mi ha detto... mi ha detto che... finché non sarà passato, che è meglio... evitare... sì, evitare... di pensare al, ehm, amore.»

Ernesto mi è parso deluso, ma poi mi ha abbracciato e mi ha detto: «Grazie, davvero, scei un amico. Quando il periodo sciarà pasciato, glielo ricorderai, vero?»

Ho annuito, ma avevo già deciso con me stesso che avrei fatto finta di dimenticarmene.

Ma non dovevo parlare di questo. Dicevo di Arale e del fatto che avessi vuotato il sacco con Alex e Frank che, una volta finito il mio racconto, si è alzato di scatto dal suo letto, indignato, strappando anche delle proteste dal moribondo Matt Ishida. Alex no. Alex ha cominciato a ridere come un matto: si è buttato sul suo letto e ha cominciato a scalciare via le coperte, stringendosi la pancia.

«Alex, la vuoi smettere?» ha chiesto Frank. «Guarda che è una cosa seria! Ti rendi conto di quello che...» si è interrotto, quando ha visto che Alex non accennava a smettere.

«E così è stata lei a mettere in giro quella meravigliosa stronzata sulle armi chimiche! Ah, la adoro!»

«Quali armi chimiche?» ho chiesto. Di tutte le cose che lei aveva detto sul suo conto, le armi chimiche mi erano nuove.

«Ah. Non è stata lei?» Alex si è rimesso a sedere, a gambe incrociate, togliendosi dall'occhio destro una lacrima e ancora ridacchiando. «E allora chi è stato? Quella era davvero speciale! Mi piacerebbe stringergli la mano, se lo incontrassi.»

Ma non abbiamo mai scoperto chi potesse essere stato. Arale non parla e neanche le misteriose fonti di Frank che mi ha tenuto il muso per un paio di giorni, prima che Alex lo prendesse da parte.

«Senti, Frankie, io non me la prenderei più di tanto. Arale riuscirebbe a mettere nel sacco anche l'Imperatore. E poi, pensaci, è troppo divertente!»

«Non è divertente un corno! Ci hanno preso per mafiosi.» ha replicato Frank, accigliato.

«Non farla tanto lunga. Se vedono che ti incazzi, lo faranno di più. Cavolo, se avessi saputo che veniva fuori questo casino, l'avrei detto prima di essere stato in riformatorio! Ehi tu!» aveva additato un ragazzino alto poco più di una sedia, anche lui del primo anno, che era trasalito. «Lo sai che sono un ex-galeotto?»

Il ragazzino è scappato via strillando. Alex rideva a più non posso. E io rimanevo sempre più perplesso.

«Frank, dico davvero, smetti di avercela con Kenny. Siamo in caserma e credo che la cosa migliore da fare... come diceva sempre Heero? Sì, dice che dobbiamo essere tutti uniti. Lui lo dice per il contrabbando, ma immagino che sia la stessa cosa. Su, stringetevi la mano e quel che è stato è stato!» ha detto, mettendosi tra noi in posa solenne. Anche Frank era molto impettito e io non sapevo bene cosa fare: mi metteva in soggezione, questo devo ammetterlo, e non riuscivo a guardarlo negli occhi per più di un paio di secondi. Alla fine, ha sospirato.

«E va bene.» ha ceduto. «Ci conosciamo da poco, però sei stato leale: ci hai detto subito come stavano le cose e questo è da apprezzare, in un amico.»

Non sapevo cosa dire, ma sono stato felice di sentire quelle parole uscire dalla sua bocca. Non pensavo neanche di meritarle. Ci siamo stretti la mano e, davvero, mi sono sentito quasi in pace con me stesso.

Se solo Arale avesse deciso di perdonarci, sarebbe tutto andato per il meglio, ma Frank, su questo punto, è stato irremovibile: subito dopo aver sciolto la nostra stretta di mano, si è rivolto ad Alex. «Non intendo perdonare quella voltafaccia, chiaro?»

«Ah, Frank, tu non hai proprio senso dell'umorismo!» ha sbuffato Alex, ma non ha preteso di fare pace anche con Arale.

Credo di aver fatto male a non dire niente, magari avrei potuto ottenere qualcosa, ma forse avrei potuto incrinare la mia appena ritrovata amicizia con Frank e ho evitato di tornarci su. Mi sono comunque ripromesso che, quando le acque si fossero un po' calmate, avrei risollevato la questione: non mi piace che il nostro piccolo gruppo sia così diviso.

Intanto Pan continua imperterrita a preparare piatti immangiabili.

«Invece di migliorare, peggiora.» ha detto Alex, ieri sera, quando a tutti i tavoli è stata servita una zuppa color puffo, chiazzata di bianco (forse formaggio). «Forse ne ha presi un paio, li ha scuoiati e li ha messi qui dentro... sai, ho sempre pensato che somigliasse un po' a Gargamella...»

Al nostro tavolo, abbiamo riso tutti, persino Arale. Sembrava tutto tornato alla normalità, ma quando è finita l'ora di cena, lei se n'è andata per conto suo, proprio come ha fatto Pan a cui tutta la caserma lancia occhiatacce torve.

Studiamo e non mangiamo. Persino la Une sembra deperita e poco reattiva, tanto che non si accorge che sono spesso distratto. Non è colpa sua, come per Bristow che, in questo periodo, sembra essere diventato ancora più soporifero. Sarà che l'inverno è ormai inoltrato per cui i termosifoni sono sempre accesi e in aula c'è un teporino niente male, sarà la sua voce, fatto sta che quando la campanella suona, l'ora sembra essere appena cominciata e sul quaderno degli appunti c'è solo la data del giorno. Ma probabilmente è perché non mangiamo molto.

Se sono distratto con la Une è perché sono accanto ad Arale e, anche se non cerco di fare conversazione, mi arrovello di trovare un modo per riuscire a fare tutti pace. Stamattina ho trovato il coraggio di parlarne con i miei amici; Frank si è stretto nelle spalle, mentre Alex mi ha guardato e ha detto: «Senti, Kenny, te l'ho detto, se mette voci in giro sul mio conto e quello del padre di Frank a me non viene niente... cioè, io mi diverto un mondo e basta. Però, se lei non vuole stare con noi, mica possiamo costringerla, ti pare?» Mi ha rivolto un enorme sorriso. «Peggio per lei. Si perde la compagnia del più farabutto della caserma!»

