Film > Alexander
Segui la storia  |       
Autore: Barsine    03/11/2005    0 recensioni
Voglio tornare ad essere il Gran Re. Anzi, il Gran Re più potente del mondo!
Genere: Commedia, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Alessandro il Grande, Efestione
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
SOGNO DI UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE

PREZZEMOLO, SALVIA, ROSMARINO E TIMO

Capitolo 1

 

 

 

 

Persepoli, Persia, 330 a.C.

   Un bellissimo eunuco massaggiava sapientemente le spalle del re.

“Non posso crederci” pensò Dario “E’ accaduto veramente.”. Si guardò attorno. Un attimo fa ricordava di essere sbatacchiato in un angolo della tenda di Besso e ora si trovava lì. Ori, arazzi, tappeti, pietre preziose, eunuchi, concubine; tutto riversato al suo servizio. Il palazzo di Persepoli era ancora in piedi ed era lì, in tutto il suo splendore, davanti a lui. E lui sedeva ozioso e molleggiato sul suo alto trono, con la mitra regale, non aveva guerre a cui pensare, nessun Alessandro ad occupare i suoi territori, ma tutti i soldati macedoni più valorosi militavano ora nel suo poderoso esercito; era un sogno, e pareva che fosse possibile allungare un dito per scoppiare quella bolla di illusione e far tornare tutto alla cruda realtà.

Scosse la testa.

   «Leggiadra creatura» cominciò, gettando l’occhio ad un vistoso orecchino di bronzo al lobo dell’orecchio dell’eunuco «dimmi, qual è il tuo nome?»

«Bahram, mio signore Re di tutti i Re.»

Dario allungò le labbra in un sorriso soddisfatto: il suono di quelle parole era più armonico della soave melodia con cui i musici lo stavano allietando. «E fammi un po’ vedere questo orecchino…» lo rimirò tra le sue dita e lo sfilò dal buco dell’orecchio. «Ah!»

«Ti piace, mio signore Re di tutti i Re? Me lo regalasti tu il giorno in cui arrivai alla tua corte.»

«Certo, mio leggiadro, me lo ricordo… è veramente bellissimo.» era un gioiello di forma circolare di bronzo cesellato, con incastonata al centro una pietra preziosa di colore rosa opaco, forse un quarzo. «Continua, continua…» e porse l’orecchino all’eunuco, il quale si affrettò a infilarselo per poi continuare a massaggiargli le spalle.

Nel frattempo il re fece un cenno con la mano ad uno dei corpulenti eunuchi accanto al suo trono e in un  batter d’occhio gli fu servito un sontuoso vassoio di ogni bendiddio di frutta: pesche, banane, noci di cocco, e quant’altro.

“E Besso?” pensò, addentando una pesca “Che fine avrà fatto Besso?”, poi chiese ad un eunuco di soddisfargli la curiosità ma quello gli rispose che non aveva mai sentito parlare di Besso.

“Quel Genio in fin dei conti ha fatto proprio un buon lavoro… e il bello deve ancora arrivare!” non trattenne un sorriso a metà tra il divertito e il malizioso.

 

 

   Quando entrò nel suo talamo, il letto era già tutto pronto, ornato con coperte e cuscini della seta più pregiata, nei quattro angoli della stanza bruciavano incensi egiziani che profondevano un aroma soffuso e accogliente e, sfumato con la luce fioca della lucerna, vagamente erotico.

   “Che meraviglia”. Dario inspirò profondamente e chiuse gli occhi per qualche attimo per godere di quell’atmosfera incantata. Quando li riaprì, come per magia, sul letto era comparso un giovane uomo dal corpo snello e aitante, chiaro di carnagione, con lunghi e ricciuti capelli biondi e sfavillanti occhi grigi, vestito solo di un esiguo perizoma di seta. Si teneva semidisteso su un fianco, con la testa appoggiata di peso alla mano destra, con una coscia lievemente sollevata, sfoggiando due natiche sode e levigate. Sul viso dagli occhi bistrati era dipinto un sorriso piuttosto tirato, un’espressione di acuto desiderio - o di fiero orgoglio di sé.

“Questo…” Dario non riusciva a capacitarsi di quello che aveva di fronte “Questo è il più bello spettacolo al quale il Dio potesse farmi assistere”.

«Ben arrivato, mio signore Re di tutti i Re.» sibilò il servo con voce suadente «Spero che la camera sia di tuo gradimento.»

Dario non gli staccava gli occhi di dosso, e intanto cominciava ad armeggiare senza successo con i pesanti vestiti che portava.

