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Autore: Paperetta    02/10/2010    6 recensioni
"Un bravo papà lo riconosci quando sa ascoltarti, quando ti protegge, si ricorda sempre del tuo compleanno e vuole festeggiarlo con te. In pratica, deve essere presente"
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Mio padre


Padre, occhi gialli e stanchi,

nelle sopracciglia il suo dolore da raccontarmi [...]

Non mi senti? O non mi ascolti,

mentre piango ad occhi chiusi sotto al letto.

[Padre Madre, Cesare Cremonini]


Severus Piton odiava la festa del papà. L'aveva sempre ritenuta una stupida convenzione, utile solo a ricordare a certi bambini quanto fossero diversi dagli altri. Ciascun bambino doveva preparare un bigliettino o un regalo da dare al proprio padre, ma nessuno sembrava pensare all'imbarazzo e ai sentimenti di chi, invece, un padre non lo aveva. O magari ce l'aveva, ma era come se fosse morto.

Era così per lui, che ogni anno si rifiutava di fare alcunché, spiegando alla maestra che, tanto, non sarebbe stata una cosa gradita.

Detestava anche quando gli altri bambini raccontavano le proprie giornate con i loro genitori, le passeggiate e i giochi fatti assieme; si sentiva inadeguato, anormale, come se tutti vivessero una vita felice e serena tranne lui. Ogni volta si allontanava dal gruppo e cercava di pensare ad altre cose che potessero tirarlo un po' su di morale; tra queste, la prospettiva di una nuova vita ad Hogwarts, la scuola di cui sua madre gli aveva sempre parlato (e che suo padre tanto odiava), e, naturalmente, quella bella bambina dai capelli rossi e gli occhi verdi che aveva visto giocare nel parco.

Un giorno, tuttavia, il suo tentativo di defilarsi fu intralciato da alcuni suoi compagni, che volevano assolutamente sapere per quale motivo non scrivesse mai la lettera al papà.

"Non gli piacciono queste cose, quindi non le faccio e basta" rispose.

"Come è possibile che non gli piacciano?" chiese una bambina accanto a lui, spalancando gli occhi. "Non è normale! A tutti i papà piace ricevere un regalo."

"Beh, non al mio". Severus era infastidito, ma ancora una volta non riuscì a fuggire da quella spiacevole conversazione. Tra i bambini del gruppo cominciò un'accesa discussione su chi fosse il padre migliore:

"Mio padre mi regala sempre un sacco di giochi per il compleanno!" si vantò un bambino.

"Anche il mio, però lui me li fa anche a Natale insieme alla mamma".

"Non è vero! Quelli li fa Babbo Natale!" esclamò un altro.

"Guarda che Babbo Natale non esiste!"

"Come non esiste? Cosa dici!"

"A me hanno detto" disse poi una bambina, mentre gli altri due continuavano a discutere in disparte sulla presunta esistenza del vecchio con la barba bianca, "che un bravo papà lo riconosci quando sa ascoltarti, quando ti protegge, si ricorda sempre del tuo compleanno e vuole festeggiarlo con te. In pratica, deve essere presente. O almeno è quello che mi ha spiegato mio fratello!"

Severus voltò le spalle al gruppo e si allontanò finalmente dalla classe.

Ecco perché dico che un padre non ce l'ho...


L'orologio a parete segnava le undici e quaranta. Severus era seduto alla scrivania, con la schiena poggiata allo schienale della sedia e in mano una pergamena piena di segni rossi. Ogni volta che correggeva dei compiti si chiedeva come fosse possibile che, anno dopo anno, gli studenti diventassero sempre più asini. Naturalmente non pretendeva che fossero tutti dei geni portati per lo studio, però che almeno in preparazione dei M.A.G.O. fossero in grado di scrivere un tema degno di quel livello. E soprattutto senza errori di grammatica!

Prese la penna dal calamaio e scrisse sulla pergamena una grande e rossa T, ben ricalcata, in modo che lo studente si rendesse conto di quale abominio era stato costretto a leggere a quell'ora tarda, ma, prima che potesse dedicarsi al successivo foglio, qualcuno bussò alla porta.

"Avanti" disse Piton con voce annoiata.

Il preside varcò la soglia e si richiuse con cura la porta alle spalle.

"Buonasera, Severus" salutò, col suo solito fare bonario. Severus non alzò nemmeno gli occhi dalla pergamena.

"Preside".

"Correggi compiti a quest'ora, Severus? E' una bella serata, potresti fare un giro per il castello".

"A parte il fatto che non sto correggendo compiti, ma abomini scritti dal diavolo" rispose Severus, segnando un'altra lunga riga rossa sul foglio, "non ho alcuna voglia di uscire stasera".

Silente si accomodò sulla sedia di fronte alla cattedra.

"E' un vero peccato, sai?" disse, spostando lo sguardo dagli scaffali al tavolo posto al centro della stanza; poi tornò ad osservare Severus, che persisteva nel suo tentativo di ignorarlo il più possibile. "L'altro giorno non sei passato nel mio ufficio: ne deduco che non ci sono novità" disse, e a queste parole Severus si decise ad alzare lo sguardo dagli "abomini del diavolo".

"Sì, deduci bene" rispose. "Non ha dato disposizioni particolari sul suo piano e nessun altro ha fatto qualcosa che sia degno di nota".