E si è messo di nuovo a ridere come un matto.

«Ma se voi spiegaste come stanno le cose...» ho detto (e mi è sembrata la soluzione migliore di tutte quelle che mi sono passate per la testa). «Se tu spiegassi il motivo per cui sei finito in galera... la gente smetterebbe di fare congetture e anche Arale!»

Lui ha alzato le spalle. «Ti dirò, questo posto non mi è sembrato così spassoso come quest'anno. Te l'ho detto: vorrei aver scoperto prima che era così! Ma tu che stai facendo?»

Mentre parlavamo, eravamo in biblioteca e Pan mi aveva nuovamente incaricato di svolgere il suo tema giornaliero sui coltelli e stavolta proprio non so che cosa ho scritto. Continuo a scrivere banalità su banalità, ma Pan non si è mai lamentata, anche perché continua a non voler leggere ciò che scrivo. Ma finché va bene alla Une e a Pan, va benissimo pure a me.

Quando l'ho spiegato, Frank si è accigliato proprio come Arale e, proprio come Arale, ha detto che non avrei dovuto farlo. Neanche lui pare voler capire che cosa significa avere a che fare con Pan, sarà che si stanno lontani a vicenda perché non si sopportano, mentre Alex mi ha appoggiato e, anzi, ha deciso che mi avrebbe dato una mano.

Frank ha scosso la testa, contrariato.



14 Dicembre


Sono venti giorni esatti che non scrivo più una riga. Probabilmente se i diari avessero una vita propria, il mio direbbe che lo trascuro un bel po' e probabilmente avrei continuato a farlo, se non fosse successa una cosa che...

Beh, ancora più probabilmente, questo diario direbbe che sono un approfittatore, ma non è colpa mia se dall'inizio di questo mese la nostra routine è diventata ancora più serrata. È cominciata praticamente il lunedì successivo al mio ultimo sfogo, mentre correvamo intorno alla palestra, piegandoci a ogni mezzo giro per toccarci le punte dei piedi.

Il Salvini ci ha detto di dover prendere delle valutazioni per la fine del trimestre e per questo dovevamo cominciare a fare delle prove fisiche di vario genere.

«Ma manca ancora un secolo alla fine del trimestre!» ha protestato Pan. E, per la prima volta dopo mesi, qualcuno si è arrischiato a fare cenni di assenso: Pan non è molto ben vista, in caserma, soprattutto perché ormai è più di un mese che ci affama tutti. «Non crede che sarebbe il caso di farci continuare a non fare una sega?»

«Ehm...» il Salvini sembrava un po' frastornato da quelle parole e si è grattato il capo. «Veramente mancano solo tre settimane... dobbiamo mettervi delle valutazioni da mandare a casa e...»

«Ci fotte una sega!»

In questo periodo, mia sorella è tornata sboccata come un tempo, forse per via dello stress. O così direbbe la mamma, credo.

Jack Bristow è stato molto più impietoso, tanto che ha cominciato a mandarci alla lavagna a spiegargli dimostrazioni piuttosto difficili sui limiti, sui quali siamo dall'inizio del mese perché, secondo lui, dobbiamo aver già acquisito le nozioni di base alle elementari.

Il problema è che, con tutte queste prove scolastiche, più quelle militari in senso stretto, non riusciamo a stare al passo con lo studio. La Une, nell'ultimo periodo, ci fa addirittura preparare gli zaini con i mattoni e ce li fa portare in spalla per diversi chilometri, prima di farci stramazzare davanti alle porte dell'accademia. E lady Une vuole che tutti i voti siano definiti prima del 21!

Persino la Noin vuole che ci diamo dentro in previsione delle interrogazioni di fine trimestre e siamo tutti disperati.

Alex ci ha informato che lei farà un compito scritto, così non dovrà sgolarsi per farci le domande. «L'interrogazione che ha fatto a te, Ken, era per vedere se poteva reggere per diciassette persone. Ma non ce l'ha fatta con dieci, l'anno che sono arrivato io... mi chiedo perché continui a provarci!» ha sospirato.

«Forse sgolarsi significa parlare ad un tono di voce normale per un essere umano...» ha esclamato mia sorella, la sera che il nostro amico ci ha informati della faccenda.

«Si sa che gli alunni vanno col cervello in vacanza prima del tempo...» la Une l'ha detto all'inizio del mese ed ha guardato Pan, lanciandole un'occhiataccia, solo per il fatto che l'aveva interrogata e non aveva saputo rispondere a niente. «E noi dobbiamo non solo consegnarvi le pagelle, ma anche i vostri rapporti comportamentali al dipartimento della difesa. Vi consiglio caldamente di studiare, se non volete fare la fine di Ramazza!»

Il bello è che Alex è allegro come sempre e non sembra volersi mettere sotto. Il fatto è che lo capisco: con tutte le marce che abbiamo avuto in questa settimana è un miracolo se troviamo il tempo per prendere in mano un libro.

«Pan,» ha esclamato Arale, durante la marcia di ieri mattina all'alba, che ha previsto un lungo giro intorno all'accademia a passo di corsa. È una cosa improponibile e Alex ci ha detto di andare piano, dove la Une non vede. Per questo motivo abbiamo trovato il tempo per chiacchierare. Anzi che Arale fosse insieme a noi e Pan rimasta indietro per nascondere i mattoni a ridosso del muro e portare uno zaino vuoto. «lo sai che se non studi rimani qui molto più di Alex?» Ha accennato con la testa al nostro amico e si è rivolta a lui. «E tu, Alex, credi che riuscirai a passare al secondo anno, se continui così?»

Ci è parso così strano che gli parlasse che siamo trasaliti tutti, pure Frank. Ma dopo lo sconcerto iniziale, Alex ha sorriso. «Ora non cominciare a fare la Une, per favore!»

