QUELLO CHE VORREI… O FORSE NON VORREI?
INTRODUZIONE:
Salve a tutti!^^ ho deciso
di scrivere questa fiction perché… non so il perché sinceramente. Mi è balzata
fuori qualche giorno fa prima di addormentarmi. E sento il dovere di scriverla.
Non mi vogliate male per “Jesce Sole”. Non trovo più l’ispirazione per finirla.
Forse, un giorno, riuscirò a completarla, ma per il momento, mi sto
concentrando su questo progetto, in cui mi sento particolarmente dentro.
Un’ultima cosa. Le parole evidenziate con i colori, rappresentano un pezzo da
leggere con un canzone. Ovviamente, solo se volete. Queste canzoni mi hanno
suscitato parecchie emozioni e grazie a loro sono riuscita a scrivere la
storia, perché vedevo il testo prendere forma attraverso il suono. I tempi di
lettura non terminano precisamente con la storia, ma… fate un tentativo xD
Comunque le canzoni sono
queste:
Enrique Inglesias - I Like It
Olivia Lufkin - Celestial Delinquent
E ora vi lascio alla
storia… buona lettura!^^
Quando desideri troppo… - Per un briciolo di pericolo -
Un giorno come tanti. 17 ottobre 2010. Venerdì.
Educazione fisica alle prime 2 ore. Non sono particolarmente superstiziosa, ma
devo dire che questo Venerdì comincia proprio da schifo. Essendo poco incline
all’attività fisica (vedesi, pigra e cicciosa), correre all’ippodromo non è una
delle mie massime ispirazioni vitali. Ma mi tocca sopportare a testa basta. A
proposito, io mi chiamo Maria e sono… una ragazza come tante. Amiche, scuola,
compiti… insomma tutto nel normale. Meno una cosa. La continua credenza nella
magia, in una vita diversa, speciale. Colorata. Non grigia e monotona. Qualcosa
di… incantato. Particolare. Secondo me la vita deve lasciarti continuamente con
il fiato sospeso. Devi farti ridere, piangere, preoccupare, spaventare e alla
fine renderti felice. Se no, che vita sarebbe? Di certo, una vita scandita
continuamente da scuola, compiti, uscite con le amiche il sabato, stesso bar,
stesse conversazioni, non è vita. Oltretutto io mi trovo in un paesino sperduto
della pianura padana, dove i fatti di tutti sono sulla bocca di tutti. Cosa che
odio particolarmente. E dove non succede mai niente di interessante e cosa
ancor più grave, a mio parere, dove non c’è nulla di interessante. Niente di
particolare, di strano. Tutto normale. E io vivo in questa normalità, resa
sopportabile dall’aiuto delle mie migliori amiche, pazze e strambe al punto
giusto per considerarmi parte della grande famiglia che formiamo.
Dopo
tante preghiere, un bel giorno, qualcuno lassù mi sentii. La mia vita super
eccitante stava per finire.
*****
-
allora oggi alle 6.30 a casa di Ari, giusto? –
-
si, però non fare tardi come tuo solito, ti prego –
-
chi? Io? Ma io non faccio mai tardi! –
-
ma ti prego. Comunque alle 6.30 0k? –
-
ok… cazzo il pullman!!! –
-
porc… corri!! –
*****
6.30.
Il cielo era già scuro. Che schifo. Nonostante fosse Ottobre, io ero ancora
nella fase post vacanze. E dentro il mio cervello c’era ancora il sole, la
musica e i coiktail di frutta. Attraversai velocemente la piazza. Continuai
dritto e aspettai nel negozio di mobili la venuta di Laura. Ovviamente, era in
ritardo. Essendo una ragazza molto paziente, dopo 10 minuti, m’incamminai verso
casa di Arianna, praticamente attaccata al negozio. Dopo un breve tratto,
svoltai a destra e bussai al citofono. Nessuno rispondeva. Strano. Mi aveva
detto che i suoi genitori sarebbero tornati verso le 8.00 ma lei era a casa a
quanto sapevo. Bussai altre 3 volte e nessuno venne ad aprire. Stavo per
andarmene, quando vidi la luce della sua camera dalla finestra. Conoscendo Ari,
precisa com’era, non l’avrebbe mai lasciata accesa. Ne tantomeno, avrebbe
lasciato la finestra semichiusa. Mentre mi scervellavo, preoccupandomi sempre
di più, arrivò Laura.
-
grazie per avermi aspettata comunque! –
-
incominciamo a dire che l’appuntamento era per le 18.30 e non per le 18.40.
prima di parlare di questo, c’è un’altra cosa che ti devo dire. Sto bussando da
circa 5 minuti e Ari non apre. La luce è accesa e la finestra è aperta. Non so
tu, ma io mi sto seriamente preoccupando –
-
… secondo me dobbiamo scavalcare. Tanto il cancello è basso, ce la facciamo –
-
lo avevo pensato anche io, però dimmi come apriamo la porta –
-
non lo so. Trovato! Guarda li! – al
piano terra, la finestra della camera appartenuta precedentemente ai 2 fratelli
maggiori di Arianna, era aperta.
