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Autore: Evilcassy    03/10/2010    5 recensioni
"Regalare un diario a me per Natale significa non conoscermi bene. Avrei preferito un vestito, una collanina, un paio di scarpe. Invece mi è arrivato un diario, da mio padre. Scommetto che l’ha preso all’ultimo minuto, come sempre. Ho abbozzato un sorriso ringraziandolo comunque. E non è neppure un affare piccolo. Potrei trascriverci tutta la bibliografia di Joyce" Anna Williams, attraverso il suo diario, racconta la sua adolescenza e quella della sorella Nina, Dalla Dublino degli anni '80 al laboratorio di Criogenesi del Dottor Boskonovitch, attraverso la loro rivalità e i primi due tornei di Tekken.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anna Williams, Nina Williams
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Diary of a Scarlet Queen.

1^ PARTE: IN DUBLIN FAIR CITY:

Chapter 2: May, June, July 1984

07 Maggio 1984

 

h.10.00 Vedo Keith dalla finestra dell’aula. Sta parlando nel cortile della scuola con il professore di fisica. Non sembra che lo stia redarguendo, sembra una discussione totalmente amichevole, tranquilla. Ora Keith ride ad una battuta del prof.

Si sono diradate anche le nuvole: se sorridesse più spesso, avremmo il sole tutti i giorni a Dublino. Vorrei solo essere io il motivo del suo sorriso.

Com’è strano. Pensare a lui mi fa bene, mi sento meglio. Al mattino mi alzo più contenta, perché ho la possibilità di vederlo, e magari ho qualche chance che lui si accorga di me. Quando sono giù di morale, quando mi sento sola, o incapace, o frustrata, inizio a pensare a lui, a fantasticare di come potremmo conoscerci, di quali film andare a vedere, della sua chitarra che suona e tante altre cose.

Fondamentalmente, tutte stronzate che l’Anna Williams di qualche mese fa non prenderebbe neppure in considerazione, concreta, dritta al sodo e venale come sempre. Ma l’essere venale e concreta non mi ha portato tanto giovamento. E’ un palliativo temporaneo, dura qualche minuto. Quando rientro tra le mura della mia camera, tutto ciò che mostro al mondo esterno mi scivola via dalle spalle.

Non ho nulla. Non ho l’amicizia e l’appoggio di mia sorella, non ho la stima di mio padre, ed in fin dei conti neppure quella di mia madre.

Non sono riuscita a passare le selezioni nazionali di Aikido, la scorsa settimana, per partecipare agli Europei di Londra, nonostante mi fossi allenata duramente e nonostante avessi mia madre, pluricampionessa europea considerata la migliore maestra in Irlanda.

La sua faccia è stata eloquente, il suo silenzio la peggior ramanzina che potesse farmi. Ma la cosa che mi ha fatto più male, è stato il sopracciglio alzato di mio padre, quando ne è stato informato, e la sua espressione da ‘Come volevasi dimostrare’. Nina è rimasta inespressiva come al solito, come se tutto le fosse alieno e distante, algida ed intoccabile come sempre.

Ho fallito anche questa volta e mi sento davvero a terra. C’è solo il pensiero di Keith, così diverso da me e dalle persone che mi circondano, così normale e allo stesso tempo straordinario, che mi consola.

 

H.20 Genitori in cucina che urlano e si lanciano strali e maledizioni. Nina sul letto con il walkman nelle orecchie e i Ramones a palla. Io alla scrivania, costretta a sentire tutta la penosa discussione dei miei.

Ho il walkman rotto, fanculo. Quasi quasi mi vesto ed esco. Magari citofono a Willow, che abita qui vicino e ci facciamo un giro in centro, magari riusciamo a fingerci maggiorenni e ad entrare in un pub. Oppure faccio qualche passo in più e vado da Helen, che ha la madre estetista e mi offre sempre qualche cremina gratis.

Quando io e Nina eravamo piccole era diverso. Se i miei genitori litigavano noi ci infilavamo nello stesso letto e cantavamo finché loro smettevano o noi ci addormentavamo. Oppure ci raccontavamo storie del terrore, e i brividi e i sussulti che avevamo erano dettati più dalle grida nella stanza a fianco che dal fantasma entrato in scena.

Ma poi siamo cresciute, papà si è messo ad allenare mia sorella e io sono rimasta in disparte. E abbiamo iniziato a litigare tre di noi.

Nina si è tolta le cuffie all’improvviso e ha abbandonato il walkman tra i cuscini. Borbotta che non si riesce neppure a sentire un po’ di cazzo di musica in pace.