Pan non ha detto niente: in questo periodo è così di malumore che non pensa nemmeno ad insultarmi quando le passo davanti. Mentre io mi sento veramente più leggero: non so cosa abbia spinto Arale a tornare nel nostro gruppo, ma sono felice che siamo di nuovo tutti insieme. Certo, c'è ancora un po' di attrito per via di Frank, ma non mi posso lamentare.

«Che cosa vorrà?» ha chiesto. «Non siamo più tanto mafiosi?»

«La vuoi smettere di essere così burbero, Frankie?» ha sbuffato Alex.

«Perché ha ripreso a parlarci così di punto in bianco?»

«Ma che ne so!»

«Dovremmo chiedercelo, ti pare?»

«A me non importa.» mi sono intromesso.

«Questo è lo spirito!» ha esclamato Alex, battendomi una pacca sulla spalla. Frank ha sbuffato, ma non ha detto una parola. E Arale non ha mai più fatto riferimenti a mafie e cattiverie. Solo che non tutti sono ancora convinti che Alex non sia la cattiva persona che credono che sia e lui continua a spaventare i primini per farci ridere.

Comunque, durante questa settimana, apposta per i ritmi serrati a cui ci sottopongono, Mimi si è fatta prendere da una crisi di nervi e Matt Ishida, stamattina, è svenuto durante un'interrogazione con Bristow.

«Si vede che finge!» è stato il commento cattivo di Bra, durante la lezione della Une.

«Non riesco a credere che tu possa essere davvero così sciocca e superficiale.» ha replicato Trowa. «Sta male davvero ed è davvero ovvio. E' un ragazzo molto fragile, ma come posso pretendere che tu capisca, dato che sei così superficiale?»

Non si sa perché Pan abbia dovuto mettersi in mezzo, ma dove ci sono casini, lei è sempre in mezzo, soprattutto se deve mettersi contro Trowa. «Ma che cazzo vuoi? Chi vuole parlare con te, coglione?»

Lui ha risposto con uno sbuffo sdegnoso. «Ecco, non sai che dire e devi aprire la bocca per insultare.»

E l'unico commento di Pan è stato a suon di pugni, tanto che ha fatto finire il povero Trowa in infermeria. La Une ha deciso che, con questo, le ammonizioni sul curriculum saranno già due.

«Alla terza» ha concluso. «la trascinerò a forza davanti ad una corte marziale, gliel'assicuro!»

Pan l'ha guardata, annoiata. «Tutto questo per dire che...?»

La Une le ha rivolto un'occhiata raggelante; io, al posto di mia sorella, me la sarei fatta nei pantaloni. «Alzi un solo dito su chiunque in questo edificio o entro il perimetro di qualsiasi luogo io comandi e le assicuro che la sbatto in galera! Ah, e dopo le lezioni, voglio che lei e suo fratello mi raggiungiate nel mio ufficio.»

Mi si è gelato il sangue nelle vene nel sentirla parlare in quel modo e, se prima ero preoccupato per una reazione di nostra madre, in quel momento ero terrorizzato: perché ci voleva tutti e due nel suo ufficio? Forse... quei temi che Pan mi costringe a scrivere al posto suo, non sono di suo gradimento, o, ancora peggio, aveva scoperto che ero stato io a scriverli.

Comunque fosse, ho colto la palla al balzo e sono fuggito dalla classe: ho aiutato Frank a portare Trowa in infermeria, solo per accorgerci che non c'erano più posti liberi. L'infermeria era così piena, ma così piena che, se avessi lanciato un fagiolo in aria, non avrebbe toccato terra una volta tornato indietro.

La Johnson correva di qua e di là e urlava ordini a quei ragazzi che non erano seduti sui lettini, li indicava, ne faceva correre con lei altri, mentre quelli che stavano coricati la chiamavano a gran voce e, a volte, anche in coro.

«Che casino!» è stato il commento di Frank. «Infermiera?»

La Johnson ci è passata davanti sei volte almeno, prima di accorgersi della nostra presenza: stavo per cadere a terra, sotto la metà del peso di Trowa, quando, finalmente, si è fermata.

«Ah, che è successo?» ha chiesto, spiccia. «Siate veloci!»

«Pan...» è tutto ciò che ho detto. Lei ha alzato gli occhi al cielo e ha imprecato a voce altissima, tanto che ha riscosso Trowa.

«Che... che è successo... io...» borbottava.

«Non ho letti, ragazzi!» è stato tutto quello che ha detto la Johnson, schizzando via.

«Sì, ma non possiamo...» cercava di gridare Frank sopra al caos che c'era in quella stanza. Ho visto Matt Ishida, disteso su un letto e la testa reclinata quasi fosse stato morto. Devo dire che mi ha fatto davvero impressione, ma non ho potuto ignorare le mie ginocchia che mi chiedevano di sedermi.

«Ragazzi? Lasciatemi...» borbottava Trowa. «Sto bene... le do io una lezione a quella... stron-za. Pan è solo una stron-za.»

Non so perché scandisse così la parola "stronza", mi sono semplicemente piegato e messo in ginocchio, costringendo anche Frank a farlo, per non doversi tenere i tre quarti del suo peso.

«Aspetta, Ken!» mi ha detto. «Appoggiamolo al muro!»

Ho annuito e, con grande sforzo, mentre Trowa continuava a borbottare insulti senza senso contro mia sorella, siamo riusciti a farlo sedere con le spalle al muro. Il bello è che non sono potuto uscire di lì, perché la Johnson mi ha afferrato per un polso e mi ha tirato verso l'armadietto dei medicinali.

«Prendi tutti quelli scritti su questa lista, in fretta!» ha detto, velocemente, mettendomi in mano un foglietto stropicciato che aveva in tasca. Poi mi ha indicato uno scatolone. «Mettili tutti dentro quella scatola e portala vicino a quel ragazzo al letto quattro. Non dargli niente. Posali solo sul suo comodino!» è scappata via, da un malato che la stava chiamando a gran voce. «Solo sul comodino!» ha gridato di nuovo, indicandomi con un senso d'urgenza, non solo nella voce, ma anche stampata sul viso.