Il servo accorto si alzò, e con una camminata flessuosa e ancheggiante si portò direttamente davanti a lui. «Il mio signore non deve mai trovarsi in imbarazzo, ci sono i servi per queste cose…» pose le sue dita affusolate sul petto del suo re e con movimenti decisi e sensuali rimosse ad uno ad uno i suoi vestiti, appoggiandoli poi con grazia sulla grande sedia accanto al letto.

Dario si perse ad ammirarlo da dietro: le forme del suo corpo erano pressoché perfette. «Dimmi, qual è il tuo nome?» già lo sapeva, ma moriva dalla voglia di sentirlo pronunciare dalle sue labbra.

Il servo si voltò, sorridendogli. «Alessandro, mio signore. Sono della Macedonia.»

«Alessandro.» pronunciò quel nome lentamente, molto lentamente, come se volesse sorseggiarne l’aspro sapore. «Sei giunto da lontano…»

«Sua maestà mi ha selezionato tra centinaia di ragazzi provenienti da tutte le parti del mondo.» gettò in fuori il petto in un gesto di pura soddisfazione di sé.

«Ah… ah sì. Non lo ricordavo, con tutti gli affari di cui mi sono occupato in questo periodo…». Era rimasto veramente senza parole. In quel velo d’illusione, in quella capricciosa corte, ognuno aveva ricordi di un passato del tutto inesistente.

Alessandro notò lo sguardo perso del suo re e gli prese entrambe le mani tra le proprie, conducendolo cautamente sul grande letto a baldacchino.

Dario si sentì immediatamente stordito. Non avrebbe mai immaginato, un giorno, che sarebbe andato a letto con il suo peggior nemico. Guardò negli occhi quello che ora era il suo servo: sembrava pensarla del tutto diversamente da lui; senza che se ne fosse accorto, l’aveva già coricato sul letto e ora gli si stava adagiando sul ventre. «Alessandro…»

Alessandro sorrise, premendo le sue cosce contro i fianchi del re. «Questa notte ogni tuo desiderio sarà un ordine.»

Seduto sul suo addome, Alessandro era più pesante degli altri suoi esili schiavi. Dario lo osservò ancora una volta, più attentamente. La sua voce era piuttosto profonda, e il suo corpo era più virile, meno femmineo di quello degli altri servi di quel palazzo; il suo perizoma era notevolmente più gonfio. “Dannazione. Mi sono dimenticato di chiedere al Genio di castrarlo.”

«Qualcosa non va, mio signore?»

Il re decise di non dare peso a certi particolari. Alessandro, il grande Alessandro, colui che l’aveva sconfitto due volte sul campo di battaglia mettendolo in fuga e umiliandolo davanti alla sua patria, era lì, davanti a lui, seminudo, liscio e profumato, sottomesso in tutta la sua virilità, pronto a soddisfare ogni suo desiderio. Afferrò i suoi fianchi con le mani. Erano sottili, non rotondi come quelli degli eunuchi, ma sembravano forti e ugualmente agili.

Quella notte, per la prima volta avrebbe sperimentato i piaceri carnali con un altro uomo come lui. Rabbrividì al solo pensiero.

Alessandro non capiva cosa passasse nella testa del suo sovrano, ma sapeva perfettamente quali fossero i suoi doveri. Con una grazia inaudita per un uomo come lui, si chinò a cospargere di umida saliva il collo reclinato di Dario; lo sentì fremere, e allora addentò la tenera carne cominciando a muoversi su di lui.

Dario non resistette e afferrò i suoi capelli morbidi e lucenti quando sentì la sua lingua abbassarsi sempre di più, quando sentì i denti aguzzi catturare il suo capezzolo sinistro. Gettò lo sguardo all’orecchio di Alessandro quando questi si ravviò all’indietro i capelli per facilitare la stimolazione dei capezzoli: un grosso orecchino d’oro dava sfarzo di sé luccicando ad ogni movimento della testa dello schiavo. «Un momento!»

Alessandro sollevò la testa, confuso.

Dario allarmato allungò una mano e cercò di sfilare il pesante orecchino dal buco, ma non vi riuscì. «Cosa significa questo?»

Alessandro rise. «Questo? Me l’ha venduto uno strano tizio allo scorso mercato. Diceva che fino a che non mi fossi unito alla mia anima gemella - una persona con questo stesso orecchino - non sarei riuscito a toglierlo.»

Dario rimase per un attimo esterrefatto, poi rilassò i lineamenti in uno strano sorriso. «Ah sì? Interessante…»

«Ti piace?»