-
ok. Scavalchiamo il cancello ed entriamo dalla finestra. Facile! –
Lanciammo
le cartelle di scuola dall’altra parte. Misi il piede destro nello spazio che
intercorreva tra la prima e la seconda sbarra di ferro, mi issai, allungai la
gamba sinistra dall’altra parte, misi il piede nello stesso incavo e portai
l’altra gamba a terra. Stessa cosa fece la mia compagna di avventure. Andammo
verso sinistra, salimmo sul piano rialzato degli scalini che conducevano al
giardino coperto dal prato e trovammo il primo ostacolo. La zanzariera. Ora,
per entrare come veri ninja senza emettere alcun suono, dovevamo trovare una
strategia migliore. Mentre ci guardavamo nelle palle degli occhi in religioso
silenzio, sentimmo le chiavi girare nella toppa della porta. Ma nessuno aprì
come ci saremo aspettate. Mi avvicinai all’entrata e aprii lentamente la porta.
La casa era deserta. Che Ari volesse farci uno scherzo? Richiusi la porta,
presi la cartella e la mia amica nella mano ed entrammo con circospezione. Laura
chiuse lentamente la porta, mentre io guardai l’interno. Le luci erano accese,
ma di Ari nemmeno l’ombra, probabilmente era al primo piano in camera e dava
per scontato che salissimo. Oppure, era nascosta. Oppure… no. La terza ipotesi
era troppo agghiacciante e impossibile. Non riuscivo nemmeno lontanamente a
formularne il pensiero.
Ci avvicinammo di qualche passo alle scale. Come
purtroppo mi aspettavo, Arianna non balzò fuori da qualche parte urlando. La
tensione aumentava pian piano. In sincrono, ci stringemmo la mano, come per
farci coraggio. È solo uno scherzo. È solo un fottutissimo scherzo. Salimmo
lentamente ogni gradino. Sentivo il rimbombo dei nostri passi sulle scale. Dopo
la prima rampa di scale girammo a destra e ci preparammo psicologicamente per
percorrere anche la seconda rampa. Al piano superiore non vi era nessuna luce
accesa. Vi era solo un fioco bagliore a sinistra. Dove vi era la camera di Ari.
Rimanemmo per due minuti buoni in attesa di qualcosa. Non so cosa. Forse che
Arianna aprisse quella maledetta porta. Ma non fu cosi. Raccolsi tutto il
coraggio che avevo, strinsi la mano di Laura e salii le scale. Sentivo la mia
amica dietro che tratteneva il respiro. La mano mi faceva male. La stava
stringendo troppo. Ma non m’importava. Superate le scale ci piazzammo di fronte
la porta della camera. Neanche un suono. Che diavolo stava succedendo? Guardai
la mia amica. Era decisamente spaventata. Ma non lo dava a vedere. Con il suo
sguardo spavaldo mi sorrise. Andrà tutto bene, mi diceva, andrà tutto bene. Ma
sapevamo benissimo entrambe che qualcosa non quadrava.
-
volete essere cosi gentili da entrare? –
Una
voce. Una voce che non mi sarei mai aspettata di sentire in quel contesto.
Bassa, un sussurro, ma percettibile al nostro orecchio. Sensuale e virile. Era
un uomo. Cercai di collegarla a qualcuno, ma non mi veniva in mente nessuna
persona che conoscevo avente quella voce. Nessun umano poteva avere quella
voce. Era troppo bella. Mi girai di scatto, e in un nanosecondo mi trovai nella
stanza di Arianna. Noi non c’eravamo mosse. No. Noi eravamo ferme. Come eravamo
entrate? E poi… qualcosa mi aveva toccato in fondo alla schiena. Una mano mi
aveva spinta. No, non poteva essere una mano. Era qualcosa di duro e…freddo.
Gelido. Mi girai verso Arianna. Era sul letto e aveva gli occhi chiusi. Le mani
sul petto e i capelli dolcemente posti sul cuscino. Sembrava… morta. Speravo
con tutta me stessa che fosse solo svenuta. Seduta sul letto, vi era una
ragazza, che, con la punta delle dita, sfiorava delicatamente il volto di Ari.
Era completamente vestita di nero, eccetto per le calze bianche. Aveva dei
capelli castano chiaro e 2 occhi rossi. Come faceva ad avere gli occhi rossi?
Un rosso cosi acceso. Sembrava sangue. Dall’altra parte del letto, in piedi vi
erano altre due persone. Uno era un ragazzo, con i capelli scuri. Somigliava
molto alla ragazza. Affianco a lui vi era un uomo molto alto con i capelli
castani. Erano calmi. Incutevano terrore. La loro pelle era bianca. Nessuna
persona poteva avere quel colorito. Erano troppo bianchi, sembravano quasi
trasparenti. Di colpo, l’uomo dietro di noi parlò.