Il letto quattro, tanto per la cronaca, era di Matt Ishida.

Ho saltato le ultime lezioni per aiutare l'infermiera e quasi quasi speravo di poter scampare anche l'appuntamento con la Une: ero con la Johnson e questo, speravo, sarebbe valso a qualcosa, ma è stata lei a mandarmi via, dicendo che la Une aveva bisogno di vedermi. E questo bisogno si è dimostrato quantomai impellente, dato che me la sono ritrovata davanti appena fuori dall'infermeria, con un'espressione omicida stampata in faccia e accanto ad un'annoiatissima Pan che mi ha salutato con un: «Ce l'hai fatta, finalmente, paramecio!»

«Seguitemi.» ci ha detto la Une glaciale come solo lei sa essere. Non abbiamo fatto molta strada: abbiamo attraversato il corridoio fino alla sua esatta metà e siamo entrati nell'antro della strega, detto anche Ufficio della Direttrice.

Non è così orribile come me l'ero immaginato, anzi, sarebbe accogliente, se non fosse per quella grossa scrivania e quella poltrona nera al centro della stanza che incutono un certo timore, forse di più corredate di Une.

Mentre lei si sedeva, mi sono guardato un po' in giro, comunque: ai due lati della scrivania, c'erano due grosse librerie, entrambe adibite a schedari scolastici, uno per classe, e alcuni erano dedicati anche agli insegnanti. Il primo che ho individuato è stato quello di Sark e ho avuto i brividi, pensando che quello poteva essere un presagio.

Ma niente è stato come gli occhi della Une che ci hanno trafitto come lance.

«Vi chiederete perché siete qui.» ci ha chiesto, dopo averci fatto accomodare su due sedie imbottite di fronte alla sua scrivania. Pan si è buttata sulla sedia a gambe larghe e un'espressione decisamente strafottente.

«No.» ha risposto.

«Sì.» ho detto io, contemporaneamente, beccandomi un'occhiataccia da parte di mia sorella.

«Sempre il baston contrario, eh!»

«Veramente, Iccijojji, quello è il bastian contrario. Comunque...»

«Bastone, Bastiano, che differenza fa?» ha replicato Pan, interrompendola.

La Une ha sospirato e penso che l'avrei fatto anch'io, se non fossi stato troppo teso. Credo addirittura che mi sarei dimenticato come si respira, se non fosse una cosa che va fatta, volenti o nolenti.

Ma nessuno ha detto altro e un lugubre silenzio che mi è parso fin troppo lungo è calato sulla stanza. Riuscivo a sentire strani ronzii e le chiacchiere di quelli che si affrettavano nella sala mensa. Mi ricordo di essermi chiesto, per un attimo, chi cucinasse, se mia sorella era lì insieme a me, ma il pensiero è stato spazzato via dal gesto della Une che ha preso un pacco di fogli e li ha gettati con un tonfo sulla scrivania, piantandoci sopra un indice.

«Sapete cosa sono questi?» ha domandato.

Sia Pan che io abbiamo scosso contemporaneamente la testa. Penso che questo sia uno delle poche volte che è successo, da che sono al mondo.

La Une si è rivolta a mia sorella. «Lei, Iccijojji, non lo sa?»

«Perché dovrei?»

«Beh, legga lei stessa, così me lo dice.»

Le ha porto il foglio in cima alla pila e Pan glielo ha strappato di mano così violentemente che ancora ora mi viene da chiedermi come mai non si sia strappato. Lo avrei preferito, a dire il vero.

Ho guardato Pan che lo leggeva e ho visto la sua faccia cambiare di colore: da un colorito normale, roseo, diciamo, era improvvisamente sbiancata, poi, mentre il suo volto prendeva un'aria disgustata, è diventata giallina e solo in fondo, quando ha accartocciato il foglio, ringhiando con aria assassina, è diventata rosso pomodoro.

«Chi è stato a scrivere così tante stronzate?» ha sbraitato, centrando il cestino vicino alla porta senza neanche vederlo.

«A quel che ne so, lei, Iccijojji.»

Pan l'ha guardata con aria inebetita. «I-io?»

Ho scoperto così che tutti i miei sospetti erano più che fondati e l'amara verità mi ha colpito come una valanga di mattoni: la Une sapeva chi era che faceva i temi. Ho riconosciuto la mia scrittura, l'avrei riconosciuta dovunque.

«Certo, dato che sono i suoi temi sui coltelli, Iccijojji.»

Pan ha guardato me. «Brutto beota!» ha gridato. «Ti sei fatto scoprire!»

Sono arrossito e ho preso a balbettare frasi sconnesse.

«Bravo! Complimenti! Non potevi fare qualche errore di grammatica, brutto pezzo di idiota?»

«Ma... ma...»

«Non è stata la grammatica, a tradirla, Iccijojji.»

Lei ha smesso di inveire contro di me e ha guardato la Une con sospetto. «Ah, no?»

«No.» ha replicato la direttrice, sistemandosi gli occhiali. «Ho visto il suo ultimo compito in classe e, beh, mi è parso subito chiaro che non è stata lei l'artefice degli altri. E, ora che ci penso, mi sarebbe dovuto sembrare strano, dato il suo comportamento, ricevere quelle parole sui temi sulla pericolosità dei coltelli. Un po' banali, lo ammetto, abbastanza perché fossero di suo pugno, ma non per essere davvero suoi.»

«Che cazzo sta dicendo?»

Ed era quello che mi domandavo anche io, carico di imbarazzo.

«Moderi i termini, Iccijojji. Sto dicendo che avevo già dei sospetti, ma che non potevo provare. Adesso che lo so, credo che dovrò punire entrambi.»

Ho fatto un sobbalzo sulla sedia.

«Era così complicato fare i temi da sola, Iccijojji?»

«Erano delle emerite stronzate e io non perdo tempo a scrivere.» ha risposto lei, stringendosi nelle spalle. «Vatti a fidare dei fratelli, oh!»