L’orecchino era vistoso, di forma lievemente allungata, d’oro puro finemente lavorato. «E’ splendido. E ti dona.». Abbandonò ogni renitenza sotto il tocco del suo servo che nel frattempo si era di nuovo abbassato su di lui, e decise di godersi ogni istante di quel sogno meraviglioso: afferrò i suoi fianchi e lo costrinse sotto di sé, levandogli il perizoma.

   Quella notte, i gemiti del grande Alessandro si sarebbero stagliati alti, fino al cielo limpido e stellato di quella magica Persepoli.

 

 

   Dario sbadigliò quando un inaspettato raggio di sole lo distolse dal suo sonno tranquillo; tuttavia, non trovava il coraggio di aprire gli occhi: e se si fosse rivelato tutto un sogno? E se si fosse ritrovato di nuovo nella tenda di Besso? Tastò nell’aria accanto a sé, ma la sua mano toccò una superficie calda e liscia. E il letto su cui era disteso sembrava di gran lunga più morbido e grande della misera branda su cui aveva passato le ultime notti.

Decise di aprire gli occhi. Accanto a lui, giaceva immobile un bellissimo servo biondo. Memore delle follie della notte appena trascorsa, Dario stirò le membra intirizzite e a passi strascicati si diresse verso il terrazzo che regalava una splendida vista della piazza di Persepoli, brulicante e festosa proprio come se la ricordava. Era giorno di mercato. Represse l’irrefrenabile istinto di gridare al popolo tutta la sua gioia; gettò invece un’occhiata al corpo nudo di Alessandro e sorrise. Quella notte, gli aveva dedicato tutto di sé, l’aveva amato come mai si sarebbe aspettato da un uomo, l’aveva sorpreso e sollazzato con giochetti e astuzie degni della più esperta delle meretrici, eppure gli sembrava estremamente spregiativo quel paragone per quell’Alessandro che un tempo non troppo remoto era stato un re più grande di lui, e al pensiero si morse la lingua. L’aveva soddisfatto, gli era piaciuto; si meritava un dono degno della sua devozione.

 

 

   «Bahram!» gridò, mentre nella grande mensa si gustava la sua colazione; il giovinetto dai capelli scuri accorse prontamente. «Voglio che tu oggi vada al mercato e che compri il più bello schiavo in vendita. Non badare a spese.» e gli affibbiò una saccoccia di cuoio colma di darii d’argento.

Bahram prese tra le mani la sacca e la rimirò con occhi tremanti. La voce tonante del re però lo riscosse.

«E che non ti venga in mente di fuggire, con tutti quei soldi: posteggerò le mie guardie alle mura della città. E lo schiavo dovrà essere di grande bellezza, altrimenti…» con un dito fece cenno di decapitazione.

Il giovane eunuco deglutì. «Consideralo già fatto, mio signore.»

«Bravo, ragazzo mio, bravo.»

   Bahram si aggirava placidamente tra i fastosi e colorati banchi del mercato, combattuto tra venditori di pesce, di gioielli, di schiavi da poco prezzo che lo assalivano di suppliche affinché comprasse la loro merce.

Ma Bahram era uno schiavo diligente e non si faceva attrarre dai luccichii di tutti quegli orecchini, cercando invece tra i volti e i corpi di tutti quei giovani ragazzi in vendita qualcosa che potesse essere di gradimento per il suo re. Ma alcuni erano troppo piccoli, altri troppo grandi, alcuni troppo alti, altri troppo bassi, ce n’erano di troppo magri, di troppo grassi, nessuno che soddisfasse il suo gusto personale. “Se tornerò a palazzo senza uno schiavo” pensò preoccupato il giovane eunuco “il re mi taglierà la testa. Ma di questi schiavi, nessuno è adatto per stare al fianco del mio signore!”

«Ehi! Ehi tu!»

Una flebile voce alle sue spalle lo fece sobbalzare: quando si voltò, davanti a lui figurava il ragazzo più bello che avesse mai visto. «Chi sei?»

«Mi chiamo Bagoas. Sono un eunuco, lavoro per quel venditore di gioielli laggiù, vedi?» con il dito indicò un ricco banco di ogni sorta di monili e gioielli delle più pregiate fatture.

Bahram annuì, ancora sorpreso.

«Il mio padrone mi tratta male, e ho visto che tu gironzolavi tra i banchi di schiavi con quella bella saccoccia in mano. Il tuo padrone dev’essere molto ricco, se l’occhio non m’inganna, e tu mi sembri ben nutrito. Io non sarei in vendita, ma credo che quella borsa convincerà quell’avido a lasciarmi andare.»