-
le ragazze stavano tentando di entrare dalla finestra. Ho pensato che fosse
meglio rapire anche loro. Avrebbero potuto chiamare qualcuno e la faccenda si
sarebbe alquanto complicata –
-
ben fatto Demetri – ora era la ragazza a parlare. Aveva una voce delicata, da
bambina.
-
ora dobbiamo pensare cosa farne di loro –
-
il loro sangue ha un richiamo particolare sorella. Lo percepisci? –
-
si… hanno un profumo delizioso. È da un po’ che non mangiamo qualcosa – un momento. La faccenda stava prendendo una
brutta piega. Cosa voleva dire “hanno un profumo delizioso” e “è da un po’ che
non mangiamo qualcosa?” solo una parola formulò la mia testa. Vampiro. No. Impossibile. Nella mia
monotona e piatta vita i vampiri non esistevano. Ma non esistevano nella vita
di nessuno. I vampiri non esistevano. Punto. Di sicuro c’era una spiegazione
logica e razionale a tutto questo. Strinsi con forza la mano della mia amica, e
mi girai per guardarla. Aveva gli occhi sbarrati e la bocca aperta. Era
completamente succube della paura. Con un briciolo di lucidità, parlai.
-
co…cos…cosa siete? –
-
non ti è dato saperlo –
-
siete dei vampiri? –
-
se sapevi già la risposta, per quale ragione ce lo hai chiesto? –
-
perché i vampiri non esistono –
-
e allora noi cosa siamo? –
-
qualcosa che non centra con la fantasia –
-
umani… desiderano una vita spericolata e fuori dai canoni della normalità. Poi,
quando gli si presenta l’occasione davanti, ricorrono alla razionalità e agli
stupidi insegnamenti inculcati negli anni. Siete patetici –
-
non ti azzardare a dire queste cose! –
questa volta era Laura a parlare. Si era risvegliata dal coma in cui era
caduta, parlando con due ottave più alte del normale.
-
è vero, gli umani sono falsi, ipocriti, patetici e chi più ne ha più ne metta
ma non tutti. Le eccezioni esistono –
-
davvero? E sapresti elencarmele? –
-
bè… ad esempio, io e le mie amiche non siamo cosi. Se davvero si presentasse
un’occasione del genere, la coglieremo al volo senza pensarci due volte –
-
ma l’avete davanti la vostra occasione. Quindi che aspettate? –
-
che occasione abbiamo? Quella di morire per mano vostra? – stavolta fui io a
parlare. Che diamine si aspettava quella piccoletta bionda? Perché queste
domande insensate?
-
molto bene. Quindi voi vorreste vivere una vita fuori dal normale, ho capito
bene? –
-
benissimo. Ma non capisco cosa debba interessare a te di ciò che vogliamo fare
noi –
-
sorprendente. Siete di fronte alla morte e parlate con tanta spavalderia –
stavolta fu il gemello della bionda a parlare. Aveva un comportamento regale e
uno sguardo fiero, cosi come tutti gli altri.
-
noi non abbiamo paura –
-
dovreste averne –
-
perché siete qui? –
-
non ti è dato saperlo –
-
cazzo! Non mi è dato sapere niente? Invece si, porca puttana, mi è dato saperlo
eccome! Lei è mia amica e io devo sapere perché siete qui! –
-
posso solo dirti che non la vedrai più. Quindi, incomincia a staccarti da lei –
-
Jane. Aro aveva parlato anche di altre umane, non solo della bionda. Se
centrassero anche loro? – stavolta a parlare fu quello alto. Aveva un tono di
voce basso e atono, senza inflessioni. Totalmente privo di emozione.
-
è vero. Demetri, Felix. Sapete cosa dovete fare –
Mi
girai di scatto alle mie spalle. Sentivo che il pericolo proveniva da li.
Demetri, l’uomo che ci aveva fatto entrare. Era un po’ più alto di me, con i
capelli biondi e gli occhi rossi che aveva in comune con tutti. Non mi accorsi
che avevo perso il contatto con la mano di Laura. quando mi voltai verso di
lei, Demetri l’aveva presa tra le braccia. Come se non pesasse nulla. Stavo per
dire qualcosa, ma sentii un colpo secco alla testa. La stanza girava. Era
offuscata. Vedevo solo un turbine di colori. Il letto, Ari svenuta, Laura, i
vampiri, mamma, papà, le amiche, i professori, la scuola, la mia casa… le mie
ginocchia stavano cedendo… i miei occhi a stento rimanevano aperti. Non volevo,
anzi, non potevo lasciarmi andare. Dovevo rimanere sveglia. Ma… era cosi… difficile.