«Già, per questo la sua grammatica è penosa. E lei, Iccijojji,» si è rivolta a me. «Perché ha assecondato sua sorella?»

Non ho risposto: potevo dire che era per paura di lei? Di sicuro no. Così ho semplicemente distolto lo sguardo.

«Come dicevo, mi vedo costretta a punirvi: una nota di demerito per lei, Iccijojji Ken, che stanotte aiuterà Heero Yuy nella ronda e pulirà i bagni del suo piano. Tutti quanti. Domani li voglio vedere risplendere. In quanto a lei, Iccijojji Pan: per ogni tema che non ha consegnato, avrà dei nuovi turni in cucina.»

E' stato in quel momento che mi sono svegliato davvero e ho guardato la Une dritto negli occhi. «Per pietà!» ho esclamato, ma forse dovrei dire che ho gridato. «Non potrebbe rifarli e basta?»

«Stai zitto, pezzo di idiota! Le dai pure suggerimenti?»

«E' sottinteso che li debba rifare.» ha ribattuto la Une. «Per i suoi nuovi turni.»

Pan mi ha guardato e non ha parlato, ma ha articolato benissimo poche parole, muovendo solo le labbra: "dopo ti ammazzo".

La Une non si accorta di niente. Si è sistemata di nuovo gli occhiali e ha cominciato a riordinare la scrivania, mentre Pan è diventata la maschera della donna assassina. Quasi quasi sarei rimasto in quell'ufficio ancora un altro po', invece lei ci ha congedato con un solo, sbrigativo cenno della mano.

Sono uscito dalla porta con lo stato d'animo di un condannato che va verso il patibolo, ma Pan ha aspettato ancora un po', prima di affrontarmi. L'ha fatto solo quando eravamo nel corridoio che conduceva a mensa. Era deserto e si sentivano solo gli schiamazzi provenienti dall'interno: nessuno mi avrebbe sentito gridare.

Mi ha preso per il bavero della giacca e mi ha letteralmente sollevato, appiccicandomi al muro e guardandomi con sguardo feroce e assassino.

«Sei un idiota!» ha dichiarato, ringhiando come una bestia.

«M-ma... Pan...» ho provato a protestare. «Tu non hai mai voluto leggere i temi!»

«D'ora in avanti, cercherai di imitare la mia scrittura! Chiaro? E di fare anche gli stessi errori di grammatica!»

«Ma...»

«O ti faccio a pezzi!»

«Che succede qui?»

Quella voce è arrivata come una manna dal cielo, insieme al suo proprietario. Zack Marquise stava scendendo le scale e pareva che, attraverso la sua mascherina, i suoi occhi guardassero verso di noi. Pan mi ha mollato immediatamente e sono atterrato di sedere sul pavimento; lei mi ha guardato per un attimo e mi ha puntato addosso un dito.

«Tu» ha detto. «sei un ragazzo molto fortunato, ma se mi capiti di nuovo sotto mano, sappi che ti faccio a pezzi!»

E se n'è andata, velocemente, dentro la mensa, scomparendo alla nostra vista. Marquise si è fermato vicino a me che mi stavo spazzolando gli abiti dalla polvere del pavimento.

«Va tutto bene?» mi ha chiesto.

Mi sono limitato ad annuire, ma non ho avuto il coraggio di alzare lo sguardo. Lui mi ha solo posato una mano sulla spalla, forse in segno di incoraggiamento o di compassione, ancora non lo so, e poi ha proseguito dritto per la sua strada. A metà, però, si è fermato e si è voltato indietro.

«Ci sono delle battaglie» mi ha detto. «che devono essere combattute anche se non vogliamo.»

Non ho ben capito le sue parole: si riferiva a Pan, o a qualcos'altro? Non lo so. Ho provato ad aprire bocca per chiederglielo, ma anche lui è sparito dentro la mensa e, quando sono entrato anche io, era ormai seduto vicino a Sark, come se avesse capito che non mi sarei avvicinato, se lo avessi visto al suo fianco.

Ero arrivato molto in ritardo: la cena era quasi finita e Alex me l'ha fatto notare molto candidamente. «Ma ti abbiamo lasciato un po' di minestra di miglio! È il miglior pasto che abbiamo fatto in queste ultime settimane!»

E mi ha messo di fronte il piatto, con un sorriso smagliante. Quando ho cominciato a mangiare, ho dovuto dargli proprio ragione: dopo Pan, ho pensato, qualunque schifezza commestibile diventa la cosa più buona del mondo.

E la frase di Marquise mi è totalmente passata di mente.

Mi sono messo ad ascoltare Frank, che parlava con Tai Yagami a proposito di quello che è successo oggi pomeriggio.

«Non sai che casino che c'era in quell'infermeria!» lui era riuscito a svignarsela molto prima di me, non so come.

«La Johnson non ha il tempo per respirare negli ultimi giorni!» ci ha detto Alex. «L'ho vista ieri, ma non mi ha degnato di uno sguardo... è sempre così in questo periodo!»

«Grandi influenze?» ho chiesto, impressionato.

Lui ha schioccato la lingua. «Non essere ingenuo!» mi ha detto. «Sono le prove di fine trimestre a mandare tutti in agitazione!» Ha fatto un cenno verso il tavolo di Heero. «Lo vedi come sta studiando il nostro amico?»

Abbiamo girato la testa davvero e l'abbiamo visto chino sul piatto, con accanto un grosso libro di testo. Non solo: al tavolo del primo anno corso D, Hermione Granger parlava isterica con chiunque le capitasse a portata di voce. Per questo tutti cercavano di svicolare e di fare il giro più largo per non essere costretti a passarle vicino.

Il tavolo più giù, quello del primo anno corso E, come quello di Heero, era quasi vuoto, anche se c'era una confusione del diavolo in quella stanza, anche con la cena ormai quasi giunta alla conclusione.