Propongo di fare qualcosa. Lei alza un sopracciglio. Ottenere una reazione da lei è già un fatto più unico che raro, ed estremamente positivo, significa che ne è esasperata quanto me.

Le propongo un gelato. Dopo un attimo di riflessione incredibilmente accetta. Ci vestiamo ed usciamo.

 

15 Maggio 1984

 

Non so neppure da dove iniziare, tanto sono su di giri.

E’ successo tutto all’uscita da scuola. Volevo fare un giro per negozi a trovare un regalo per mia madre, visto che la settimana prossima è il suo compleanno, così mi sono infilata in una cabina telefonica e ho chiamato a casa per avvisarla che non tornavo subito. Mentre parlavo mi sono voltata e… c’era Keith che aspettava. Ho troncato la conversazione con mia madre con la scusa della fila fuori dalla cabina.

Sono uscita dalla porta guardandolo e sorridendo come un’ebete, sicura che mi stesse aspettando.

Invece doveva usare anche lui la cabina.

Avrei voluto leggermente sprofondare nel terreno e scivolo un po’ troppo velocemente verso la fermata del bus, da dove lo vedo avvicinarsi dopo cinque minuti. Cerco in tutti i modi di evitare di guardarlo, fissando un punto non bene precisato dell’orizzonte. Ci metto così tanto impegno che per poco non mi accorgo dell’arrivo dell’autobus e lo perdo.

Salendo, l’unico posto libero disponibile è quello vicino a Keith, ma c’è il suo zaino appoggiato. Vedendomi in piedi lo sposta sorridendo timidamente, quasi a chiedermi scusa. Lo ringrazio, mentre occupo il posto. Passo dieci buoni minuti in silenzio, cercando disperatamente di trovare un argomento assolutamente non banale o stupido con cui intavolare una conversazione.

“Quindi suoni la chitarra?” Domando voltandomi di scatto come un’idiota. Ammetto di non essere una cima a trovare argomenti brillanti e originali.

Keith si sta giusto alzando per scendere. Mi fissa incuriosito e annuisce, aggiungendo che suona in un gruppo.

“Davvero?”non riesco a trattenere una mezza risatina nervosa.

“Si, i Greengrocers.”

Greengrocers? Non li ho mai sentiti…

“Beh, ci siamo formati da poco, ci chiamiamo così perché facciamo le prove nel retrobottega del padre del batterista, che è fruttivendolo.”

Rido e lui fa quasi lo stesso. Poi annuncia che quella è la sua fermata e scende.

Mi ha parlato. E mi sembra giù tanto, vista la domanda scema con cui ho esordito. Il pomeriggio ha preso una piega molto diversa, tanto che camminavo per Grafton Street quasi saltellando.

Keith mi ha parlato: Un punto a favore di Anna Williams. Forse…

 

16 Maggio:

 

Keith mi ha salutato durante la ricreazione, l’ho ricambiato cercando di non impallidire, o arrossire, o svenire o balbettare, o fare una di quelle cose da ragazzine sceme.

Willow ed Helen mi hanno guardato con tanto d’occhi. Willow non l’aveva mai notato (come fa? È cieca forse?) ed Helen si è stupita nel vedermi interessata ad un ragazzo non di certo ricercato. “Ti stai rammollendo, ragazza mia!” ha concluso ridendo. Le ho risposto con un sorriso beffardo e le ho chiesto per chi mi avesse preso. La cosa mi ha comunque infastidito: Le mie amiche preferiscono vedermi a far l’occhiolino ai ragazzi popolari, invece che a salutare uno qualunque (ma unico!) come Keith.

 

21 Maggio:

 

Ho trovato un adesivo, attaccato alla pensilina dell’autobus, dei Greengrocers. Lucky Irish, ho avuto un pretesto per parlare con Keith sull’autobus del ritorno.

Mi ha sorriso. Un raggio di sole, davvero. E mi ha invitato a vederli suonare, al Mallory’s Pub. E’ un po’ lontano da casa mia, ma farò di tutto per andarci.

 

25 Maggio:

 

Ieri sera sono stata al concerto di Keith. Sono fuggita di casa da sola e l’ho raggiunto a piedi, sfidando i vicoli bui di Dublino.

Il batterista era fuori tempo e il cantante era stonato come una campana, ma lui, per me, ha suonato divinamente.

