Note: Uhm, non lo so come mi è venuta l'idea... Guardando l'ennesimo video Delena mi sono soffermata sulle innumerevoli scene in cucina e, bam, mi è venuto in mente questo momento random... Collocato da qualche parte nella S2, o forse anche 3 XD Non è detto che Elena abbia mollato Stefan LOL Ma cmq... prendetela per quello che è, ovvero uno dei miei soliti scleri notturni XD Critiche, commenti, annotazioni, tutto ben accetto!

Uno sguardo. Gli era bastato un tuo sguardo per capire che si. Quella falsa barriera di odio e rancore che avevi alzato tra di voi era stata tutta una menzogna. Uno strumento di autodifesa. E che no. Adesso che lui era così vicino. Così maledettamente vicino. Ancora una volta. Ancora lì, sempre lì, nella tua cucina. A schiacciarti nello spazio residuo tra il suo corpo e l’isola centrale. Adesso non potevi più continuare la tua recita perfetta. I tuoi occhi si erano arresi al peso dell’evidenza. All’irrefrenabile potere dell’attrazione. Eppure. Avevi titubato un attimo soltanto. Uno solo. Per un solo istante i tuoi occhi si erano illuminati di, non lo sai nemmeno tu cosa. Eccitazione? Paura? Desiderio? Gli era bastato. Gli era bastato per smettere di pensare e agire d’istinto, com’era poi nella sua natura, come aveva evitato di fare negli ultimi mesi per rispettare la tua volontà. Ma poi. Ti eri tradita da sola. Era inevitabile. L’avevi saputo fin dall’inizio. Ma ti eri illusa di poter negare tutto. E invece. Quel piccolo cedimento aveva lasciato scattare la scintilla. Aveva acceso il fuoco. Aveva innescato la miccia di quella passione latente che era stata sempre lì, immersa in uno sguardo, disegnata su un sorriso, nascosta nel tocco di una mano.
Non aveva perso tempo. Con la sua velocità repentina aveva spazzato via tutto ciò che era presente sul tavolo, posate, piatti, strumenti da cucina, avevi sentito mille rumori diversi sprigionarsi dallo scontro di ognuno di quegli oggetti col pavimento. E prima ancora che toccassero terra, ti eri ritrovata seduta sulla liscia superficie di marmo. Il suo sguardo tradiva la smania di porre fine ad un’attesa che era stata lunga. Lunga ed estenuante. E non solo per lui. Un sibilo di sofferenza gli era sfuggito dalle labbra. I vostri occhi si erano posati sul suo indice sanguinante, risultato dell’infelice lotta con uno dei tanti coltelli affilati. Prima ancora che la ferita potesse rimarginarsi, la tua bocca era andata a lenire un dolore inesistente, mentre assaporavi il gusto metallico del suo sangue. Le mani tremanti che stringevano con forza il suo polso. E due occhi azzurri più grandi, più profondi, più puri e puliti che mai.
E nello stesso modo in cui il tempo sembrava essersi fermato. Aveva ricominciato a scorrere frenetico ed impetuoso. Come i vostri gesti. Le vostre mani. Le vostre labbra. Un vortice irrefrenabile. Nemmeno un pensiero al luogo in cui vi trovavate. Alle porte non chiuse. Al pericolo di essere scoperti. Come due adolescenti al primo appuntamento. Niente. Solo tu. Solo lui. Vestiti a malapena strappati via, corpi ricoperti per metà di stoffa superflua, una bramosia indomabile che non voleva correre il rischio di aspettare più niente e nessuno, di perdere per l’ennesima volta l’attimo perfetto. Lui su di te. Dentro di te. Una sincronia tanto perfetta da non sembrare nemmeno reale. Poi. Il suo sorriso sghembo e soddisfatto. E il tuo. Soddisfatto. E imbarazzato. Due dita sotto il tuo mento. “Sei mia.”