«Ehi, Kenny» mi ha chiamato Arale, dandomi una gomitata che mi ha fatto cadere di mano il cucchiaio colmo di brodino e sporcare i pantaloni. Fortunatamente, non era troppo caldo. «Ops... scusa... dimmi un po', cosa voleva la Une?»

Ho visto Pan scoccarmi un'occhiata di fuoco dall'altra parte del tavolo. «Ehm... niente di che.» ho risposto. Era meglio che non lo sapesse, ancora, altrimenti mi avrebbe detto che lei l'aveva sempre saputo e, dato che lo sapevo, non mi andava di farmelo rinfacciare.

Una acuta risatina mi ha distolto dai miei pensieri. Era stata Bra che parlottava con Mimi e Sora, gesticolando. Loro tre, stranamente, sono le uniche che apprezzano queste giornate caotiche e sono le uniche che si lamentano come non mai, ogni volta che la Une viene a chiamare noi e tutti quelli del nostro piano per la marcia.

«Lo avete visto quello lì?» stava dicendo Bra a voce decisamente alta. Pan, benché non fosse entrare in conversazione, era diventata molto attenta alla direzione del suo dito puntato. Ma nemmeno io sono rimasto insensibile alla curiosità. E così ho visto un ragazzo, media altezza, capelli nerissimi cortissimi e tratti cinesi che arrivava in direzione opposta a quella presa dallo stesso ragazzo maleducato cui Arale aveva chiesto informazioni il primo giorno.

«Si chiama Wufei...» ha continuato Bra, tutta eccitata. «Ci ho limonato mezz'ora!»

Le sue amiche hanno cominciato a lanciare gridolini estatici, quasi non ci credessero. Mi sono girato verso Alex, al mio fianco sinistro.

«Che vuol dire limonare?» gli ho chiesto. Lui mi ha guardato come se fossi stato una bestia immonda.

«Limonare è... ehm... limonare è limonare!» ha detto, come se non avessi mai dovuto fare una domanda così sciocca. Aveva anche l'aria di uno che stia dicendo: "è ovvio", ma per me non lo era affatto.

«E che significa?»

Arale si è sbattuta la mano sulla fronte, Frank ha, come al solito, fatto finta di niente e Pan ha giunto le mani e alzato gli occhi al cielo per elevare una muta preghiera.

Alex, intanto, mi rivolgeva una smorfia preoccupata. «Fai sul serio?»

Ho annuito, ma ho risolto solo di farlo sospirare: ho avuto come l'impressione che avrei dovuto saperlo, ma non mi sovveniva proprio cosa potesse significare quella parola. Il mio amico sembrava proprio rassegnato, mentre si passava una mano sulla fronte. «Ehm... limonare è... sì, insomma, limonare è...»

«Slinguazzare, imbecille!» è stata la brusca e infastidita risposta di Pan. «Bacio con la lingua, bacio alla francese, sai quelle schifezze che può fare solo quella troia di Bra con un nano cinese e...» si è voltata di nuovo a squadrare il ragazzo che si era seduto accanto a Heero. «Amico di Yuy! Hai capito, paramecio? Dimmi tu se questo non è essere proprio caduti in basso!»

Non ho detto niente, incredulo.

Bra, che ha ascoltato la nostra conversazione come noi abbiamo ascoltato la sua, si è girata e ha guardato Pan, disgustata. E' stato l'inizio della fine.

«Ma che hai?» le ha chiesto. «Sei invidiosa, vero? Hai visto che figo che è?»

«Non mi pare proprio! Mi pare solo un nano magrolino senza spina dorsale e con lo stomaco d'acciaio!» è stata la risposta sarcastica di Pan.

«E come sai com'è il suo stomaco?» ha ridacchiato Mimi, forse credendo di ferire mia sorella. Ma per ferire Pan ci vuole molto altro... si è stretta nelle spalle e ha fatto un cenno verso Bra.

«Beh, ha limonato con lei... vuol dire che è molto forte di stomaco. Ed è anche coraggioso!»

Stavolta è stata Sora ad inveire: «Sicura di non parlare di te, Iccijojji?»

«No, di quella troia di tua madre!»

Indignate, tutte e tre hanno trattenuto il fiato. Beh, anche io, perché già mi immaginavo le urla isteriche e la rissa sul tavolo che si sarebbe tradotta in un'altra avventura in infermeria, seguita dall'espulsione, se non dalla prigione come la Une aveva promesso solo poche ore prima, in classe. Ho guardato Arale e, dall'espressione sul suo volto, ho capito che stavamo pensando la stessa cosa.

«Ma come ti permetti!» ha gridato con voce acuta Sora. «Mia madre è una donna irreprensibile! La tua sta sui marciapiedi la sera e la dà per pochi spiccioli, l'ho vista io!»

«Perché frequenti gli stessi marciapiedi e la dai gratis!» ha replicato Pan, piena di disprezzo, senza curarsi del fatto che stessero offendendo nostra madre, in modi che non capivo (e di cui non ho voluto chiedere per non fare di nuovo la figura dell'idiota).

«Meglio gratis che a pagamento!» si è intromessa Mimi, di nuovo come se fosse stata la più furba. «Almeno chi la dà gratis lo fa solo per divertimento!»

«E chi si fa pagare ci guadagna sopra!» ha ribattuto Pan.

«Quello si chiama essere troie!» è stato il commento altezzoso di Bra.

«No, quello significa prostituirsi.»

Grazie alla spiegazione di mia sorella ho cominciato a capire qualcosa di più su quegli insulti. Il bello era che, se quelle tre si spalleggiavano a vicenda, io rimanevo inerte a seguire quello squallido scambio di battute.

«E ti sembra meglio che andare con qualcuno solo per puro divertimento?» ha continuato Mimi. «Scusami, ma chi è il suo magnaccia?»

«Tuo padre, che va con le puttane e ha preso tutte le malattie veneree possibili e immaginabili!»

«Si vede che è andato con la tua, che alle malattie veneree c'ha l'abbonamento!»

