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Autore: PLIM4ever    04/10/2010    1 recensioni
per un improvisto in una giornata potrebbero accadere diverse cose...
Genere: Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La piccola sveglia sul comodino squillò allegramente svegliandolo dal sonno ristoratore che gli era dovuto ogni notte e che ogni volta lo trasportava da un giorno all’altro. Alzò lentamente la mano pesante e la lasciò cadere sulla piccola sveglia che smorzò immediatamente le sue acute grida; con gli occhi ancora chiusi spostò le coperte all’indietro, sentì una gelida ondata d’aria venirgli incontro e farlo strabuzzare dallo stupore di un’aria così fredda all’interno del suo piccolo appartamento. Aprì lentamente prima un occhio, poi l’altro e si avvicinò alla piccola finestra in legno della camera da letto; prima guardò fuori ed essendo inverno il cielo era ancora cupo e le strade erano deserte. Si avvicinò alla sedia da scrivania (ma senza scrivania) vicino al suo caldo e confortevole giaciglio, afferrò con morbidezza e sbadataggine una cravatta grigia decorata da bottoncini neri, una camicia bianco latte e il completo grigio topo, un colore che si atteneva alla rigorosità della città. La casa era tutta buia e non c’era traccia nemmeno del gatto, uno siamese che stava con lui da oltre sei anni, un veterano della casa che non era nemmeno capace di tenere compagnia: vagava tutto il giorno per la casa adagiandosi o sul letto o sulla poltrona in pelle nera della cucina e con cautela muoveva la coda per spazzare via la polvere; Cimmy, questo era il suo nome, andava da lui senza nemmeno fare le fusa come un gatto normale solo quando voleva mangiare… era desolante vedere come il proprio gatto non provasse nemmeno ad avvicinarsi a lui. Non si preoccupò perché pensò stesse ancora dormendo sotto il letto e si incamminò verso il piccolo bagno bianco sporco che disponeva solo di un piccolo lavandino in ceramica scheggiato in più punti e sporco di dentifricio, uno specchio crepato, una doccia senza vetro, rotto da Cimmy quando era saltato a causa di un tuono e un wc di colore nero che saltava all’occhio appena entrati nel locale. Si lavò il viso olivastro e, con la solita pacatezza si tolse la vestaglia nera con ricami oro e si vestì per andare al lavoro; lanciò la vestaglia sul pavimento sporco e uscì indifferente, come se avesse combinato un guaio e non voleva che nessuno lo ritenesse responsabile. Henry una volta aveva una dolce e minuta domestica che gironzolava tutto il dì per casa e pulendo adeguatamente ogni angolo della casa; tutto brillava quando passava lei ma stranamente la licenziò, non perché non fosse efficiente nel suo lavoro, ma perché era appunto troppo efficiente nel pulire la casa e il risultato del licenziamento della domestica furono due dita di polvere su ogni angolo e oggetto della casa e tutti i vestiti sporchi lasciati in giro per la casa e graffiati dal gatto. Essendosi vestito Henry pensò di essere pronto ma, guardando il piccolo orologio da polso vide che era ancora troppo presto e che avrebbe dovuto aspettare il pullman per oltre un’ora e allora si affacciò alla finestra della cucina; prese un panno lercio e con fatica tolse la polvere dal vetro. Prese una sedia del tavolo in mogano e si sedette scrutando il paesaggio; il tempo era passato e la luce, anche se cupa, illuminava le strade; per la via principale passava la solita signora Foster, i cui capelli bianchi erano raccolti da un elastico e tirati sulla nuca; portava il solito cappotto pesante nero e camminava a testa bassa verso casa con la spesa fresca di mercato stretta nella mano sinistra. Dall’altro lato passava un collega di Henry, un giovanotto appena uscito dalle scuole che andava ogni mattina a trovare la sua fidanzata prima di andare al lavoro. Sulla strada non c’era nessuna macchina funzionante, tranne una piccola Cinquecento grigia anch’essa sistematicamente parcheggiata accanto al marciapiede e il solito ladro che cercava di scassinarla ma con insuccesso; il parco giochi era vuoto come al solito. Henry passò il tempo scrutando le persone fuori dalla finestra e guardando anche il piccolo davanzale che dava sulla strada: era impolverato ed era come se la polvere tenesse caldo alle carcasse di farfalle e mosche che non erano riuscite ad entrare durante l’inverno. Capì che era ora di andare, prese la sua piccola ventiquattrore in pelle e si incamminò fuori di casa; il pullman, come sempre arrivò tre minuti in anticipo e come sempre Henry salutò cordialmente l’autista e si sedette vicino al finestrino, l’unico posto singolo su tutto il pullman. Le persone erano sempre le stesse e lui stava sempre zitto ed immobile fino a quando non arrivava a destinazione. Il suo ufficio era sempre in ordine ed era l’unico di tutto il piano che non avesse sulla scrivania foto di famiglia: la famiglia di Henry era migrata a sud, dove il tepore dell’estate si prolungava fino ad inverno inoltrato; aveva una bellissima bambina bionda dagli occhi verdi di tre anni che di nome faceva Rosalie, una meravigliosa moglie che era solita raccogliere i suoi boccoli castani in due codini; amava molto sua moglie Mary, ma lei non sopportava più il ritmo di vita di suo marito; ormai era un anno che se n’erano andate di casa. Come ogni giorno il capo passava veloce tra i corridoi e si barricava nel suo studio per fare un sonnellino prima di venire svegliato dalla solita segretaria che alle dieci in punto lo andava a chiamare per delle “pratiche”, ma in realtà gli portava la colazione. Henry era sempre cauto nelle sue azioni e finito l’orario di lavoro, con calma spense il computer e andò a casa, per tornare a casa prendeva il taxi, sempre il solito taxi giallo limone un po’ scassato che per arrivare a casa sua ci metteva il doppio del tempo necessario ma a lui andava bene così; passava tutto il tempo in silenzio e arrivato a casa dava sempre il doppio dei soldi al taxista. Tornato casa, per togliere la difficoltà di Cimmy ad avvicinarsi a lui, apriva una scatola di cibo per gatti e la lasciava sul pavimento, ogni giorno vicino alla piccola stufa inutilizzata da mesi. Toglieva le scarpe e poi si lanciava a capofitto sul letto mangiando la solita bistecca che ogni mattina la vicina gli lasciava sotto la porta d’entrata. La sua era una vita pacata e priva di emozioni. Dopo aver mangiato si addormentò ancora vestito sul letto sfatto, con il piatto ancora mezzo pieno sulla panciera ancora sopra la sua contenibile pancia. La mattina seguente la sveglia non suonò, Henry si svegliò per caso e guardando la sveglia si accorse di essere in ritardo e si alzò in fretta; pensò che la sveglia si fosse rotta dopo le tante botte subite e se ne fece una ragione. Si accorse che per la prima volta dopo molto tempo non c’era più il solito freddo invernale che aleggiava per tutta la casa e che la luce della cucina era rimasta accesa per tutta la notte. Si alzò velocemente e si accorse di non avere più vestiti puliti sulla sedia; dimenticandosi di aprire la finestra della camera aprì l’armadio e vide una cosa mai vista prima: una vestaglia arancione e una miriade di completi colorati; non gli piaceva mettere colori sgargianti, ma non avendo alternative scelse l’abito giallo polenta con una cravatta rossa. Guardò per caso sul letto e vide la bistecca rovesciata sul cuscino: una vera schifezza.