Sono stata in disparte in un angolo del pub semivuoto a vederlo, e dopo il concerto è venuto a ringraziarmi per aver partecipato e mi ha offerto una coca-cola.

Abbiamo chiacchierato del più e del meno, mi ha fatto ridere. Spero di avergli fatto sparire i pregiudizi che sicuramente mi accompagnavano.

Non vedo l’ora di rivederlo lunedì a scuola.

 

 

06 Giugno.

 

Sono stata impegnata molto negli ultimi giorni.

Nella fattispecie, con KEITH. Ci stiamo frequentando, e quasi non ci posso credere! Mi ha portato alle loro prove (atroci) nel retrobottega del fruttivendolo. Sono stata ad un altro suo concerto. Sull’autobus si siede vicino a me e sembra davvero piacergli la mia compagnia.

E io mi sento al SETTIMO CIELO.

Mi sto un po’ allontanando da Willow ed Helen. Dicono che ultimamente sono molto strana e si stanno preoccupando perché alle allusioni di Doug riguardo ad un certo nostro trascorso ho fatto spallucce e me ne sono andata senza degnarlo di nota.

Ho altro a cui pensare. Come leggere Wilde, per esempio, lo scrittore preferito di Keith. Odio fare pessima figura quando espone un suo aforisma…

 

07 Giugno.

 

Credo che Nina stia puntando qualcuno. Ultimamente si trucca con più cura e non manca mai di sfoggiare la sua chioma dorata slegata dalla solita coda di cavallo.

Uhn… qui gatta ci cova.

Vuoi vedere che le sorelle Williams passeranno un’estate molto calda? Intanto domani è l’ultimo giorno di scuola, ma sono sicura che riuscirò a vedere Keith tutti i giorni.

Stasera, per esempio, sarò ad un altro suo concerto al desolato Mallory’s Pub.

 

12 Giugno.

 

Nessuno mi ha mai baciata come mi bacia Keith. Ci pensavo proprio oggi, mentre eravamo da soli a St. Stephen’s Green, dopo un gelato al limone e fragola per me e uno al pistacchio per lui.

Ho baciato Keith e sapeva di pistacchio, come il suo gelato. E nonostante questo aveva le labbra tiepide e morbide, e le sue mani erano appoggiate sui miei fianchi. Non sul sedere, non sulle tette, ma sui fianchi. Mi sembra di non aver mai baciato in vita mia. Mi gira la testa e non vedo l’ora di sentire il sapore di pistacchio sulla lingua.

Ci siamo dati appuntamento a domani. Chissà se adesso mi starà pensando, chissà se sono diventata la sua dolce ossessione tanto quanto lui è diventato la mia. Non vedo l’ora di baciarlo di nuovo.

Non vedo l’ora di fare l’amore con lui. Già pregusto il momento. Sarà bellissimo e sarà la cosa migliore che mi sarà mai capitata. Mi sentirò viva, perfetta, invincibile, tra le sue braccia.

Attenzione, pare che Anna Williams si sia innamorata. E soprattutto, pare sicura di essere ricambiata.

D’ora in poi sarà tutto perfetto.

 

01 Luglio

 

Sono caduta dal Paradiso e mi sono schiantata tra i rovi dell’Inferno. Keith mi ha lasciata. Da qualche giorno era strano, sfuggente. Quasi non mi baciava più ed aveva sempre una scusa per non uscire.

Ma io ero accecata, totalmente abbagliata dalla sua luce e non vedevo.

Mi ha lasciata perché è innamorato di un’altra. Ha detto che gli sono molto cara, ma non vuole mentirmi e farmi soffrire. Ma mi ha già mentito, e cosa peggiore di tutte, io sto già soffrendo.

Ho pianto tutto il giorno, mi manca l’aria, è come se ci fosse un buco nero nel mio petto che risucchia tutto il mio respiro. Keith mi ha lasciato per un’altra.

Un’altra che, sicuramente, non è considerata la troia della scuola, che prende dei bei voti, che non è conosciuta per la minigonna corta e la camicetta più attillata.

Ho provato a sfogare la mia rabbia negli allenamenti, ma senza tanti risultati.

Mamma mi ha capita, ha provato a consolarmi, ma al momento è tutto inutile. La rabbia è troppo grande e la delusione è troppo cocente.

Se solo sapessi il nome di quella ragazza… se solo l’avessi tra le mani… sarei capace di ammazzarla, io lo so.

Una cosa è certa: nessun ragazzo può osare prendere in giro Anna Williams. D’ora in poi, per me i ragazzi saranno solo un oggetto con cui sfogarmi. Niente di più. Non ne vale la pena.