Pan, a quel punto, si è alzata in piedi. Sono sicuro che la discussione si sarebbe tramutata in rissa per davvero, se la Une non si fosse alzata dal tavolo degli insegnanti e ci avesse raggiunto, guardandoci tutti come se fossimo stati sul punto di lanciare una bomba a mano.

«Va tutto bene?» ha chiesto, con una tranquillità che la sua faccia non esprimeva.

«Sì, lady Une, certo!» ha risposto Bra, composta e così educata che non sembrava che, fino a quel momento, non avesse offeso mia madre in quel modo, ma avesse parlato di tutt'altro.

«Lei, Iccijojji, perché si è alzata?» ha continuato la Une. Aveva un'intonazione di voce che faceva capire che sapeva che non tutto stava andando così bene.

«Perché stavo per levarmi di...» mia sorella ha alzato gli occhi da Bra e li ha posati sulla Une che aveva uno sguardo col quale sarebbe stata in grado di uccidere chiunque e, quando dico chiunque, dico anche mia sorella. «Stavo per uscire, insomma.»

La direttrice ha annuito. «Perfetto. Allora si sbrighi.»

E così dicendo, se n'è tornata al suo tavolo. Mentre ci voltava ancora le spalle, Pan si è piegata su Bra: «Non finisce qui, brutta troia!» E poi si è rivolta a me. «Stupido coglione, con te faccio i conti dopo!» detto questo, se n'è andata velocemente, lasciandomi lì, fermo e impietrito di paura.

Ho guardato i miei amici, preoccupato. Frank ha ripreso a mangiare la sua insalata e non ha risposto e Arale l'ha imitato. Alex, invece, si è stretto nelle spalle e ha scosso la testa.

«Kenny...» è stato quello che mi ha detto. «mi sa che sei nei guai, amico mio.»

Ho guardato Bra e le sue amiche, ma non erano interessate a me. Ridevano di Pan e ripetevano le sue battute, sghignazzando come delle sciocche di qualsiasi parola.

«Com'è rozza!» rideva Mimi.

«E com'è volgare!» rincarava Bra, riprendendo a ridere.

«Beh, mi sembra che anche voi abbiate risposto per le rime!» ha sbottato Arale, guardandole in cagnesco. «Non mi pare proprio che vi siate comportate da grandi signore, mentre dicevate che sua madre è una puttana!»

«Ma pensa alla tua di madre, Norimaki!» ha sbuffato Sora. «Se vai in giro a difenderla vuol dire che sei uguale!»

«La sai una cosa?» ha continuato Arale. «Meglio essere come Pan che pecora come te e Mimi che fate solo quello che dice questa stronzetta coi capelli blu!» ha fatto un cenno verso Bra. «Vi dirò una cosa: non è offendendo la madre di Pan che risolverete i vostri problemi!»

«Dillo a Pan, è stata lei a cominciare!» ha risposto Bra, acida, voltando la testa, in modo da dare le spalle alla mia amica.

«Già!» ha ammesso Sora. «Noi le abbiamo solo risposto. Avremmo dovuto farci dare delle troie impunemente?»

«Beh, se vi ritenete superiori a Pan e alla gente come lei, dovreste dimostrarlo usando termini un po' meno scurrili di quelli che usa lei, no?»

«Io non devo proprio dimostrare niente a nessuno!» ha ribattuto Bra, ruotando la testa di scatto e guardando Arale con i suoi occhioni sgranati. Lei e Arale si sono fronteggiate a lungo, prima che la mia amica rispondesse ancora, astiosa:

«E allora non ti permettere di ridere di lei!»

«Tu non mi puoi dire quello che devo fare, Norimaki!»

«Allora sei un'ipocrita!»

«E tu difendi una ragazzina violenta e piena di problemi con un fratello senza palle e pure frocio!»

Al che Arale si è messa in piedi e, con mio grande dispiacere, si vedeva che non riusciva comunque a fronteggiare Bra che, comunque fosse seduta, era molto più alta di lei. «Stai ancora offendendo, Bra.»

Ho abbassato la testa, mortificato e anche un po' arrabbiato: stavano parlando di me come se io non ci fossi. Avrei dovuto dire qualcosa, lo sapevo benissimo, ma non sapevo cosa dire. Avrei semplicemente voluto sprofondare e ritrovarmi nei più bassi recessi della Terra e precisamente al centro, nel magma. Ma sapevo anche che avrei dovuto dire qualcosa, lo dovevo a Pan, alla mamma che era stata offesa così pesantemente. E anche un po' a me. Mi sono alzato, deciso a fronteggiare Bra e le idee confuse.

«Piantala!» le ho detto. «Io... io... io non so che hai detto a mia madre. Ma devi smetterla di offendere la mia famiglia. Perché... perché...»

Lei, per tutta risposta, si è messa a ridere, facendomi sentire ancora più tonto. «Ma lo vedi come balbetti? E pretendi pure che io ti stia a sentire? Ah, sei veramente patetico!»

Ho stretto i pugni: sentivo le guance avvampare. Avrei voluto sprofondare ancora più giù, sciogliermi in quel magma per l'umiliazione, eppure rimanevo fermo, impettito e in piedi. Se solo mi fossi preparato un discorso, non saremmo stati a questo punto e neanche se non fossi stato così scemo, accidenti a me!

Ma stavolta è stato Frank a venire in mio aiuto.

«Brief, ma lo sai di essere veramente sgradevole?» le ha chiesto. «Se tu avessi un po' di rispetto, adesso ascolteresti Kenny e lo lasceresti parlare. Secondo me, fai così perché non vuoi ascoltarlo, per paura che possa dire qualcosa di vero e possa metterti a tacere!»

Lei si scostata i capelli di nuovo dietro le spalle, con un sorrisetto carico di sufficienza. «Dimmi, Kushrenada, l'hai visto?» ha fatto un cenno verso di me con la testa. «Kenny... già uno che si fa chiamare col suo diminutivo non è esattamente uno da prendere sul serio... comunque...» si è alzata e si è rivolta alle sue amiche. «Su ragazze, andiamo... la cena è finita e mi sono stancata di questi sterili discorsi.»

«Sì, è vero!» è stato il commento altezzoso di Mimi.