"Quindi è per questo che non sei passato, o perché volevi evitare di parlarmi?" chiese Silente, guardandolo dritto negli occhi attraverso gli occhiali a mezzaluna. Severus rispose mentre ripiegava le pergamene e le riponeva nel cassetto:

"Perché mi fai delle domande, se sai già le risposte?"

"Perché voglio sentirle dire da te. C'è qualcosa che ti preoccupa e si vedeva già dopo le vacanze estive".

Severus continuò a trafficare con cassetti e fogli vari, senza rispondere. Non sopportava quelle situazioni. Era lui che di solito metteva a disagio gli altri con domande inquisitorie e sguardi perforanti, ma con Silente i ruoli si invertivano. L'aria però si faceva troppo tesa e lui era troppo stanco e nervoso per sopportarla ulteriormente.

"Sì, sono preoccupato. Lo sono ogni volta che mi chiama".

"Per il piano?" chiese Silente, ma Severus scosse la testa.

"No, non per quello. Io ho la fortuna - la parola suonò come fortemente ironica - di stare qui quasi tutto l'anno, perciò lo vedo poco rispetto agli atri, però ogni volta c'è sempre il rischio che mi chieda di tornare ai vecchi compiti. Sai, cose che non farei volentieri".

Silente lo guardò con espressione più preoccupata.

"Da quando sei tornato non ti ha mai chiesto niente del genere?"

"No, fino ad ora no. Sono compiti che solitamente rifila ad altri Mangiamorte che considera meno importanti. Credo che per lui la mia utilità risieda in qualcos'altro, almeno per il momento. Ma se mi chiedesse di torturare o uccidere, allora non potrei rifiutarmi". Gli occhi di Severus erano tristi e guardavano quelli del preside con molta intensità, come a chiedergli una soluzione. Di questo Silente si accorse subito:

"Potrebbe anche mandarti da solo e in tal caso non saresti costretto a torturare veramente: potresti modificare i ricordi della persona e fargli credere di averlo fatto".

"Ammetto che non sarebbe una cattiva idea" rispose Severus, "ma se dovessi uccidere? Potrei sempre portarmi dietro un altro Mangiamorte e farlo fare a lui, ma di sicuro questo non mi farebbe stare meglio."

"Non ne dubito" fece Silente, ma non aggiunse altro. Cosa avrebbe potuto dire ancora? Sapevano entrambi che il suo compito richiedeva quel tipo di sacrificio; se Voldemort gli avesse ordinato di uccidere, a meno che non avesse trovato qualche efficace scappatoia, avrebbe dovuto uccidere.

Malgrado ciò, Severus apprezzò il tentativo del preside di trovare una soluzione e, anche se non l'avrebbe mai confessato, apprezzava ancora di più il fatto che si interessasse a come stava, oltre che alle sue missioni: era l'unico a cui importava davvero.

Mentre era perso in questi pensieri, scoccò la mezzanotte. Silente tornò improvvisamente di buon umore.

"Oh, ecco finalmente la ragione per cui ero venuto: buon compleanno, Severus!" esclamò e con la bacchetta fece comparire una bottiglia e due bicchieri.

Severus lo fissò sconcertato. Ricordava sempre il giorno del proprio compleanno - non perché ci tenesse, ma solo perché aveva buona memoria -, ma il fatto che Silente fosse venuto nel suo ufficio appositamente per fargli gli auguri, addirittura in anticipo, lo aveva lasciato senza parole. Era una sensazione strana, che non ricordava di aver mai provato prima. Non era un sentimentale, e nessuno avrebbe mai dubitato del contrario, ma quell'improvvisata aveva avuto un bell'effetto su di lui: stava già un po' meglio.

Dimentico per qualche momento delle proprie preoccupazioni, benché senza farlo notare, prese un bicchiere in mano e lo fece riempire quasi fino all'orlo.

"Alla salute" fece Silente e, mentre brindavano, Severus tornò con la mente alle parole di quella bambina, tanti anni prima.

"Un bravo papà lo riconosci quando sa ascoltarti, quando ti protegge, si ricorda sempre del tuo compleanno e vuole festeggiarlo con te. In pratica, deve essere presente."

E Albus Silente era sempre stato presente per lui, aveva sempre ascoltato con pazienza le sue lamentele e lo aveva protetto, e ora lo aveva sorpreso con quegli auguri inaspettati.

A pensarci bene, forse un buon padre ce l'ho anch'io.




NdA: ultimamente sto scrivendo moltissimo! Mi vengono di getto e le scrivo subito!

Mi fa piacere, visto che erano anni che non riuscivo a mettere due parole in croce - per scrivere una pagina ci mettevo anche un paio di giorni!O_O


Comunque, una fic del genere dovevo assolutamente scriverla. Adoro il rapporto che c'è tra Severus e Silente; l'ho sempre visto un po' come rapporto padre-figlio, perché Silente sin da subito ha cercato di proteggerlo (testimoniando a suo favore dopo la prima caduta di Voldemort) e ha sempre avuto fiducia in lui.

Probabilmente, le prossime storie saranno anche sul rapporto tra Severus e Mineva e Severus e Narcissa; sono... uhm, come dire... "propedeutiche"? a una long fic che ho in mente di scrivere, per la quale ho bisogno di delineare i vari personaggi e in che relazioni sono con Piton.


NdA 2: chi ce l'ha installato, può visualizzare questa fic con il font Julius Thyessen, mentre gli altri vedranno un semplice Georgia: mi piaceva troppo come si vedeva con questo font! :D


  
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