Bahram si lasciò sfuggire un sorriso. Quello era un segno divino, il più bello schiavo che avesse mai visto gli si era offerto di sua spontanea volontà.

   Senza neanche accorgersene, si fece condurre dal banco del venditore di gioielli.

 

 

   Alessandro stava per immergersi in un bagno odoroso di ciclamino nella grande vasca di marmo quando improvvisamente sentì la porta del suo talamo aprirsi. Si mise in piedi immediatamente e si avvolse un telo di lino attorno ai fianchi, tendendo l’orecchio. Non si sentiva alcun rumore, sicuramente non si trattava di qualcuno interessato a rubare qualcosa. E infatti, quando silenziosamente fece capolino nella stanza, trovò il suo re vestito di tutto punto che mostrava orgogliosamente un bellissimo eunuco profumato del fiore della giovinezza, dai lunghi capelli scuri e la pelle ambrata.

Alessandro aprì la bocca, incapace di parlare.

«Sono molto contento che tu lo gradisca, mio servo prediletto.» cominciò Dario, dando una pacca sulla spalla all’eunuco. «Io stesso l’ho scelto tra centinaia di schiavi di grande bellezza stamane al mercato. Spero solo che ti sia fedele e che soddisfi ogni tuo desiderio, nel caso di qualche problema rivolgiti pure a me e provvederò io a sistemare le cose.» e rivolse un’occhiata severa a Bagoas.

«Io non so come ringraziarti, magnanimo re.»

Dario sorrise. «Non ce n’è bisogno, Alessandro. La tua presenza è già un ringraziamento per me.» ma realizzò improvvisamente che dinnanzi a lui non stava il grande re macedone, bensì un cortigiano qualunque, e scosse la testa assumendo un tono perentorio, con una vena di sdegno. Non poteva di certo apparire così indulgente davanti a quello che era stato il suo peggior nemico, e tanto meno ad uno schiavo appena arrivato a palazzo. «Comunque, penserai a come sdebitarti stanotte nel mio letto.» e si affrettò ad uscire chiudendo la porta alle sue spalle.

   Alessandro osservò per qualche secondo la porta chiusa, incredulo del repentino cambiamento del suo re, poi si rivolse all’eunuco: «Benvenuto a palazzo, qual è il tuo nome?»

Bagoas abbassò gli occhi. Era un po’ deluso di dover servire un altro schiavo e non il re, però il giovane uomo davanti a lui era attraente e sembrava amichevole, anche se fisicamente era molto più virile di come si sarebbe aspettato uno schiavo personale del re: probabilmente non era castrato. E non era neppure persiano. «Bagoas, signore.»

«Puoi chiamarmi Alessandro. Non sono un signore.»

«Va bene, Al… sk… Iskander

Alessandro sorrise. L’accento del giovane eunuco lo eccitava. «Chiamami Iskander, allora.»

«Credo che mi risulterà più facile.»

«Stavo per farmi un bagno. Ti dispiace se ti lascio solo?» in realtà il tono della voce tradiva l’invito.

«Sono uno schiavo, Iskander, è mio compito renderti ogni favore. Se vuoi posso lavarti io.»

Alessandro accennò un sorriso. «Certo. Scusami, non sono abituato a dare ordini. Ma non credo ce ne potrà essere bisogno.»

Bagoas sorrise e arrossì. Non era da lui arrossire, era abituato a ogni tipo di richiesta, ma quell’uomo a prima vista aveva scatenato in lui una strana emozione, un senso di forte attrazione: era l’uomo più giovane che avesse mai servito, e in un certo senso il più simile a lui: sembrava un ragazzo, imberbe e dai lineamenti delicati, ed era decisamente bello.

   Quando entrarono nella sala da bagno profumata di ciclamino, Alessandro si denudò e si immerse lentamente nella vasca; Bagoas osservò ogni suo movimento e non esitò a cominciare a passargli le mani bagnate di acqua odorosa sulla schiena: dagli sguardi che ogni tanto il suo padrone gli lanciava, sentiva che non era troppo presto per constatare che tra loro si sarebbe creata una grande intesa.

 

 

   Bahram era soddisfatto del suo lavoro. Il servo era piaciuto a Dario e per quella somma il venditore di gioielli gli aveva regalato anche un bellissimo orecchino d’oro. Lo stava rimirando allo specchio della sua stanza quando improvvisamente la porta si aprì dietro di lui ed irruppe la voce tonante del re: «Volevo dare un’occhiata a quell’orecchino…»

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Alexander / Vai alla pagina dell'autore: Barsine