«E' inutile discutere con certa gente!» ha rincarato la dose Sora.

E così dicendo sono sparite dalla nostra vista, ridendo e scimmiottando le nostre parole, soprattutto i miei insulsi balbettii. Era andata così. Uno sfacelo. Bra e le sue amiche dieci, Kenny e i suoi meno di zero.

Mi sono buttato sulla sedia.

«E dopo questo... anche le botte di Pan!» ho mormorato, sconsolato. Ormai la mensa era quasi vuota e gli ultimi ragazzi si attardavano a parlare con i pochi rimasti. Noi quattro eravamo soli e io lottavo per non piangere.

Quasi quasi tornavo in infermeria, anche senza niente di rotto, per prevenire, come se questo potesse bastare per evitarmi il dolore delle botte.

«Dai, Kenny, non fare così!» ha risposto Arale, sedendosi di nuovo e posandomi una mano sulla spalla, in segno di incoraggiamento.

«L'hai sentita Pan!» ho replicato. «Mi picchierà, non appena rientreremo in camerata! È stata tutta colpa di quei temi.»

Alex mi ha dato una leggera pacca sulla spalla, con fare comprensivo. «Dai, non ti preoccupare!» mi ha detto, ma non mi ha consolato, purtroppo. «Lo sapevamo che sarebbe finita così. E lo sapevi pure tu, solo che non si ascolta mai Arale, eh?»

Ho risposto facendo spallucce.

«Dai, Ken,» ha continuato Frank. «Brief è un'imbecille.»

«Sì, al posto del cervello ha acqua bollita...» ha risposto Alex, annuendo vistosamente.

«Pigne morte!» ha rincarato la dose Arale.

«Prugne secche.» è intervenuto Frank.

«Che fanno anche cagare.»

Abbiamo ridacchiato tutti alla battuta di Alex.

«E non ti preoccupare!» ha continuato il mio amico. «Se per caso dovessi avere dei problemi, conta pure sul tuo amico galeotto!»

Ho trattenuto il respiro. Mi ero aspettato che Arale o Frank dicessero qualcosa, magari che arrivassero alle mani. Invece non è successo niente.

«Dai,» ha detto soltanto, Frank. «E' ora di affrontare la bufera.»

In quel momento mi sono sovvenute le parole di Marquise, a proposito delle battaglie che vanno affrontate anche se non vogliamo. Forse quella era una di quelle. Dovevo farlo. Me l'aveva detto Marquise, qualcosa significava. Eppure, quando siamo tornati in camerata, Pan si è avvicinata e mi ha puntato contro un dito, minacciosa come sa essere lei.

L'unica cosa positiva è che non ho balbettato come una femminuccia, forse perché avevo la lingua secca e incollata al palato. La paura mi aveva congelato e mi sono pietrificato proprio dove mi ero fermato, davanti ai miei amici che, dietro di me, osservavano la scena.

«Dai, Pan... non è il caso di...» stava provando Arale, ma Pan le ha rivolto un'occhiataccia che l'ha zittita e che ha fatto desistere anche gli altri dal tentare nuovamente.

Quindi, è tornata ad osservare me. «Sai che sei un paramecio molto, ma molto fortunato?» mi ha chiesto. «Chiedimi perché!»

Non l'ho fatto: c'era il trabocchetto. Ne ero sicuro.

«CHIEDIMI PERCHE'!» ha gridato lei.

«O-ok...» ho risposto, in tono lamentoso. «P-perché?»

«Perché quella troia di Bra, per quanto troia, ha ragione: se ammazzo di botte lei e le sue amiche puttane e poi te, paramecio, finisco inculata di fronte ad una corte marziale ed è l'ultima cosa che voglio, finire i miei giorni in galera! Quindi, vaffanculo tu e VAFFANCULO A QUELLE TROIE! Ma...» si è fatta più vicino e il suo naso ha premuto contro il mio, mentre i suoi occhi minacciosi si incrociavano per riuscire a vedere i miei. «se si trattasse solo di espulsione... ti ridurrei in briciole le ossa. E IMPEDIREI A BRA DI LIMONARE CON CHIUNQUE SIA DOTATO DI LINGUA!»

Se n'è andata di nuovo in camera sua, declamando al vento i suoi propositi e io mi sono semplicemente lasciato cadere: la tensione che si scioglieva mi impediva di sentire le gambe. I miei amici mi hanno dovuto sorreggere perché non cadessi come una pera cotta.

«Sono... sono salvo!» è stato tutto quello che sono riuscito a far uscire dalla mia bocca.


*****


Ce l'ho fatta! Sono riuscita a finire anche questo, dopo molto, molto, molto tempo. I prossimi due o tre sono già stati scritti un po' di tempo fa, ma penso di mantenere ritmi di aggiornamento piuttosto lenti perché la mia voglia di scrivere Kenny, in questo periodo, è piuttosto scarsa. Diciamo che mi deve venire una voglia fulminante, come è successo oggi. XD

A proposito (grazie a Prof per avermelo ricordato): il Ryan dello scorso capitolo è Ryan (Ryo) Shirogane delle Tokyo Mew Mew.

Dovrei, ogni volta che inserisco un personaggio, specificare da dove viene, ma tra una cosa e l'altra me ne dimentico sempre. Prometto che cercherò di starci più attenta.



Prof: ma che sadica! Kenny è un po' indignato che si rida sulle sue disgrazie. U.U Naturalmente, anche io mi diverto troppo (ma non glielo diciamo! Mwhahaha). E il Sergente ti porge i suoi saluti. È contento di risultare così simpatico! XD Di Marquise e Pioggia di Fuoco ho intenzione di montarci su una storia, ma penso più in là, al secondo/terzo anno di Kenny e ne sarà la colonna portante, se mai riuscirò a scriverlo. XD In questo capitolo non mi sembra che ci sia nessuno da segnalare, in quanto a personaggi, ma se non è così, dimmelo e cercherò di rimediare. Grazie come sempre per la tua recensione. ^^ A (spero) presto!

  
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