 

 

03 Luglio

 

Quella ragazza.

Quella puttana che mi ha strappato il ragazzo.

…è MIA SORELLA.

Mi sono messa a pedinare Keith, ieri sera, per capire chi fosse la ragazza che me l’ha portato via.

Si sono incontrati a Temple’s Bar, quando li ho visti insieme mi sono sentita morire. Nina scuoteva i capelli, fiera, bastarda cagna ladra. Sono entrati al Temple’s Bar Pub e sono rimasti ad ascoltare un gruppo rock folk che si esibiva dal vivo, Keith che teneva il tempo con la testa, Nina che sorrideva beffarda e compiaciuta.

Non so come ho fatto a saltarle addosso per scuoiarla viva. Sapevo che mi odiava, che si credeva superiore a me, che la disgustavo. Ma non avrei mai pensato potesse arrivare a tanto.

Ma gliela farò pagare carissima a quella schifosa.

Non può averla sempre vinta SU TUTTO.

Devo vendicarmi, devo vendicarmi. Avrei tanto voglia di cavarle gli occhi.

Quando è tornata a casa era notte fonda. E’ entrata nella camera in punta di piedi, scivolando nel letto. Non riuscendo ad addormentarmi, avevo almeno ripreso un po’ di self control. La vendetta è un piatto da servire freddo, farmi trovare in piedi ed infuriata da mia sorella non mi avrebbe portato a nulla, se non a farla ridere di più di me.

“Dove sei stata?” domando, cercando di mantenere un tono il più possibile neutro.

“Uh? Sei ancora sveglia? Sono stata in centro.”

“Con chi?”

“Con un ragazzo.” Risponde. Mi sembra di aver sentito soffocare una risatina. Ma Nina è una brava dissimulatrice. “Keith Hataway, lo conosci?”

Devo deglutire, prima di parlare. “Di vista.”

“Carino, no?”

Ma si diverte così tanto a torturarmi?  “Si, non male.” Mi giro dall’altra parte, affondando i denti nel cuscino. Non deve sentirmi piangere, non deve sentirmi rodere, non deve pensare di avermi ferito così tanto. Pregusto la mia vendetta, anche se non sono ancora così lucida da architettarla bene.

 

 

 

Eccomi di ritorno, gentili donzelle!

Mi rendo conto che in questo capitolo più che Anna sembra di sentir scrivere una bimbominkia alfabetizzata ma…

Oh, insomma, la ragazza avrà pur imparato da qualche parte ad essere stronza con gli uomini, no? ;) E poi arriveremo ben presto al clou (?) della storia, gli eventi precipiteranno e la vita delle Williams assomiglierà di più a quella del videogioco che tutte noi amiamo.

Altre NOTE dai miei appunti di viaggio:

TEMPLE’S BAR. Oggigiorno è il centro della vita nottura/turistica di Dublino. Un posto meraviglioso, con l’Hard Rock Cafè e tanti pub, ritrovo di artisti di strada e di sedi culturali/artistiche. All’inizio degli anni 80 era appena iniziato il tentativo di recupero di questa zona, un tempo sede di magazzini abbandonati e quindi diventata abbastanza malfamata, e di Pub aperti c’era solo il Temple’s Bar Pub, che è quello con la vetrina rossa molto famoso. E’ bellissimo. Consiglio Guinness con le ostriche…

(Attente però: Ai Dublinesi piace molto molto bere. E di ubriaconi che non si reggono manco in piedi ce ne è PIENO anche adesso, nonostante la GARDA sia abbastanza allerta e celere a far rispettare l’ordine. Camminare in giro per il centro di Dublino da sole… ve lo sconsiglio. Io l’ho fatto, ma ho solo avuto un cuuuulo incredibile.)

RINGRAZIAMENTI SENTITISSIMI!:

a Nefari, a cui sapevo che la storia sarebbe piaciuta (o, almeno, l’idea della storia)

Ad Alister 09, che mi ha fatto spalancare la bocca meravigliata con la sua incredibile recensione e analisi. WOW. (PS: grazie soprattutto per quella di Lay All your Love on Me. Mi hai quasi commosso.)

A Miss Trent, la mia sista, la prima persona che ha sentito parlare di questa storia e che mi ha spronato a pubblicarla.

Grazie comunque a tutti coloro che l’hanno letta, o solo che ci hanno cliccato su.

Alla Prossima,

EC

   
 
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