-Ma che succede stamattina?!- disse stizzito Henry la cui vita era sempre uguale da un anno intero. Lasciandosi il pensiero alle spalle corse verso il bagno quando vide impronte di gatto color rosa porcellino; un po’ scioccato le seguì e arrivò nell’angolo della cucina dove teneva i barattoli di pittura: Cimmy era caduto addosso ad uno di quei barattoli ed era diventato tutto rosa; lo prese in braccio sporcandosi tutto l’abito nuovo che non aveva mai indossato prima. Durante la notte il lavandino si era spezzato e con un vero colpo da maestro riuscì a lavarsi i denti senza sporcare il pavimento. Corse in cucina poiché soleva guardare sempre fuori dalla finestra: lasciò Cimmy sul pavimento che stranamente iniziò a fare le fusa, prese la sedia, fece per sedersi ma essa si spezzò. Si sedette in ginocchio e guardò di fuori: la luce splendeva, il parco giochi era pieno di bambini, la signora Foster aveva un abito pesante ma sgargiante e portava con sé non la spesa ma sua nipote, una dolce bambina dai capelli castani che saltellava come una cicala; il collega di Henry passò dal solito lato della strada solo che non stava andando a trovare la sua fidanzata, era con lei e andavano in contro alla signora Foster per salutare sua nipote; il suo collega lo vide e lo salutò; Henry si spaventò e si rannicchiò di colpo a terra. Si alzò di nuovo e vide la solita Cinquecento e il solito ladro ma che non era un ladro: era il proprietario dell’auto che non riusciva mai ad aprire l’auto. Henry scese veloce con il gatto in mano e si dimenticò la ventiquattrore; cercò il pullman ma non c’era: era in ritardo. Si girò verso il parco poi si rigirò di nuovo verso la strada e vide che il pullman che prendeva di solito aveva un nuovo autista e non si era fermato. Corse a piedi all’ufficio e il capo gli corse incontro lanciandogli una brioche e salutando il gatto con il nome di Mr. Genio; poco dopo arrivò una segretaria e gli disse che aveva una visita; con il gatto ancora tra le braccia corse in sala riunioni e vide che la moglie e la figlia erano venuti a trovarlo e lo abbracciarono assieme al gatto. Ci furono un susseguirsi di sguardi amorevoli e infine uscì dall’ufficio insieme alla famiglia e decise di andare a casa a piedi; sotto la porta di casa non c’era più la bistecca che ogni giorno la vicina gli portava e la moglie gli cucinò un piatto di pasta, un piatto che non assaporava da molto tempo. Da quel giorno in poi tutto cambiò. La famiglia si riunì. A causa delle troppe emozioni e dei troppi cambiamenti avvenuti in un solo giorno rispetto ad un anno intero di vita praticamente sempre uguale Henry ebbe un malore, andò sul letto sporco di bistecca e si addormentò per sempre con un sorriso sul viso. 

   
 
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